Il disegno al servizio della verità
A colloquio con Vincino, la matita più puntuta della cronaca
«Il disegno è uno strumento di verità. Per questo è così efficace per aprire qualche squarcio sulla realtà di questo Paese, dove abbondano i lati oscuri». Parla così una delle “matite” più famose (e scomode) del Bel Paese: Vincenzo Gallo, in arte Vincino, la punta più graffiante del blog Silvioscaglia.it che più di tutti ha contributo a squarciare la cortina del silenzio che, dopo il clamore mediatico iniziale, rischiava di inghiottire la vicenda umana e giudiziaria del fondatore di Fastweb. Come ben sanno i lettori del Blog che hanno avuto modo di vedere una parte dello sterminato lavoro di questo vulcano creativo, pronto a sparare “cartoon” a getto continuo, alimentati da una grande indignazione civile.
Da oggi, il Blog mette a disposizione dei lettori, nella sezione L’angolo di Vincino, un’altra parte di questa produzione artistica e civile, che viene da lontano
Perché quella di Vincino è una vita passata a graffiare, dalle colonne del Male fino alle vignette sul Corriere della Sera e Il Foglio i potenti che, reinterpretati da quel tratto di penna essenziale più che elementare, emergono con le loro debolezze e le loro miserie. Che si tratti di politici, banchieri, divi tv o, perché no, pure i casi di mala giustizia. «Anzi – replica lui – io, palermitano, nasco come disegnatore con la cronaca giudiziaria. I primi disegni, da ragazzo, li ho fatti ad un processo di mafia che all’epoca fece scalpore: la strage di viale Lazio».
Dalle stragi di sangue ai processi contro i colletti bianchi il passo non è breve. Che cosa ti ha spinto ad affrontare la vicenda di Scaglia che, almeno a prima vista, non si presta ad essere descritta per immagini?
Sono stato felice di poter lavorare, con continuità, attorno a questo caso. Fin dal primo momento ho avuto la sensazione che la storia, così come era stata presentata dai giornali su notizie in arrivo dalla Procura, facesse acqua un po’ da tutte le parti. A mano a mano che mi informavo, mi convincevo che ci trovavamo di fronte all’ennesimo caso di macelleria giudiziaria, secondo una tecnica sperimentata negli anni Settanta ed Ottanta con il terrorismo e poi affinata nel corso degli anni: tu metti dentro uno, senza troppi complimenti, nella speranza di raccogliere qualcosa in corso d’opera. Nel frattempo, hai dato in pasto alla macchina mediatica ciò che serve per raggiungere obiettivi che non c’entrano con la giustizia.
Cosa ti ha colpito, in particolare, del processo sull’Iva telefonica?
È clamoroso che un’azienda d’avanguardia, una delle poche fatte interamente da italiani, possa essere decapitata con estrema superficialità da pm che non hanno alcuna competenza specifica. Ancor di più, fa impressione prender atto, passo dopo passo, del degrado di un sistema che, all’apparenza, abbonda di garanzie, ma nei fatti è autoreferenziale. Prendiamo la figura del Gip. Dovrebbe essere terzo, rispetto ad accusa e difesa, ma i pm se lo bevono. E il Tribunale della libertà, poi, te lo raccomando: sembra un ufficio ratifiche. Ecco, io credo che se la riforma della giustizia, qualunque essa sia, non smonterà questi ingranaggi costosi, farraginosi ed inutili, non farà grande strada”.
Ma come si fa a rendere tutto questo con un disegno? Non invadi il campo del giornalista classico, carta e penna o computer?
Ma il disegno è la leva di Archimede dell’informazione! Le potenzialità dell’immagine sono quasi infinite, a differenza della parola scritta. E lo dimostra l’invidia di tanti colleghi consapevoli che l’occhio del lettore, davanti alla pagina, cade prima sulla vignetta che sugli articoli. Il fenomeno è tanto più rilevante nell’era di Internet. Il disegno corre sull’onda del web, è la gazzella dell’informazione.
Già, mentre il giornalista è l’ippopotamo. Non esageri?
La verità è che io sono innamorato del mio mestiere: raccontare la verità attraverso un’immagine è la cosa più bella che ci sia.
La cosa che colpisce di più è che tu, che in realtà te la cavi con pochi tratti di penna, passi ore ed ore nelle aule di giustizia. Posso testimoniare che tu stai seguendo il processo “Iva telefonica” passo dopo passo, senza perderti una battuta. Anzi, sfruttando le pause del dibattimento per studiare i volti, gli atteggiamenti di avvocati ed imputati. Al contrario, di giornalisti in aula se ne vedono pochi.
E fanno male. Perché in quell’aula sfila un pezzo della storia d’Italia.
Addirittura?
Non esagero. Primo, perché è impressionante verificare, giorno dopo giorno, che sulla base di un presupposto fondato sul niente, cioè che qualcuno “non poteva non sapere”, si è tenuta la gente in galera per un anno senza raccogliere nulla di nulla. Il tutto per arrivare ad un maxiprocesso che mobilita una marea di gente, in cui la presenza di Scaglia serve a far da richiamo. Anche questa è l’Italia di oggi, un Paese che è pieno di cose da raccontare.
Con una matita ed un computer.
Bastano per sognare e far sognare. Cose di cui abbiamo grande bisogno di questi tempi.