Iva telefonica: Ma Fastweb poteva sapere? (1)
La testimonianza del capitano della Guardia di Finanza, Luca Meoli: i controlli e le verifiche sulle controparti ci furono (prima a Londra, poi in Italia)
Il 14 luglio 2003, nel corso della riunione del Comitato di controllo interno, il Presidente informa che la «funzione di internal audit, di recente creata all’interno del gruppo e.Biscom ha iniziato la propria attività effettuando secondo quanto già stabilito un’analisi dettagliata dei crediti e dei ricavi commerciali e dei fondi di svalutazione crediti del gruppo. L’ingeger Micheli invita quindi Paolo Fundarò sulla base della documentazione già distribuita ai presenti a illustrare gli aspetti salienti della verifica». La citazione sta nel verbale della seconda udienza del processo per l’Iva telefonica (5 maggio 2011) dedicata alla testimonianza del capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli, in cui si è affrontato uno dei temi-chiave dell’inchiesta: Fastweb non “poteva non sapere” della presunta truffa basata sull’evasione dell’Iva, oppure l’azienda ha effettuato verifiche e controlli nell’ambito delle sue possibilità?
Dalla lettura della testimonianza del capitano Meoli emerge l’impressione di un controllo tutt’altro che di routine da parte del Comitato interno e della costante attenzione dei vertici aziendali per il rispetto, non solo formale, delle regole.
L’obiettivo dichiarato, come si legge nei verbali interni è, al contrario, quello di «fare approfondimenti di natura legale, fiscale per assicurarsi che in nessun modo Fastweb possa essere coinvolta in eventuali operazioni fiscalmente elusive o evasive». Uno sforzo culminato nella richiesta di pareri ad illustri consulenti, compreso il professor Guido Rossi, ma preceduto da indagini effettuate dalle strutture interne in vista di quella richiesta; del resto, il Comitato, come si legge nella documentazione raccolta all’interno di Fastweb nel corso delle indagini, diede mandato di «predisporre tutta la documentazione necessaria per presentare il business al professor Guido Rossi e richiedere un parere in relazione a quelli che sono gli obiettivi che si pongono». E così «per verificare che Fastweb non sia coinvolta in un’operazione elusiva, evasiva» si dà il via ad alcune verifiche con l’utilizzo delle strutture interne, cui viene chiesto di verificare se le controparti di Fastweb «siano società operative con struttura commerciale e dei canali distributivi e dei clienti, e non soltanto delle scatole societarie, seppure validamente costituite». Per effettuare tale verifica, si legge ancora, «Fastweb ha richiesto un incontro con i rappresentanti delle società, PGT e LLB, tale incontro avrà luogo a Londra presso le sedi delle società il 17 luglio».
Dopo il meeting a Londra, ci sarà un incontro in Italia, il 28 luglio 2003, presso CMC, società con 70 dipendenti in cui Carlo Focarelli ha il ruolo di direttore generale. Viene ricostruito il business, basato «su metodo di accesso ai propri servizi attraverso una carta prepagata il cui valore intrinseco è rappresentato dal codice stesso di accesso».
Quindi viene ricostruita la catena commerciale messa in moto da CMC. Al termine di questi approfondimenti, secondo la ricostruzione del capitano Meoli, Fastweb richiede il parere del professor Guido Rossi. In particolare si chiede «di esprimere un parere sulla compatibilità dell’attività di vendita delle schede prepagate con l’oggetto sociale di Fastweb, sugli eventuali rischi ad esso connesso e di verificare la compatibilità dell’attività di vendita delle schede prepagate con l’oggetto sociale di Fastweb, nonché sugli eventuali rischi ad esso connesso».
Di quanto ha scritto il Professor Guido Rossi ce ne occuperemo nella prossima puntata.