Udienza 30: la linea dei PM sbanda sulle mail
Nel controinterrogatorio di Meoli i legali dei manager tlc puntano il dito su indagini “poco accurate”. Il capitano della GdF ammette che non tutta la posta elettronica interna a TIS (4 cd agli atti) è stata esaminata dagli inquirenti. E su Fastweb, riconosce che fu per primo lo stesso Scaglia a rendere nota ai magistrati l’attività di Audit posta in essere dall’azienda nel 2003. Attività poi, però, divenuta oggetto del “teorema” dell’accusa
C’è qualcosa che scricchiola nel “teorema” della Procura, secondo cui i vertici di TIS e Fastweb “non potevano non sapere” della presunta truffa dell’Iva telefonica. Ad esempio, fu lo stesso Silvio Scaglia, fin dal 2007, interrogato dai PM che indagavano, ad indicare la procedura del Comitato Audit messa in atto da Fastweb nel 2003, in relazione all’operazione Phuncard. Così si è espresso il capitano della GdF, Luca Meoli, in un passaggio del controesame iniziato ieri nel corso dell’udienza numero 30. Una dichiarazione significativa (e anche un punto a favore per la difesa) per il fondatore di Fastweb. Meoli ha infatti chiarito che furono proprio le dichiarazioni di Scaglia a permettere alla Procura di acquisire conoscenza (e documentazione) dei “controlli interni” messi in atto dall’azienda.
Nulla da nascondere, dunque, per Scaglia, fin da allora. Anzi. Eppure proprio le modalità dei controlli interni rappresentano, sia per Fastweb che per TIS, uno dei “capisaldi” su cui dovrebbero reggersi le accuse mosse nei confronti dei vertici apicali delle due società. Ma se così fosse, perché sarebbero stati gli stessi manager tlc a consegnare le “prove” della propria colpevolezza ai PM? Un salto logico, su cui hanno direttamente o indirettamente battuto alcuni dei legali delle difese, nel controinterrogatorio a Meoli, per mettere in evidenza la mancanza di “accuratezza” delle indagini su diversi punti.
In particolare, è emerso ad esempio, che non tutta la posta elettronica “interna” di TIS è stata esaminata nel corso dell’inchiesta. Si tratta di 4 cd agli atti del processo, che testimoniano delle mail scambiate fra i tecnici della rete aziendale nel periodo dell’operazione denominata “Traffico Telefonico”. Se per l’accusa vale quanto sostenuto nel corso di un interrogatorio del maggio 2010 dall’ing. Ciccarella, responsabile della rete TIS, secondo cui vennero fatti controlli sul traffico prima del 2007, la verifica della posta interna di TIS mette invece in luce che tali controlli iniziarono solo dopo il 2007, e che a sollecitarli espressamente (lo dicono le mail) furono i due manager apicali, cioè Stefano Mazzitelli e Massimo Comito, con espressioni del tipo: «Mi raccomando fate bene i controlli».
Ma non solo. Se per i PM anche le modalità di sottoscrizione del contratto “Traffico Telefonico” da parte di TIS, inviato per posta, rappresentano un possibile tassello, e un atto di accusa, dell’intero “teorema”, ieri tramite la documentazione segnalata dall’avv. Merluzzi, si è potuto accertare che le procedure organizzative di TIS pretendevano espressamente – come linee guida – che i contratti fossero scambiati proprio per posta. In aggiunta, si è potuto verificare come i contratti realizzati da TIS, in quel periodo (e con modalità del tutto simili), siano stati ben mille.
Tornando a Fastweb, c’è da registrare che Meoli, controinterrogato dall’avvocato Ursini, legale di Roberto Contin, ha anche riconosciuto come agli atti non vi siano “carte” che riguardino l’ex responsabile “wholesale” di Fastweb, se non quelle emerse in quanto documenti aziendali. Nient’altro. Inoltre, come Contin non sia mai stato “intercettato” e non compaia mai il suo nome nelle intercettazioni che riguardano altri imputati. Va ricordato, del resto, come agli atti del processo vi sia anche una mail, citata “a discolpa” del suo assistito dall’avv. Ursini, inviata da Carlo Focarelli all’ex dipendente Fastweb, Giuseppe Crudele, dove si legge testualmente: «Andiamo a pranzo ma non far venire RC, così possiamo parlare».