Fattore Umano | Gonnella: «Umanità e dignità calpestate in carcere»
«Il 43% dei reclusi è composto da presunti innocenti», spiega il presidente di Antigone. E ai tossicodipendenti la galera non serve a nulla
La lista delle adesioni allo sciopero della fame proposto da Marco Pannella aumenta di ora in ora per «restituire alla giustizia il suo ruolo di equo strumento sociale di verità». Un gesto di protesta nel silenzio delle istituzioni. Come spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, la onlus che da anni si occupa di politiche della giustizia e diritti dei detenuti.
Ancora una volta le carceri sono in subbuglio, una protesta pacifica ma ferma, con molte adesioni anche all’esterno. Che succede?
La vita nelle carceri italiane è dura, durissima. Ci sono istituti dove i detenuti devono dividersi in tre una cella con meno di dieci metri quadri. Non possono stare tutti in piedi contemporaneamente. Non vedono mai l’educatore. La funzione rieducativa della pena, ben descritta nell’articolo 27 della Costituzione, è pertanto oramai un mito. L’umanità e la dignità sono oggettivamente calpestate. Nelle estati torride non ci si può fare la doccia tutti i giorni. Il medico non sempre è presente. Le malattie crescono. La violenza verso se stessi e verso gli altri pure. Per questo ritengo giusto proporre, come fa Marco Pannella, una piattaforma politica per la giustizia sostanziale.
A proposito di adesioni, si aspettava questi risultati?
Sicuramente di positivo registriamo l’adesione dell’Unione delle Camere Penali. Ci sono i radicali. C’è una crescente sensibilità dell’opinione pubblica. Purtroppo manca una presenza forte delle istituzioni che ben sarebbe utile a rasserenare il clima con proposte concrete. Ad esempio, misure dirette a portare fuori dal carcere i tossicodipendenti che potrebbero fruire dei benefici presenti nella legge sulle droghe. Si tratta di un numero cospicuo di persone – circa 10mila – alle quali si darebbe una più utile chance di vita. Inoltre le forze politiche dovrebbero trovare le vie tecniche e procedurali per evitare gli eccessi di ingressi in carcere di persone in custodia cautelare. Si consideri che circa il 43% della popolazione reclusa è composto da presunti innocenti. Questa è una anomalia tutta italiana, segno di una giustizia lenta e inefficiente.
Lei ha parlato espressamente di “omertà mediatica”. Siamo a questo punto?
I grandi media selezionano le notizie con criteri non proprio corrispondenti alla loro importanza. Un esempio: sulle reti televisive nazionali c’è raramente spazio per chi intende denunciare un caso di violenza nelle carceri o raccontare uno dei tanti suicidi. Ora si avvicina l’estate e intorno a Ferragosto tutti parlano di prigioni. Ma poi tutti ritornano ad occuparsi di gossip e politica da bar piuttosto che di diritti umani violati.
Come Antigone avete in agenda altre attività? Che spazi per soluzioni concrete?
Magari avessimo una possibilità – dico una – di dialogare con il Governo. Non abbiamo mai incontrato il ministro Angelino Alfano. Noi le idee le abbiamo chiare. Ma non c’è verso di discutere e confrontarsi. In sintesi, le nostre principali proposte di iniziativa sono quattro e iniziano tutte per D: depenalizzazione, decarcerizzazione, diritti e dignità. Ognuna di queste quattro parole è un contenitore che va riempito con progetti e risorse. L’obiettivo finale è il capovolgimento dell’attuale politica miope, che produce carcere patogeno e recidiva. Ossia occorre restituire alla giustizia il suo ruolo di equo strumento sociale di verità. Oggi è invece un asimmetrico dispensatore di tragedie.