Fattore Umano | Chiusura Opg
On. Marino: «Le esigenze di tutela della collettività non possono mai giustificare misure tali da recare danno alla salute del malato, quindi la permanenza negli ospedali psichiatrici giudiziari che aggrava la salute psichica dell’infermo non può proseguire»
La chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari prevista dai nuovo decreto sulle carceri a marzo 2013 è stata giudicata «avventata e irresponsabile da alcuni» e da altri «il frutto acerbo di un mancato confronto con gli esperti del mondo psichiatrico e giudiziario». Commenta così l’On. Ignazio Marino sulle pagine de l’Espresso il recente voto del Senato.
Se la Camera confermerà la proposta di riforma approvata da Palazzo Madama cosa accadrà da qui al 31 marzo 2013? Per il Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale «gli ospedali psichiatrici giudiziari diverranno ciò che non sono mai stati: veri luoghi di cura. Nuove e diverse strutture al posto delle vecchie, degradate e fatiscenti, che saranno definitivamente chiuse». Negli attuali Opg, secondo i dati della commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario ripresi da l’Espresso, ci sono circa 1.400 persone di cui più di 900 riconosciute ancora pericolose per sé e per gli altri (saranno loro ad essere trasferite nelle nuove strutture) e 500 circa ritenute «non più socialmente pericolose», pazienti che dovevano per legge già uscire dal circuito degli Opg ma che per mancanza di fondi e varie proroghe hanno visto trasformare il loro diritto in un «ergastolo bianco»). Per loro è previsto il riaffido alle Asl: saranno dimesse e assistite sul territorio dai dipartimenti di salute mentale.
«Al posto degli Opg – spiega il Senatore – sorgeranno piccole strutture da 30 o 40 posti letto, dotate di tutta l’attrezzatura necessaria per l’assistenza ai pazienti, con infermieri, medici, psichiatri ed esperti di riabilitazione che possano finalmente fare il loro mestiere: curare la mente e il corpo. Non è stata sottovalutata, tuttavia, la necessità dì garantire la sicurezza, per cui all’esterno dei centri di cura la sorveglianza sarà assicurata dalla polizia penitenziaria». Tutto ciò sarà realizzabile? «Certamente – risponde il Prof. Giuseppe Armocida, noto specialista psichiatrico-forense –. Come da tempo gli specialisti del settore stanno suggerendo, attraverso istituti che abbiano caratteristiche di efficacia in chiave terapeutica e riabilitativa garantendo comunque i migliori criteri operativi con soggetti per i quali è stata riconosciuta una pericolosità sociale». «Bisogna operare per la difesa sociale – dice – senza applicare le crudeltà di reclusione in istituti nei quali veramente il momento terapeutico e riabilitativo non si scorge, a fronte della dominante condizione carceraria».