Il reato associativo non c’è. Roberto Contin assolutamente estraneo ai fatti a lui contestati.
“Si impone, pertanto, l’esito assolutorio del giudizio a carico dell’imputato, di cui risulta acclarata l’assoluta estraneità ai fatti associativi a lui contestati, per non aver commesso il fatto”.
Così la Corte della prima sezione penale del Tribunale di Roma ha stabilito la piena innocenza di Roberto Contin, responsabile dell’area Large Account di Fastweb, rispetto alle accuse di complicità, assieme ai vertici aziendali di Fastweb, nella realizzazione di “una delle più grosse truffe in materia di Iva” compiuta da una banda criminale.
La sentenza, emessa dopo un lungo processo (dal 23 novembre 2010 al 17 ottobre 2013) che ha registrato 147 udienze e centinaia di testimonianze, ha così contestato le conclusioni della Procura che dalle dichiarazioni rese da Giuseppe Crudele aveva “enucleato gli elementi di prova granitica della responsabilità degli odierni imputati”. In realtà, rileva la sentenza emessa dal Tribunale a fine ottobre “l’istruttoria dibattimentale ha fornito la prova granitica del fatto che nessuno tra coloro che ebbero ad operare all’interno delle varie aree funzionali di Fastweb, ciascuno in relazione ai propri ruoli operativi, ebbe a percepire l’esistenza di quelle macroscopiche atipicità che fondano il giudizio di penale responsabilità ipotizzato dall’accusa”.
LE PROVE DELL’EVIDENTE ESTRANEITA’ DEL MANAGER
Per quanto riguarda in particolare Contin, cui era stata contestata unicamente la partecipazione all’associazione a delinquere aggravata dalla trasnazionalità, è emersa la sua “evidente estraneità” ai fatto contestati. “Le dichiarazioni rese dal Contin – si legge ancora – appaiono convincenti e sono corroborate dalla complessiva ricostruzione della vicenda emersa dal dibattimento”.
In particolare “convincente è innanzitutto la dichiarata mancata consapevolezza della presenza del Focarelli dietro l’operazione traffico telefonico…circostanza può ritenersi addirittura documentalmente provata alla luce di quella e-mail inviata da Carlo Focarelli a Giuseppe Crudele (“domani ci sono anche io a pranzo, cerca di non far venire R.C. a pranzo cosi parliamo“) spiegata da quest’ultimo, in modo davvero poco convincente, come la conseguenza dei pregressi rapporti conflittuali tra i due”.
“Altrettanto convincente - si legge ancora – la dichiarata assenza di un ruolo concretamente operativo dell’imputato nel concreto svolgersi della relazione commerciale…mentre non è irrilevante l’aspetto dell’assenza di un concreto profitto derivato dall’operazione”.
Ulteriore aspetto inconciliabile con tesi di una partecipazione del Contin nella compagine associativa descritta al capo 1 di imputazione è la mancata selezione del Crudele, nell’ipotesi accusatoria suo sodale, nella rosa dei candidati alla dirigenza.
A completare il quadro, infine, contribuiscono le affermazioni rese dallo stesso capitano Meoli della Guardia di Finanza (l’ufficiale della Guardia di Finanza che ha guidato le indagini, ndr) che ha rilevato come “dalla complessiva attività di indagine svolta non erano emersi flussi finanziari oggetto di indagine che lo riguardassero, né una qualunque forma di partecipazione a una qualsiasi società della filiera”.
NESSUN CONTATTO CON FOCARELLI
Infine, dalle intercettazioni cui Contin è stato sottoposto, “non è stata captata nessuna telefonata di rilievo, né in termini di conversazioni né, finanche, di contatti personali (neppure via e-mail) con alcuno dei sodali, men che mai con Carlo Focarelli”.
Di qui l’esito assolutorio del giudizio a carico dell’imputato, di cui risulta acclarata l’assoluta estraneità ai fatti associativi a lui contestati al capo 1 di imputazione, per non aver commesso il fatto.