Il tribunale del riesame si “riserva di decidere”
Ancora un nulla di fatto, ancora un po’ di tempo. Il Tribunale del riesame in sede d’appello, presieduto dal giudice Giuseppe d’Arma, si è infatti “riservato di decidere” (e tuttora si è in attesa) sul ricorso all’istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati di Silvio Scaglia, già bocciata il 18 marzo scorso.
All’udienza, tenuta mercoledì 19 maggio, erano presenti il procuratore aggiunto della Procura di Roma Giancarlo Capaldo e i due pm Francesca Passaniti e Giovanni Bombardieri. Il tribunale ha ascoltato la richiesta dei legali del fondatore di Fastweb che hanno ribadito l’insussistenza dei requisiti di legge per la carcerazione preventiva (assenza di pericolo di fuga, di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato), mentre la Procura ha sottolineato come il gip Aldo Morgigni abbia già attenuato le misure di custodia tramite il passaggio agli arresti domiciliari.
[...] prevista, ma con risvolti “agli antipodi della legittimità”. Il Tribunale del Riesame di Roma ha respinto l’appello presentato dai legali del fondatore di Fastweb, Antonio Fiorella e Pier Maria Corso, per chiedere [...]
“la Procura ha sottolineato come il gip Aldo Morgigni abbia già attenuato le misure di custodia tramite il passaggio agli arresti domiciliari”….??L’assurdità di questa vicenda, e chissà di quante altre, sembra non avere limiti….perfino nelle dichiarazioni!
Ogni barlume di buon senso si rivela essere tutt’altro.
Tieni duro Silvio! anche se conoscendoti è superfluo dirtelo!
diego
Verrebbe in effetti da dire “bontà loro!”
Avranno attivato certe cellule prima di fare simili dichiarazioni?
ottima idea la rilettura di Pinocchio, tuttavia consiglio ai “giustizieri” la lettura di Dante, Purgatorio secondo girone
Per capire meglio – 1
Il 15 maggio scorso “Libero” ha pubblicato una lunga intervista di Gianluigi Nuzzi a Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto di Roma.
http://www.libero-news.it/news/412592/_Cricca__è_una_faida_nel_Pdl_.html
Il tema è quello della famigerata “cricca”: così battezzata dai giornalisti. Poi vedremo le prove.
Capaldo ha detto, tra l’altro, che esiste la possibilità delle “strumentalizzazioni più ampie e inquietanti dell’azione giudiziaria”.
Segue un passo saliente dell‘intervista.
Domanda: “Strumentalizzazioni dei pubblici ministeri? Cosa intende?”
Risposta: «C’è gente che strumentalizza il potenziale automatismo giudiziario, l’obbligatorietà dell’azione penale per fini propri, per colpire avversari politici ed economici. Quando a un pubblico ministero sono posti davanti agli occhi dei fatti di rilevanza penale li devi per forza perseguire».
Dunque Capaldo afferma che il ricorso all’azione giudiziaria è un mezzo sia per attuare faide interne, sia per intervenire pesantemente nell’economia del Paese.
Questa gravissima affermazione apre scenari inquietanti.
Siccome i magistrati non sono esseri soprannaturali ma uomini qualsiasi – e dunque schierati – come si comportano di fronte agli interessi della loro propria schiera?
Perché è semplicistico ricorrere al concetto di “obbligatorietà dell’azione penale”, che in Italia è una vera e propria barzelletta.
Impone, infatti, di aprire un fascicolo. Ma dove viene posizionato quel fascicolo?
È un gioco da ragazzi porlo in cima alla pila di fascicoli oppure seppellirlo in fondo.
E il mazzo di carte – chiamiamolo così – può essere rimescolato più volte, senza alcuna conseguenza per il mazziere.
Questo metodo di gioco non è una vaga eventualità: funziona, eccome, per determinati soggetti che hanno santi togati in paradiso. Almeno fin qui.
Inoltre, l‘ “obbligatorietà dell’azione penale” non giustifica la clamorosa disparità di trattamento tra imputato e imputato, che siamo ormai abituati a constatare.
E che mi disgusta: pur avendo ben assimilato la lezione di Orwell:
“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.
Quali altre importanti e indifferibili istanze hanno dovuto esaminare in questi 60gg (dall’ultima bocciatura e presntazione del ricorso)?
A suo tempo si presero appunto un paio di mesi per arrivare all’udienza del 19 maggio. NON potevano decide sin d’allora che servivano loro 90gg? 120gg? o dichiarare “sino a quando ci converrà”? Cosa ha impedito loro di fare il loro dovere in questi 60gg, pari ad almeno 40 giorni lavorativi? E mantenere quindi un impegno che loro stessi si erano dati? Quali altri incarichi, impegni, commissioni, arbitrati, convegni, consulenze e chissà che altro, riempiono il tempo di lor signori tanto da impedire di fare ciò che per cui sono stipendiati?
Ha molta ragione Talita ad insinuare il dubbio che “lorosignori” costretti a concedere qualcosa (un fantasma di arresto domiciliare) hanno esercitato la cosa per salvare la faccia (forse anche di fronte al monito e soffice invito del Presidente della Repubblica) ma, al contempo, corredare il provvedimento di qualche accessorio puramente vessatorio.
Ricordo qualcuno, e non credo di ricordare male che nel parmense, e che aveva sì gettato nel lastrico diverse famiglie, passeggiava tranquillo nel parco di casa durante gli arresti domiciliari. E se non erro movimentando anche qualche quadro di famiglia.
Lì andava bene la minore restrizione?
Temono forse i magistrati che Silvio Scaglia respiri troppa aria buona e fresca affacciandosi dal balcone di Antagnod?
Fossi al suo posto rimpiangerei l’aria di Antigua che un giorno di febbraio lasciò di sua spontanea volontà per consegnarsi alla (in)giustizia italiana.
Gli antichi si domandavano sempre “cui prodest?”.. chissà se rispondendo a questa domanda si risale alla catena di comando che manovra questi burattini travestiti da burattinai.. Si perché, a ben vedere, lor signori di indipendente hanno solo stipendio (indipendente da quanto fanno, da come lo fanno, dai risultati che raggiungono). Per il resto, appartengono o ad una corrente politica o ad una professionale o al salotto di quelli buoni di turno, ammantati di moralismo (sentirli parlare di pentimento è davvero inquietante) e di sacro furore per la loro missione. A quando la giustizia?
Mi correggo.
Ho scritto Morgagni anziché Morgigni.
Cognome ostico perfino da memorizzare.
Il bradipo è un animale particolarissimo.
Il suo nome deriva dal greco e significa “dal piede lento”, perché l’animale si muove al rallentatore e il maschio della specie vive per l’intera vita su un unico albero. In quanto animale notturno, ci vede poco.
Comunque è un animale simpatico.
Non posso dire lo stesso di alcuni bradipi togati: altrettanto lenti, altrettanto miopi, altrettanto radicati al loro “albero” che fruttifica privilegi.
Però non sono simpatici: neanche assumendo la parola in senso pregnante e dunque nel significato di “soffrire insieme”.
Infatti la sofferenza dell’altro – specie quando sia incappato nel tritacarne giudiziario – li lascia indifferenti, a tutto vantaggio della lentezza burocratica e giudiziaria: che non è affatto un loro diritto stabilito per legge, bensì una prepotenza e una pessima abitudine acquisita dall’uso.
Per poter esercitare qualsiasi prepotenza, non guasta utilizzare un lessico esoterico, in cui pullulano formulette e slogan: vuoti di significato ma funzionali a un comportamento che i togati ritengono ieratico.
Senza mai ricordare che, nella nota fiaba, bastò che un bambino gridasse “Il Re è nudo”.
Ed ecco che il linguaggio togato si inebria di prove “compatibili”, di “liberi convincimenti” e di “si riserva di decidere”.
Quando, o monarchi nudi?
E, per decidere, che cosa ci vuole di più di quanto già sa perfino la mia nipotina di cinque anni?
Mistero.
Morgagni ha attenuato le misure di custodia tramite il passaggio agli arresti domiciliari?
Dove? Come? Quando?
Morgagni ha vietato a Silvio Scaglia di affacciarsi al balcone di casa. Gli ha vietato di parlare con i figli. Gli ha vietato di sgranchirsi le gambe, se non camminando attorno a un tavolo.
Insomma, si è vendicato per aver dovuto concedergli gli arresti domiciliari: ingegnandosi peraltro a irrigidire – altre che attenuare! – la costrizione del carcere.
La gente vuole conoscere i motivi di tanto accanimento.
Ad alcuni viene perfino in mente Angelo Rizzoli, con i suoi 407 giorni di ingiusta detenzione e le successive sei assoluzioni definitive in Cassazione: però dopo, molto dopo che gli era stato scippato il “Corriere della Sera”!
Recentemente, l’avvocato Gaetano Pecorella ha rilasciato un’intervista al “Giornale”, dichiarando:
«Angelo Rizzoli fu depredato della sua casa editrice perché fin dall’inizio era stato individuato come la vittima sacrificale. Politica e finanza volevano impossessarsi del gioiello di famiglia, il ‘Corriere della Sera’, e alla fine ci sono riusciti. L’infamia più atroce è stata far passare la vittima per un malvivente, una mistificazione che in 26 lunghi anni ha attecchito nell’opinione pubblica, a dispetto delle sentenze».
Per leggere tutto:
http://www.ilgiornale.it/interni/pecorella_nello_scippo_corriere_angelo_rizzoli_fu_vittima_sacrificale/gaetano_pecorella-angelo_rizzoli/15-05-2010/articolo-id=445690-page=0-comments=1
Ma il Tribunale del riesame in sede d’appello si è “riservato di decidere” su Scaglia.
Spero solo che non si voglia riproporci un film già visto.
per il momento sospendiamo la (ri)lettura delle avventure di Pinocchio per cercare di capire la ratio di mantenere ancora ing. Scaglia isolato.
Nelle attività industriali il fattore tempo è fondamentale e quando mercoledì 19 maggio ho letto che è stata aperta Istruttoria per presunto abuso di posizione dominante nelle gare Consip ed Enel, sono rimasto sorpreso leggere – in fondo all’articolo – che la commissione avrà un anno di tempo per chiudere il procedimento.
Di fatto una decina di anni fa in Italia sono state fatte le privatizzazioni proprio per rendere possibile la concorrenza e dare un miglior servizio a prezzi non da monopolio.