I famigliari dei manager Sparkle si rivolgono al Presidente
Anche i famigliari dei manager di Telecom Italia Sparkle in carcere a Rebibbia da 86 giorni nell’ambito dell’inchiesta sulla “frode carosello” hanno deciso di appellarsi al Capo dello Stato, imitando l’esempio della signora Monica Aschei, moglie dell’ingegner Silvio Scaglia, attualmente agli arresti domiciliari, sotto un regime estremamente restrittivo, nel comune di Ayas.
I famigliari dell’ex amministratore delegato di Telecom Italia Sparkle, Stefano Mazzitelli, e dei manager Massimo Comito e Antonio Catanzariti, si rivolgono al Quirinale con una lettera pubblica in cui sottolineano di aver nutrito sempre la convinzione che “la nostra fiducia estrema nella giustizia avrebbe vinto”. I tre manager, al pari dell’ex direttore finanziario di Fastweb, Mario Rossetti, sono ancora sottoposti al regime di custodia cautelare.
“Ma ora – si legge nel documento riportato da Repubblica – Le scriviamo perché il carcere cautelativo sta diventando una vera tortura giudiziaria: Stefano Mazzitelli non è più in carica dal novembre del 2009 e fuori dall’azienda dal febbraio 2010. Massimo Comito e Antonio Catanzariti sono stati licenziati dopo gli arresti. I pm hanno carte raccolte in tre anni di lavoro investigativo. Nei loro conti sequestrati e nelle indagini raccolte per rogatoria in tutto il mondo non è risultato un solo euro che potesse essere ricondotto a truffe, tangenti o qualsiasi atto dell’inchiesta”.
Di qui, “senza voler entrare nel merito dell’inchiesta che li riguarda perché la loro innocenza dovrà essere dimostrata ai giudici competenti” i famigliari si domandano la ragione di una custodia cautelare di queste misure preventive. Una prassi che non è certo giustificata dalla lettera e dallo spirito della legge ma che getta, davanti alla comunità internazionale, un’altra ombra sull’efficienza e l’equità della macchina e della giustizia italiana.
Come si legge sul supplemento Plus de Il Sole 24 Ora “Silvio Scaglia si è fatto 82 giorni di carcere preventivo. Negli Usa chi sbaglia paga molto duramente. Dopo il processo”.
Sono solidale. Per una giustizia che pensi più all’essere umano e meno alle “notizie”.
Solidarietà anche alla vostra legittima azione.