Archivio di maggio 2010

Pier Luigi Celli su Scaglia “da quasi tre mesi scomparso dall’universo civile”

 

 

“Ho assunto Silvio Scaglia in Omnitel all’inizio di una delle avventure più esaltanti e riuscite degli ultimi anni”. Comincia così il racconto che sulle colonne di Economy  Pierluigi Celli, direttore generale della Luiss, dedica all’amico “da quasi tre mesi scomparso dall’universo civile”.



“Di Silvio – scrive Celli – mi colpì nel primo colloquio presso la Caffetteria di piazza di Pietra a Roma, la serietà della persona, la capacità di analizzare le condizioni offerte con rigore. Nell’azienda in formazione portò competenza ma soprattutto razionalità e una straordinaria capacità di realizzazione in grado di motivare e coinvolgere tutti i dipendenti”.  Scaglia, una volta scelta “rischiando in proprio” la strada dell’imprenditore, “ha condiviso con tanti la buona riuscita del suo business rendendo disponibili benefici che non vanno dimenticati” .




Fin qui l’immagine pubblica. Ma Celli squarcia anche un velo sul rapporto privato con il creatore di Fastweb e di Babelgum. “ Non si è mai dimenticato – rivela – dei compagni della prima ora finiti in difficoltà, soprattutto per ragioni di salute. E non posso dimenticare che, molti anni dopo il nostro lavoro insieme,  colpito da una malattia pesante, me lo sono visto comparire, inaspettato, per verificare la situazione e chiedere se avessi bisogno di qualcosa che lui potesse fare”.


Celli, che pure ha la sua opinione, si guarda bene dall’intervenire “sull’oggetto specifico” delle contestazioni  a Scaglia. Ma, come ha sostenuto a Radio 24, un trattamento quale quello subito dall’ingegnere, è degno di un Paese “dove non si pensa più”.


Oscar Giannino a Radio24 – Tutti gli interventi su Silvio Scaglia



L’avvocato Antonio Fiorella, uno dei difensori di Silvio Scaglia, è stato oggi ospite della trasmissione di Radio 24 dedicata al protrarsi della custodia cautelare di Silvio Scaglia. “Le indagini proseguono ma il quadro, per quanto riguarda il nostro assistito, si è cristallizzato: non è emerso alcun elemento d’accusa nuovo a suo carico. Perciò siamo sicuri dell’innocenza di Scaglia, vittima, assieme a Fastweb, di una frode ben congegnata, così raffinata che la stessa accusa  ha avuto molte difficoltà a capirla. Il paradosso è che la vittima, in questo caso , è finita in carcere”.

 

Un paradosso, ma non troppo, visto l’uso della custodia cautelare nel nostro sistema. “L’istituto della custodia cautelare è fortemente da criticare – risponde il penalista – perché, nella pratica, non corrisponde alla volontà del legislatore. Si fa un uso inaccettabile della custodia preventiva, senza tener conto che per la Costituzione esiste la presunzione di innocenza”.

 

Nel caso di Scaglia, ha sottolineato Oscar Giannino, non esistono i presupposti  per la custodia cautelare. “Il pericolo di fuga è decaduto – ha detto – con l’immediato rientro di Scaglia in Italia per mettersi a disposizione della giustizia. E chi si consegna in carcere non ha certo l’intenzione di inquinare le prove né di reiterare il reato. Al di là del  caso di Scaglia, emerge ormai con tutta evidenza un malessere profondo per l’abuso dell’istituto che va tenuto presente dal legislatore”. Il magistrato non paga mai, aggiunge Giannino, anche quando un suo intervento ha come conseguenza quella di rallentare o peggio inibire un piano alternativo  per le tlc ad alto vaore aggiunto per il Paese.

 

“Io credo – ha commentato l’amico di Scaglia, Cesare Garbiniche Silvio paghi il fatto di essere un innovatore, uno che vede lungo e vuole operare per il cambiamento. Una figura così suscita senz’altro ostilità”.


“C’è qualcosa che non funziona in questo paese dove non si riflette più interviene Pierluigi  Celli, direttore generale della Luiss – Perché una persona che si è dimostrata rispettosa della giustizia subisce un trattamento del genere?  Al di là delle contestazioni, in uno Stato di diritto Scaglia poteva comunque essere trattato in un altro modo”.

 

Ma in Italia, è l’amaro commento di Peppino Caldarola,  il carcere preventivo è ormai diventata la vera pena, tale da rendere inuile il processo con tutte le sue garanzie. “Si spiegano così i tanti casi scandalosi: la carcerazione preventiva di Ottaviano Del Turco o l’inchiesta napoletana della Global Service, dove la maggior parte degli inquisiti è stata assolta ma c’è stato un suicidio. O, parlando di imputati non eccellenti, il caso del padre dei due fratellini di Gravina. Ora ci troviamo di fronte al caso di Silvio Scaglia, rientrato a tempo di record in Italia manifestando la volontà di collaborare”. Una situazione patologica, aggravata dal fatto che “il magistrato non risponde mai dei propri errori. Sul Riformista abbiamo appena pubblicato l’elenco di tutti i flop delle inchieste di De Magistris. Intanto lui siede al Parlamento europeo…”.

IL PUBBLICO DI RADIO 24: INGIUSTA LA CARCERAZIONE DI SCAGLIA

Ernesto che chiama da Modena si definisce “un garantista di sinistra”. “Non entro nel merito del caso dell’ingegner Scaglia – dice – ma un pm che interpreta la carcerazione preventiva come un mezzo per indurre alla confessione di un presunto reato dà la misura dello squallore totale in cui viviamo”. E’ una delle telefonate, quasi tutte all’insegna della solidarietà, con cui si chiude l’ora di trasmissione su Radio 24 che Oscar Giannino ha dedicato al caso di Silvio Scaglia.

 

Solo Alessandro da Milano fa rilevare, con pacatezza, che “La custodia cautelare non è un atto arbitrario del pm ma una decisione che va convalidata dal gip.

 

Vero - replica Giovanni da Romama il gip non è nei fatti in grado di opporsi alla volontà del pm . Troppo spesso i pm usano dei loro poteri per tendere ad avvalorare le loro presunzioni invece che agire con imparzialità”.

 

“S’impone una riforma urgente – dice Maurizio da Romaanche perché in questa situazione l’imputato è in balia delle emozioni suscitate dai titoloni dei media che accompagnano l’avvio di un’inchiesta clamorosa che poi, magari, si conclude in nulla. Ma a quel punto, complici i giornali, il massacro di una persona è già avvenuto”.

 

Questi gli umori degli ascoltatori di Radio 24: un campione, forse non  del tutto rappresentativo (lo stesso Giannino ha parlato, nel corso della trasmissione, di e-mail di segno contrario) ma comunque sintomatico di un atteggiamento di rivolta contro un comportamento di “ordinaria ingiustizia” contro un cittadino , Silvio Scaglia, che si è messo, con eccessiva fiducia,  a disposizione degli inquirenti.

 

Oscar Giannino su Silvio Scaglia a Radio24

 

 

Oggi, Mercoledi’ 12 Maggio alle ore 9:00, Oscar Giannino parlera’ del caso che coinvolge Silvio Scaglia, all’interno di  ”Nove in punto, la versione di Oscar“, in onda su Radio 24.

La trasmissione puo’ essere seguita anche via internet, collegandosi al sito di Radio 24.

 

Interverrano in trasmissione:


Cesare Garbini, amico di vecchia data di Silvio Scaglia, vice Presidente di Urmet Domus

Giuseppe Caldarola, editorialista del Riformista

Pierluigi Celli, direttore generale della Luiss

Antonio Fiorella, avvocato di Silvio Scaglia


Ainis: responsabilità e irresponsabilità dei giudici

 

 

 

- Se vogliamo restituire al corpo giudiziario la propria autorità perduta… dovremmo prendere sul serio una parola che ricorre per ben 13 volte nel linguaggio della Costituzione, applicata alle situazioni più svariate: la parola “responsabilità” –

 


Si chiude così il commento di Michele Ainis sul “Sole 24 Ore”,  dedicato alla domanda che si è fatta qualche giorno addietro il Capo dello stato, accogliendo al Quirinale trecento nuove leve della magistratura: “c’è un modo per restituire credito e prestigio ai nostri tribunali?” Per Ainis è in atto “una malattia degenerativa in cui gioca una componente culturale che ha trasformato il modo con cui i giudici vivono la propria funzione, la propria stessa indipendenza”.

 

 

“Durante l’Ottocento quest’ultima era legata all’idea di leggi certe e chiare, applicabili senza spirito di parte; oggi sappiamo tuttavia che la discrezionalità interpretativa è un momento insopprimibile di ogni decisione giudiziaria, tanto più in un ordinamento permeato da valori elastici e plurali come quelli scolpiti nella Costituzione. L’indipendenza dei giudici si è così tradotta nella salvaguardia della loro libertà ideologica, che a sua volta giustifica e sorregge il correntismo della magistratura. Ma se la premessa è esatta, la conseguenza  è errata: il fatto che il nostro ordinamento costituzionale sia aperto al pluralismo politico non significa che il pluralismo debba poi abitare anche all’interno della cittadella giudiziaria”.

 

Così, conclude l’autore, l’indipendenza del potere giudiziario ha in ultimo allevato l’irresponsabilità dei singoli magistrati, il rifiuto di render conto dei fatti e dei misfatti”.


Magistrato e cantastorie


La citazione latina è d’obbligo: mala tempora currunt. Anche perché, di fronte a certi curriculum non si può che volare alti. Cosa spinge infatti un ex magistrato come Bruno Tinti, già Procuratore aggiunto a Torino, ex docente universitario, ex consulente di ministri, autore di libri come “Toghe Rotte”, a prendere un macroscopico abbaglio, un clamoroso svarione, nemmeno degno di uno studente del primo anno di giurisprudenza?

 

Non lo sappiamo, pur avendo qualche obliqua ipotesi, ma registriamo quel che Tinti ha scritto sul “Fatto Quotidiano” (8 maggio) a proposito di Silvio Scaglia, definendolo “il fondatore di Fastweb, in carcere da un po’ più di due mesi con l’accusa di aver riciclato circa 2 miliardi di euro, ma quanto tempo ci metterei a contarli?”.

 

Ebbene no, è del tutto falso che Scaglia sia accusato di riciclaggio. Sarebbe stato sufficiente leggere le carte (non diciamo leggerle bene, ma almeno leggerle), per scoprire che è indagato per “associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e false dichiarazioni contabili per gli anni 2003, 2005 e 2006” (articolo 2 del decreto legislativo 74/2000 in concorso con altri)”. E che la cifra contestata (a Fastweb, va sottolineato) è di 38 milioni di euro.

 

Solo dettagli? Assolutamente no: se a scriverne è un ex magistrato che si picca di spiegare come funziona (o non funziona) la giustizia, è accettabile che ne parli senza piena cognizione di causa? Si potrebbe generare il sospetto, non sia mai, che talvolta i magistrati facciano il loro dovere in modo superficiale. Converrà, dr. Tinti, che sarebbe assai grave se un simile dubbio albergasse nella mente dei cittadini?

 

E per tornare alla carcerazione dell ing. Scaglia, come Lei ben sa, il nostro codice penale distingue due tipi di reato associativo: il 416 bis, legato alla criminalità organizzata di stampo mafioso (assolutamente non contestato a Scaglia) o quello che riguarda un qualunque reato commesso da più di due persone (art. 416). Tanto per fare un esempio: vale anche se tre persone si mettono a rubare mele da un albero e vengono beccati dal contadino.

 

Dunque, dr. Tinti, perché tanta imparzialità? C’è qualche sacro furore che l’acceca? Non sarà che, come leggiamo nella sua autobiografia, “alla fine ho lasciato la magistratura e mi sono messo a fare il cantastorie”? Per carità, canti pure, e se la suoni anche, ma rispetti un po’ di più chi si è presentato spontaneamente al portone di un carcere. Per inciso: continuando, da sempre, a dichiararsi innocente. La prossima volta, dr. Tinti, legga meglio.

‘Tremendo e incomprensibile’: Debenedetti intervistato da silvioscaglia.it


Senatore Debenedetti, sono passati 73 giorni dalla carcerazione  di Silvio Scaglia. Che sentimenti prova di fronte a quest’uso della carcerazione preventiva?

“Di essere di fronte a qualcosa che è tremendo e incomprensibile. Tremendo per il senso comune e incomprensibile anche per il giudizio appena un po’ informato. E questo produce un sentimento di paura”.

Franco Debenedetti, manager di lungo corso che alle spalle ha tre legislature in Senato (prima con il pds poi nelle fila del pd) è stato tra i primi, fin dal 28 Marzo sul Sole 24 Ore, a sollevare il problema  del trattamento giudiziario che sta subendo Scaglia.  Ma le domande da lui sollevate sono rimaste senza risposta.

“Non si capisce perché lo tengano dentro. Non c’è pericolo di fuga: era in Brasile ed è rientrato volontariamente. Non può reiterare il reato: da anni non ha alcun incarico aziendale in Fastweb. Non può inquinare le prove, dato che dopo tanti mesi le prove documentali dovrebbero averle raccolte tutte. Non può subornare i testi, le cui deposizioni sono già state raccolte.”


Senatore,  buona parte di queste domande erano presenti nel suo intervento di marzo. Ha avuto qualche risposta?

“Nessuna. Capisco che a me non sia dovuta: ma è un bene lasciare l’opinione pubblica in tale sconcerto? La sola spiegazione aggiuntiva di cui ho letto è che Scaglia deve restare in galera perché “non mostrerebbe segni di pentimento”. Si stenta a crederci: viviamo in uno Stato laico, in cui vale il diritto, o siamo ritornati all’Inquisizione, in cui si chiede l’abiura, e per averla si ricorre alla tortura?”.

E’ un tema, insomma, che va al di là della solidarietà umana per un presunto reo.

“Certo: se il diritto di Scaglia appare leso, leso lo è con certezza il nostro, quello di ciascuno di noi. Perché noi abbiamo il diritto di poter credere che la giustizia ci protegge. Quando non capiamo, quando abbiamo ragioni così forti di dubitarne, nasce la diffidenza, la paura di cui dicevo all’inizio. Mi domando se ci si renda conto di quanto questo sia grave.

Silvio Scaglia? Negli Usa sarebbe stato libero



“Silvio Scaglia? Negli Usa sarebbe stato doppiamente libero: niente carcere e nemmeno grane giudiziarie”.


Alessandro Bernasconi, docente di diritto penale processuale all’Università degli Studi di Brescia non ama le generalizzazioni, soprattutto in materia di diritto. Ma sta di fatto che negli Stati Uniti difficilmente un pubblico ministero si sarebbe preso la briga di riaprire un’inchiesta  infruttuosa, già archiviata una volta. E se anche lo avesse fatto, tempo una settimana e Silvio Scaglia sarebbe tornato a casa.


Professore, la giustizia americana come si sarebbe comportata con Silvio Scaglia?

“La discrezionalità dell’azione penale nel sistema di common law è molto forte e la cosiddetta double jeopardy impedisce a un magistrato di perseguire una persona più volte per lo stesso reato con garanzie più forti rispetto al principio del “no bis in idem” del sistema italiano. Difficilmente dopo una prima archiviazione, l’inchiesta sarebbe stata riaperta”.


E se qualcuno avesse voluto insistere?

L’attività inquirente negli Usa è spesso il primo gradino della carriera politica e ben pochi avrebbero perso tempo su un fascicolo già istruito e chiuso. Se poi fosse successo, magari sarebbe anche scattato l’arresto ma la detenzione non sarebbe stata certamente così lunga.

Ovvero?

Se l’arrestato si mette a disposizione dei giudici e offre ampie giustificazioni, viene subito scarcerato. Se non le offre, scatta la libertà su cauzione. Un istituto non riservato ai ricchi ma accessibile a tutti grazie all’esistenza di adeguati sistemi assicurativi. Difficilmente poi si sarebbe arrivati a un processo: negli Usa il patteggiamento e l’abitudine a cercare un accordo tra le parti è molto forte.

Torniamo in Europa: il caso Scaglia in Gran Bretagna…

Il sistema britannico è simile a quello americano, intriso di discrezionalità, e la prima archiviazione avrebbe seriamente ipotecato la possibilità di una nuova inchiesta. Detto questo, se il magistrato ritiene un fatto grave può anche chiedere la custodia cautelare, ma producendo prove inequivocabili di reato.

Quanto dura?

Le prove vengono esaminate da un giudice entro due o tre giorni e un gran peso nella decisione assume la pericolosità sociale del soggetto. Certamente il sistema giurisprudenziale non consente abusi: la giurisprudenza consolidata bloccherebbe qualsiasi detenzione prolungata finalizzata ad ottenere una confessione, ma … C’è anche un ma..

Quale?

Questi distinguo vanno fatti cum grano salis. Ogni caso è diverso, ha le sue sfumature. Non si possono fare paralleli semplicistici tra i vari sistemi giuridici. Pensiamo ad esempio agli abusi di carcerazione in Inghilterra negli anni ’70, per contrastare il terrorismo nordirlandese. Molto peggio dell’Italia negli anni del terrore.

Facciamo un salto nel continente. In Francia e Germania Scaglia sarebbe ancora in carcere?

I sistemi giudiziari “continentali” sono simili e tedeschi e francesi si avvicinano molto a noi nell’accesso e nell’uso della custodia cautelare. Il punto è capire se i “cugini” sarebbero davvero arrivati all’arresto.

Quali sono le sfumature?

In Francia esiste infatti l’ opportunità di perseguire” e la magistratura dipende dal ministero della giustizia, quindi da un responsabile politico. In Germania esiste la discrezionalità soltanto per i cosiddetti reati “bagatellari” e manca la figura del pubblico ministero professionale perché a esercitare l’azione penale sono i funzionari di polizia. Che dire, dipende. Certamente, le possibilità di bloccare una seconda indagine dopo l’archiviazione della prima sono molto più forti che in Italia.

Photo by chrisindarwin


Scaglia dal carcere: ‘La pena preventiva, una decisione incivile’

da Il Giornale


L’ex ad di Fastweb a Rebibbia da febbraio: “Non credo che accada in molti Paesi del mondo: la giustizia va riformata. Un gip fa l’interrogatorio per il Csm e l’interrogatorio salta. E’ normale?”


Il tempo dei giudici non è mai quello dei detenuti. Quanto sono lunghi settanta giorni, sedici ore, trentadue minuti e ventiquattro secondi? Silvio Scaglia arriva in questa stanzetta del carcere di Rebibbia.
Non è dimagrito. È in jeans scuri, una camicia chiara, un maglione beige. Qui, nel sottosuolo, passa una metro ogni tre minuti. Lui conta. Conta tutto. I passi, le sveglie, le notti, le pagine dei libri, i giorni di pioggia, il tempo perduto, quello ritrovato, le parole, i silenzi, le carte del processo, i respiri di tutti quelli in attesa di giudizio, la stecca dei condannati.
Lui conta, i magistrati no. Quando stai fuori il tempo non è circolare. Non si ferma. Scaglia conta gli uomini nella stanza: il direttore del carcere, l’ispettore e il parlamentare. Il terzo è Giorgio Stracquadanio, deputato Pdl.

L’ex signore di Fastweb, l’uomo che la giustizia accusa di conti sotterranei, riciclaggio, tasse non pagate e paradisi fiscali, il finanziere che aspetta un verdetto, stringe la mano al politico: «Ci siamo già conosciuti?». «Sono venuto a trovarla pochi giorni dopo l’arresto». «Mi scusi ma non ricordo nulla di quei giorni». Dicono che stare in carcere senza processo sia incivile. Forse. In Italia accade troppo spesso. La legge dice solo in casi eccezionali, per cautela, quando c’è pericolo di fuga o di inquinare le prove. Il sospetto è che il carcere venga visto come l’anticamera della confessione. Il direttore volta la testa, l’ispettore l’abbassa, l’onorevole guarda Scaglia e Scaglia resta muto.


Ci ha mai pensato?
«So solo che la giustizia dovrebbe essere rapida».


Lei sta diventando un caso?
«I casi sono tanti. A Marco Rossetti, mio coimputato, è andata peggio. È stato arrestato come me. In una notte gli sono stati bloccati tutti i conti correnti. La sua famiglia, moglie e figli, non aveva neppure i soldi per fare la spesa, mangiare, vestirsi. Vanno avanti con la solidarietà degli amici. Cos’è tutto questo, una pena preventiva? Me lo chiedo. Non credo che accada in molti Paesi del mondo».


Ha fiducia nella giustizia?
«Da quando sono qui ho capito qualcosa che mi sfuggiva. Prima sentivo parlare di riforma della giustizia e pensavo fossero chiacchiere politiche. Ora penso che la separazione delle carriere sia necessaria. Il sistema giudiziario italiano è un corpo unico, compatto, autoreferenziale. Non c’è un organo di controllo esterno e indipendente a cui appellarsi o che verifichi la sua azione».


È un discorso da manager?
«Può darsi. Ma cosa devo pensare quando leggo su un quotidiano che un gip non interroga perché è in campagna elettorale per il voto al Csm?».


Scaglia, lei è innocente?
«Sì, altrimenti…».


Altrimenti?
«Vivevo a Londra, restavo lì. Mi sono consegnato alla giustizia italiana».


Non è una prova di innocenza.
«Neppure di colpevolezza».


Perché lo ha fatto?
«Per il dovere e il diritto di difendermi. Per rispondere alle contestazioni e farlo più in fretta possibile».


Di solito quando uno si costituisce tenta di trattare delle condizioni. Io vi dico quello che so e voi vi impegnate a non utilizzare metodi coercitivi.
«Funziona così. Sarò un ingenuo ma non lo sapevo».


Come passa i giorni?
«Leggo, studio, guardo la tv. E questa è una novità».


La tv?
«Sì».


E le piace?
«No. La tecnologia corre. Ma non sappiamo cosa metterci dentro. Mancano i contenuti e quelli che ci sono si muovono rasoterra».


Lei è un innovatore.
«Ci provo».


Di cosa si occupa ora?
«Ho appena lanciato lo start up di Babelgum, che dovrebbe appunto fornire contenuti alla rete. Ho rilevato la casa discografica Emi in Cina e stiamo andando molto bene sul mercato interno».


E tutte queste cose le fa dal carcere?
«Se ne occupa mia figlia».


A Shangai il governo ha aperto il padiglione degli innovatori italiani.
«Mi piacerebbe vederlo».


C’è tempo fino a agosto.
«Sessanta giorni. Mi raccomando saluti tutti gli amici che si stanno battendo per me sul sito www.silvioscaglia.it. Li sento vicini».

Lo sfogo di Silvio Scaglia: La giustizia dovrebbe essere rapida


da: Unione Sarda

“La giustizia dovrebbe essere rapida”: Silvio Scaglia, ex ad di Fastweb, dal carcere di Rebibbia parla di “pena preventiva” e sostiene la necessità di una riforma della giustizia. In un incontro con il deputato del Pdl Giorgio Stracqudanio, riportato dal Giornale, Scaglia racconta la vicenda del suo coimputato Mario Rossetti


“E’ stato arrestato come me. In una notte gli sono stati bloccati tutti i conti correnti. La sua famiglia, moglie e figli, non aveva neppure i soldi per fare la spesa, mangiare, vestirsi: vanno avanti con la solidarietà degli amici. Cos’è tutto questo, una pena preventiva? Non credo che accada in molti Paesi del mondo”.


In merito alla riforma della giustizia, “penso che la separazione delle carriere sia una cosa necessaria”, afferma Scaglia. “Il sistema giudiziario italiano è un corpo unico, compatto autoreferenziale. Non c’è un organo di controllo esterno e indipendente a cui appellarsi o che verifichi la sua azione”.

Commento dell’ On. Enrico Letta (Pd) sulla carcerazione preventiva


Si intensificano le prese di posizione del mondo politico intorno alla vicenda di Silvio Scaglia, il fondatore di Fastweb in carcere da ormai più di 70 giorni.

Non si può non rimanere sbigottiti di fronte ai tempi della carcerazione preventiva, come nella vicenda che attualmente riguarda Silvio Scaglia” afferma infatti l’on. Enrico Letta, vicesegretario del Partito Democratico.

I tempi della giustizia civile - sostiene ancora Letta – diventano spesso infiniti e stravolgono anche il merito della questione. Le riforme sono dunque necessarie”.


Quello di Letta non è l’unico intervento odierno di uomini politici del Pd in relazione alla carcerazione preventiva di Scaglia e al tema del funzionamento della giustizia in Italia. In mattinata, infatti, sulle colonne de Il Foglio, il deputato Pd Alessandro Maran, dopo aver definito ingiustificata e “scandalosa” la situazione di Scaglia, riflette in questo modo sul ruolo dei pm nel processo penale “qualche forma di responsabilità deve pur esserci, se non altro per verificare il modo in cui esercita la discrezionalità di cui inevitabilmente dispone”.

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“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World