Financial Times: la Cassazione ripristini la giustizia
“Quest’inchiesta finora ha prodotto più fumo che arrosto trascinando al tempo stesso nel fango la reputazione di alcune figure autorevoli del mondo degli affari. Come nel caso di Silvio Scaglia”.
Alla vigilia dell’udienza della Cassazione dedicata al ricorso contro le misure cautelari nei confronti di Scaglia e di altri inquisiti nell’ambito dell’inchiesta Fastweb-Telecom Sparkle, il Financial Times interviene con un lungo ed appassionato editoriale di Paul Betts, profondo conoscitore della realtà italiana, sul caso di Scaglia, forse giunto al sospirato “punto di svolta”.
E’ la dimostrazione che l’ “affaire”, che all’inizio, “anche grazie alle speculazioni infervorate dei media italiani” sembrava promettere sviluppi clamorosi, si è ormai trasformato, almeno per quel che riguarda l’ingegner Scaglia, in un boomerang che minaccia di danneggiare ulteriormente la reputazione, già non brillantissima, della giustizia italiana nella comunità finanziaria ed industriale internazionale.
“Scaglia – continua l’articolo del Financial Times – ha trascorso gli ultimi quattro mesi in prigione e agli arresti domiciliari senza che sia stata portata una sola prova a suo carico senza speranza di essere rilasciato. Gli inquirenti hanno contestato a Scaglia l’accusa di evasione fiscale e di falsa fatturazione. Eppure dopo tre anni di indagini ed altri quattro mesi passati a setacciare i suoi conti mentre Scaglia era dietro le sbarre l’accusa deve ancora produrre una prova solida”.
Scaglia non è l’unico dirigente messo in galera senza prove, insiste l’articolo: “Nel loro entusiasmo – nota con humour britannico il columnist – gli inquirenti hanno ramazzato assieme un po’ di tutto , chiamando in causa una serie di sospettati, dai corruttori sospettati di legami con il crimine organizzato ai manager di Fastweb e di Telecom Sparkle fino ai loro capi. E sebbene solo i primi siano effettivamente indagati per i loro presunti legami con la mafia e per riciclaggio, inquirenti e giudici di primo grado hanno fatto di tutta un’erba un fascio con un uso indiscriminato delle contestazioni e della custodia cautelare”. Torna così sulla grande ribalta internazionale un caso di ordinaria ingiustizia in cui Scaglia che, ricorda il Financial Times “si è prontamente presentato agli inquirenti rientrando dall’estero, ha senza dubbio il “ruolo della star”.
Merita riportare per intero l’ultima parte dell’articolo. “Non è qui in discussione – scrive Betts – la gravità degli eventuali reati contestati . Semmai, è in discussione il sitema legale italiano che consente di tenere in prigione un cittadino per mesi senza una prova solida. Dopo aver cozzato contro un muro nel primo grado di giudizio, i legali di Scaglia chiedono ora alla Corte di Cassazione romana una valutazione non tanto sulla sostanza del caso ma sulla legittimità di un sistema che incarcera individui che, una volta rimessi in libertà, non potrebbero recare alcun danno alla società o al caso. Molti sospettano che persino gli inquirenti inizialmente guerrafondai sarebbero contenti se l’Alta Corte rimettesse ordine nel caso. Per come stanno le cose la credibilità degli inquirenti e’ sotto pressione ed una decisione dell’Alta Corte a favore della liberazione di alcuni inquisiti consentirebbe loro di salvare la faccia pur mantenendo aperto il caso. Potrebbe altresì consentire loro di avere a disposizione del tempo per scovare nuove prove, ammesso che esistano, o archiviare il processo senza troppo clamore se non ce ne sono. Intanto potrebbero concentrare la loro attenzione sul piu’ serio filone legato alla mafia che sembra costituire la vera sostanza del caso.
Infine, “la tesi della procura per cui Scaglia “non poteva non sapere” della frode sull’Iva in quanto presidente operativo di Fastweb non appare certo la più solida delle tesi”. Perciò, venerdì la Cassazione ha l’opportunità di ristabilire la fiducia nella correttezza del sistema giudiziario italiano ripristinando il principio che un cittadino è innocente fino a quando non si provi la sua colpevolezza”.
Che Dio salvi la libera stampa di Sua Maestà.
CARO GIOVANNI, FOSSERO SOLO “ERRORI” CHE POSSONO ESSERE FATTI NEL CORSO DI INDAGINI E/O PROCEDIMENTI PENALI, MA CI SONO ANCHE GIUDICI CHE HANNO FATTO FALSI MATERIALI ED IDEOLOGICI.- A ME E’ CAPITATO CON UNA CONDANNA ALL’ERGASTOLO PER POI SENTIRMI DIRE DOPO 8 GRADI DI GIUDIZIO DI CUI 3 CASSAZIONI “ASSOLTO PER NON AVER COMMESSO IL FATTO” DOPO 14 ANNI HO TROVATO I FALSI CHE I SIGNORI GIUDICI ED INVESTIGATORI NONCHE PERIITI CTU AVEVANO FATTO,LI HO DENUNCIATI TUTTI PENALMENTE MA GUARDA CASO I REATI PENALMENTE SONO PRESCRITTI, APPENA TROVERO’ UN LEGALE CHE MI SEGUE, INTENTERO’ UN RISARCIMENTO DANNI CIVILE.- POVERA ITALIA MA SOPRATUTTO POVERE LE PERSONE CHE DEVONO PASSARE SOTTO IL MAGLIO DELLA GIUSTIZIA.-
(Mi assumo piena responsabilita penale e ciivile di quanto esposto,Boero Pietro, nato ad Asti il 06/03/1953 ivi residente.-
Il caso di Vittorio Emanuele, o quello di toghe lucane, ascrivibili a P.M. d’assalto, oggi trasferiti in sedi più gradite o divenuti politici son lo specchio di una giustizia che non funziona. Woodcock, De Magistris ed altri professionisti dell’anticorruzione dovrebbero spiegarci che fine hanno fatto alcuni dei loro processi più eclatanti, quelli in cui, a suon di intercettazioni costate centinaia di migliaia di euro e di altrettanto costose analisi di tabulati fatte da consulenti a volte piuttosto inquietanti, hanno inutilmente messo nei guai, per anni persone, perbene, conquistandosi però le prime pagine dei giornali.
Il problema è che, a differenza degli imputati poi prosciolti (che devono comunque pagare salate parcelle agli avvocati), i PM quando sbagliano non pagano mai e, per nostra sfortuna, continuano a fare i magistrati.
Dovrebbero avere inizio fra qualche giorno le udienze del processo che coinvolge Vittorio Emanuele di Savoia. Tralascio gli aspetti grotteschi della vicenda, ma ricordo che il caso fu scoperto nel 2006. Oggi siamo a metà 2010. Esattamente 4 anni fà V.E. fu arrestato e incarcerato per 1 settimana
Io non conosco la pena minima o massima per quelle accuse, ma se fosse stato tenuto in carcere sino ad oggi, la pena inflitta sarebbe stata superiore o inferiore rispetto ai 4 anni necessari per avviare il processo (ma poi quando finirà?)
Parlo di pena realmente comminata e inflitta. Non quella tgeorica che poi viene applicata al minimo, cui aggiungono una serie di attentuanti e via dicendo.
Non è che qualcuno sta in detenzione preventiva più della pena cui potrebbe venire condannato? Mai successo? Non mi stupirei.
Solo un banale caso.
Ho ancora negli occhi la plateale protesta dei magistrati “in difesa della Costituzione”. Purtroppo la peggiore minaccia per le libertà costituzionali è rappresentata proprio dalla magistratura. Se un libero cittadino, innocente fino a prova contraria, può vedersi la vita distrutta in attesa di un processo che in molti casi neanche verrà mai celebrato, a questo punto la Costituzione diventa carta straccia.
The FT article is right on point and the high court does indeed have the opportunity and the responsibility to correct the obvious injustice to Silvio and to reset the criteria the judiciary must follow before subjecting an individual to imprisonment. And a key criteria should be the production of real evidence against the individual, not the mere suspicion that due to one’s executive position, he must be guilty or should have known about the commission of a crime. This entire saga has done irreparable harm to innocent people, damaged Italy’s reputation in the international community and wasted taxpayers money.
Ho la sensazione che, stante l’ormai profondo silenzio degli “inquirenti” (doverose le virgolette, temo non siano più inquirenti da un bel po’, e vista la mancanza di prove (e di improbabili i confessioni), non sappiano più come uscirne. Accenna alla cosa anche il Times, appunto. Potevano rimediare con i Tribunali del riesame ecc.ma essendo questi composti da loro stessi (come sappiamo) non potevano contraddirsi. Quindi un intervento esterno darà loro un alibi. Potevano approfittare del richiamo del Presidente della Repubblica, ma ne hanno fatto poco tesoro.
Tutto l’articolo è ricco di lucidità e buon senso. Ciò che manca a qualcuno, in quesrta vicenda, da almeno 118 giorni, Cioè da quando “presero in consegna” Sivlio Scaglia (e logicmente tutti gli altri) Il Times non ha citato la vicenda di Mario Rossetti, peggiore da un punto di vista personale e famigliare, con il sequestro di tutto il denaro, anche quello con cui la famiglia doveva vivere durante la prigione dell’indagato. Non so se per dimenticanza, tempo, o spazio. Se l’avesse fatto, il sistema giudiziario italiano avrebbe ricevuto un’altro penoso giudizio.