Archivio di giugno 2010
La Cassazione: per Fastweb esagerato chiedere il commissario
Ciotti (Dow): Le multinazionali alla larga dall’Italia
I magistrati della sesta sezione penale della Cassazione, con sentenza 20.560 del 31 maggio scorso, hanno stabilito che, di fronte ad un presunto reato commesso in azienda, non è per forza necessario procedere al commissariamento dell’intera società, anche a costo di metterne a repentaglio la stessa esistenza. Come ha rischiato Fastweb, investita dal ciclone giudiziario dell’inchiesta sulla frode carosello. E’ possibile, al contrario, limitarsi ad un commissario “settoriale” che metta sotto controllo solo l’area incriminata .
Insomma, a leggere le motivazioni della Cassazione, Fastweb non doveva correre il rischio di finire sotto un commissario, con esiti devastanti per l’impresa, ma, al più, subire un provvedimento circoscritto al settore coinvolto . Invece, per evitare il commissario dell’azienda delle tlc, c’è voluto il passo indietro dell’ad Stefano Parisi. Una decisione in tal senso, come aveva sottolineato il direttore delle relazioni esterne di Fastweb, Sergio Scalpelli, avrebbe potuto rappresentare una “sentenza di morte” per l’azienda, tra l’altro quotata in Borsa.
La Cassazione, insomma, ha voluto metter ordine nella materia della legge 231: il legislatore si legge nella sentenza, “ di fronte alla forte incisività delle misure interdittive ha voluto che il giudice tenesse conto della specifica attività dell’ente” . Una lettura in linea con lo spirito della legge che, come ha sottolineato sul Sole 24 Ore Marcello Panucci, direttore degli affari legislativi della Confindustria prevede per le spa , un investimento “ingente” per prevenire la commissione di reati oppure, per “ottenere, nel caso che il reato sia comunque commesso, il riconoscimento in sede processuale di una scelta organizzativa virtuosa”.
Proprio quello che non è stato concesso a Silvio Scaglia, sottoposto a provvedimenti restrittivi della libertà personale da più di cento giorni, sulla base della presunzione che, comunque, lui “non poteva non sapere”. Il caso Scaglia/Fastweb, insomma, si qualifica sempre di più come la punta dell’iceberg di un problema di rapporti tra il mondo dell’economia e dell’applicazione della giustizia, sia in sede penale che civile, che penalizza gli investimenti, specie delle multinazionali.
“Faccio sempre più fatica – ha commentato in un dibattito al circolo De Amicis di Milano Antonello Ciotti, ad dell Dow Chemical italiana – a spiegare ai miei colleghi le ragioni dei tempi e dei costi esorbitanti degli arbitrati in Italia. Ma anche dei tempi e delle incertezze che comporta l’ingresso in un procedimento civile o penale nel nostro Paese”.
Debutto con risata per il “primo portale italiano della comicità”
Una serata a tutta gag per lo sbarco di Zeligtube
Se il buongiorno si vede dal mattino ci sarà proprio da ridere. Il debutto, infatti, non poteva essere dei migliori: un fuoco di fila di battute e di risate, che per un’ora abbondante ha coinvolto artisti sul palco e pubblico, tra cui alcune decine di blogger, nella storica sala di Zelig a Milano, il più famoso cabaret d’Italia, in occasione della presentazione di Zeligtube.
“E’ nato – scrive in proposito il Sole 24 ore - il primo portale video online dedicato alla risata”, in grado di riunire “il meglio della comicità italiana e internazionale”. Uno spazio online, dunque, “con centinaia di clip inedite create e prodotte in alta qualità appositamente per il web, con decine di artisti cresciuti nella prestigiosa palestra di Zelig, recensiti da Gino & Michele”.
Ma sul portale, aggiunge ancora il Sole, “non ci saranno solo i volti noti della comicità”, bensì verrà aperta una palestra per tutti: “Sarà presto attivata infatti la funzione del direct upload, ossia la possibilità per aspiranti comici, ma anche attori, autori, illustratori, di inviare video, testi e vignette alla redazione di Zeligtube che, fatta una verifica sulla idoneità del materiale, li pubblicherà sul sito, sottoponendoli ai favori del pubblico”. Per Babelgum, la web tv mondiale fondata nel 2005 dall’ex patron di Fastweb, Silvio Scaglia, “l’accordo con Zelig – sottolinea il quotidiano della Confindustria – è una occasione per crescere sul mercato italiano dove ha già sviluppato applicazioni video mobili per partner quali Isola dei Famosi, Gazzetta dello Sport, Coldplay e Metacafe”.
Anche il Corriere della Sera dedica un articolo al debutto di Zeligtube, segnalando come il portale offra già una raccolta di clip disponibile anche per iPhone, scaricabile con l’applicazione gratuita da iTunes e anche “un’ampia selezione di comedy americane prodotte per il web, come Vamped Out come Kevin Pollack e Jason Antoon” . “ Gli utenti – prosegue il Corriere – potranno creare una propria playlist e condividere, grazie all’integrazione con Facebook, i video preferiti”. Tra l’altro, ricorda l’articolo “ci saranno anche una sezione Talent scouting e una Web community: non solo un «catalogo», quindi, ma un luogo di incontro con gli utenti che potranno inviare messaggi alle pagine personali”.
“Presto il sito diventerà una piazza dove tutti potranno partecipare – scrive ancora Libero – con l’obiettivo di promuovere la creatività comica italiana”. “Un luogo d’incontro – prosegue il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro – dove non mancheranno i cabarettisti famosi, che interagiranno con gli altri internauti attraverso le proprie pagine personali. Quindi i comici emergenti potranno farsi conoscere attraverso la rete a colpi di “mi piace”.
Del debutto di Zeligtube scrive anche il Messaggero “E’ on line ZeligTube, il primo portale italiano di video dedicati alla risata”.“Zeligtube - ricorda il quotidiano romano - è un’iniziativa di Zelanda, l’agenzia che gestisce per il web marchi come Zelig, e Babelgum, la prima web TV italiana”.
Niente indizi contro Silvio Scaglia: liberatelo
La difesa si prepara al confronto in Cassazione del 25 giugno
Il conto alla rovescia è cominciato. Il giorno 25, salvo eventuali, possibili (ma non probabili) rinvii legati allo sciopero generale indetto per la stessa data, la Cassazione affronterà il ricorso dei legali di Silvio Scaglia contro l’ordinanza del tribunale del Riesame che, il 18 marzo scorso, aveva convalidato le misure cautelari contro il fondatore di Fastweb.
In quell’occasione, gli avvocati Pier Maria Corso ed Antonio Fiorella, punteranno ad un duplice obiettivo: in primis, ottenere la piena libertà di Silvio Scaglia, ancora agli arresti domiciliari ad Antagnod in Val d’Aosta. Inoltre, i difensori contesteranno l’esistenza di “gravi indizi” (“anzi – puntualizza il professor Fiorella – la stessa esistenza di indizi”) nei confronti di Scaglia, circostanza evocata dall’ordinanza del gip Aldo Morgigni per giustificare il regime degli arresti.
Il ricorso contesta, a proposito del primo punto, l’assoluto difetto delle esigenze di custodia cautelare. Silvio Scaglia, si ricorda, si è offerto spontaneamente alla giustizia rientrando prontamente in Italia per mettersi a disposizione degli inquirenti. Ma il fatto che Scaglia si sia spontaneamente consegnato è la prova che non c’era volontà di inquinare prove. Non solo, per lo stesso motivo cade pure il rischio della cosiddetta reiterazione del reato, contro cui gioca pure il fatto che sono passati tre anni dalle operazioni rilevanti contestate a Scaglia.
“In questi tre anni – sottolinea l’avvocato Fiorella – non è successo niente che potesse mettere in dubbio la limpidezza dell’operato di Scaglia. “E’ la prova lampante che manca qualsiasi elemento che possa far sospettare l’intenzione di reiterare un supposto reato. Non esistono, quindi (né sono mai esistite) ragioni che giustifichino la limitazione della libertà per Silvio Scaglia”.
I legali contestano, inoltre, l’esistenza di “gravi indizi” (anzi, di indizi tout court) nei confronti dell’ex presidente ed azionista di Fastweb. “L’ordinanza – spiega Fiorella – è fondata su un sillogismo astratto: l’imputato, si legge, era il vero dominus aziendale. Ergo, non poteva non sapere che era in corso la commissione di un reato”. “Ma l’ingegner Scaglia – ribatte il legale – è stato la prima vittima della frode fiscale architettata da una sapiente mano truffaldina. Viene così meno il presupposto del sillogismo dell’accusa: Scaglia e Fastweb sono le vittime inconsapevoli di una raffinata manovra fraudolenta”. Per questo, ribaltando il sillogismo, appare evidente che Scaglia non poteva sapere che era in atto una truffa contro di lui.
Queste, in sintesi, le principali motivazioni alla base del ricorso in Cassazione dei legali di Silvio Scaglia, che non escludono di sollevare altri argomenti, altrettanto rilevanti ma di natura più “tecnica” in una giornata di lavoro piena per i magistrati: il caso Scaglia, infatti, figura al n.21 dei 26 ricorsi pendenti quel giorno.
Scalpelli (Fastweb): “Sulla giustizia intervenga Confindustria”
Bombassei: situazione già ingarbugliata
“In questo momento la situazione è già così ingarbugliata che è meglio che non si mettano in mezzo altri soggetti”.Così ha risposto Alberto Bombassei, vicepresidente di Confindustria a Sergio Scalpelli, direttore delle relazioni esterne di Fastweb che, nel corso di un convegno alla Camera di Commercio svizzera in Italia, ha chiesto alla Confederazione di “affrontare il tema della riforma della giustizia”.
Una risposta, ha commentato “Milano Finanza”, che “non è degna di una classe dirigente categoria cui gli industriali, giustamente, pensano di appartenere, al punto che, secondo Luca di Montezemolo, devono smettere di assistere a bordo ring ed entrare sul quadrato della politica”.
L’intervento di Scalpelli si riferiva alla vicenda giudiziaria di Silvio Scaglia che “ha fortemente coinvolto la sua ex società, cioè Fastweb con atti di indagine che si fermano a fine 2006″. “Mettere in mora un’azienda, nella logica della possibile reiterazione del reato, quando le stesse carte della procura ci dicono che si sta lavorando su fatti che non sono più in esssere e persone che non sono più parte dell’azienda significa decretare la condanna dell’azienda stessa prima che l’iter sia risolto”. “Siccome esiste un conflitto- ha concluso Scalpelli – tra magistratura, politica e informazione il problema va posto da un soggetto terzo; non mettere mano alla giustizia penalizza anche le aziende”.
Bombassei si è limitato a dire che “la giustizia deve essere più veloce perché un giudizio che dura dieci anni è uno dei disincentivi ad investire in Italia”. Eppure non è solo un problema di rapidità del giudizio, come attestano i numerosi interventi sulle riforme “necessarie ed urgenti” presentati nel corso dei numerosi convegni di Confindustria.
Le aziende di Silvio Scaglia continuano a fare innovazione
Il fischio di avvio è previsto per le 18 e trenta di lunedì 14 giugno, giusto due ore prima dell’esordio della nazionale italiana ai Mondiali. A quell’ora, davanti alla stampa e ad una folta comunità di blogger, allo Zelig Cabaret si terrà la presentazione di Zeligtube.it. Ovvero lo sbarco su Internet e sul mobile del cabaret più famoso d’Italia che ha scelto Babelgum quale suo partner per la distribuzione nel mondo digitale. A sua volta, per Babelgum, l’accordo con Zelig, segna un nuovo sviluppo delle attività italiane, dopo il decollo delle applicazioni sull’iPhone della Gazzetta dello Sport (prima per il Giro d’Italia, ora per i Mondiali di calcio).
Così, con queste iniziative, entra nel vivo anche in Italia, dopo il decollo delle attività in Usa e nel Regno Unito, la sfida di Babelgum , leader e pioniere nel campo dell’innovazione dei sistemi di distribuzione video professionali, l’ultima frontiera che Silvio Scaglia ha deciso di esplorare in anticipo su ogni altro possibile competitor. Con risultati lusinghieri visto che Babelgum, a poco più di un anno dall’avvio delle attività negli Usa (marzo 2009) è oggi leader mondiale nelle Applicazioni per iPhone per quanto riguarda i video professionali interattivi. E’ un paradigma di business nato in Italia, cresciuto nel mondo anglosassone, e che ora torna, rafforzato, ad operare in Italia. A dimostrazione che la strategia globale può essere declinata sui mercati domestici con la massima flessibilità. Come hanno nel capito i responsabili di Zelig, alla ricerca di una formula in grado di funzionare fuori dall’orizzonte della tv tradizionale.
Babelgum, infatti, non è un broadcaster che opera nel settore tv, bensì ha concentrato fin dall’inizio l’intera sua attività nell’esplorazione di un mondo totalmente digitale, ovvero di un’offerta che riguarda il web e l’universo mobile. Un distributore di contenuti da far correre sugli oggetti più privati, lo smartphone e il personal (non a caso personal…) computer, ma che consentono di tenersi collegati con lil mondo esterno. Il che significa proporre un’offerta individuale, ritagliata sul singolo cliente che gli permetta di connettersi , quando e come vuole, e condividere il prodotto con la comunità del social network. In questa cornice, Babelgum ha sviluppato la sua attività in varie direzioni: canali, prodotti e la formula del festival on line di cinema, che ha offerto ai nuovi talenti, una valida piattaforma professionale per farsi conoscere.
“La nostra funzione – spiega l’amministratore delegato Valerio Zingarelli – non è di proiettare on line Avatar ma di consentire agli autori di farsi diffondere nell’universo virtuale”. E così alcuni vincitori del Film festival , “benedetto” da Spike Lee, hanno ottenuto contratti dalle Majors cinematografiche. Insomma, Babelgum non intende certo competere, sul loro terreno, con i Big del cinema o della tv internazionale. L’obiettivo, al contrario, è di far emergere contenuti innovativi con un contenuto riservato esplicitamente alle centinaia di milioni di utenti del mondo Internet che rispondono a nuovi codici di comunicazione e di linguaggio, più adeguati agli “animali” da social network.
La sfida è ambiziosa: individuare un passaggio tra l’universo delle produzioni di massa, vuoi di Hollywood vuoi dei broadcasters tradizionali, e l’offerta indifferenziata di Youtube. Il tutto nella convinzione che ci sia non solo un mercato, ma anche una prateria di linguaggi che attendono un pioniere che li voglia esplorare. Come ha già fatto, con risultati che hanno riscosso l’applauso della critica e del pubblico, la regista inglese Sally Potter che ha fatto esordire il suo lungometraggio “Rage” su Babelgum mobile (accessibile su iPhone) prima che nelle sale o in dvd. Si spiega così la presenza, nei ranghi della società, dei publishers che monitorano Internet alla ricerca di talenti da adottare. O l’attività di produzione, soprattutto nel ramo delle comedy. Un’attività in piena espansione sul mercato Usa, dove,tra l’altro, è già attiva una concessionaria di pubblicità dedicata. A tutto questo va aggiunta la competenza nella realizzazione di interfacce grafiche o di altri plus tecnologici, in grado di consentire al fornitore di servizi o all’utente pubblicitario la possibilità di ottenere una profilazione sempre più accurata dell’utente, sia dal punto di vista dei servizi che dell’area geografica in cui operano e si connettono. Ma presto si aggiungeranno nuovi servizi, ad esempio quelli legati all’iPad.
Non è facile, del resto, fissare in un fotogramma il film in costante movimento di Babelgum, società pioniera nata in Italia per volontà di Silvio Scaglia e che si è sviluppata nel mondo.
Scendono in campo le Camere Penali
Il 18 giugno un esposto-denuncia alle Procure contro il sovraffollamento carcerario
Meno reati, ma sempre più detenuti. E’ una delle tante contraddizioni del “sistema giustizia” nel nostro paese. “Da almeno due anni – dice infatti l’avvocato Roberto d’Errico, responsabile dell’Osservatorio Carceri dell’Unione delle Camere Penali – a fronte di un calo dei reati del 6 per cento, la popolazione carceraria cresce in media di 800 unità al mese”.
Anche per questo, il prossimo 18 giugno, proprio l’Unione Camere Penali scenderà in campo con una iniziativa destinata a fare rumore: verrà presentato un “esposto-denuncia” alle maggiori Procure d’Italia e ai relativi magistrati di sorveglianza al fine di controllare le condizioni di vita dei detenuti dal punto di vista igienico-sanitario, sugli spazi a disposizione e sulla vivibilità delle celle. “Stante il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale – spiega ancora D’Errico – le Asl saranno costrette a fare delle ulteriori verifiche su quanto chiediamo”.
Avv. D’Errico, ma le Asl non hanno già l’obbligo di controllare?
Certo, ma stranamente non si accorgono quasi mai quello che vediamo noi avvocati…
E cosa vedete?
Una situazione drammatica di sovraffollamento e di tutto ciò che comporta. Una situazione che senza alcun intervento può solo peggiorare. E’ necessario correre ai ripari, ormai il numero dei detenuti ha superato la soglia oltre la quale se va bene arrivano le proteste, se va male le sommosse. Del resto è anche inutile ripetere continuamente che bisogna costruire le nuove carceri se i soldi non ci sono. A un certo punto sembrava che dovesse passare la proposta del ministro della Giustizia Alfano di sostituire il carcere con i domiciliari per tutti quelli che avevano un solo anno residuo da scontare. Ma anche quella si è persa nel nulla. I magistrati hanno cominciato a dire che era un indulto mascherato, alcune forze politiche si sono opposte e il risultato è che si è bloccato tutto.
Ma come mai siamo di nuovo all’emergenza “sovraffollamento”?
E’ il frutto di scelte sbagliate, delle convenienze elettorali delle forze politiche sia di maggioranza che di opposizione, e anche della logica puramente inquisitoria dei magistrati. Purtroppo abbiamo a che fare con un “doppio giustizialismo”: da un parte la politica che ragiona sul consenso e fa della sicurezza il suo cavallo di battaglia, talvolta in modi demagogici, dall’altra i magistrati che sono giustizialisti per principio. Ai magistrati fa sempre comodo sbattere in cella la gente. Così sono crollate le misure alternative al carcere e gli arresti domiciliari sono divenuti residuali.
Come Unione delle Camere Penali che proposte lanciate?
Intanto c’è un discorso culturale. Per anni gli Stati Uniti hanno fatto scuola nel dire che sbattere la gente in carcere fosse la soluzione giusta di tutti i mali, oggi però anche loro stanno facendo marcia indietro. In Europa siamo andati al traino di quella che chiamo la “carcerizzazione obbligatoria”, a parte Svezia e Norvegia, e dovremo fare marcia indietro anche noi. Le proposte anti-emergenza sono note. Noi ribadiamo che bisogna fare una riforma che depenalizzi certi reati e li trasformi in sanzioni amministrative, occorre che vengano ripristinate le misure alternative e i lavori socialmente utili. Tra l’altro ormai c’è una letteratura abbondante che ci dice che chi non sconta tutta la pena in carcere è meno portato alla recidiva.
Italia, il mal di giustizia in cifre
Le classifiche internazionali, si sa, si prestano spesso a considerazioni sconcertanti. Nessuno, ad esempio, nemmeno tra gli addetti ai lavori si illude che le condizioni dell’amministrazione della giustizia in Italia siano da considerare soddisfacenti, almeno secondo gli standard dei Paesi che aderiscono all’Ocse. Ma stupisce che, secondo uno studio della Banca Mondiale, dedicato all’ “efficienza dei sistemi di giustizia” l’Italia figuri al 156 posto su 181 Paesi considerati, dietro a molti Stati africani, come Angola, Gabon, Guinea e Saò Tomé, poco più avanti della Liberia.
Ma, a contribuire a questa classifica, specchio di una situazione che danneggia tutti i soggetti interessati ci sono tanti fattori:
1) I nove milioni di processi pendenti di cui oltre 5,7 milioni civili e 3,3 milioni penali. In media uno per ogni sette cittadini. Molto di più di, a proposito della giustizia civile, quanto non accade in Francia (1,16 milioni), Germania (544 mila) e Spagna (781 mila) messi assieme. Nel penale, la situazione è peggiore: nei tribunali italiani in primo grado nel 2006 pendevano 1,2 milioni di procedimenti, più del doppio di Germania (287 mila), Spagna (205 mila) e Inghilterra (70 mila).
2) L’affollamento incide, come è ovvio, sull’efficienza. Ogni anno decadono, per prescrizione, almeno 170 mila procedimenti all’anno, cifra che, secondo alcune fonti, sale fino a 200mila. Nel distretto di Napoli viene dichiarato estinto un procedimento ogni 13 minuti. Oppure, se un qualunque creditore in materia commerciale che rivendica, a pieno titolo, il diritto ad incassare i suoi soldi, deve aspettare in media oltre 1200 giorni (tre anni e mezzo) perché un giudice gli dia ragione e renda esecutivo il rimborso. Segue la Spagna con 551 giorni. Per quanto riguarda i reati penali più gravi (omicidio, rapimento, criminalità organizzata, traffico di stupefacenti) risultavano in primo grado, sempre nel 2006, circa 1,2 milioni di procedimenti contro 70 mila nel Regno Unito.
3) Eppure i costi della giustizia che gravano nelle tasche dei contribuenti non sono pochi, soprattutto in rapporto ai risultati. La spesa complessiva negli ultimi anni è aumentata: dai 5 miliardi 187 milioni (calcolati in euro) del 1997 si è passati ai 7 miliardi 608 milioni di euro del 2008 (+46,8 per cento in 11 anni) secondo l’ultima relazione al Parlamento del gennaio scorso del ministro Angelino Alfano. Ma sono saliti anche i costi, per giunta in maniera esponenziale. Secondo il rapporto “Doing Business 2009” della Banca Mondiale in Italia il costo processuale è il più alto d’Europa: il 29,9% del valore della causa (di cui il 21,8% finisce in parcelle agli avvocati) contro il 14,4% della Germania, il 17,4% della Francia e il 10,4% della Finlandia.
4) Tra gli effetti dell’inefficienza è il frequente ricorso alla carcerazione preventiva che riguarda circa il 40% della popolazione carceraria che rischia di raggiungere il tetto delle 70mila unità entro la prossima estate che rischia di essere davvero calda.
Osservatorio Corte Europea dei Diritti Umani: Italia da tempo sotto la lente della Corte
“Cominciamo col dire che se migliaia di detenuti italiani facessero ricorso alla Corte di Strasburgo otterrebbero due cose: la condanna del governo italiano e un congruo risarcimento”. A dichiararlo, senza timore di smentita, è l’avvocato Anton Giulio Lana, presidente dell’Osservatorio CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’uomo). “L’Italia – aggiunge – è da tempo sotto la lente della Corte per violazione dell’articolo 3 della Convenzione”.
Avv. Lana, ci spieghi meglio?
L’articolo 3 fa riferimento, tra le altre cose, alle condizioni di detenzione. Ad esempio, all’eccessivo sovraffollamento di un carcere che, a certe condizioni, può determinare un “trattamento degradante”. In particolare nel 2009 c’è stata la pronuncia della Corte europea che ha condannato l’Italia a mille euro di risarcimento nei confronti di Izet Sulejmanovic, un cittadino bosniaco in prigione per furto, ricettazione e falso. E’ una condanna che stabilisce un precedente: non si possono tenere troppe persone in celle piccole, sovraffollate, con servizi indecenti.
Avv. Lana, quindi ci potrebbe essere un ricorso in massa…
Teoricamente sì, per tutti quelli che vivono condizioni di degrado simili a quelle di Sulejmanovic. E sappiamo che sono la maggioranza dei detenuti italiani. Purtroppo va aggiunto che la Corte è vittima del suo successo, ogni anno i ricorsi crescono vertiginosamente e per arrivare a sentenza ci vogliono tre o quattro anni. Inoltre registro molta disattenzione dei media su questo. Infine molti avvocati non hanno la mentalità per condurre simili battaglie.
Ma perché l’Italia è stata condannata?
Perché Sulejmanovic è stato detenuto in due celle dove disponeva rispettivamente di 2,7 e 3,5 metri quadrati. Una condizione giudicata “degradante” dalla Corte.
Eppure adesso i detenuti sono quasi 70.000, un record della storia della Repubblica…
Appunto, si potrebbero fare decine di migliaia di ricorsi. Vorrei precisare: non contro questo governo, ma contro tutti i governi che hanno lasciato marcire i problemi
Cioè?
La giustizia in Italia è lenta, questo è il punto. Per accelerarla bisognerebbe investire in cancellieri, segretari, computer, e pure in giudici. E invece si fanno leggi. Chiunque arriva fa qualche legge, come se non ne avessimo abbastanza. Io dico: meno leggi e più risorse. Altrimenti è una presa in giro.
Gli eccessi di custodia cautelare nascono anche da questo?
In qualche modo ne sono una conseguenza. Non dico che sia sempre così, ma troppo spesso abbiamo assistito a un uso abnorme della carcerazione preventiva, a una distorsione dei suoi meccanismi.
Che fare?
Lo ripeto, anche se sono consapevole che rischia di essere una provocazione poco ascoltata. Ma se qualcuno prendesse l’iniziativa di un ricorso di massa, di decine di migliaia di ricorsi, forse qualcosa si smuoverebbe.
Celli: Contento per i domiciliari a Rossetti, ma perchè lui e Scaglia non sono liberi?
“Sono molto soddisfatto che anche Mario Rossetti, come Silvio Scaglia, sia uscito da Rebibbia. Ma, detto con franchezza, mi sfugge il motivo per cui i due restino agli arresti domiciliari. Non vedo il rischio di fuga o di inquinamento delle prove”.
Pier Luigi Celli, direttore generale della Luiss, è stato tra i primi a schierarsi con decisione contro il trattamento riservato dagli inquirenti a Scaglia, da lui assunto ai tempi dell’avvio di Omnitel. “Al di là del merito dell’inchiesta, su cui ho una mia opinione, non capivo l’esigenza della detenzione. E continuo a non capirla, visto che, tra l’altro, Silvio non ha avuto ancora modo di comunicare con l’esterno”.
Di più, per il momento, non è il caso di dire: sia Scaglia che l’ex manager, a più di cento giorni dallo scoppio del caso, sono ancora sottoposti ad un regime di restrizione della libertà personale. Non è ancora, insomma, il momento di far festa.
Mario Rossetti agli arresti domiciliari
L’AVV.LUCIA: “ORA IN CASSAZIONE PER LA PIENA LIBERTA”
Mario Rossetti esce dal carcere di Rebibbia. Nella mattinata di lunedì 7 giugno, infatti, il giudice delle indagini preliminari Aldo Morgigni, sentito il parere della Procura, ha deciso di concedere gli arresti domiciliari presso la sua abitazione all’ex direttore finanziario di Fastweb.
“Siamo soddisfatti perché sono state accolte, almeno in parte, le nostre richieste. Contiamo che presto possano rientrare anche le restanti misure di custodia cautelare e che Rossetti , quindi, possa tornare pienamente libero” è stato il primo commento del difensore Lucio Lucia , dopo l’incontro con gli inquirenti. “Ora comunque siamo pronti- ha continuato il legale – a difenderci al meglio”.
Il prossimo appuntamento, per Rossetti come per Silvio Scaglia (agli arresti domiciliari presso la sua residenza in Val d’Aosta) è l’udienza del 25 giugno prossimo in Cassazione per il ricorso contro le misure cautelari. “Confido – è la conclusione di Lucia - che la Cassazione accolga il nostro ricorso”.
Mario Rossetti in oltre tre mesi di custodia cautelare presso il carcere romano è stato interrogato in una sola occasione il 13 aprile scorso.