Archivio di ottobre 2010

Silvio Scaglia pedala verso il processo


A colloquio con Monica Aschei Scaglia


“Silvio, evita lo sterrato: se fori, rischi di fare tardi”, dice la signora Monica. Lui, l’ingegner Silvio Scaglia, che pedala come una furia grazie ad un’invidiabile condizione fisica, è al solito puntuale come un cronometro svizzero: due ore di aria per due uscite settimanali gli sono state concesse. E tante ne sfrutta, non un minuto di più.


L’ingegnere, da sette mesi privato della libertà personale per rispondere di reati che non ha commesso, rispetta al solito le regole: “l’ingiustizia subìta non ha cambiato i suoi principi”, ci racconta la signora Monica, sua unica portavoce con il mondo esterno fino all’inizio di ottobre quando il GIP, assieme alle due uscite nei boschi di Antagnod, ha anche autorizzato le comunicazioni con due manager del gruppo.


Un’accoppiata di “privilegi”, si fa per dire, che Scaglia ha voluto assaporare subito, come racconta la moglie dell’ingegnere. “Vieni su domani, ha detto al manager più vicino – è il racconto della signora Monica –, ma porta la bici: prima due ore di pedalate, poi si parla di lavoro”.


In questi mesi l’ingegner Scaglia non è rimasto certo inattivo: ogni giorno ha letto le edizioni online delle grandi testate finanziarie internazionali; ha continuato a studiare il cinese, anche grazie alle grammatiche che gli ha procurato la figlia. Si è mantenuto anche in forma, sia fisica che psicologica. “Non è mai stato così bene come salute – nota la signora Monica –  In questi mesi ha curato il fisico, dentro casa, grazie al bike spinning. E ha mangiato soprattutto verdura. È in una forma invidiabile”.


E, per quanto riguarda il morale? “Silvio è uno spirito positivo, uno che non demorde e che non si avvilisce. Anche se non gli è facile capire il perché di tanta ingiustizia, soprattutto dopo aver letto tutti i verbali: non è emerso assolutamente nulla di nuovo . È troppo onesto nell’anima per capire le ragioni di tanta invidia e di tanta gelosia”.


Image by Massics.

Truffe Carosello: perché Scaglia “poteva non sapere” (6)


I 6 “no” del fondatore di Fastweb ai magistrati. “Non ero il despota” – dichiara, descrivendo come funzionava l’azienda. E aggiunge: “Ognuno prendeva le decisioni al suo livello… ed è una buona pratica manageriale che ogni decisione sia presa al livello più basso possibile”



In una puntata precedente ci siamo soffermati su un punto decisivo, che è poi alla base delle accuse che i magistrati rivolgono a Silvio Scaglia. Infatti, il documento che il 29 agosto 2003 attesta al Cda la “liceità, regolarità e conformità” del business delle prepagate, agli occhi dei PM “non dice niente”, mentre per il fondatore di Fastweb è “importantissimo” e “dice molto”.




La domanda dei PM è chiara (interrogatorio  del 12 aprile 2010):


PM: “… per lei quell’accertamento è un accertamento efficace? (….)”.

Silvio Scaglia: “Be’, io, guardi,… non sono un esperto di Audit, cioè il mio mestiere è quello di occuparmi… non sono io il presidente del Comitato di Audit, io recepisco quello che il Comitato di Audit porta in Consiglio… il Consiglio in un qualche modo si affida al Comitato di Audit per fare le verifiche necessarie…”.


Ma i PM insistono, contestando le modalità con cui avvennero i controlli e che vi fossero transazioni “anomale”:


Silvio Scaglia: “… quello che le posso dire è che qui entriamo nella responsabilità del Comitato di controllo… ”.

PM: “Ma questa… è una operazione di circolarità… ”.

Silvio Scaglia: “… Guardi, delle operazioni di circolarità francamente ho cominciato a capire che cosa sono solo in occasione di questa inchiesta. Però, lei si metta in un Consiglio di amministrazione… ha fatto le sue verifiche, ci sono stati dei consulenti che hanno guardato tutto questo, che ci capiscono molto di più, lo guarda Guido Rossi che ci capisce molto di più, lo guarda la nostra struttura interna”.


Si torna così al punto di partenza. I PM contestano che Scaglia “potesse non sapere” o aver capito la “truffa ben fatta”:


Silvio Scaglia: “Scusi, ognuno aveva responsabilità decisionali al suo livello”.

PM: “Ma lei non aveva, cioè non interloquiva su queste decisioni che venivano assunte dai dirigenti?”.

Silvio Scaglia: “Ma no, no, no, ognuno prendeva le sue decisioni al suo livello”.

PM: “Lei aveva contezza di queste decisioni che di volta in volta che venivano assunte?”.

Silvio Scaglia: “No, no, no… io non avevo contezza, cioè… voglio dire, se si trattava della acquisizione della società ad Amburgo allora sì, quella era una decisione su cui io ero impegnato in prima persona, perché non era attività normale, ordinaria dell’azienda, ma l’attività ordinaria dell’azienda rientrava nell’ambito delle deleghe operative dell’azienda… ed è buona pratica manageriale che ogni decisione sia presa a livello più basso possibile dove si possa prendere una decisione specifica”.


E ancora:


Silvio Scaglia: “… sono stato definito da qualcuno come un gestore anche dispotico di Fastweb, io non lo ero affatto… vi rendete conto della quantità di cose e problemi che c’erano in quegli anni, sul tavolo in quegli anni, che era impossibile entrare nel dettaglio di ogni singola decisione. (…) Un gestore dispotico non è un buon gestore, io credo di aver fatto piuttosto bene il mio mestiere dai tempi in cui facevo l’Amministratore Delegato di Omnitel, in cui non ho mai avuto questo tipo di fama e… sono ancora molto amico delle persone che avevano lavorato con me in quel periodo”.


Ricapitolando:


  1. Per i PM i controlli non “furono efficaci” e vedono in questo una “trama” che riconduce a Scaglia. E questo pur in assenza di qualsivoglia riscontro documentale o altro, e sebbene il processo di “governance aziendale” si sia svolto in modo ineccepibile.
  2. Chiedono a Scaglia come mai non si sia accorto di “operazioni di circolarità”, sebbene siano occorsi anni di indagini e intercettazioni (che non riguardano mai e non coinvolgono minimamente Scaglia), perché il meccanismo venisse a galla
  3. Non accettano che in Fastweb vi fossero processi decisionali distribuiti a più livelli, senza che il capo “dispotico” ne fosse a conoscenza.
  4. Non credono che Scaglia e Fastweb siano stati “vittime della truffa”.


Va ricordato che gli elementi a difesa erano già stati esposti ai magistrati nell’interrogatorio del marzo 2007, nel corso della prima fase dell’inchiesta, terminata nel 2009 con una richiesta di archiviazione per mancanza degli elementi di prova. I fatti sono gli stessi e da allora non risultano ulteriori elementi a carico.


Truffe Carosello: perché Scaglia poteva non sapere (5)


Il Verbale del Comitato di controllo del 29 agosto 2003 di e.Biscom conferma: “Il business delle Phuncards è regolare, si può andare avanti, apportando qualche modifica allo Statuto”. Scaglia ai PM: “La ripresa delle attività fu una conseguenza del parere positivo del presidente del Comitato e fu una decisione precisa a livello di Consiglio”.


Nella ricognizione fin qui condotta si è più volta sottolineata l’importanza del Verbale che accompagna la riunione del Comitato di Internal Audit del 29 agosto 2003. Si tratta infatti del documento che sancisce in modo inequivocabile il corretto funzionamento della governance aziendale. Ma non solo: rivela come l’affare “Phuncards” apparisse agli occhi di tutto il top management, compreso ovviamente Silvio Scaglia, un’attività “regolare” e “conforme” sotto ogni profilo, salvo il particolare (suggerito da consulenti legali “esterni”) di dover procedere ad una parziale modifica dello statuto societario.


Nelle settimane precedenti sono accaduti, in serie, alcuni fatti:


1) Il Comitato del 14 luglio ha deciso di condurre “approfondimenti” sul business delle prepagate dopo che sono emerse “criticità” di cassa;


2) L’Ad Angelidis il 15 luglio ha bloccato l’attività, tramite mail inviata al direttore generale Alberto Trondoli, al direttore affari legali Giovanni Moglia e, per conoscenza, a tutto il top management;


3) Il 30 luglio il presidente del Comitato di controllo Carlo Micheli ha scritto una mail aziendale interna dove dichiara al top management: “Ho ricevuto oggi il parere del prof. Rossi… non vedo controindicazioni a proseguire durante il mese di agosto in attesa del Cda”.


Si arriva così all’appuntamento del 29 agosto presso la sede di Milano in via Broletto 5.


Alla riunione partecipano: Carlo Micheli (Presidente) e Mario Greco, membro del Cda in qualità di amministratore indipendente. Mentre Gianfelice Rocca, anch’egli amministratore indipendente, risulta “assente giustificato”. Sono poi  presenti: Silvio Scaglia (presidente del Cda), Emanuele Angelidis (Ad) e Vittorio Terenghi (presidente del Collegio Sindacale). Assiste anche Paolo Fundarò (manager “operativo” del Comitato di Internal Audit, ndr.)”. Infine Mario Rossetti (direttore finanziario) è chiamato a svolgere le funzioni di segretario.


Si legge:


Carlo Micheli invita dunque Paolo Fundarò ad illustrare, sulla base della documentazione distribuita e allegata al presente verbale sub A, le attività svolte a tal fine.


Segue il  passaggio più delicato che occorre riportare per intero:


1) Il dottor Fundarò informa che sono stati condotti incontri di approfondimento con il Gruppo CMC, fornitore italiano delle carte prepagate, e con i clienti inglesi di LBB Trading Limited e Premier Global Telecom Limited. Da tali colloqui è emerso che le società clienti di Fastweb svolgono regolare attività di trading di carte prepagate che vengono vendute in esenzione d’IVA ad altri distributori in paesi dell’UE, ad esclusione dell’Italia e del Regno Unito;

2) Il dottor Fundarò prosegue ed informa che, onde valutare ogni aspetto (fiscale e civilistico) dell’attività in esame, sono stati richiesti dei pareri a professionisti e sono stati condotti approfondimenti dal parte del Collegio Sindacale;

3) Da tale analisi è emersa la liceità dell’attività in parola, con ulteriore conferma della regolarità fiscale e contabile. È stato unicamente sollevato qualche dubbio sul fatto che la commercializzazione dei servizi di terzi sia effettivamente riconducibile alle previsioni dell’oggetto sociale di Fastweb, e ciò sul presupposto che l’attuale formulazione sembra circoscrivere l’attività sociale ai servizi propri di Fastweb. Alla luce di tali considerazioni, è stato suggerito di contenere tali transazioni entro un ambito limitato rispetto alle attività complessive dell’impresa;

4) Peraltro, onde evitare ogni possibile fraintendimento ed eliminare ogni profilo di incertezza sull’attività in esame, il Cda di Fastweb ha provveduto immediatamente a convocare l’assemblea straordinaria per integrare l’oggetto sociale, al fine di rendere esplicita la facoltà di commercializzare anche servizi a terzi.

Null’altro essendovi da discutere, la riunione è chiusa… previa approvazione del presente verbale.


Ricapitolando, dal Comitato escono le seguenti informazioni:


1) I clienti svolgono “regolare attività di trading”;

2) Si è fatto ricorso al “parere di professionisti” (studio Rossi, ndr.);

3) La materia è stata analizzata dal Collegio Sindacale;

4) Vi è consenso sulla “liceità dell’attività”;

5) Emerge solo qualche dubbio sull’oggetto sociale di Fastweb (lo Statuto, ndr.);

6) Il Cda convoca l’assemblea straordinaria per “eliminare ogni profilo di incertezza” di natura appunto statutaria.


Risulta evidente che sono queste (e non altre) le informazioni di cui dispone in quel momento Silvio Scaglia. Ed è su queste (e non altre) che  Scaglia rivendica la propria estraneità ed innocenza.


Dichiara infatti Scaglia ai PM il 12 aprile 2010: “La ripresa delle vendite (delle prepagate, ndr.) fu una conseguenza del parere positivo dato da Carlo Micheli come presidente del Comitato di Internal Audit e fu una decisione precisa a livello di Consiglio, quindi io ne ho partecipato proprio sulla base dell’esito positivo che le verifiche di Internal Audit avevano dato nell’ambito di un Consiglio”.


Insomma, che dietro le Phuncards potesse consumarsi una truffa “ben fatta”, e che Scaglia lo abbia appreso solo “a distanza di anni”, non è solo plausibile ma rinvenibile alla luce di documenti ufficiali e dallo scambio di mail aziendali.


Ma allora perché i magistrati tengono agli arresti il fondatore di Fastweb da oltre 218 giorni? Si tratta di legittimo sospetto o accanimento? È quanto analizzeremo nelle prossime puntate.


Vincino, una matita contro la malagiustizia

Anche il caso Scaglia nella prima mostra personale del re della satira


Alla galleria CorsoMagenta 10 per l’Arte è in corso, fino al 31 gennaio 2011, la prima personale di Vincenzo Gallo, in arte Vincino, uno dei maestri della satira italiana: mille vignette tra disegni, fogli e foglietti che raccontano la realtà italiana di questi anni. Tra cui le traversie dell’ingegner Silvio Scaglia, vicenda a cui l’artista siciliano ha dedicato, come ben sanno i lettori di questo blog (e del Foglio), attenzione e passione civile.


Vincino ha deciso di impegnarsi in questa battaglia dopo aver vagliato con attenzione i documenti ed i verbali dell’inchiesta, a mano a mano che venivano messi a disposizione del pubblico. E’ nata così una collaborazione in cui la verve satirica si mescola con l’indignazione profonda per i diritti negati ad un cittadino che si è messo, in buona fede, nelle mani della giustizia per collaborare e ne ha ricevuto in cambio un trattamento indegno di un Paese civile.



E così il racconto della “Scaglia story”, destinata ad arricchirsi presto di nuovi capitoli,  va ad aggiungersi alla lunga serie di battaglie condotte da Vincino dagli anni Settanta in poi, sia sulle colonne del Foglio e del Corriere della Sera che alla guida de Il Male (che presto tornerà elle edicole)   per denunciare le ingiustizie di ogni natura con l’arma più implacabile e pacifica: la risata.


La mostra milanese  offre così così  l’occasione rara  per indignarsi con il sorriso sulle labbra. Una buona ragione per una visita. Ma non la sola: i diegni, infatti, sono tutti in vendita. E i proventi verranno destinati all’Associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo.

Scaglia, domiciliari meno rigidi


Il fondatore di Babelgum potrà comunicare con due suoi manager


Si allentano le maglie della custodia cautelare di Silvio Scaglia, agli arresti domiciliari in Val d’Ayas dal 17 maggio scorso. Il gip del tribunale di Roma Maria Luisa Paolicelli ha infatti deciso di concedere all’ingegnere la facoltà di uscire dalla casa di Antagnod per due passeggiate settimanali della durata di tre ore ciascuna.


Scaglia potrà anche comunicare con due manager del suo gruppo imprenditoriale, attivo in Europa, Asia e Usa, sia via mail che per telefono. Ma è anche prevista la possibilità di incontri di persona nella residenza degli arresti dell’ingegnere, il cui processo inizierà il prossimo 2 novembre.


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Perché un blog?

“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World