Archivio di novembre 2010
Lettera43: “Scaglia, difesa a fumetti”
Per il quotidiano online, diretto da Paolo Madron, l’ebook sul fondatore di Fastweb è ciò che “ogni imputato vorrebbe sventolare sul web e, perché no, far circolare pure in tribunale”
“Addio ai vecchi sistemi di difesa, arringhe chilometriche e squadre di avvocati a caccia di cavilli”. Inizia così l’articolo che Adelaide Pierucci di Lettera43, il nuovo quotidiano online diretto da Paolo Madron, dedica all’ebook sul “caso Scaglia”. È un libretto online “che ogni imputato vorrebbe sventolare sul web e, perché no, far circolare pure in tribunale. Semplice, diretto, colorato, poche parole, quelle giuste. Ventotto pagine più allettanti di un fumetto”. Continua Pierucci: “Naturalmente dell’ebook, scritto ad hoc sul web dal 23 novembre data della prima udienza del processo, non è l’imputato che se ne occupa in prima persona ma un blog che porta il suo nome”. Per Vincino, l’autore delle vignette, “è stata una scommessa, a quanto pare vinta. Ha chiuso il libretto con uno schizzo che lo raffigura con una grossa penna sulla spalla e una targa «disegnatore a difesa». Le sue battute, a torto o a ragione, strappano risate”.
Ma intanto Scaglia – si legge ancora – “resta dentro (prima in carcere e poi ai domiciliari con possibilità di affacciarsi al balcone della sua casa in Val d’Aosta) dopo 276 giorni di carcere preventivo: il blog conta giorni, ore, minuti e secondi”. Il tema della reiterazione del reato (uno dei tre cardini della custodia cautelare in carcere, viene così liquidato: «Siccome prove contro Scaglia ancora non ne hanno… Hanno il terrore che le trovi prima Scaglia che loro». “Per i fan di Scaglia – conclude Pierucci – invece è tutto più semplice: l’accusa si regge tutta sul fatto che «Silvio Scaglia non poteva non sapere». Ma, a parere loro, «lui non sapeva nulla e per davvero”. Proprio così.
“Silvio Scaglia, l’inaffondabile”. L’avventura di un innovatore nella stampa internazionale
“Silvio Scaglia, l’inaffondabile”. Che sia di buon augurio, mentre muove i primi passi il processo che vede coinvolto l’imprenditore nel procedimento sulla “truffa carosello”, il richiamo alla “cover story” che nel gennaio 2001 Forbes dedicò al fondatore di Fastweb, il primo al mondo ad aver messo in atto l’idea, vincente, di dar vita ad una società di tlc completamente basata sul protocollo Ip (Internet protocol)
Vale la pena di rileggere, attraverso la grande stampa internazionale, la storia di “an Italian pioneer” (definizione del The Wall Street Journal del 7 settembre 2006) capace di dare lezioni ai “telecom giants” in materia di tv via Internet. A quei tempi, infatti, l’esperienza di Fastweb in materia di Iptv rappresentava una vera e propria case history internazionale, uno dei primi casi per offrire un servizio completo alla famiglia piuttosto che ai soli appassionati di tecnologia. Un test prezioso, che Scaglia utilizzerà più avanti, al momento di mettere in cantiere la sfida di Babelgum, a sua volta pioniere nella distribuzione di contenuti multimediali.
Altri tempi. Allora (vedi Newsweek del 31 ottobre 2005) gli analisti del settore potevano scrivere che il mercato europeo del digitale domestico era “dominato da nuove imprese come Fastweb” mentre The Independent, in data 24 marzo 2003, poteva opporre l’esempio dell’Italia che “grazie a Fastweb può già offrire un servizio a banda larga” mentre i competitor di casa, a partire da Bt, segnavano il passo.
Si sa come è andata a finire: sette anni dopo non solo il Regno Unito conta un servizio broadband assai più sviluppato di quello italiano, ma già progetta una rete superveloce per un’economia che per crescere conta sull’apporto della tecnologia. Nel frattempo, l’Italia segna il passo.
L’elenco potrebbe continuare quasi all’infinito passando dal Financial Times a Fortune via Le Monde, The Guardian e numerose altre testate leader internazionali, per prestigio e diffusione. Un viaggio virtuale che merita intraprendere, come lezione di quel che era e (forse potrebbe ancora essere) l’economia italiana se fosse stata data giusta enfasi al tema dell’innovazione. Ma, ovviamente, oggi, mentre si avvia il processo che vede coinvolto l’ingegner Scaglia, merita offrire spazio ad altre riflessioni.
Come abbiamo visto, negli anni in cui una banda criminale ordiva la “truffa carosello”, Silvio Scaglia era impegnato in una sfida tecnologica a livello mondiale. Potendo, tra l’altro, contare su mezzi finanziari cospicui, grazie al fortunato esito del collocamento in Borsa. Ma, a detta di un’accusa montata solo sulla presunzione che “Scaglia non poteva non sapere”, a quell’epoca l’imprenditore dedicava le sue attenzioni a montare un raggiro ai danni dello Stato che valeva il 2 per cento del fatturato del gruppo: un po’ come accusare il CEO di Novartis o il pdg Sanofi (attenzione, mica un impiegato o un manager di una consociata, bensì prorio il numero uno) alle prese con la sperimentazione di nuove molecole, di concentrare le proprie attenzioni per montare una truffa ai danni della Asl.
Frank E. Dangeard: “Scaglia, manager serio e affidabile”
Ecco il testo integrale dell’intervista concessa a Il Sole 24 Ore dall’ex numero due di Telecom France, ora nel board di Symantec, che sul fondatore di Fastweb dice: “Ma è pericoloso da meritare così tanti mesi di detenzione? In paesi come la Francia certe restrizioni si applicano solo per soggetti criminali”
“Shock per la comunità finanziaria”
È più di un processo su una frode fiscale, per quanto gigantesca. Sotto accusa e agli arresti da mesi un esponente di punta della classe imprenditoriale italiana: Silvio Scaglia è il classico imputato eccellente. Frank Dangeard, invece, è uno dei piú importanti manager internazionali e oggi siede nel board del colosso informatico Symantec, la casa che produce il Norton Antivirus per i pc e in quello di PricewaterhouseCoopers in Francia. Sorpreso delle accuse mosse a quello che fuori d’Italia è considerato uno degli imprenditori più stimati, ha deciso di uscire allo scoperto e spendersi in prima persona a favore del manager e imprenditore.
Come ha conosciuto Silvio Scaglia?
È successo sette anni fa. Scaglia era già un imprenditore di successo, la sua reputazione nell’industria era già molto forte: era considerato l’imprenditore di maggior successo dell’ultimo decennio. All’epoca ero il numero 2 in France Telecom e Orange: volevamo capire come sviluppare il mercato del broadband. E Fastweb (allora si chiamava e.Biscom, ndr) era per noi il business model che puntava al futuro. E così facemmo in modo di conoscere Scaglia e la sua azienda.
Al di là della fama, ha poi avuto modo di lavorare insieme o fare affari con lui?
Sì, quando sono diventato ad di Thomson (big hi-tech franco-americano, ndr). Fastweb era uno dei clienti dell’azienda, eravamo uno dei loro fornitori di tecnologia. Non abbiamo mai avuto problemi. Sono rimasto in Thomson fino al 2007 e per tre anni Scaglia è stato una controparte esemplare con cui facevamo affari.
Ora però Scaglia è accusato di evasione fiscale e fatture per operazioni inesistenti…
Non conosco in dettaglio l’indagine e i capi d’accusa. Ho appreso dai giornali la cosa e sono rimasto stupefatto perché, per quello che ho potuto conoscere di persona, Scaglia mi è parso una persona schietta, sul piano personale, e un manager serio e affidabile su quello professionale. Quella dipinta sui giornali non é la persona che ho conosciuto per diversi anni.
Sarà il processo a stabilire se Scaglia è colpevole o innocente…
Ovviamente. Non è mia intenzione entrare nel merito né del caso né del funzionamento della giustizia in Italia. Da manager, però, posso dire che la notizia è stata uno shock nella business community internazionale. Da osservatore straniero, poi, mi sembra che le misure restrittive adottate nei confronti di Scaglia siano assai dure. È davvero il fondatore di Fastweb, peraltro da tempo uscito dall’azienda, così pericoloso da meritare cosí tanti mesi di detenzione? In Paesi come la Francia certe restrizioni si applicano solo per soggetti criminali.
E il GIP disse: “Stia zitto”
Il “regime di silenzio” previsto dall’ordinanza restrittiva del gip Morgigni fin dal 17 maggio scorso. Peccato che non venga applicato nemmeno per killer e boss mafiosi. La ricostruzione su Panorama.it del vicedirettore del settimanale, Maurizio Tortorella
«Visto l’art. 283 del codice di procedura penale, il giudice per le indagini preliminari dispone il divieto di comunicazione per l’indagato con ogni persona, sia con colloquio diretto che con qualunque mezzo di telecomunicazione, con l’esclusione dei familiari eventualmente residenti nella suddetta abitazione».
È quanto riporta il sito del settimanale Panorama nel ricordare il “regime di silenzio” (familiari a parte) che dal 17 maggio scorso è stato imposto a Silvio Scaglia dal gip Aldo Morgigni “in base – si legge nell’ordinanza – all’art. 283”.
Sottolinea Panorama.it: “Ora (a parte che l’articolo giusto è il 284: ma ormai nessuno ci fa più caso, se i giudici sbagliano), va detto che il 23 novembre a Roma si è tenuta la prima udienza del processo. E gli imputati, cioè Scaglia più una quarantina tra manager e consulenti, hanno assistito all’udienza in assoluta libertà, così come previsto nella convocazione del giudice. Scaglia, in particolare, è arrivato nella capitale, ha dormito in albergo. Il punto è che all’imputato Scaglia l’ordinanza continua comunque a negare un diritto costituzionale, quello di espressione. Non può spiegare il suo punto di vista sull’inchiesta, non può difendersi se non attraverso i suoi avvocati”.
“Da giornalista che si è occupato a lungo di cronaca giudiziaria – prosegue però l’articolista – devo dire che l’aula di un tribunale, l’aula di un processo, è stata spesso il luogo migliore dove intervistare imputati anche ben più «pericolosi» di un imprenditore accusato di avere frodato il fisco. M’è capitato con tangentari, boss mafiosi, killer. E allora, perché negare a Scaglia questo diritto?”.
La stampa promuove il libro bianco sulla vicenda del fondatore di Fastweb
“Una difesa all’americana dove è importante parlarne per non far dimenticare”. Così, sulle colonne de Il Messaggero, Cristiana Mangani ha interpretato (correttamente) il senso del libro bianco, anzi del “libricino di poche pagine dove oltre al bianco domina il rosso ed il verde quasi a ricordare che siamo in Italia” dedicato dal nostro blog alla vicenda di Silvio Scaglia. Una storia italiana che speriamo non finisca “all’italiana”.
Per evitarlo, ha scritto l’Avvenire, gli ideatori del blog www.silvioscaglia.it hanno deciso di ricostruire la sua storia “dai risvolti a dir poco kafkiani” con le armi dell’informazione: “le vignette, caustiche, di Vincino; una cronologia a piè di pagina che segnala le tappe essenziali del calvario giudiziario, a mo’ di link; e un testo snello, che ricostruisce con precisione la strana storia di uno dei più capaci manager italiani, Silvio Scaglia, finito nel tritacarne della giustizia”, ha scritto Il Giornale dopo aver sottolineto che “Scaglia, pur essendosi consegnato spontaneamente ai magistrati, ha subito tre mesi di carcere preventivo e poi gli arresti domiciliari”. Sono solo alcune delle voci (Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa, MF tra le altre) che hanno voluto dar risalto alla nostra iniziativa.
Ringraziamo tutti per l’attenzione che ci conforta in vista del processo. Anche se resta lo scandalo della carcerazione preventiva utilizzata come punizione preventiva. “Prove evidenti? Nessuna. Indizi validi? Nessuno” recita il testo di una delle vignette di Vincino che raffigura una cornice vuota.
Un quadro surreale, anzi una congiura del silenzio contro cui è importante ribellarsi.
Scaglia: perché non può presentarsi libero?
Una carcerazione preventiva che non trova ragioni, la possibile “doppia veste” di Fastweb e TIS se verranno accettare come “parti civili”. Questo ed altro sui giornali di oggi, dopo la prima udienza del Processo Carosello. I legali difensori: “potremo dimostrare la sua innocenza”
“Perché Scaglia non può presentarsi al suo processo da uomo libero?”. E la domanda che pone in un editoriale questa mattina Il Foglio, il giorno successivo alla prima udienza del “Processo Carosello” che vede imputato, tra gli altri, anche il fondatore di Fastweb. Il concetto è bene espresso dal titolo “Ancora sulla carcerazione abusiva”. Già, perché di questo si tratta. Scrive Il Foglio: “Spetterà al dibattimento chiarire le ragioni e i torti. Quel che invece non è possibile chiarire è la ragione per cui Scaglia non può affrontare da uomo libero il suo processo. Dopo nove mesi la possibilità di inquinare le prove, che peraltro ormai dovrebbero essere acquisite, è del tutto inesistente, mentre la possibilità di reiterare il reato non può essere nemmeno preso in considerazione. Quanto al pericolo di fuga, l’indagato è rientrato volontario dall’estero”. Pertanto, si avvia a concludere l’articolo “viene naturale sospettare che in realtà la Procura (e i giudici che ne hanno accolto le richieste) intenda applicare una sorta di pena preventiva… ”.
Anche Il Sole 24 Ore torna sulla cronaca della prima giornata del processo, sottolineando l’elemento che terrà banco nella prossima udienza dell’11 dicembre. Vale a dire la richiesta di costituirsi parti civili avanzata da Fastweb e TI Sparkle. “C’è una questione giuridica spinosa – spiega Simone Filippetti – ossia se aziende che sono coinvolte in un processo in base alla legge 231, possano avere contestualmente diritto a esserne parte civile e chiedere un eventuale risarcimento”. In udienza i legali di Fastweb e TIS hanno sostenuto che non ci sarebbe contraddizione, ma – sottolinea l’articolo – “numerosi avvocati difensori dei vari imputati non hanno gradito la richiesta e hanno protestato”. Toccherà ora al collegio dei giudici, presieduto da Giuseppe Mezzofiore decidere. Tuttavia, conclude Filippetti “C’è un precedente simile nella finanza: nel crack della Parmalat, che portò ad un fallimento da 15 miliardi, Bank of America fece una richiesta analoga. Il colosso finanziario americano era però allo stesso tempo coinvolto nel processo e il Tribunale di Milano ha negato la costituzione di parte civile”.
“Scaglia: io vittima come Fastweb” è invece il titolo del quotidiano MF. Scrive in apertura Gianluca Zapponini a proposito di Scaglia: “Da presunto truffatore a truffato”, sottolineando così un aspetto centrale della linea difensiva. “Il manager – si legge – si considera una vittima e non un imputato della complessa frode messa in atto nel cuore dell’azienda telefonica”. Per i legali di Scaglia, infatti, il processo sarà “un modo per dimostrare l’innocenza”.
Infine Il Giornale, oltre a dedicare ampio spazio alla cronaca della giornata giudiziaria, pubblica un articolo a firma del vicedirettore Nicola Porro che ricorda come “Scaglia (e con lui, tra gli altri, il suo ex direttore finanziario Mario Rossetti) sono stati sepolti vivi in una carcerazione preventiva che ha tutto il sapore di una condanna anticipata: più di 270 giorni senza libertà”.
Prime schermaglie al “Processo Carosello”
Fastweb e TI Sparkle chiedono di costituirsi “parti civili” seppur indagate in merito agli stessi fatti (ma in altro processo) per presunte violazioni della legge 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti. Il collegio dei giudici deciderà, dopo le eventuali “eccezioni” dei legali della difesa
Nessun colpo di scena ma qualche schermaglia di partenza. Può essere sintetizzata così la prima udienza del “Processo Carosello” che si è svolta ieri mattina presso la Prima sezione del Tribunale di Roma, che vede imputate 27 persone, quasi tutte presenti in aula, fra cui il fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia. Questo in seguito alla richiesta avanzata da Fastweb (ora controllata Swisscom) e Telecom Italia Sparkle, di costituirsi parti civili nei confronti di quegli ex dirigenti che verranno eventualmente riconosciuti colpevoli. Sulla questione toccherà ai giudici decidere, in una delle prossime udienze (forse già la prima) fissate nei giorni 11, 18 e 21 dicembre.
Dal canto loro, i diversi avvocati della difesa hanno ritenuto di non potersi esprimere, senza prima aver studiato gli atti delle richieste di Fastweb e Telecom Sparkle e averne valutato i profili. In particolare, in merito al “doppio ruolo” (sia di accusa che di difesa) che verrebbero a rappresentare le due società se fossero accettate come parti civili. Infatti sia Fastweb che Telecom Sparkle devono già rispondere, in merito agli stessi reati, della presunta violazione della legge 231 sulla responsabilità amministrative degli enti.
Il motivo per cui le due società di tlc lo faranno in altro processo, è legato al fatto che per gli imputati attuali è stato richiesto dai PM il rito immediato. Cosa che può valere solo in presenza di imputati in stato cautelare. Da qui lo stralcio, avvenuto nei confronti di Fastweb e di Telecom Sparkle.
Per chiarire meglio: senza tale richiesta di giudizio immediato le società avrebbero dovuto rispondere contemporaneamente agli altri imputati. Ne consegue il profilo quantomeno “problematico” della richiesta avanzata di essere anche “parti civili”.
In ogni caso toccherà ai giudici valutare ed esprimersi, dopo la presentazione di eventuali “eccezioni” dei legali difensori degli imputati sotto rito immediato.
Infine, hanno chiesto di costituirsi parte civile anche l’Avvocatura dello Stato (in rappresentanza della Presidenza del consiglio dei ministri, del ministero degli Interni, di quello dell’Economia e della Agenzia delle Entrate) e un gruppo di azionisti sia nei confronti degli imputati di Telecom Sparkle nonché nei confronti della societá medesima.
“Processo Carosello”. Oggi il via al Tribunale di Roma
Il rientro spontaneo di Scaglia, la “carcerazione punitiva”, la ricostruzione puntuale del suo patrimonio: tutto questo oggi sui giornali, in vista della prima udienza. Compreso il “libro bianco” preparato dal blog, da oggi facilmente scaricabile
“Silvio Scaglia non sapeva nulla della truffa carosello venuta alla luce nel caso Fastweb – Telecom Sparkle, non ha mai mostrato l’intenzione di sottrarsi alla giustizia, i suoi conti correnti e il suo patrimonio plurimilionario non sono dovuti ad attività illecite”. Comincia così l’articolo che il quotidiano MF dedica oggi al fondatore di Fastweb, proprio nel giorno di inizio del processo presso la Prima sezione penale del tribunale di Roma. L’articolo ricorda anche come i capisaldi della “linea difensiva” di Scaglia siano adesso accompagnati da un “pamphlet-comics illustrato dalle vignette di Vincino” (scaricabile da chiunque, ndr.). Aggiunge il quotidiano “nel libricino si ricorda che Fastweb è stata vittima di una truffa e non mente dell’operazione” e che sempre Scaglia “ha dimostrato l’origine lecita del suo patrimonio”.
Anche il Corriere della Sera nel segnalare l’avvio quest’oggi del dibattimento sottolinea come “nel volumetto, una trentina di pagine edite dal blog www.silvioscaglia.it… si ripercorrono i 270 giorni di custodia cautelare dell’ex patron di Fastweb”.
Tocca poi a Il Sole 24 Ore osservare, a proposito di Silvio Scaglia, che “dal 23 febbraio è agli arresti, dopo che spontaneamente si consegnò alla giustizia tornando con un volo privato dal Sudamerica”. L’articolo del quotidiano, a firma di Simone Filippetti, ricostruisce le varie tappe dell’inchiesta giudiziaria, soffermandosi sui vari personaggi inquisiti. Ma c’è di più: il giornale di Confindustria pubblica per l’occasione un’ampia intervista a Frank Dangeard, oggi nel board del colosso degli antivirus Symantec (ma all’epoca dei fatti numero due di France Telecom e Orange) il quale dichiara, fra le altre cose, a proposito delle accuse rivolte a Scaglia: “Ho appreso dai giornali e sono rimasto stupefatto perché, per quello che ho potuto conoscere di persona Scaglia mi è parso una persona schietta sul piano personale e un manager serio e affidabile sul piano professionale. Quella dipinta sui giornali non è la persona che ho conosciuto per diversi anni”.
Infine è la penna di Sergio Luciano a firmare un articolo del quotidiano Italia Oggi, laddove si legge che dall’intera vicenda “è emerso un uso punitivo della custodia cautelare che non si rivedeva dai tempi di Tangentopoli”. Non senza avere prima ricordato come: “Questo processo ha anche fatto esplodere le contraddizioni della legge 231, quella contestata all’Assonime che permette alle Procure interventi pesantissimi nella vita delle società, con la discrezionalità di sanzionare, anche in via cautelare, asseriti deficit organizzativi dietro i comportamenti individuali di eventuali dirigenti o anche solo dipendenti infedeli”.
Un libro bianco sul “caso Scaglia”
Scarica da ora l’ebook che il blog silvioscaglia.it ha deciso di dedicare al fondatore di Fastweb
Un libro bianco, ma più esattamente un ebook: in tutto una trentina di pagine edite dal blog silvioscaglia.it che tutti i nostri lettori possono da questo momento scaricare.
È dedicato al “caso Scaglia”: un manager che come pochi in Italia ha saputo fare impresa e innovare, ma che da oltre 270 giorni si trova agli arresti e da quest’oggi processato sulla base del principio del “non poteva non sapere”.
Un processo che “ha il sapore di una punizione preventiva per reati mai commessi”.
Visita ora la pagina dedicata all’ebook. Come sempre ti invitiamo a dire la tua lasciando un commento.
Il Riformista: Scaglia vittima di uno schema ideologico
“Vi ricordate di Silvio Scaglia?”. Non è una domanda retorica quella che Alberto Mingardi rivolge dalle colonne de Il Riformista alla vigilia del processo del fondatore di Fastweb che si aprirà martedì prossimo. Perché in questo periodo è calata una sorta di congiura del silenzio nei confronti dell’imprenditore, forse perché, suggerisce Mingardi, “dall’inizio delle indagini ad oggi non sono emersi nuovi elementi. Altrimenti lo sapremmo
Come avevamo appreso con dovizia di particolari delle ricostruzioni degli inquirenti circa il meccanismo delle frodi carosello. E del teorema, semplice, degli inquirenti: Scaglia non poteva non sapere”. “L’opinione degli inquirenti è che la truffa fosse nota anche ai piani più alti. Idea che si fonda su un cristallino dato di fatto: l’obiettivo di Scaglia, che era l’azionista di riferimento, era di massimizzare il profitto. Quindi qualsiasi cosa che fosse nell’interesse economico dell’azienda era anche il suo. Pertanto, visto che il carosello portava quattrini, non poteva non esserne informato”. In realtà l’interesse economico è tutto da dimostrare: Fastweb non ha riscosso il credito Iva; Scaglia non ha venduto azioni nel periodo contestato; il compratore, Swisscom, era perfettamente a conoscenza delle contestazioni fiscali nei confronti della società.
Ma, a parte questa non secondaria considerazione, Mingardi rileva che: 1) “nove mesi di custodia cautelare, quanto ne sono stati inflitti finora a Scaglia, appaiono incomprensibili anche a chi avesse una totale fiducia nella giustizia italiana”; 2) “le aziende sono bestie assai più complicate” di quanto non supponga il teorema degli inquirenti. “Nello stesso tempo fare l’esame del sangue ad ogni singola controparte pare al di là della vocazione di qualsiasi ditta”. Perciò, a proposito della supposta complicità di Fastweb con l’organizzazione criminale, va la pena di notare che “quando vado a comprare un paio di scarpe da ginnastica il venditore non mi chiede se mi servono per una rapina in banca”.
Insomma, sintetizza Mingardi, “non è proprio ovvio che Silvio Scaglia sia l’Erik Priebke dei colletti bianchi”. “Ma sta lo stesso agli arresti da nove mesi”. Con un danno comunque rilevante perché “il clamore mediatico delle indagini spesso fa a pugni con il silenzio ovattato delle assoluzioni”. L’unico antidoto, in questi casi, consiste nell’informare sulla reale (in)consistenza delle accuse dissipando.