Quando i domiciliari sono un vincolo alla libertà di difesa



Edward Hopper, Rooms by the Sea, 1951, olio su tela.



Esiste anche il reato di evasione sul terrazzo. La sesta Sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza n. 30983, 30/07/2007) ha infatti accolto il ricorso della Procura Generale presso la Corte Territoriale contro la sentenza della Corte d’Appello di Bari che aveva assolto una persona, agli arresti domiciliari, già accusato di “evasione impropria” perché stazionava sul terrazzo di casa. Per abitazione individuata come luogo dove rimanere agli arresti, secondo la Suprema Corte, deve intendersi “soltanto il luogo in cui conduce la vita domestica e privata con esclusione di ogni altra appartenenza (quali cortili, giardini, terrazze, aree condominiali in genere) che non siano parte integrante o pertinenza esclusiva dell’abitazione medesima”. Al contrario la Corte d’Assise di Bari non aveva ravvisato “un apprezzabile distacco” del terrazzo dal luogo degli arresti né l’elemento psicologico “della volontà di sottrarsi all’eventuale controllo della polizia giudiziaria finalità che costituisce il nucleo essenziale della misura alternativa”. Al contrario, replica la Cassazione, in questo caso  il reato è punito a titolo di “dolo generico”: è sufficiente la consapevolezza di trovarsi in stato di arresto e la volontà di allontanarsi, sia pure per breve tempo e non in via definitiva, ove risiedere.


Dura lex, sed lex, insomma. Anche se i margini di interpretazione, nei fatti, possono rivelarsi elastici o rigidi. Sempre la sesta sezione della Cassazione (sentenza n.2735, 21/01/2009)  ha dato un’altra interpretazione “rigorista” degli arresti domiciliari: incorre nel reato di evasione “il soggetto che si allontana dal suo domicilio per partecipare ad una funzione religiosa”. Il caso riguarda un testimone di Geova autorizzato a partecipare, con scorta, ad una funzione religiosa ogni prima domenica del mese. L’uomo, dopo aver sollecitato invano il servizio di scorta anche la seconda domenica del mese, si è recato presso una Sala del Regno per assistere alla funzione, facendo ritorno nella propria abitazione alla fine della cerimonia. In questo modo il testimone di Geova ha consapevolmente violato il regime di arresti domiciliari.


Ma la Cassazione penale (sentenza n.16673, 30/04/2010) sa essere comprensiva: non è reato allontanarsi dal domicilio “qualora la convivenza con la propria famiglia ivi dimorante” sia divenuta particolarmente difficile.


La casistica può considerare all’infinito. Ma resta il fatto che l’istituto degli arresti domiciliari, secondo quanto previsto dal Codice penale, rientra nell’ambito di quei provvedimenti che il giudice può irrogare al soggetto nel corso del processo laddove vi siano esigenze di tutela della collettività che ne impongano l’adozione: inquinamento delle prove, pericolo di fuga o di reiterazione del reato. Quando, come nel caso dell’ingegner Silvio Scaglia queste esigenze non sussistono, gli arresti domiciliari si traducono nei fatti in una grave limitazione dei diritti della difesa.


A che serve la rigida clausura in Val d’Ayas interrotta dalle trasferte romane “con i propri mezzi” per partecipare al processo? Il principale risultato consiste nella limitazione della libertà di difesa, a partire dai rapporti con il collegio di difesa e dalla raccolta degli elementi da presentare in giudizio.


È davvero una “rare gag” (o “singolare bavaglio”) come ha commentato il Financial Times a proposito del trattamento riservato all’imprenditore Scaglia, cittadino che si è presentato spontaneamente ai propri giudici.


1.410 Commenti a “Quando i domiciliari sono un vincolo alla libertà di difesa”

  • Lotta:

    Infatti! Sono veramente arrabbiato! Ma si puo’ togliere la libertà ad una persona incensurata per ben 9 mesi, senza neanche interrogarlo!?! (si, si puo’!) Si puo’ anche dire ad un imputato ‘guarda se non accusi altre persone non vogliamo ascoltarti’? Si, si puo’! 9 mesi in carcere ed ora neanche con una cella da solo perché finalmente non c’è piu’ il vietato d’incontro? Allora non si puo’ neanche piu re-iterare il reato no? che tanto non è mai stato un reato…ma se in qualche modo si fa affari legali con uno che forse ha fatto una truffa (e ovviamente un truffatore si presenta sempre come tale), certo che questo è un grave crimine per cui si sta in galera senza neanche essere interrogato. Non pensato che questo è una tortura che deve essere portato ad un giudizio internazionale? Pure in Israele c’è un limite per incarcerare gente innocente senza ragione: 6 mesi. In Italia c’è una soluzione: giudizio immediato! cosi VAI! un altro anno in carcere! che schifo!

  • Luigi Boschin:

    Qualche hanno fa un agente immobiliare indicò nel contratto di affitto per un immobile di vacanza, alla voce codice fiscale di mia moglie una lettera ” C ” invece che ” G ” , risultato: multa salatissima.
    Quale é la sanzione per gli ” errori materiali ” del tribunale di Roma, dove è in ballo la libertà di una persona e non una lettera dell’alfabeto ?
    La legge é uguale per tutti.

  • Cesare:

    l’assurda e never ending prevaricazione di ogni diritto civile, di buonsenso, di democrazia, potrebbe essere meglio rappresentata dall’urlo di Munch!.
    Pare di essere in un paese a regime totalitario del centro Africa – del resto, non a caso, siamo spesso classificati agli stessi livelli.

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