Archive del 2011
Fattore Umano | Più pena, più reati
«Chi beneficia dell’indulto è meno recidivo di chi esce dal carcere a fine pena». Luigi Manconi e Giovanni Torrente ne spiegano i motivi. Sul Messaggero di oggi, una ricerca “smonta” l’opinione diffusa in base alla quale i provvedimenti di clemenza determinano un innalzamento della criminalità
Una causa di clemenza che “condona” la pena. Ecco cos’è l’indulto. «Una misura prevista dalla Costituzione che – spiegano Manconi e Torrente – andrebbe discussa, accolta o contestata con argomenti razionali». Ma spesso questo non accade perché «il più recente atto di clemenza non produrrebbe alcun risultato positivo. O meglio: produrrebbe solo sfaceli».
Una convinzione basata su presupposti sbagliati. Come quella che “tutti gli indultati ritornano presto in galera”. Manconi e Torrente spiegano, dati alla mano, che accade esattamente il contrario: «la recidiva tra i beneficiari dell’indulto è meno della metà della recidiva ordinaria, registrata tra coloro che scontano interamente la pena in carcere». Ad avvalorare la loro tesi i dati messi a disposizione dall’Ufficio Statistiche del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che mostrano come «la recidiva dei beneficiari del provvedimento di indulto (legge n. 241 del 31 luglio 2006) relativa a reati commessi prima del 2 maggio 2006, dopo 5 anni dall’approvazione, si attesti al 33,92%».
Ma non solo: «il 68,45% dei soggetti scarcerati nel 1998, nei successivi 7 anni, ha fatto reingresso in carcere una o più volte. Il dato della recidiva dei beneficiari dell’indulto si colloca quindi su un livello molto inferiore rispetto a quello rilevato in un monitoraggio “ordinario”». Appare quindi evidente che questo atto di clemenza può diventare una “messa alla prova” efficace. E necessaria.
Fattore Umano | I Sapori Reclusi
Davide Dutto, fotografo professionista, entra in un carcere piemontese per insegnare le basi del suo mestiere a un gruppo di detenuti. Da quell’esperienza sono nati un libro e un’associazione fossanese che, partendo dal comune bisogno dell’uomo di nutrirsi, riunisce uomini e donne che vivono nascosti agli occhi dei più con il resto della società. Perché «il vero problema, in carcere, non è avere una ricetta, bensì avere gli ingredienti e gli attrezzi per poterla realizzare»
La prima cosa che Davide Dutto incontrò varcando per la prima volta i cancelli di un carcere fu una «miniera a cielo aperto» dove raccogliere testimonianze di vita “reclusa” da portare nel mondo libero con un obiettivo: «impegnarsi molto e rispettare chi, quelle storie, le stava raccontando».
Nel 2005, «scontata» la sua esperienza triennale, Dutto decise di trasferire la sua esperienza in carcere in un libro – Il Gambero Nero. Ricette dal carcere (Cibele) – realizzato insieme al giornalista Michele Marziani. Tra le pagine, i detenuti che cucinano nelle proprie celle, le loro ricette e le difficoltà quotidiane.
Nell’autunno del 2010 viene fondata l’associazione fossanese Sapori Reclusi sull’onda del lavoro di Davide Dutto per entrare laddove solitamente si trovano porte chiuse, nell’intimità delle persone, per capirle al di là di stereotipi e preconcetti. Una delle sfide vinte dall’Associazione è stata quella di portare in carcere sette importanti nomi della cucina italiana (Alciati, Palluda, Ghigo, Ribaldone, Reina, Demaria e Campogrande) per la creazione di un «laboratorio di fotogastronomia che è diventato un importante momento di scambio e relazione» tra detenuti e chef.
Qual è la ricetta per rendere la detenzione più “a misura di uomo”?
Credo fortemente nel potere di riscatto dell’uomo attraverso la preparazione del cibo e alla fotografia, due forme di espressione alle quali sono fortemente ancorato. Nelle carceri incontro storie estreme, colori e contrasti forti, odori e sapori decisi, la fotografia e il cibo quindi all’interno di questo contenitore forzato si uniscono in modo naturale, diventando mezzi di comunicazione e di espressione altamente privilegiati durante i nostri incontri. Ecco allora la mia ricetta per rendere più umana e rieducativa la detenzione: unire la fotografia e il cibo, creare interazione tra “fuori” e “dentro” per conoscerci meglio e abbattere vecchi e inutili stereotipi e paure. Infine comunque un bel piatto di pasta, aglio, olio e peperoncino per unire semplicità, gusto e concretezza va comunque cucinato. Ogni detenuto, comunque, possiede una ricetta personale e proviene dalle proprie radici culturali.
Come reagiscono i detenuti alla presenza della macchina fotografica? E alle “regole” della cucina?
Il tempo in carcere ha in valore diverso, scorre pesante e lento, monotono e sterile. Di solito i detenuti si iscrivono ai corsi per passare del tempo diversamente, basta dire che le domande per il mio prossimo corso di fotogastronomia all’interno del carcere di Alessandria sono state più di 100 per 10 posti disponibili. Per nostro mondo di “liberi” scattare una foto con un telefonino è un’azione scontata e quotidiana. Dentro è un fatto unico ed eccezionale. Cucinare nelle celle è complicato, molti alimenti e attrezzi non sono ammessi, una semplice operazione come quella di tagliare un pezzo di carne o delle cipolle diventa un’impresa ardua. Così quando arrivo con macchine fotografiche, computer, cuochi e alimenti da cucinare è quasi un giorno di festa attesa, un momento da ricordare. Trovo tutto ciò veramente positivo e costruttivo.
Quali le prossime tappe del percorso?
Una per tutte: la pubblicazione di un volume che racchiuda tutte le esperienze e le storie di detenuti, cuochi, persone, cooperative sociali che in questa realtà vivono, lavorano, insegnano e producono. Molte sono le ricette e gli alimenti che nascono durante gli incontri nelle varie carceri italiane come i biscotti della Banda Biscotti, la birra di Pausa Caffé, i panettoni della Cooperativa Sociale Giotto, i formaggi di Galeghiotto, le uova di Al Cappone e tanti altri. Sapori Reclusi cerchererà di dare visibilità e voce a tutte le realtà che incontreremo. Io, come fotografo, non posso far altro che continuare ad ascoltare e raccontare le “storie recluse”.
Fattore Umano | Per un Natale meno recluso (2)
Idee regalo dalla “produzione carceraria”. La seconda parte della guida con le iniziative per collegare nei prossimi giorni il “mondo recluso” e il “mondo libero”
Una serie di iniziative di sensibilizzazione per aiutare la popolazione carceraria. Dalla Poesia delle Bambole del carcere di Firenze al sound dei musicisti reclusi a San Vittore. Ecco la seconda parte della guida che il Blog ha dedicato alle proposte di Natale da e per i detenuti.
Clicca qui per scaricare la seconda parte della guida Per un Natale meno recluso.
Fattore Umano | Il loro Natale
In vendita da domani il dvd con il documentario Il loro Natale di Gaetano Di Vaio. Il lungometraggio presentato l’anno scorso alla 67° Biennale di Venezia nella sezione «Controcampo Italiano». Protagoniste del film le donne di Poggioreale e Secondigliano che raccontano il loro quotidiano di madri, mogli, sorelle e figlie di detenuti
Gaetano Di Vaio firma questo lungometraggio con alle spalle diverse collaborazioni tra cui quella con la Fandango che nel 2007 gli affidò di trovare le location e montare i set alle Vele di Scampia per Gomorra di Matteo Garrone. E si prepara ad arrivare nelle case italiane con Il loro Natale, «Storie di solitudine e dignità, grandi difficoltà e marginalità sociale».
Storie raccontate dalla voce diretta di Maddalena, Mariarca, Titina e Stefania che si preparano alla consegna dei “pacchi” per i loro uomini detenuti. Basta vedere il trailer per capire quali siano le difficoltà della loro vita divisa tra famiglia “libera” e famiglia “reclusa”. E le conseguenze di una detenzione indiretta che rende ancora più difficile il diritto all’affettività.
Per chi lo volesse acquistare, il dvd prodotto da Figli del Bronx in collaborazione con Minerva Pictures Group sarà sugli scaffali di tutti i negozi Feltrinelli, Fnac e di altre 150 librerie italiane.
Fattore Umano | Amnistia, Pannella chiede incontro con Napolitano
Dopo la visita di Benedetto XVI a Rebibbia e il “pacchetto giustizia”, resta intatta l’emergenza carceri
Dopo la visita di Benedetto XVI a Rebibbia e il “pacchetto giustizia” presentato dal Guardasigilli Paola Severino, che ha aperto all’ipotesi amnistia («purché lo chieda il Parlamento»), il tema degli «istituti di clemenza» (indulto ed amnistia, per l’appunto) restano al centro del dibattito sulla giustizia. A ricordarlo sono stati gli stessi detenuti di Rebibbia che hanno rilanciato la richiesta di «amnistia» al passaggio del Pontefice, in presenza del ministro di Giustizia, in visita pastorale nel carcere romano.
Lo ha sottolineato Marco Pannella, rivolto al Capo dello Stato Giorgio Napolitano, nel corso della consueta conversazione con Radio Radicale. «Caro Presidente, io la devo vedere. Dovremo pure inventare, nel senso buono di “trovare”, qualcosa. I carcerati a Rebibbia – ha proseguito – hanno gridato dalle celle quello che nessuno ha potuto nemmeno mormorare per un secondo, nemmeno con un sinonimo di amnistia, nella cerimonia ufficiale: la nostra proposta “amnistia per la Repubblica” non è una metafora. Se è una Repubblica dal comportamento criminale, noi vogliamo che attraverso lo strumento dell’amnistia si avvii un processo strutturale delle ragioni per le quali siamo condannati per la durata inaccettabile dei processi, per il sovraffollamento di cause e processi, oltre che per la condizione delle carceri». «Una situazione che non può certo dirsi sanata con il decreto legge approvato venerdì scorso». «In questo senso – ha aggiunto – i provvedimenti che il ministro Severino ha annunciato interessano forse qualche migliaio di detenuti. Siamo qui per dire: siamo coerenti».
Pannella, chiede di essere ascoltato dal Capo dello Stato, sostiene Emma Bonino, «non perché Napolitano non conosca il problema, ma perchè forse gli sfugge la manipolazione che di questo problema viene fatta, e verrà fatta. Mi sembra che siamo già avviati sul solito dibattito con presupposti falsi». «Già mi immagino che, come accadde per l’indulto, saranno chiamati in tv solo coloro che sono contro il decreto varato dal Governo». «L’intero dibattito sulle carceri e la giustizia nasce falsato – conclude la parlamentare radicale – basta vedere i titoli dei giornali (“A noi le tasse, i ladri fuori”), in un misto di voglia di manette, populismo, disinformazione creata, che caratterizza da lungo tempo il nostro Paese».
Fattore Umano | «Standard europei comuni per la dignità dei detenuti»
Il Parlamento europeo chiede alla Commissione una legge sui diritti delle «persone private della libertà»
Standard mimini comuni per le condizioni di detenzione e per il risarcimento delle persone ingiustamente detenute e condannate. È la richiesta approvata il 15 dicembre dal Parlamento europeo che ha chiesto alla Commissione di presentare «un’iniziativa legislativa sui diritti delle persone private della libertà». All’origine della richiesta c’è la consapevolezza che «le carceri europee versano in una situazione allarmante fatta di prigioni sovraffollate con una popolazione carceraria in continua crescita e un numeto crescente di cittadini stranieri detenuti, di detenuti in attesa di giudizio, di quelli con disturbi mentali e di numerosi casi di suicidio».
Il Libro Verde della Commissione europea menziona l’Italia, con Bulgaria, Cipro, Spagna e Grecia fra i paesi con maggior affollamento e, con Lussemburgo e Cipro, fra quelli con il maggior numero di detenzioni in attesa di giudizio.
In particolare, il Parlamento chiede:
- Che il bilancio comunitario si doti di una linea ad hoc per incoraggiare le autorità nazionali a migliorare le condizioni di detenzione,
- L’adozione di regole europee per garantire ai deputati nazionali e a quelli europei il diritto di visita nelle carceri di tutta l’Unione Europea.
- Per far fronte all’aumento di cittadini di Stati membri detenuti in un altro Stato membro, norme atte ad intensificare la cooperazione giudiziaria in materia penale per «migliorare la fiducia reciproca» tra gli Stati Membri.
Fattore Umano | Per un Natale meno recluso
Le mostre e i mercatini dei prodotti del carcere. Un lungo elenco di iniziative per collegare nei prossimi giorni il “mondo recluso” e il “mondo libero”
A Natale si sta in famiglia, tra cenoni, scambi di auguri e regali. Ma non è così per tutti. Per chi sconta un periodo di pena o aspetta da recluso di essere giudicato, il tempo si concentra in 60 minuti.
Un’ora dunque, cioè quanto “concesso” per il colloquio con i propri cari (massimo 3 persone alla volta) in un parlatorio gremito di gente, con magari dei bambini che cercano di scavalcare quel che li divide dal genitore, senza capire ancora il perché.
Per dilatare quei 60 minuti il Blog mette a disposizione una piccola guida di iniziative natalizie per riavvicinare il mondo “recluso” e quello “libero”. Mostre e mercatini di prodotti realizzati in carcere e iniziative volte ad aiutare le famiglie dei detenuti. Specie i bambini.
Clicca qui per scaricare la guida Per un Natale meno recluso.