La giustizia in Italia? Casuale
Claudio Borghi su Il Giornale ricorda la vicenda di Bruno Contrada, non scarcerato perché “non pentito”. E nella lista dei paradossi del “sistema” aggiunge anche Silvio Scaglia
Mafiosi e ‘Ndranghetisti a piede libero, magari scarcerati perché in quattro anni un giudice non ha trovato il tempo di redigere la sentenza (è il caso di Giuseppe Belcastro, boss condannato all’ergastolo), ed altri, detenuti in cella o ai domiciliari perché, non avendo di che “pentirsi”, vengono trattati alla stregua di criminali indisponibili a collaborare.
È nutrito l’elenco dei “paradossi” della giustizia italiana che descrive Claudio Borghi, cronista de Il Giornale, in un articolo dedicato quest’oggi al particolare caso di Bruno Contrada, 80 anni, che – scrive Borghi – «ex poliziotto e medaglia d’oro, condannato per un reato non espressamente previsto dal codice ed assolto una volta con formula piena, si è visto negare ieri la scarcerazione perché “non pentito”, condizione peraltro impossibile da ottenere in quanto Contrada si è sempre dichiarato innocente». Laddove, nell’articolo, non manca un riferimento al “caso Scaglia”, coinvolto in un procedimento per ben altre ragioni, ma non per questo meno emblematico.
Scrive Borghi: «Silvio Scaglia, imprenditore, si precipitò a rientrare dall’estero appena seppe di essere indagato per frode fiscale per mettersi a disposizione dei magistrati: fu chiuso in carcere per mesi e poi ai domiciliari, non ha ancora avuto la libertà dopo quasi un anno». «La lista – insiste Borghi – potrebbe allungarsi e l’impressione è di un sistema che non è né garantista né severo, bensì casuale, cosa che per un potere profondamente invasivo nella vita delle persone e delle imprese è la condizione peggiore in assoluto».