Archivio di gennaio 2011

“Scaglia: un caso emblematico di giustizia distorta”

Per Raffaello Vignali, già alla guida della Compagnia delle Opere, oggi deputato Pdl: “In Italia c’è un uso eccessivo della limitazione della libertà individuale”. Per questo “la riforma della giustizia è più urgente che mai. Ma prima non dimentichiamo la condizione di chi patisce l’ingiustizia



Quello di Silvio Scaglia è un caso emblematico dello stato della giustizia in Italia: non ha senso tenere sotto custodia da oltre dieci mesi una persona senza che sia necessario per lo svolgimento delle indagini. È la prova evidente di quanto sia necessaria ed urgente una riforma che possa ridare più certezza al diritto”. Raffaello Vignali, per anni alla guida della Compagnia delle Opere, oggi vicepresidente della X Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera, interviene così sulla vicenda del fondatore di Fastweb.




Una vicenda – aggiunge – che rischia di finire nel dimenticatoio anche per l’atteggiamento dei media: grandi titoloni all’avvio delle indagini, poi il silenzio. E nella testa dell’opinione pubblica resta un’immagine semplificata, distorta. A danno della reputazione di un galantuomo. O di un’azienda”.


Ma perché il caso di Scaglia è emblematico?

Innanzitutto per l’uso eccessivo della limitazione della libertà individuale. Non esiste, con tutta evidenza, pericolo di fuga.  Non mi sembra, poi, che tenere Scaglia segregato in montagna possa servire alle indagini che, tra l’altro, sono già chiuse. E non credo che si possa sostenere l’ipotesi di una possibile reiterazione del reato. A meno che…


A meno che?

Non si faccia ricorso, come purtroppo avviene troppo spesso nelle aule di giustizia, ad un uso disinvolto della fantasia creativa. Certe volte mi sembra che faccia più leggi la Cassazione che il Parlamento. Il caso Scaglia, insomma, conferma, casomai ve ne fosse ancora bisogno, che occorre fare al più presto una riforma. Nell’interesse generale, mica solo di Berlusconi o di un altro politico. L’essenziale è che, al più presto, sia nell’applicazione della giustizia che dell’attività politica torni ad affermarsi il criterio del bene comune che non può prescindere dal rispetto dei diritti dell’individuo. Silvio Scaglia ha ampiamente motivato l’origine lecita del suo patrimonio fino all’ultimo euro.  Ma la cosa, per ora, non ha prodotto alcun effetto. Si ha la sensazione che il successo imprenditoriale sia giudicato comunque un indizio di colpevolezza. È un pregiudizio diffuso, che viene da lontano contro lo stesso concetto di creazione di valore. Il risultato è che l’Italia, il Paese con la maggior imprenditorialità diffusa, è anche quello dove è più difficile fare l’imprenditore.  Anche per questo il caso di Scaglia è emblematico: uno come lui, che è diventato ricco ma, di riflesso, ha distribuito ricchezza nella società, si trasforma comunque in un potenziale pericolo pubblico. Non a caso, con questa mentalità, siamo scivolati all’ottantesimo posto nella classifica mondiale della libertà economica, con grave danno per gli investimenti e il lavoro. Anche per questo la riforma della giustizia è più urgente che mai. Ma prima non dimentichiamo la condizione di chi patisce l’ingiustizia.


L’Epifania di Vincino



 

Silvio Scaglia Story (3): in linea con Omnitel


Da “I signori di Internet. La via italiana alla New Economy” di Giancarlo Mazzuca (Baldini & Castoldi)


In Cina e in India Scaglia aveva fatto una bella gavetta come gestore di nuove iniziative, quelle che oggigiorno si definiscono esperienze di «start-up». Era quindi la persona giusta per cominciare anche in Italia una nuova avventura. E quale migliore avventura poteva esserci di quella dell’Omnitel che proprio nel ’95 muove i primi passi? «Caio mi chiamò come direttore generale e io accettai volentieri la grande sfida. Anche allora ero molto ottimista, ma sinceramente non potevo certo prevedere un tale boom dei telefonini con dieci milioni di clienti Omnitel». Scaglia, che si trasferisce armi e bagagli a Milano con famiglia al seguito (la moglie Monica, che è insegnante di matematica, e i figli Chiara, Elena e Carlo), si lancia con entusiasmo nel nuovo business e i risultati gli danno subito ragione: «Nel ’96 diventai amministratore delegato perché Caio nel frattempo era stato chiamato da Carlo De Benedetti a guidare l’Olivetti.


Nel ’96 ci fu la grande svolta perché i cellulari non venivano più considerati come una specie di status symbol ma si rivolgevano al consumo di massa». Oggi Scaglia definisce «fantastici» quegli anni all’Omnitel. E dobbiamo credergli. All’inizio dell’avventura erano davvero pochi gli italiani pronti a scommettere sul successo di un’azienda che cercava di rompere il monopolio di Telecom in un settore tutto nuovo come quello dei telefonini. «Bisognava inventare tutto, dal prodotto alla comunicazione. Un giorno Barbara Poggiali, la responsabile della comunicazione, mi propose di utilizzare come testimonial una statuaria modella australiana, Megan Gale. Io guardai le foto di Megan e approvai: dopo Gerry Scotti e Miguel Agnel Torralba era il momento di una donna». Quando si dice il futuro…


Silvio Scaglia Story (2): gli anni della Piaggio


Da “I signori di Internet. La via italiana alla New Economy” di Giancarlo Mazzuca (Baldini & Castoldi)




Invitandoti a un “tramezzino-lunch” da consumare nel suo ufficio (pranzo frugale perfettamente compatibile con l’ambiente sobrio dove lavora a Milano), Scaglia confessa candidamente che le società di consulenza «sono ottime scuole», ma che lavorare in un’azienda vera «è tutta un’altra cosa». E un giorno anche l’ex “McKinsey boy” fa il grande salto: la Piaggio non lo vuole più solo come consulente ma gli chiede di passare armi e bagagli nei propri ranghi. In quel momento il gruppo di Pontedera ha un grosso problema in Spagna perché la consociata iberica, la Moto Vespa SA di Madrid, va a tre cilindri.



Come vicepresidente e consejero delegado della società spagnola c’è, dall’inizio del ’91, Giovanni Alberto Agnelli, il figlio di Umberto, che venne poi designato alla guida della Fiat prima della repentina scomparsa alla fine del ’97 per un male incurabile a soli 33 anni d’età. Silvio accetta con entusiasmo di affiancare, come direttore, il giovane Agnelli a Madrid e si trasferisce così al numero 6 di Avenida Julian Camarillo. Scaglia ricorda oggi con grande affetto e commozione l’erede dell’impero Fiat: «Giovanni Alberto era una persona estremamente sensibile e modesta ma molto intuitiva dal punto di vista manageriale. Una persona fuori dall’ordinario. Fra noi si creò una grandissima amicizia. Lui considerava un handicap il fatto di chiamarsi Agnelli e non faceva, quindi, mai pesare il nome che portava».


Silvio rammenta anche con nostalgia quegli anni madrileni: «Era bellissimo vivere in Spagna. Erano gli anni delle Olimpiadi di Barcellona e dell’Expo di Siviglia e Madrid era una città molto divertente». Una parentesi felice finita presto perché Agnelli viene richiamato a Pontedera come presidente del gruppo. Giovanni Alberto chiede a Scaglia di seguirlo e gli offre la direzione internazionale del gruppo: «Accettai volentieri e dal 1993 al 1995 diventai una specie di pendolare di lusso. Girai il mondo e soprattutto feci tappa in Cina, India, Indonesia e Sudamerica. A un certo punto decisi di mettere su casa a Singapore che diventò la base di tutte le operazioni estere della Piaggio. Con Giovanni avevo un rapporto personale molto stretto ma mi sentivo un protetto del presidente: dovevo provare a me stesso di potere fare carriera anche senza di lui e decisi di andarmene. Non ci fu alcuna rottura con Giovanni: proprio in quel periodo si stava chiarendo il suo futuro alla Fiat come leader della quarta generazione degli Agnelli. Me ne andai con la promessa che un giorno sarei tornato. Non ho potuto mantenere quella promessa».


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Perché un blog?

“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World