Archivio di febbraio 2011
Arigoni: “Così Mokbel mi propose di entrare in affari”
Il teste ricostruisce in aula la genesi della “frode Carosello”
“Gennaro Mokbel era un mio cliente, eravamo appassionati di orologi e fu lui a propormi di entrare in affari. Mi disse che c’erano da guadagnare tanti soldi”. Fabio Arigoni, amministratore di Telefox, ha descritto così la struttura dell’organizzazione creata per la “frode Carosello” nel corso del suo interrogatorio, in qualità di testimone in procedimento connesso, al processo che si celebra di fronte ai giudici della Prima Sezione penale del Tribunale di Roma.
Arigoni, che ha risposto per sei ore alle domande del pubblico ministero Giovanni Bombardieri ha ricostruito le varie tappe della presunta attività di riciclaggio che, come da lui ammesso in aula, lo ha portato a guadagnare 5 milioni di euro. Ha raccontato che per conto di Mokbel ha gestito società appositamente create per movimentare e riciclare denaro attraverso bonifici e conti correnti aperti all’estero. Il tutto allo scopo di evadere l’Iva.
Arigoni, latitante a Panama per alcuni mesi, è rientrato a Roma nei mesi scorsi ed ha cominciato a collaborare con gli inquirenti. Il teste, che figura come imputato in un’altra parte del procedimento ancora in istruttoria, ha sostenuto che il gruppo formato da lui, Mokbel e da pochi altri ha avuto una svolta quando Carlo Focarelli, anche lui imputato, fece balenare la possibilità di sottoscrivere attraverso sue amicizie presso Fastweb sostanziosi contratti. Nell’azienda, ha aggiunto Arigoni “Tutti sapevano dell’evasione dell’Iva. I soldi, poi, venivano divisi tra di noi. Tra cui anche la società telefonica nelle persone dei funzionari Bruno Zito e Giuseppe Crudele”. Ovvero, come sottolinea una nota emessa dalla stessa Fastweb, il teste “ha specificamente nominato solo due dipendenti, peraltro già riconosciuti infedeli e licenziati un anno fa in seguito all’indagine”.
Nella prossima udienza di venerdì 18 Arigoni sarà a disposizione degli avvocati di parte civile e della difesa che svolgeranno il contro interrogatorio.
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Riparte il processo, domani l’ottava udienza
La fase dibattimentale entrerà nel vivo con la testimonianza di Fabio Arigoni, ex Ad di Telefox e Telefox International, indagato in procedimento connesso. Alcuni legali potrebbero però sollevare una questione di “mancato avviso”, da parte della Procura, proprio in relazione ai suoi interrogatori del settembre 2010, in quanto atti d’indagine successivi alla richiesta di rito immediato, non comunicati alle difese
Dopo una lunga pausa, domani 16 febbraio il processo per la “frode Carosello” entrerà nel vivo della sua fase dibattimentale.
L’ottava udienza inizierà con l’ordinanza del Tribunale relativa alle prove da ammettere nel procedimento, subito dopo sarà la volta del primo teste Fabio Arigoni, ex Ad di Telefox e Telefox International, che verrà ascoltato in qualità di testimone su richiesta della Procura, essendo imputato in procedimento connesso.
Il motivo del processo separato con rito ordinario, pur a fronte di analoghe imputazioni, è legato al fatto che Arigoni è rientrato in Italia da Panama, dopo alcuni mesi di latitanza, nei primi giorni del mese di settembre 2010, quindi successivamente alla richiesta di giudizio immediato avanzata dai PM per gli altri indagati.
Domani, dunque, dovrebbe iniziare il suo interrogatorio da parte dei magistrati inquirenti ma, in ipotesi, è possibile che alcuni avvocati difensori sollevino una questione di “mancato avviso”. Questo perché, a suo tempo, la Procura non comunicò ai legali della difesa che erano in svolgimento alcuni interrogatori ad Arigoni, precisamente avvenuti in data 3 e 15 settembre 2010. Di conseguenza, da parte di tali avvocati, potrebbe essere sollevata nei confronti del Tribunale la richiesta che vengano depositati tali atti, temporalmente successivi alla richiesta di rito immediato.
Nel qual caso si profilano due scenari:
- il Tribunale sospende l’udienza e richiede alla Procura di inviare tutti gli atti di indagine;
- si procede con l’interrogatorio di Arigoni da parte dei PM, salvo differire il controesame da parte dei legali difensori, solo in seguito all’invio di tali materiali.
L’avvocato Giaquinto: “Rischia il doppio processo”
Antonio Catanzariti, ex responsabile carrier sales Italy di TIS, dovrà difendersi separatamente per i reati di cui è accusato. In pratica, come spiega il suo legale a Panorama Economy: “potrebbe essere processato due volte per gli stessi motivi”. La Cassazione, intanto, per ben tre volte, ha già “annullato con rinvio” l’ordinanza del Riesame sulla sua custodia cautelare
«L’avvocato Giovanni Maria Giaquinto è il difensore di Antonio Catanzariti, ex responsabile carrier sales Italy di TIS, sotto accusa per delitto associativo e reato fiscale, e tuttora ai “domiciliari”. Ma, a differenza degli altri manager tlc, verrà processato separatamente per i due reati. Questo perché, il 10 agosto 2010, Catanzariti aveva già ottenuto la libertà per la presunta evasione dell’Iva, stante la scadenza dei termini di custodia, motivo per cui il GIP Paolicelli aveva respinto il giudizio immediato chiesto dalla Procura, salvo poi, su ulteriore intervento dei PM, ripristinarlo per la sola “associazione”. “Il procedimento – spiega il legale – ricorda molto Tangentopoli, quando o collaboravi o stavi in galera. C’è il forte sospetto di un utilizzo della custodia come strumento di confessione”. “Vorrei però ricordare – aggiunge – che la Cassazione ha già dato due volte ragione al mio assistito, l’ultima volta il 20 gennaio 2011, quindi pochi giorni fa, annullando quanto sostenuto dal Tribunale del Riesame sia sotto il profilo del rischio di inquinamento delle prove, sia rispetto alla possibile reiterazione del reato”. Per conseguenza ora il Tribunale della Libertà verrà chiamato a valutare per la terza volta. “Ma prima ancora – sottolinea ancora il legale – ci rivolgeremo direttamente ai giudici del processo per chiedere la revoca della custodia, visto che in due occasioni la Suprema Corte non ha ravvisato elementi attuali e concreti che giustifichino gli arresti”. Resta aperta la questione di come potrà svolgersi un processo verso un imputato che in aula dovrà rispondere di un reato (associazione) ma non di quello che l’avrebbe motivato (evasione fiscale). “Mi opporrò a tutte le domande che riguardino il reato fiscale – chiarisce Giaquinto – ma il rischio concreto per l’ingegner Catanzariti è che venga processato due volte per gli stessi motivi”».
L’avvocato Ursini: “Scagionato da una mail”
“Andiamo a pranzo ma non far venire Roberto Contin, così possiamo parlare”. Questo il documento, ora agli atti del processo, che il legale dell’ex responsabile “wholesale” di Fastweb, cita a discolpa del proprio assistito su Panorama Economy. Ma, aggiunge: “Si rifiuta l’idea che abbia potuto non sospettare nulla”. E sulla carcerazione preventiva: “Una misura ingiustificabile, vista l’impossibilità, perfino in astratto, di reiterazione del reato”
«“Andiamo a pranzo, ma non far venire Roberto Contin, così possiamo parlare”. Firmato Carlo Focarelli, colui che la Procura di Roma considera la mente di tutta la “frode Carosello”. La mail che Focarelli invia all’ex dipendente Fastweb, Giuseppe Crudele, è ora agli atti del processo. Il documento dovrebbe, a tutti gli effetti, costituire una prova a discolpa per Roberto Contin, ex responsabile “wholesale” (traffico all’ingrosso, ndr.) di Fastweb: se c’è un’associazione a delinquere e qualcuno ne viene intenzionalmente tenuto alla larga, a rigor di logica è difficile considerarlo un “associato”. E infatti Contin si è sempre dichiarato innocente. Ma così non è, secondo i PM romani, che il 23 febbraio 2010 ne hanno chiesto l’arresto e che tuttora si trova ai “domiciliari”. Spiega il suo legale Gildo Ursini: “In relazione all’inchiesta Traffico Telefonico il mio assistito è accusato del solo delitto associativo e non di frode fiscale”. Insomma, per i PM si sarebbe associato ma senza alcuno scopo di reato: davvero uno strano comportamento. Anche perché il suo nome non risulta da intercettazioni e mai un euro è finito nelle sue tasche. “In realtà –aggiunge il legale – l’accusa si fonda sul fatto che Contin firmava i contratti ed era responsabile di quel perimetro aziendale. Si rifiuta l’idea che abbia potuto non sospettare nulla, rispetto ad un contratto standard, tipico per operazioni commerciali di quel genere”. Ma intanto Contin resta detenuto: “Una misura ingiustificabile – conclude Ursini – vista l’impossibilità, perfino in astratto, della reiterazione del reato, dopo che Fastweb ha scisso in altra società il business wholesale”».
Lo “scandaloso caso Scaglia” su Vanityfair.it
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L’avvocato Merluzzi: “Perché privarli della libertà?”
“Nei confronti dei miei assistiti la Procura non ha in mano nulla, solo congetture”. Così dichiara a Panorama Economy il legale di Stefano Mazzitelli e Massimo Comito, ex manager di TIS. E aggiunge: “la custodia cautelare è regolata da principi stringenti, che in questo caso sono assenti”
«“Altro che prova evidente, nei confronti dei miei assistiti la Procura non ha in mano nulla, solo congetture”. Parla così l’avvocato Fabrizio Merluzzi, difensore degli ex dirigenti di TIS, Stefano Mazzitelli e Massimo Comito. “In tre anni di intercettazioni – aggiunge –, comprese le microspie piazzate in alberghi londinesi, e di rogatorie internazionali, i PM non hanno trovato un solo centesimo finito nelle loro tasche o in quelle di parenti e amici; vorrà pur dire qualcosa se il fine del reato, vale a dire l’arricchimento, non sta in piedi sotto il profilo giuridico e anche sotto il profilo logico, visto che manca il suo scopo, cioè il profitto. Eppure, dopo un anno gli indagati sono ancora agli arresti“. Già, tre anni di indagini, dal 2006 al 2009, che secondo la Procura avrebbero prodotto prove tali da esigere il “giudizio immediato”. Che però, ad ora, non risultano. “Nel nostro ordinamento – insiste il legale – la custodia cautelare è regolata da principi stringenti, che in questo caso sono assenti. Qui non si tratta di criminali abituali, ma di dirigenti d’azienda che hanno visto uno o due soggetti associati, per una o due volte, poi nulla più. Nessun altro contatto di alcun genere, nessuna telefonata che accenni al loro coinvolgimento, nessun euro a loro riferibile. Perché devono andare a giudizio privati della libertà personale? La verità è che sono accusati di non aver attivato controlli tipici di un’autorità statale e non certo di una società commerciale. Per capirci: non era compito dei manager Comito e Mazzitelli verificare se I-Globe pagasse o meno l’Iva“».
L’avvocato Lucia: “Quasi una pena anticipata, senza condanna”
“Una pena anticipata senza condanna”. È quanto dice a Panorama Economy l’avvocato Lucio Lucia che, insieme al collega Vittorio Virga, difende Mario Rossetti, ex direttore finanziario di Fastweb. “L’auspicio – aggiunge – è che possa presto difendersi da uomo libero”
«“È stato un anno lungo e difficile nel corso del quale, per il nostro assistito, è stato assai duro sopportare uno stato di detenzione che reputa del tutto ingiusto ed inutile, quasi una pena anticipata senza condanna”. Chi parla è l’avvocato Lucio Lucia il quale, insieme al collega Vittorio Virga, difende Mario Rossetti, l’ex direttore finanziario di Fastweb. “Le difficoltà – prosegue il legale – sono state personali e familiari, essendo il padre di tre bambini piccoli, ma anche relative alla difesa tecnica, in quanto una restrizione così a lungo protratta ha certamente reso più difficile il contatto con i suoi difensori e consulenti tecnici“. Ora che il processo è iniziato si potrà «finalmente» – sottolinea l’avv. Lucia – confrontare pubblicamente con l’accusa: “Come legale – aggiunge – dico che il dott. Rossetti potrà dimostrare la sua assoluta estraneità alla truffa perpetrata ai danni suoi e della società“. “Bisogna dare atto al Tribunale – prosegue – di avere programmato un impegno importante e di aver già stabilito un serrato calendario di udienze. Speriamo quindi di potere affrontare subito il merito della questione“. Resta il fatto che Mario Rossetti, al pari degli altri manager tlc, resta agli arresti domiciliari a circa un anno di distanza da quel fatidico 23 febbraio, giorno dell’arresto. “Difatti l’auspicio – insiste Lucia – è che possa presto difendersi da uomo libero: riteniamo che non vi sia alcun motivo di protrarre gli arresti domiciliari, ma in ogni caso confidiamo che il chiarimento processuale imminente possa far ritenere, anche al PM ed al Tribunale, insussistente ogni esigenza cautelare. Siamo comunque assolutamente ottimisti sull’esito della vicenda perché certi che emergerà presto l’innocenza del nostro assistito“».
La parola alle difese
“Su Scaglia tre anni di indagini, nessuna prova”. Così si esprime il prof. avv. Antonio Fiorella, difensore del fondatore di Fastweb, su Panorama Economy. “La raccolta di elementi a supporto dell’inchiesta – aggiunge – è stata amplissima ma non è emerso nulla a suo carico”
“L’ingegner Silvio Scaglia è vittima di una truffa, consumata a suo danno e a quello di Fastweb. E infatti, tre anni di indagini non hanno prodotto alcuna prova contro di lui”. Distilla le parole il prof. avv. Antonio Fiorella, che insieme al collega prof. avv. Piermaria Corso rappresenta il collegio difensivo del fondatore di Fastweb. “La raccolta di elementi a supporto dell’inchiesta – prosegue il legale – è stata amplissima, ma non è emerso nulla a suo carico perché nulla poteva emergere”. D’altronde hanno passato al vaglio tutti i conti correnti dell’ingegner Scaglia e non hanno trovato un soldo che fosse riferibile alla truffa.
Silvio Scaglia è stato raggiunto da mandato di cattura il 23 febbraio 2010, mentre si trovava in vacanza ai Caraibi. Ha affittato un aereo ed è rientrato precipitosamente, convinto di poter chiarire tutto in brevissimo tempo. Invece, è stato rinchiuso a Rebibbia e solo mesi dopo ha ottenuto i “domiciliari, per i quali è tuttora ristretto”.
Insiste Fiorella: “Nel 2003, da parte del Comitato Audit di Fastweb, come si conviene ad un’azienda quotata, furono svolti tutti i controlli e i passaggi formali volti a verificare la regolarità e la liceità di operazioni commerciali che, solo diversi anni dopo, si sono rivelate una truffa ben organizzata. Scaglia non faceva parte degli organi di controllo, ma si limitò soltanto a prendere atto delle conclusioni di quegli organismi, in sede di Cda”.
Eppure la Procura lo accusa del fatto che, essendo al vertice dell’azienda, “non poteva non sapere”. Tesi “astratta” secondo l’avv. Fiorella che, anzi, ribalta nel suo contrario: “Le indagini, in realtà, testimoniano che Scaglia ‘non poteva sapere’. Ed è quanto dimostreremo. I controlli effettuati dagli organi di controllo, tra i quali l’Audit, avrebbero rassicurato chiunque”. Resta il fatto che il fondatore di Fastweb è ancora privato della libertà personale: “È un uomo di specchiata moralità – insiste il legale – che non ha precedenti, e non c’è alcun elemento che possa suffragare una qualsivoglia pericolosità soggettiva”.