Archivio di marzo 2011
Rassegna Stampa (3): Il caso Scaglia diventa un “caso”
Antonello Piroso: «Le faccio una domanda da semplice cittadino. Ma se l’arresto, ovvero la privazione della libertà, serve per evitare la reiterazione del reato (Scaglia si è però dimesso), la fuga all’estero (Scaglia stava all’estero, ha noleggiato un aereo e addirittura è tornato in Italia) pericolo di inquinamento delle prove (Scaglia si è dimesso) era proprio così necessario trattenerlo e privarlo della libertà per un anno?»
Tratto da Niente di Personale del 27 febbraio (La7 ore 21.30), programma televisivo condotto da Antonello Piroso. In studio Piercamillo Davigo (magistrato).
Clicca qui per vedere il video (apertura diretta del player), durata 3′ 21”
Rassegna Stampa (2): Il caso Scaglia diventa un “caso”
Da Il Sussidiario del 25 febbraio 2011 – J’accuse/Silvio Scaglia e quella cattiva giustizia che fa più povera l’Italia di Ugo Bertone
«Giustizia è fatta? Dopo 363 giorni di libertà negata, Silvio Scaglia è tornato, finalmente, libero. Ma i problemi sollevati dalla sua lunga, per certi versi inspiegabile, detenzione preventiva restano sul tappeto.
Per carità. Fa senz’altro piacere prender atto che, d’ora in poi, il processo sulla frode Carosello basata sull’evasione dell’Iva ordita da un’organizzazione criminale, potrà fare il suo corso “normale”, tra perizie, testimonianze e ricostruzioni tecniche di una materia complessa. E, in questa cornice, si cercherà di capire fino a quale livello siano esistite complicità tra i colletti bianchi di Fastweb e Telecom Italia Sparkle e un’organizzazione a delinquere con radici nell’estrema destra romana.
Ci sarà tempo e modo, insomma, per valutare la solidità delle accuse nei confronti di Scaglia e di altri imputati meno celebri. Nell’attesa, però, si può stendere un primo bilancio, tutt’altro che allegro, di una vicenda che ha visto finire in galera l’unico vero innovatore dell’industria italiana con un’esperienza e una caratura internazionale, oggi pronto a riprendere la sua attività – lontano dal Belpaese, probabilmente.
1) Il primo aspetto critico riguarda l’abnorme durata della custodia cautelare dell’imprenditore. La legge italiana prevede, per giustificare la libertà negata prima del giudizio definitivo, l’esistenza di tre condizioni: il pericolo di fuga; il rischio di reiterazione del reato e il rischio di inquinamento delle prove. Nel caso di Scaglia non esiste nulla del genere. L’imprenditore è rientrato prontamente dall’estero, una volta avuta notizia dell’inchiesta Non ha più avuto rapporti con Fastweb dal 16 marzo del 2010, cosa che rende difficile sia l’inquinamento delle prove (tra l’altro, ormai raccolte da anni) che la reiterazione del reato. Ma questo non ha impedito che, complice il ricorso al rito immediato (concesso dal gip nonostante non esistesse il presupposto delle “prove evidenti”), Scaglia fosse condannato a dodici mesi di libertà negata preventiva. In questo lasso di tempo, si può obiettare, gli inquirenti hanno potuto lavorare nelle condizioni più opportune per arrivare a stabilire la verità. Forse. Ma, al momento della presentazione del materiale probatorio nello scorso gennaio da parte della Procura, l’ingegner Scaglia ha dovuto prender atto che gli elementi a suo carico risalivano al più al 2007/08, ovvero si trattava delle stesse prove già in mano del gip che nel 2009 l’aveva prosciolto da ogni contestazione. Intanto, nel corso dell’ultimo anno, Scaglia è stato sentito dagli inquirenti una sola volta, il 12 aprile scorso, su sua richiesta. Davvero era necessario tenerlo in cattività per tutto questo tempo? O non si è trattato di una grossa prova di inefficienza e di impotenza nel condurre indagini efficaci?
2) Il confronto sulla carcerazione preventiva rischia di far passare in secondo piano uno dei temi più delicati sollevati dal processo: la principale accusa nei confronti di Scaglia si riassume nel concetto che lui, amministratore di una media azienda (3mila dipendenti) “non poteva non sapere” della truffa che è stata ordita ai danni dello Stato dall’organizzazione criminale. Certo, è quasi scontato che la truffa abbia richiesto dei contatti interni all’azienda. Ma a che livello? In realtà, Scaglia ha cercato di dimostrare che Fastweb ha effettuato tutti i controlli previsti dalla normativa della governance interna, più rigorosa, per verificare la legittimità dell’operazione. Può darsi che abbia ragione, oppure no. Ma, in assenza di contestazioni di fatto (nessun imputato del’organizzazione Mokbel ha una conoscenza, anche indiretta, con Scaglia, né c’è traccia di vantaggio economico in seguito alla truffa), l’imputato si ritrova a dover combattere contro “gravi indizi”.
3) Ma non dimentichiamo che, visto dal versante della governance societaria, la vicenda Fastweb ha messo a nudo l’estrema vulnerabilità del sistema di fronte alla legge 231 che, in caso di gravi violazioni, prevede il commissariamento dell’azienda incriminata. Normativa sacrosanta, salvo che, al momento attuale, l’onere della prova tocca alla società, in un clima di incertezza. La stessa Fastweb, allora quotata in Borsa, ha rischiato il commissariamento, scongiurato con la sospensione degli amministratori. È una spada di Damocle che di sicuro non avvicina il mondo del business internazionale all’investimento in Italia. Non è una bella pubblicità spiegare a un Ceo che, in caso di inadempienze fiscali di un sottoposto, può rischiare un anno di custodia cautelare. È pronto un progetto di riforma che, in estrema sintesi, prevede che le società si diano regole precise, sulla base di indicazioni di legge. Toccherà al pm, a differenza di quanto avviene oggi, dimostrare la violazione di queste norme. Il testo ha sollevato aspre critiche da parte delle Procure, quasi che la riforma potesse rendere impossibili indagini in materia di reati finanziari.
4) Dal punto di vista mediatico, la vicenda ha seguito il solito copione: un avvio clamoroso, a suon di titoloni e di condanne preventive, condite da ritratti di colore sui protagonisti, la condanna della stagione della “new economy” e il sospetto nei confronti dell’imprenditore, diventato troppo ricco per essere innocente. Poi, a mano a mano che il caso giudiziario ha perso i connotati più sexy, è subentrato un certo disagio, a partire dall’imbarazzo dei giustizialisti, convinti per una sorta di malinteso dogma che nell’attuale situazione i pm debbano avere sempre e comunque ragione. Per questo su Scaglia molti, fino a ieri, hanno preferito tacere. Ma stavolta il silenzio non è d’oro: il costo, in termini di credibilità, di un’indagine infinita, che coinvolge l’economia è molto elevato, quasi incalcolabile in campo internazionale. Intanto, in questi dodici mesi, sul fronte dell’innovazione e della banda larga si sono fatte molte chiacchiere, ma si è posata ben poca fibra».
Rassegna Stampa: Il caso Scaglia diventa un “caso”
Diventare un “caso” senza volerlo, un’icona della “malagiustizia” in un Paese di pur antica cultura del diritto
È quanto sta accadendo a Silvio Scaglia, ormai citato come un “caso” da non ripetersi. Ad esempio, su La Discussione, a proposito della vicenda che coinvolge il senatore Tedesco, laddove si legge: «… come nell’incredibile caso di Silvio Scaglia. Va fatta un’aperta battaglia per la riconquista della civiltà giuridica». Così, a distanza di qualche giorno dalla “libertà ritrovata”, il blog intende riproporre ai lettori alcuni articoli pubblicati in seguito alla notizia della scarcerazione, per favorire una riflessione su come oggi in Italia la presunzione di innocenza sia spesso scavalcata dalla condanna preventiva.
Da Il Foglio del 25 febbraio 2011 - Piccola Posta di Adriano Sofri
«Caro Vincino, sono contento che Silvio Scaglia, nella cui innocenza e capacità hai mostrato così tenacemente di credere, sia stato rimesso in libertà. Contagiato dalla tua convinzione, avevo cercato le informazioni che riguardano questo caso e che mostrano come una così lunga detenzione, prima la galera poi a domicilio, nei confronti di uno che dall’estero prende l’aereo per venirsi a presentare ai suoi accusatori, non riesca a spiegarsi se non con l’intenzione di piegare l’imputato alle aspettative degli inquirenti. Non ne ho scritto per non nuocere. Ho visto che ieri Scaglia ha parlato della sua dura esperienza e ha aggiunto di conservare il rispetto per la giustizia. Ho ripensato al problema che ogni volta si ripropone a chi, avendo a che fare con i tribunali, deve conciliare l’inderogabile rispetto e la personale sincerità. Una volta dissi che alla giustizia divina ci si può affidare, quanto alla umana avrei preferito essere ben informato sulle modalità di concorso. E comunque, in aereo o a piedi, presentarsi».
Da l’Espresso Blog del 25 febbraio 2011 - Un uomo normale nel paese degli zombie di Alessandro Gilioli
«Non so se Silvio Scaglia sia innocente o colpevole: lo stabilirà il processo, è ovvio. Ma uno che dopo un anno e rotti di galera dice: “Rispetto la giustizia”, nell’Italia del 2011, viene voglia di fare la ola. Ci hanno talmente abituati, in questi anni, al principio di irresponsabilità, al decretino ad personam, al nessuno mi può giudicare, al conflitto di competenza, alle toghe rosse che da giovani baciavano il fidanzato in corridoio, che quando uno dice semplicemente “decideranno i magistrati”, ci viene da abbracciarlo: come se incontrassimo per sbaglio un essere umano normale nel pianeta degli zombie».
Franco Debenedetti: “Il caso Scaglia? Ricorda tanto Mani Pulite”
In un editoriale su Vanity Fair l’ex senatore Franco Debenedetti segnala il parallelo tra la vicenda del fondatore di Fastweb e la stagione “giustizialista” dei primi anni Novanta in Italia
L’articolo è pubblicato anche su www.francodebenedetti.it
Di Girolamo: all’inizio sembrava tutto lecito
I business “Phuncard” e “Traffico Telefonico” avevano alle spalle alcune “società sicuramente operative”, non fittizie. Inizialmente “per quello che mi riguardava, era un’attività assolutamente lecita; nel corso del tempo ho avuto invece indicazione che non lo fosse” Così in aula, ascoltato dai PM, l’ex senatore del PdL. Nel pomeriggio udienza sospesa, dopo che Gennaro Mokbel è stato colto da malore
Nicola Di Girolamo, l’ex senatore del PdL, imputato per reato connesso in relazione al processo per la “frode Carosello”, non sapeva. Non aveva cioè capito, all’inizio, che dietro alle operazioni “Phuncard” e “Traffico Telefonico” si nascondesse un meccanismo per frodare l’erario. Al contrario, gli sembrava tutto regolare.
Secondo Di Girolamo, molte delle società coinvolte erano sicuramente operative in relazione ai business “Phuncard” e “Traffico Telefonico”. Solo in seguito venne a conoscenza del fatto che l’organizzazione aveva posto in essere un sistema per evadere l’Iva.
In particolare Di Girolamo, nel ricostruire la vicenda legata alle Phuncard, ha ricordato come alla fine del 2003, su richiesta di Carlo Focarelli, ebbe in qualità di avvocato uno scambio telefonico con l’Ufficio legale di Fastweb nel corso del quale fece presenti possibili “azioni legali” di diffida, dopo che l’azienda aveva comunicato di voler interrompere il contratto. A tal proposito l’ex senatore ha anche spiegato le motivazioni fornite da Fastweb, e cioè che pur a fronte di un margine di guadagno per l’azienda tlc, si determinava un’uscita di liquidità che non rendeva interessante il proseguimento di un’operazione commerciale che, tra l’altro, appariva poco in linea con il core business della società.
In mattinata, prima della testimonianza di Di Girolamo, la Procura ha intanto presentato un’istanza di “sospensione” dei termini di custodia cautelare nei confronti degli imputati ancora ristretti. Una richiesta motivata – sostengono i PM – da un dibattimento che presenta “difficoltà particolarmente rilevanti”, sia in relazione al numero degli imputati, sia in relazione alla complessità di accertamento dei fatti e degli “esperimenti probatori”. Da qui la richiesta di “congelamento” dei termini cautelari, affinché nei prossimi mesi non si aprano le porte del carcere o degli arresti domiciliari per alcuni detenuti.
L’istanza ha però sollevato i dubbi e le riserve di alcuni avvocati difensori che hanno chiesto un “termine a difesa” (ovvero una data entro la quale replicare alla richiesta dei PM), che il Tribunale ha accolto, fissando la discussione entro il 27 giugno prossimo.
Nel pomeriggio l’udienza è stata poi sospesa in seguito ad un malore di Gennaro Mokbel. Si riprende il prossimo 9 marzo.
Frode Carosello: in aula l’ex senatore Nicola Di Girolamo
Esaurito il “controesame” di Dario Panozzo, già amministratore di Planetarium Srl, società coinvolta nell’inchiesta “Traffico Telefonico”, è la volta dell’ex parlamentare del Pdl
Con la dodicesima udienza riprende questa mattina il processo per la “frode Carosello”. In apertura è prevista la fase conclusiva del “controesame” delle difese nei confronti di Dario Panozzo, l’ex amministratore unico della società Planetarium Srl, imputato in procedimento connesso in relazione all’operazione “Traffico Telefonico” (2006-2007).
Nel corso della precedente udienza, in sede di esame da parte dei PM, Panozzo ha ripercorso le tappe essenziali del suo coinvolgimento, descrivendo (come peraltro aveva già fatto nel corso dei due interrogatori del 6 e dell’11 maggio 2010), i suoi rapporti con Augusto Murri e, successivamente, con Gennaro Mokbel e Carlo Focarelli.
A proposito di Planetarium Srl ha dichiarato di avere compreso, fin dagli inizi, che la società sarebbe servita come strumento di una “frode dell’Iva”, anche se non aveva capito come funzionasse, ovvero quale società non pagasse l’Iva, infatti Planetarium la pagava e anche le società telefoniche clienti. Secondo Panozzo stando a quanto gli riferisce Murri l’Iva non veniva pagata dalla società di Gionta.
PM: «Senta lei ha già detto che si trattava di una frode in materia di Iva»
Dario Panozzo: «Sì»
PM: «Lei ha mai saputo qual era la società che non la pagava l’Iva?»
Dario Panozzo: «No, inizialmente no»
PM: «E poi?»
Dario Panozzo: «Dopo sì. Quando abbiamo finito di lavorare. Quando abbiamo finito di lavorare con Telecom, ok? Quindi quando i lavori sono finiti … ho capito che era la società di Gionta»
(Fonte: registrazione udienza del 25 febbraio 2011)
Esaurita la fase del controesame, sarà la volta in aula dell’ex senatore del Pdl, Nicola Di Girolamo.
Nel frattempo è stato reso noto il calendario delle udienze del mese di giugno e luglio. Di seguito il calendario delle udienze aggiornato:
- Marzo: 1, 9, 10, 11, 16, 18, 25, 28, 29, 30, 31
- Aprile: 7, 8, 26, 27, 29
- Maggio: 2, 3, 5, 17, 20, 23, 25, 26, 30, 31
- Giugno: 1, 15, 17 , 21, 24, 27, 28
- Luglio: 11, 18, 20