Archivio di maggio 2011
Udienza 26: Phuncard, non fu Fastweb a evadere l’Iva
Il mancato versamento, semmai, sarebbe attribuibile a Cmc o a Telefox. Ma Focarelli replica: noi abbiamo pagato e c’é la prova documentale
Se qualcuno ha evaso l’Iva, a proposito del traffico delle Phuncard, il colpevole va cercato alla Cmc o alla Telefox International. Ma tale reato non può comunque essere contestato a Fastweb. È questo, sottolineano i legali, il principale risultato che si ricava dalla ricostruzione analitica del “tragitto virtuale” delle stesse Phuncard, compiuta ieri nel corso dell’udienza numero 26 del processo “Iva telefonica”, dal capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli da cui non è emersa traccia di una partecipazione di Fastweb al reato.
Meoli, il protagonista delle indagini che hanno portato alla scoperta della presunta evasione, ha ieri completato la ricostruzione del complesso viaggio dei flussi finanziari delle Phuncard, destinato a render possibile l’evasione dell’Iva.
Una ricostruzione contestata da Carlo Focarelli che ieri ha voluto replicare con una dichiarazione spontanea: l’Iva, ha sostenuto, venne regolarmente versata a suo tempo dalle società che facevano capo al suo gruppo.
La deposizione di Meoli proseguirà nell’udienza del 17 maggio, quando si comincerà ad affrontare il capitolo del “traffico telefonico”, relativo sia a Fastweb che a Telecom Italia Sparkle. Ma è quasi scontato che la testimonianza dell’ufficiale occuperà almeno le due udienze successive, quelle del 23 e del 25 maggio.
Caso Micucci: 14 mesi di “condanna” al silenzio
Su Il Messaggero nuovi particolari sulla vicenda dell’imprenditore edile coinvolto nel processo per l’Iva telefonica, arrestato e “dimenticato” in cella per 14 mesi. Adesso è ai domiciliari e parla tramite i suoi avvocati. All’accusa di esportazione di capitali sporchi replica così: «Bastava interrogarmi, ma i PM non hanno voluto farlo»
Sarebbe bastata una “visura societaria”, soltanto quella, sufficiente a discolparlo dall’accusa di avere esportato capitali sporchi provenienti dal “giro” Mokbel. Così dice oggi – tramite i suoi legali – Massimo Micucci, l’imprenditore edile coinvolto nel processo sull’Iva Telefonica, arrestato e “dimenticato” in cella per 14 mesi, ora ai domiciliari per decisione dei giudici del Tribunale di Roma. E saranno gli stessi giudici a stabilire se ciò corrisponde al vero o meno, ma intanto Micucci ha trascorso più di un anno in carcere («un’esperienza allucinante»), condannato al silenzio, senza che nessun PM si prendesse la briga di ascoltarlo, nonostante la richiesta avanzata per iscritto dai suoi avvocati fin dal 30 marzo 2010.
È il quotidiano Il Messaggero, a firma di Massimo Martinelli, ad aggiungere oggi nuovi particolari di questa incredibile vicenda. Racconta ancora Micucci, sempre tramite i legali: «Malgrado l’impossibilità di fornire agli avvocati gli elementi di prova a mio favore, dopo il sequestro dei computer e di tutta la documentazione societaria, il 30 marzo 2010 ero pronto a rispondere ai PM. Quel giorno i miei difensori depositarono una richiesta scritta ma nessuno mi ha mai convocato per sentire cosa avevo da dire».
«Ho passato nove mesi di aria razionata – insiste l’imprenditore, nel descrivere l’esperienza del carcere – poi pian piano, grazie anche all’aiuto di alcuni detenuti, ricominci a farti forza e capisci che in qualche modo devi reagire, la depressione è sempre in agguato». Quasi un remake all’italiana di Urla del silenzio, ma non in Cambogia, a Regina Coeli.
Udienza 25
Nell’udienza numero 25 del processo “Iva telefonica” svoltasi ieri, 3 maggio, è iniziato l’esame di un teste-chiave dell’accusa: il capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli che a suo tempo diresse le indagini sull’evasione dell’Iva attraverso l’uso delle Phuncard e del traffico telefonico
La testimonianza, destinata a protrarsi per diverse sedute, si è sviluppata su temi di natura tecnica. Si è parlato della cornice in cui è maturata l’operazione fraudolenta (giudicata inesistente) le caratteristiche delle Phuncard, i soggetti coinvolti, gli aspetti contrattuali ed i flussi finanziari che hanno interessato Fastweb.
Dopo questa introduzione, la testimonianza di Meoli è destinata ad entrare nel vivo nella prossima udienza, fissata per il giorno 5 maggio. Il calendario del mese proseguirà con le udienze del 17, 23, 25, 26, 30 e 31 maggio.
Il “caso Micucci” sotto i riflettori
L’edizione online del settimanale Tempi: «Micucci, 14 mesi in carcere senza poter parlare con un PM»
«Prosegue il processo per il presunto maxi riciclaggio di due miliardi di euro che coinvolge anche ex manager delle società telefoniche Fastweb e Telecom Italia Sparkle. L’udienza 24 del processo è stata dominata dalle dichiarazioni spontanee. La più drammatica è stata resa dall’imprenditore Massimo Micucci, accusato di aver contribuito in vario modo a riciclare i capitali in capo a Carlo Focarelli.
Nell’udienza della mattinata, prima di sapere della sua prossima scarcerazione, Micucci aveva fatto presente, con una dichiarazione spontanea, di non esser mai stato interrogato nel corso dei 14 mesi di detenzione, nonostante le richieste in tal senso del suo difensore. «In data 30 marzo 2010 – conferma l’avvocato Fabio Federico – ho presentato per conto del mio assistito un’istanza in tal senso. Ma non ho mai ricevuto una risposta ufficiale». E in via informale? «Mi è stato spiegato che se il mio assistito avesse voluto fornire elementi utili per l’accusa sarebbe stato ascoltato volentieri. Altrimenti, l’interrogatorio sarebbe risultato inutile».
Insomma, si può stare 14 mesi in carcere senza incontrare un inquirente per spiegare la propria posizione, a meno che non si vogliano rendere dichiarazioni gradite alla tesi di accusa? «È così – conferma l’avvocato Federico – anche se, in realtà, l’articolo 358 del codice di procedura penale prevede che il pm indaghi anche fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini. Inoltre, secondo l’articolo 374, il pm riceve le dichiarazioni spontanee dell’indagato, cosa che, a mio avviso, vale a maggior ragione per chi sta in carcere».
In 14 mesi, dunque, Micucci non è riuscito a parlare con un pm. La sua detenzione, dall’arresto nel febbraio 2010 nell’ambito dell’inchiesta “Iva telefonica” con l’accusa di associazione per delinquere e riciclaggio internazionale, si collega all’ordinanza firmata dal gip Aldo Morgigni. In essa si accusa lo stesso Micucci, amico di Carlo Focarelli, di aver collaborato in qualità di amministratore unico di alcune società che facevano capo allo stesso Focarelli, per favorire l’evasione fiscale di quest’ultimo attraverso le società da lui amministrate.
A queste accuse Micucci oppone, come dichiarato in aula, di aver assunto l’incarico di amministratore delle società di Focarelli dopo i fatti contestati nell’ambito della frode fiscale. Le accuse verranno esaminate nella loro sede processuale ma occorre riflettere su questi 14 mesi di silenzio “forzato”».