I legali dei manager tlc: “Bilancio positivo, dopo la prima tornata dei testi”
E’ improntato all’ottimismo il giudizio degli avvocati difensori dei colletti bianchi al processo per l’Iva telefonica. “Il traffico esisteva e i contratti erano normali e tipici per quel business”.
Oltre 40 udienze in poco più di 8 mesi, precisamente dal 23 novembre 2010. Sono i “numeri” del processo per l’Iva Telefonica, che ha chiuso i battenti per la pausa estiva e riprenderà il prossimo 22 settembre. Nel frattempo, circola un certo ottimismo fra gli avvocati dei manager tlc imputati, per ciò che si è potuto ascoltare e “constatare” nella prima fase del dibattimento.
La sensazione è infatti precisa: il “castello di accuse” costruito dai pm della Procura di Roma non sta in piedi, non è emersa traccia di supposti “elementi probatori”. Per i top manager delle due aziende, i business Phuncard e Traffico Telefonico risultavano “veri e leciti” e del tutto “normali e tipici” per dei carrier telefonici. Una conferma giunta, quasi per paradosso, da chi è stato chiamato a deporre per l’accusa.
Spiega il prof. avv. Antonio Fiorella, difensore di Silvio Scaglia: “Direi che l’andamento processuale, per come si è sviluppato finora, è favorevole; l’esame dei testi scagiona infatti l’ingegnere da qualsiasi imputazione”.
In particolare il prof. Fiorella sottolinea tre aspetti: 1) risulta chiaro come Scaglia non fosse a conoscenza di eventuali frodi e abbia sempre agito nel pieno rispetto di regole e leggi. 2) è emersa la sua radicale estraneità alle presunte operazioni fraudolente contestate dai pm. 3) nessuno dei testi ascoltati, pur nella diversità delle loro posizioni che comprendono sia chi ha svolto indagini, ad esempio la GdF, sia chi aveva ruoli in società collegate al business Phuncard o Traffico telefonico, ha attribuito a Scaglia un qualsiasi ruolo nelle cosiddette e presunte “Truffe Carosello”.
“Ma non solo – sottolinea il legale – è emerso che le operazioni oggetto di contestazione risultavano per Fastweb corrispondenti al vero, del tutto normali sotto il profilo della commercializzazione, sebbene non appartenenti al “core business”. Di conseguenza il loro svolgimento non aveva offerto, né poteva offrire, alcun segnale di allarme che rivelasse una sottostante presunta possibile frode”.
Anche per l’avvocato Lucio Lucia, difensore di Mario Rossetti, l’ex direttore finanziario di Fastweb, i “testi dell’accusa hanno potuto solo confermare che la società fu, al più, oggetto di una truffa, peraltro ancora da dimostrare, e non certo un soggetto attivo”. “Fastweb – insiste Lucia – era in perfetta buona fede, e convinta di fare un business del tutto lecito”. “Per quanto riguarda il mio assistito, Mario Rossetti – prosegue – “devo rilevare come non sia mai stato chiamato in causa da nessuno dei testi, a conferma della sua totale estraneità. Ciò è vero al punto che, come legale, non ho avuto motivo, in nessuna udienza, di controinterrogare alcun teste. Non ce n’è uno, uno solo, che abbia tirato in ballo il nome di Rossetti”.
Per l’avv. Gildo Ursini, difensore di Roberto Contin, l’ex responsabile “wholesale”di Fastweb, “è indubbio che il dibattimento abbia preso una piega favorevole al mio assistito e in generale ai manager tlc”. “Tutte le spiegazioni tecniche che abbiamo potuto ascoltare in aula – aggiunge – hanno chiarito l’assenza di qualunque indice di anomalia nella gestione del traffico telefonico”.
“Vorrei poi sottolineare – continua Ursini – che il processo non ha apportato nulla di nuovo e di diverso rispetto a quanto emerso nelle indagini. Semmai, si sta dimostrando come la Procura abbia preteso di enfatizzare posizioni individuali, disancorate da elementi probatori. In altre parole, ha ipotizzato responsabilità individuali stabilendo nessi che non c’erano. Basti dire, a proposito del mio assistito, accusato del solo reato associativo e non di frode fiscale, che in otto mesi di udienze non è emerso alcun punto di contatto con gli altri pretesi componenti dell’associazione”.