Archivio di agosto 2011
Macciò: Mai parlato di Phuncard o CMC nei nostri meeting
Il direttore commerciale nel 2003 racconta l’organizzazione della start-up
«Io dell’attività dell’azienda con Scaglia ne parlavo in quanto ne parlavamo direttamente, ma anche in una riunione settimanale, che era la riunione che noi chiamavamo Partners Meeting, dove i fondatori di e.Biscom e Fastweb ogni lunedì pomeriggio si riunivano per parlare delle attività».
Nel corso dell’udienza del 20 luglio scorso Lorenzo Macciò, uno dei fondatori di Fastweb e responsabile commerciale e delle operations fino all’aprile 2003, ha tracciato, nel corso dell’udienza del 20 luglio scorso del processo sull’“Iva telefonica” un quadro dell’organizzazione della società nel corso dei primi anni di attività, appena uscita dalla fase di start-up.
L’attenzione dei PM Giovanni Bombardieri e Francesca Passaniti, si è concentrata, tra l’altro, proprio sui Partners Meeting. Ne facevano parte spiega Macciò, oltre a lui stesso, sia Silvio Scaglia che Francesco Micheli «poi c’erano sicuramente Angelidis, Trondoli, Garrone, Rossetti… ». «Era un momento di sintesi il Partners Meeting, una sintesi molto importante – continua Macciò – per un’azienda dallo sviluppo frenetico, cresciuta in pochi anno da zero a 700mila clienti». Per poter tener testa a tutto questo «bisogna alla velocità della luce incontrarsi, scambiarsi le informazioni».
Ma «Lei ha mai sentito parlare dell’operazione Phuncard, carte prepagate?» chiede il PM Bombardieri, «Allora – risponde Macciò – io ho sentito parlare dell’operazione Phuncard quando nel 2006, io ero già andato via da tre anni, si presentarono nel mio ufficio due signori della Guardia di Finanza e mi fecero delle domande su questo argomento, di cui io non ricordavo… non ricordavo assolutamente nulla. Mi fecero vedere dei documenti, ce n’era tra l’altro anche uno firmato da me, dove c’era scritto Phuncard, ma per me era una cosa assolutamente sconosciuta».
Macciò conferma invece di ricordarsi di CMC, cliente della filiale di Roma che affittava linee telefoniche per un’attività commerciale legata ai numeri Premium. “Di CMC – incalza il PM Bombardieri – si parlava in questi Partners Meeting?» «Non mi ricordo – replica Macciò – che ci sia stato qualche Partners Meeting in cui si sia parlato specificamente di CMC». Ma non si parlava delle operazioni commerciali più importanti in questi Partners Meeting? «Tenga conto – risponde Macciò – che… se dovevamo fare una proposta importante, che so, alle Poste Italiane, piuttosto che all’Unicredit, magari era argomento da portare al Partners Meeting. Dovendo parlare di società che affittavano delle linee non credo che fosse un argomento da portare» in quella sede.
Insomma, Macciò, che in azienda riportava direttamente ad Angelidis, non ha avuto occasione o motivo per parlare del cliente CMC, curato dalla filiale di Roma, con Silvio Scaglia. O tantomeno di Phuncard, una cosa «a me assolutamente sconosciuta».
I legali dei manager TIS: “I testi dell’accusa sono diventati testi a difesa”
Anche i difensori dei colletti bianchi di Telecom Italia Sparkle esprimono “soddisfazione” per l’andamento del processo. E si domandano perché la Procura non abbia messo sotto controllo gli apparati dell’azienda fin dal 2007.
Anche per l’avv. Fabrizio Merluzzi, legale difensore dei due ex manager di TIS, Massimo Comito e Stefano Mazzitelli, il bilancio processuale è al momento “favorevole”. Di più: “Direi che i testimoni dell’accusa ascoltati per Fastweb, hanno giovato anche alla difesa dei dirigenti di Telecom Italia Sparkle”.
Secondo Merluzzi, infatti: “Questi testi, spiegando in dettaglio i normali meccanismi di attività dei “carrier”, hanno messo in luce come le posizioni delle due società fossero in linea con le tipicità del mercato e come quei contratti non avessero alcunché di anomalo. In altri termini, abbiamo già potuto ascoltare in aula ciò che i miei assistiti, Massimo Comito e Stefano Mazzitelli, avevano cercato di spiegare ai pm della Procura di Roma fin dai primi interrogatori. Ma, evidentemente, c’era chi non voleva capire”.
Prosegue Merluzzi: “Un punto fermo mi sembra questo: il traffico telefonico c’era eccome, lo registrava Fastweb e lo registrava TIS: arrivava un segnale e le due società lo trasmettevano. Che poi, intorno ai contenuti di quel traffico potesse esserci, ma è ancora tutto da dimostrare, una sotterranea evasione dell’Iva, è un altro discorso. Mi domando perché non è stata la stessa Procura a verificare se al traffico fossero legati o meno dei contenuti. Poteva farlo fin dal 2007, perché non l’ha fatto?”.
Una posizione non dissimile da quella che esprime l’avv. Giovanni Maria Giaquinto, difensore di Antonio Catanzariti, l’ex responsabile carrier sales Italy di TIS. “I testi dell’accusa – spiega- si stanno rivelando testi a difesa. Quindi c’è da esserne solo soddisfatti. Nel caso specifico del mio assistito, è già emerso come Catanzariti non abbia tratto profitto alcuno dalla presunta truffa e che tutti i contratti sono stati conclusi nella massima trasparenza. Infatti, nessuno degli uffici interpellati, ai vari livelli aziendali, ha potuto eccepire anomalie o situazioni di illiceità”.
“Semmai – prosegue Giaquinto – era la Procura che poteva controllare la veridicità del traffico ma non lo ha fatto, poteva cioè sottoporre ad intercettazioni telefoniche gli apparati di TIS tra il gennaio e il maggio 2007 e verificare se il traffico c’era oppure era fittizio. Ma non lo ha fatto”.
I legali dei manager tlc: “Bilancio positivo, dopo la prima tornata dei testi”
E’ improntato all’ottimismo il giudizio degli avvocati difensori dei colletti bianchi al processo per l’Iva telefonica. “Il traffico esisteva e i contratti erano normali e tipici per quel business”.
Oltre 40 udienze in poco più di 8 mesi, precisamente dal 23 novembre 2010. Sono i “numeri” del processo per l’Iva Telefonica, che ha chiuso i battenti per la pausa estiva e riprenderà il prossimo 22 settembre. Nel frattempo, circola un certo ottimismo fra gli avvocati dei manager tlc imputati, per ciò che si è potuto ascoltare e “constatare” nella prima fase del dibattimento.
La sensazione è infatti precisa: il “castello di accuse” costruito dai pm della Procura di Roma non sta in piedi, non è emersa traccia di supposti “elementi probatori”. Per i top manager delle due aziende, i business Phuncard e Traffico Telefonico risultavano “veri e leciti” e del tutto “normali e tipici” per dei carrier telefonici. Una conferma giunta, quasi per paradosso, da chi è stato chiamato a deporre per l’accusa.
Spiega il prof. avv. Antonio Fiorella, difensore di Silvio Scaglia: “Direi che l’andamento processuale, per come si è sviluppato finora, è favorevole; l’esame dei testi scagiona infatti l’ingegnere da qualsiasi imputazione”.
In particolare il prof. Fiorella sottolinea tre aspetti: 1) risulta chiaro come Scaglia non fosse a conoscenza di eventuali frodi e abbia sempre agito nel pieno rispetto di regole e leggi. 2) è emersa la sua radicale estraneità alle presunte operazioni fraudolente contestate dai pm. 3) nessuno dei testi ascoltati, pur nella diversità delle loro posizioni che comprendono sia chi ha svolto indagini, ad esempio la GdF, sia chi aveva ruoli in società collegate al business Phuncard o Traffico telefonico, ha attribuito a Scaglia un qualsiasi ruolo nelle cosiddette e presunte “Truffe Carosello”.
“Ma non solo – sottolinea il legale – è emerso che le operazioni oggetto di contestazione risultavano per Fastweb corrispondenti al vero, del tutto normali sotto il profilo della commercializzazione, sebbene non appartenenti al “core business”. Di conseguenza il loro svolgimento non aveva offerto, né poteva offrire, alcun segnale di allarme che rivelasse una sottostante presunta possibile frode”.
Anche per l’avvocato Lucio Lucia, difensore di Mario Rossetti, l’ex direttore finanziario di Fastweb, i “testi dell’accusa hanno potuto solo confermare che la società fu, al più, oggetto di una truffa, peraltro ancora da dimostrare, e non certo un soggetto attivo”. “Fastweb – insiste Lucia – era in perfetta buona fede, e convinta di fare un business del tutto lecito”. “Per quanto riguarda il mio assistito, Mario Rossetti – prosegue – “devo rilevare come non sia mai stato chiamato in causa da nessuno dei testi, a conferma della sua totale estraneità. Ciò è vero al punto che, come legale, non ho avuto motivo, in nessuna udienza, di controinterrogare alcun teste. Non ce n’è uno, uno solo, che abbia tirato in ballo il nome di Rossetti”.
Per l’avv. Gildo Ursini, difensore di Roberto Contin, l’ex responsabile “wholesale”di Fastweb, “è indubbio che il dibattimento abbia preso una piega favorevole al mio assistito e in generale ai manager tlc”. “Tutte le spiegazioni tecniche che abbiamo potuto ascoltare in aula – aggiunge – hanno chiarito l’assenza di qualunque indice di anomalia nella gestione del traffico telefonico”.
“Vorrei poi sottolineare – continua Ursini – che il processo non ha apportato nulla di nuovo e di diverso rispetto a quanto emerso nelle indagini. Semmai, si sta dimostrando come la Procura abbia preteso di enfatizzare posizioni individuali, disancorate da elementi probatori. In altre parole, ha ipotizzato responsabilità individuali stabilendo nessi che non c’erano. Basti dire, a proposito del mio assistito, accusato del solo reato associativo e non di frode fiscale, che in otto mesi di udienze non è emerso alcun punto di contatto con gli altri pretesi componenti dell’associazione”.