Archivio di settembre 2011
Emergenza carceri: dal Senato no a indulto e amnistia
Nessuna apertura alle richieste di una soluzione forte al sovraffollamento, in grado di riportare l’Italia nella “legalità”
Pannicelli caldi e poco altro. Nessun impegno forte a ridurre in modo consistente i detenuti in Italia, a riportare entro termini di legalità il drammatico problema del sovraffollamento. Si è chiusa così la seduta straordinaria al Senato, giunta dopo la raccolta di firme di parlamentari promossa dai Radicali.
In sostanza, Palazzo Madama ha votato a favore di sei proposte presentate dai gruppi di maggioranza, ma ha respinto quelle delle opposizioni, salvo in materia di ospedali psichiatrici giudiziari. Sui temi più dirompenti, ma anche risolutivi, come l’amnistia e l’indulto, la maggioranza, a partire dal ministro Palma, non ha ceduto alle ipotesi formulate da Radicali e Idv.
Certo, Palma ha parlato di proposte a suo avviso «concrete», come la modifica della leggina “svuotacarceri”, varata nel 2010, che ha previsto la detenzione domiciliare ai condannati con residuo di pena di un anno. «Se si allungasse di qualcosina in più quel periodo – ha sottolineato il Guardasigilli – nell’immediatezza ci sarebbe lo svuotamento di almeno 2.000 persone presenti in carcere».
Duemila detenuti, dunque, su oltre 67mila: qualche centimetro di libertà in più a testa, partendo da celle dove capita perfino di stare in piedi a turno, perché non c’è posto a sufficienza per camminare tutti insieme: otto, dieci, ma anche dodici detenuti ammassati.
A proposito di “pannicelli caldi”, il Governo si è comunque impegnato a modificare le norme sul rito “per direttissima” (che dovrà prevedere il non transito in carcere), non senza scagliarsi contro i PM «etici» intesi, a quanto pare, come causa nemmeno indiretta del sovraffollamento.
Unica apertura significativa, se verrà realizzata, il completamento dell’organico della polizia penitenziaria (mancano non meno di 1611 poliziotti) per la quale però occorrono fondi. Si riusciranno a trovare in un momento di “finanziarie” a ripetizione?
Altro tema sul quale si è registrata un’apertura, l’istituzione del Garante nazionale per i diritti delle persone. Salvo però dover registrare che le attuali normative vengono del tutto disattese: in teoria, in Italia, dovrebbero già esserci Garanti regionali, o a livello di altri enti locali. Peccato, che se poi le nomine non vengono fatte, nessuno interviene.
Adesso la parola va alla Camera.
“Traffico telefonico”, il traffico c’è
Alla ripresa del processo la testimonianza dei dipendenti che hanno condotto l’Audit di TIS. «Anche nel caso di servizio generato artificialmente c’è stata un’erogazione effettiva». E sia i vertici che i dirigenti commerciali “non potevano sapere”. La prossima udienza fissata per il 10 ottobre
È ripreso giovedì 22 settembre, dopo la pausa estiva, il processo per l’“Iva telefonica”. Esaurito l’elenco dei testi relativi al filone Fastweb, l’inchiesta continua con il troncone relativo a Telecom Italia Sparkle. Il calendario, però, prevede dopo le udienze del 22 e del 23 settembre, un nuovo intervallo: il procedimento riprenderà infatti solo il prossimo 10 ottobre.
A comparire davanti al collegio della Prima Sezione Penale del Tribunale di Roma presieduta da Giuseppe Mezzofiore, è stata per prima Paola Zurzolo, dirigente dell’area Audit dell’azienda incaricata di svolgere le prime indagini dopo le notizie stampa circa il coinvolgimento di I-Globe su una presunta frode Iva. La dirigente ha raccontato che le situazioni che potevano prestare adito a sospetti sono venute alla luce solo dopo una serie di accertamenti decisi dopo l’avvio delle indagini della Procura. Ad attirare l’attenzione dell’Audit, infatti, fu la constatazione che alcuni campioni di traffico in una certa percentuale erano distribuiti in maniera omogenea lungo le ore del giorno e che una certa percentuale di chiamate avevano durata simile. È in questo modo che ha preso corpo il sospetto che una parte del traffico – cosa possibile sul piano tecnico – fosse fittizio, ovvero generato artificialmente. Era possibile che i vertici dell’azienda non nutrissero sospetti? O, come ha sostenuto il PM Giovanni Bombardieri, i dirigenti coinvolti nelle indagini “non potevano non sapere”? L’amministratore delegato e i dirigenti dell’area commerciale ricevevano ogni mattina un resoconto dell’attività, in gergo chiamato “file Galloni” (dal nome dell’addetto all’operazione) in cui veniva riassunto il minutaggio complessivo del traffico nella giornata precedente, senza ripartizione per fascia oraria o per durata delle chiamate. Come del resto era prassi per operazioni di questo tipo e soprattutto per il ruolo di pura carrier di transito di TIS che non può entrare nel merito del tipo di servizio trasportato. Solo l’indagine analitica ex-post ordinata dopo l’avvio delle indagini ha permesso di ipotizzare o possibili irregolarità che potevano, al limite, essere rilevate dai tecnici a scopo di dimensionamento di rete o di controllo qualità o piuttosto modelli di business di nuova concezione (micropagamenti telefonici) basati su tecnologie ibride Voce/dati quali il “VoIp”.
Il secondo teste, sentito nell’udienza del 23 settembre, è un altro dipendente dell’Audit, l’ingegnere Davide Ciarniello che ha sostanzialmente ribadito quanto illustrato da Paola Zurzolo soprattutto sul ruolo di TIS come pura carrier di transito e sul fatto che il traffico generato artificialmente (da una macchina o da un dialer su PC) può non implicare la mancanza di servizio erogato. Anche i problemi riscontrati nell’erogazione del servizio, e le successive proteste, stavano del resto a dimostrare che il servizio era effettivamente fornito. Un servizio non solo tecnologico, ma con un rilevante ruolo commerciale, cosa che giustificava il ricorso di I-Globe al supporto di TIS. Il teste, al proposito, è ricorso ad un’immagine: se io possiedo un camion, posso percorrere un’autostrada da solo. Ma se voglio utilizzare il camion per effettuare un trasloco devo affidarmi ad una società in grado di fornirmi il servizio. TIS, in questo caso, ha funzionato da “società dei traslochi” fornendo consulenza commerciale e logistica, oltre che tecnica. Nulla, insomma, poteva giustificare eventuali sospetti del vertice di Telecom Italia Sparkle sul business, è la conclusione della testimonianza dell’esperto dell’Audit.
Finisce qui il breve ciclo di testimonianze dei dipendenti dell’area Audit di Telecom Italia Sparkle. Il processo riprenderà il 10 ottobre. Martedì sarà reso noto l’elenco dei prossimi testi che sfileranno nell’aula della Prima sezione penale del tribunale di Roma.
“Iva telefonica”. Domani riprende il processo
Si riparte. Domani, presso la Prima Sezione penale, riprende il processo per l’“Iva telefonica” interrotto con una giornata di anticipo il 28 luglio scorso
L’ultima udienza prima della pausa estiva era stata caratterizzata dall’interrogatorio di due dirigenti di Telecom Italia Sparkle: Rosangela Petraglia, responsabile delle Risorse Umane e Paola De Nicolais, dirigente del settore Tesoreria.
La Petraglia ha risposto in merito ai contratti relativi al “Traffico telefonico” compresi gli incentivi previsti per i vertici aziendali, in linea con le consuetudini aziendali, mentre Paola De Nicolais ha spiegato le caratteristiche dei contratti, compreso il sistema pagamento “a cascata”, normalmente utilizzato per accordi di questo genere.
Nell’udienza di domani, 22 settembre, è previsto l’esame di altri due dirigenti di Telecom Italia Sparkle, Paola Zurzolo e David Ciarniello, entrambi dell’area Audit.
Processo “Iva telefonica”: si riparte
Il prossimo 22 settembre riprende, presso la Prima Sezione penale, il processo per l’“Iva telefonica” interrotto il 28 luglio per la pausa estiva
Il giorno successivo alla ripresa del dibattimento, il processo compirà dieci mesi dalla prima udienza, il 23 novembre scorso cui sono seguite altre 42 udienze. Mica poco per un procedimento che si sta celebrando con il “rito immediato” come aveva chiesto ed ottenuto il procuratore Giancarlo Capaldo, presente all’avvio del dibattimento che, del resto, promette di avere ancora di fronte a sé un lungo iter.
A partire da giovedì 22 settembre il Blog tornerà a seguire lo svolgimento del processo con lo stesso scrupolo dei dieci mesi passati, riferendo in maniera puntuale ed analitica un dibattimento che non sembra riscuotere più l’interesse dei media. Un disinteresse strano, se si pensa alla mobilitazione della macchina giudiziaria resa necessaria dalla celebrazione di questo processo.
Dall’andamento del processo sono finora emersi due aspetti importanti:
1) risulta chiaro come Fastweb non fosse a conoscenza di eventuali frodi e abbia sempre agito nel pieno rispetto di regole e leggi. Infatti – come ha sottolineato il prof. avv. Antonio Fiorella, difensore di Silvio Scaglia – «è emerso che le operazioni oggetto di contestazione risultavano per Fastweb corrispondenti al vero, del tutto normali sotto il profilo della commercializzazione, sebbene non appartenenti al “core business”».
2) nessuno dei testi ascoltati, pur nella diversità delle loro posizioni (che comprendono sia chi ha svolto indagini, ad esempio la GdF, sia chi aveva ruoli in società collegate al business “Phuncard” o “Traffico telefonico”), ha attribuito a Scaglia un qualsiasi ruolo nelle cosiddette e presunte “Truffe Carosello”.
È questo, finora, il risultato di un processo che, in cifre, ha coinvolto oltre all’ingegner Silvio Scaglia (per 89 giorni più altri 254 agli arresti domiciliari in Val d’Ayas dopo essere rientrato spontaneamente e prontamente in Italia per collaborare con i magistrati) altri 55 imputati. Più due società, TIS e Fatsweb SpA, allora quotata alla Borsa di Milano, che ha rischiato il commissariamento per la vicenda.
Finora, come si è visto, si sono tenute 43 udienze. Ma il Collegio presieduto dal dottor Giuseppe Mezzofiore ha già stabilito un fitto calendario di 34 udienze, di qui a febbraio 2012.
La tabella di marcia prevede:
- Settembre 2011: 22, 23
- Ottobre 2011: 10, 13, 14, 17, 18, 21
- Novembre 2011: 8, 10, 14, 16, 17
- Dicembre 2011: 5, 6, 7, 12, 14, 16
- Gennaio 2012: 10, 12, 13, 17, 19, 23, 24, 27
- Febbraio 2012: 6, 7, 9, 13, 14, 16, 17
Fattore Umano | Viaggio nell’illegalità delle carceri italiane
Un reportage di Radio Radicale all’interno degli istituti di pena «per riempire il vuoto di solitudine in cui è confinata questa umanità dolente». Un insieme di testimonianze drammatiche, tra cui i detenuti di Favignana reclusi in un bastione del XII secolo fino a 7 metri sotto terra. A colloquio con gli autori del “viaggio”: Simone Sapienza (Fainotizia.it) e Valentina Ascione (Ufficio Stampa On. Bernardini e Radicali)
Come è nata l’idea di questo “viaggio”?
Ascione: È nata per rompere il silenzio sulle carceri italiane, cioè «una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile», come l’ha definita il Presidente Napolitano. I Radicali se ne occupano da almeno trent’anni, visitano le carceri compreso a Natale, Pasqua e Ferragosto. Lo scopo è anche quello di riempire, almeno per qualche ora, la solitudine di questa umanità dolente, mentre fuori ci si riunisce per festeggiare con i propri affetti. Eppure l’attenzione della grande stampa resta bassa. Perché? Bianca Berlinguer, che dirige una delle poche testate sensibili al tema, ha dichiarato che fare informazione sul carcere è difficile poiché mancano immagini recenti degli ambienti penitenziari. Con l’inchiesta di Radio Radicale vogliamo contribuire a risolvere il problema e mettere a disposizione dei nostri colleghi, e non solo, il patrimonio di testimonianze che stiamo raccogliendo.
Finora cosa avete visto, e quali le prossime tappe?
Ascione: Il nostro viaggio è partito dalla Sicilia. Giarre, in provincia di Catania: un piccolo istituto nato come struttura a custodia attenuata per tossicodipendenti che però, a causa del sovraffollamento, ospita anche detenuti in regime di media sicurezza, con forti ripercussioni sul lavoro di agenti, operatori e sulla funzionalità stessa del carcere. Poi siamo entrati nella Casa circondariale di Messina, che ospita uno dei reparti peggiori del Paese: la cosiddetta “Sosta”.
Sapienza: Abbiamo provato a vedere le condizioni del nuovo carcere, ancora non aperto, ma già inaugurato innumerevoli volte a Gela…
Ascione: A Gela abbiamo ripreso l’esterno di un carcere nuovo di zecca che da 50 anni aspetta di aprire i battenti, il viaggio è proseguito 7 metri sotto terra, tra i detenuti e gli internati di Favignana reclusi in un bastione del XII secolo.
Sapienza: Poi siamo andati a Favignana, dove un nuovo carcere sta per essere inaugurato, ma il vecchio difficilmente riuscirà a chiudere con questo sovraffollamento.
Ascione: Poi all’Ucciardone di Palermo. La settimana scorsa a Sassari, alla casa circondariale “San Sebastiano” e presto visiteremo in carcere di Brescia “Canton Mombello”.
Sapienza: Ma il nostro viaggio proseguirà ancora…
Quali le difficoltà riscontrate?
Sapienza: Il direttore di un carcere è un padrone di casa. Prima dell’arrivo degli ospiti si preoccupa di tirare a lucido le sezioni e spesso preparare delle storie che non facciano passare la sua amministrazione come inefficace. Ma la realtà è che con le scarsissime risorse a disposizione spesso anche i migliori padroni di casa non possono fare molto.
Ascione: È difficile convincere i direttori degli istituti che è nel loro interesse mostrare le condizioni vergognose delle nostre galere e le problematiche cui sono costretti a far fronte ogni giorno. Siamo convinti infatti che non siano soltanto i detenuti a soffrire per l’emergenza, ma l’intera comunità penitenziaria. Eppure alcuni di loro preferiscono nascondere la polvere sotto il tappeto, correre ai ripari con pulizie straordinarie e riverniciature in extremis, e indirizzare l’occhio della telecamera verso le sezioni più vivibili.
Una realtà dura da raccontare…
Sapienza: Dopo aver visitato 5 carceri hai già mille volti e mille storie che ti rincorrono. Come quelle degli immigrati internati a Favignana: persone che pur non avendo commesso nessun reato per un motivo o per un altro vengono ritenuti pericolosi. Così sono arrestati e spediti nelle “case lavoro”, assistiti da psicologi. Però a Favignana praticamente gli psicologi non ci sono e non esiste possibilità di lavoro. Ovviamente se non lo trovi non puoi avere la libertà. Dunque questi rimangono dentro in regime di “ergastolo bianco”. Tra loro moltissimi immigrati che non hanno nessuno in Italia disposto a fornirgli una residenza e un contratto. Così sono costretti in celle come gli altri detenuti: venti ore al giorno, con solo due ore la mattina e due la sera per uscire davanti alla cella dove c’è un passaggio di pochi metri quadrati. Un incubo.
Ascione: Sì, gli internati… i detenuti “in attesa di reato”. E i molti sfollati dalle carceri del Nord, trasferiti a centinaia di chilometri dalle proprie famiglie che non possono fargli visita perché non hanno i soldi per affrontare il viaggio. I primi a essere spediti, come pacchi, lontano da casa sono gli stranieri, ma anche loro hanno genitori, compagni e figli in Italia. E alcuni non li vedono da anni.
Cosa chiedono i detenuti?
Sapienza: Chiedono di pagare per quello che hanno commesso ma non essere torturati. Chiedono il rispetto della legge e degli standard previsti da numerose convenzioni e dagli stessi regolamenti penitenziari. Oggi tutti chiedono l’amnistia, per aiutare anche i magistrati a fare il proprio lavoro. Oggi in Italia finisce in carcere solo chi non ha i soldi per pagarsi l’avvocato capace di portare il processo in prescrizione. Si registrano circa 170 mila prescrizioni l’anno, delle quali almeno il 70% matura nei cassetti dei PM, prima ancora di arrivare dinanzi a un GIP…
Ascione: I detenuti, insomma, chiedono nulla più di quanto sancito dalla Costituzione e dall’ordinamento penitenziario. Una pena che tenda alla rieducazione e condizioni detentive all’altezza di un paese civile. Chiedono di lavorare e studiare, così da potersi reinserire con più facilità una volta fuori. E poi chiedono tempi certi. Non dobbiamo dimenticare che il 40% della popolazione detenuta è in attesa di giudizio e che, come suggeriscono le statistiche, la metà sarà riconosciuta innocente. Ma per quasi tutti la richiesta più urgente è quella di un’amnistia.
Per seguire il viaggio di Valentina Ascione e Simone Sapienza nelle prossime settimane è possibile vedere e condividere i loro servizi attraverso questi link che saranno costantemente aggiornati:
Fattore Umano | I garanti dei detenuti: «Riforma carceri improrogabile»
A Milano la riunione del Coordinamento nazionale dei Garanti territoriali per i diritti dei detenuti. Entro due giorni una “Carta” di proposte da inviare al Senato, in vista del 21 settembre
È stata una riunione di lavoro intenso quella di oggi al Circolo della Stampa di Milano, dove si è tenuto l’incontro del Coordinamento nazionale dei Garanti territoriali per i diritti dei detenuti. Per l’occasione sono stati presentati i punti-chiave della Carta, che verrà terminata nel corso dei prossimi due giorni, e che verrà inviata in Senato in vista della seduta straordinaria del prossimo 21 settembre.
Presenti al tavolo dei lavori: Franco Corleone, Coordinatore del Coordinamento Garanti , 15 Garanti, Stefano Anastasia (Difensore civico di Antigone), Riccardo De Facci, (vicepresidente CNCA, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), Maurizio Mazzi (presidente della Conferenza regionale volontariato giustizia Veneto), Michele Passione (membro dell’Osservatorio nazionale carceri dell’Unione Camere Penali), Sergio Segio (Società In/formazione, Forum Droghe) e Ornella Favero (Ristretti Orizzonti). Alla conferenza stampa è intervenuto anche il vicepresidente del consiglio comunale di Milano, Andrea Fanzago che ha voluto comunicare la volontà di impegno da parte della Giunta di migliorare la situazione degli istituti di pena milanesi partendo dal «riallacciare i contatti con la Commissione Servizi Sociali nell’ottica di riconfermare la Commissione Carceri».
A moderare la tavola rotonda, Franco Corleone. In una giornata che ha dato come frutto una “Carta” che «vuole essere di riforma radicale del carcere». In uno sforzo comune e “concreto” per un carcere più aperto e più responsabilizzante: «si pensi ad esempio alla istituzione di supermercati interni, oppure alla distribuzione di carte telefoniche o ancora alle mense comuni». Interventi fattibili che trasformerebbero l’esigenza di bisogni primari dei detenuti (sempre meno colmata) da richiesta di «permessini» a richiesta autonoma e responsabile da parte del singolo recluso. Ma anche «mettere fine alla speculazione del “sopravvitto” (dover comperare ciò che serve in una sorta di negozio interno alle carceri, gestito dalla medesima ditta che fornisce i pasti alla amministrazione carceraria, ndr.)».
«Non si dovrà più parlare – ha sottolineato Corleone – di “capienza regolamentare” o “reale” delle carceri, bensì di “capienza costituzionale”, l’unica possibile in uno stato di diritto e di democrazia». E si sbilancia, immaginando «carceri per meno detenuti. Non a nuovi edifici come prevede il Piano carceri: utilizziamo le risorse pianificate per diversificare le strutture rendendole adatte alle diverse forme di detenzione: chi è in attesa di giudizio, le donne, i tossicodipendenti e così via».