Fattore Umano | Palma: «Rivedere le regole della custodia cautelare»


Il ministro della Giustizia ipotizza una riforma della “carcerazione preventiva”. «Non può servire per far confessare». E aggiunge: «Dai tempi di Tangentopoli non è cambiato nulla»


«Se è vero che la custodia cautelare deve essere applicata come estrema ratio bisogna trovare un sistema alternativo pur mantenendola per i reati di maggiore gravità». Lo ha dichiarato sabato scorso il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, nel corso della presentazione del libro di Maurizio Tortorella La Gogna, dal palco della festa dei giovani del PdL ad Atreju.


Dunque bisogna «intervenire con saggezza e prudenza» perché – sottolinea il guardasigilli – «Abbiamo 67.500 detenuti in carcere di cui il 40% è in regime di custodia cautelare e ogni anno c’è il turn over di circa 90mila persone che non hanno la sentenza (dati che superano del 43%, la seppur preoccupante media europea del 25%, ndr.)».


Alla luce di queste dichiarazioni, il ministro Palma ha ipotizzato una «riforma della custodia cautelare in carcere, risalendo al principio del nostro Codice che dice che la custodia cautelare in carcere è l’estrema ratio». Parole che si riallacciano – come ricordato dallo stesso ministro – alle recenti dichiarazioni rese dal primo Presidente della Cassazione, Ernesto Lupo (che ha invitato i magistrati «ad un uso sempre più prudente e misurato della misura cautelare restrittiva») e all’«abnorme ricorso alla carcerazione preventiva» che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha annoverato «tra i mali della giustizia che umiliano l’Italia in Europa».


Perché il carcere non può e non deve essere uno strumento per far confessare un imputato. Come all’epoca di Tangetopoli – ricorda il guardasigilli – «quando nacque una discussione di dottrina perché vi erano dei provvedimenti del pool di Milano con cui si negava la scarcerazione a un imputato perché non aveva parlato. Non credo sia cambiato molto dall’epoca».


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