Archivio di dicembre 2011
Fattore Umano | Pagano: Almeno 50 detenuti al lavoro per l’Expo
«Il rischio è la disperazione, non la rivolta» dice il Provveditore delle carceri della Lombardia
«Almeno 50 detenuti dovranno lavorare per l’Expo». È quanto suggerisce il Provveditore agli istituti di pena lombardi, Luigi Pagano, già direttore del carcere di san Vittore, intervenuto ieri alla Commissione politiche sociali di Palazzo Marino. Pagano ha spiegato che un’iniziativa del genere «creerebbe un effetto a catena essenziale in un momento tragico come quello che stiamo vivendo, dove si corre il rischio della disperazione, più che la rivolta».
Nel corso dell’audizione Pagano si è soffermato sul tema del lavoro dei detenuti, Interpellato sulle attività lavorative per i “reclusi”, Pagano ha sottolineato la necessità di conciliare costo del lavoro e diritti dei detenuti «altrimenti le imprese coinvolte finiscono per fallire nel giro di 15 giorni». Ricordando il modello di Bollate, Pagano ha inoltre spiegato di avere già «protocolli firmati con Provincia, Comune e Regione», di essere pronti anche per il lavoro all’esterno e di stare aspettando dei «tavoli tra le istituzioni».
In particolare, Pagano ha chiesto al Comune tavoli di lavoro «più ampi, più frequentati e con la continuità che finora è mancata: basta con i Garanti e con le mediazioni, facciamo dei tavoli diretti, noi abbiamo voglia di fare». Quanto al coinvolgimento del terzo settore e alla mancata partecipazione al primo Forum delle politiche sociali, Pagano ha spiegato che «prima è necessario un contatto diretto e istituzionale, poi benvenga anche per il terzo settore». «Il carcere – ha poi concluso – dovrebbe tornare sotto l’egida della sicurezza e non essere sotto le politiche sociali: questa situazione crea una schizofrenia istituzionale che poi noi come carcere paghiamo».
A proposito del sovraffollamento di San Vittore, il Provveditore ha fatto presente che sistemando i reparti chiusi dal 2006 «alla Cittadella della Giustizia, si potrebbero allocare 600 persone». «Dal punto di vista materiale – ha aggiunto – il Comune non può fare nulla, ma le imprese potrebbero invece mettersi insieme per intervenire e rendere questi reparti funzionali» magari con il contributo dI sponsor. Sempre rivolgendosi ai privati, Pagano ha proposto iniziative continue per le prime necessità, carta igienica in primis «che sembra una banalità che fa sorridere, ma già dal 1992 era un problema: per 2200 detenuti calcolammo miliardi e miliardi di spesa». Interpellato sulla proposta di un «kit di uscita» per detenuti, Pagano ha spiegato che sarebbe da preferire un «kit di entrata per l’Aids ma soprattutto l’epatite virale, dovuta al fatto che in celle di 6-7 se non 10 persone tutti usano la stessa lametta e lo stesso spazzolino. Qualche impresa privata che li produce ad esempio potrebe farsi avanti e offrircele».
Fattore Umano | Al via lo “svuotacarceri” e il pacchetto giustizia
Il ministro Severino: «Amnistia? Se il Parlamento la vota, non mi opporrò»
Via libera del Consiglio dei ministri al pacchetto di provvedimenti messi a punto dal ministro della Giustizia Paola Severino. Innanzitutto, è passato all’unanimità il decreto legge “svuotacarcerì” che consentirà di scontare ai domiciliari gli ultimi 18 mesi della pena ed evitare la reclusione breve di chi deve essere processato per direttissima, facendo ricorso all’uso delle camere di sicurezza dei commissariati idonei. Grazie a questo provvedimento, si calcola che la popolazione carceraria si ridurrà di 3.000-3.500 unità: troppo poco per dare una risposta al sovraffollamento degli istituti di pena (67mila detenuti contro una capienza di 45mila). A questo proposito diversi esperti, tra cui il professor Carlo Federico Grosso, avevano sollecitato il ministro ad affrontare il tema dell’amnistia e dell’indulto.
«Io non ho mai escluso che l’amnistia e l’indulto siano dei mezzi che contribuiscono ad alleviare l’emergenza carceri – ha risposto a distanza il Guardasigilli – ma ho sempre detto che non sono dei provvedimenti di matrice governativa: se questa indicazione verrà dal Parlamento io non la contrasterò».
Intanto il CdM ha anche approvato un’altra proposta, stavolta sotto forma di disegno di legge, presentata dal ministro a proposito della depenalizzazione e le misure alternative alla detenzione. Via libera anche a un Dpr per la «Carta dei diritti del detenuto». Completano il corposo pacchetto giustizia alcune misure per accelerare il processo civile e accorpare alcuni uffici del giudice di pace.
«Il sovraffollamento delle carceri è il primo dei miei pensieri ed è per questo che ho scelto lo strumento del decreto legge», ha spiegato il ministro. «È tempo di mettere mano ad una seria riforma del sistema penitenziario – ha aggiunto –, ma sarei una sognatrice se pensassi di poterlo fare con le forze che mi accompagnano e con i tempi brevi di questo Governo».
Tra le novità figura la possibilità di trattenere per non oltre 48 ore gli arrestati nelle camere di sicurezza della polizia giudiziaria che li ha fermati. Per ora, in realtà, le celle di sicurezza disponibili presso i posti di polizia sono solo 706, e non tutte saranno utilizzabili tramite il Dl “svuotacarceri” perché necessitano di ristrutturazione. Ma queste celle, ha aggiunto Paola Severino, vanno considerate una «soluzione interlocutoria fino a che non si costruiscono carceri nuove». A questo fine il suo Ministero destinerà i 56 milioni di euro che gli sono stati assegnati. Nel frattempo si potrà evitare il fenomeno delle “porte girevolì”, cioè l’ingresso in carcere dei detenuti per pochi giorni prima dell’udienza di convalida del fermo. Così si potranno evitare inutili spostamenti con risparmio di tempi e costi. Poi dopo il termine di 48 ore, il giudice deciderà se confermare l’arresto.
Sarebbero utili interventi di depenalizzazione, ha ammesso il ministro. Ma, sebbene sarebbe necessario modificare le norme sull’immigrazione e gli stupefacenti per ridurre il ricorso alla detenzione per determinati reati connessi all’immigrazione clandestina e al commercio di droga si tratta di «provvedimenti che non si possono assumere in un periodo di tempo così limitato» come quello del Governo Monti.
Ma in questo periodo prenderà vita la «Carta dei diritti del detenuto» che indica «ciò che può fare e ciò che non può fare». La sua prossima applicazione è stata annunciata dal ministro della Giustizia, Paola Severino, al termine del Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi. È uno strumento che «potrebbe aiutare molto a superare quel disorientamento che pervade chiunque entri per la prima volta in un carcere», sottolinea il Guardasigilli precisando che «verrebbe tradotta nelle lingue più diffuse nella popolazione carceraria più vasta e verrà estesa ai familiari che fin dall’inizio non sanno cosa possono fare, quali vestiti portare». «In questa Carta dei diritti, c’è anche la scelta di prestare il previo consenso all’uso eventuale di mezzi di controllo – conclude – sottolineo eventuale: se dovessero essere applicati mezzi alternativi di controllo è bene avere comunque il previo consenso».
“Iva Telefonica”. L’ultima udienza del 2011
Udienza più breve del previsto quella del processo “Iva Telefonica” celebrata questa mattina presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Roma. Davanti al Collegio presieduto da Giuseppe Mezzofiore, si è svolto infatti solo l’esame del teste Claudio Francesco Ceriani. Assente anche oggi, sempre per malattia, il capitano dei ROS Francesco De Lellis
Ceriani, già sentito a seguito di una commissione rogatoria internazionale presentata della Procura di Roma nel 2010 in sede di indagini preliminari, all’epoca dei fatti lavorava per conto della società elvetica Comitex SA.
Durante l’esame di questa mattina il teste ha ribadito che il suo compito era quello di trasportare denaro su incarico di Mombelli (allora direttore della Comitex). I contanti – ha raccontato Ceriani – gli venivano dati a Milano da una persona a lui sconosciuta per consegnarli presso lo studio di un avvocato a Roma, di cui però non ricorda il nome.
Denaro che, come raccontato dal collaboratore della Comitex, si aggirava circa sui 500mila euro a viaggio. I contanti erano contenuti all’interno di uno zainetto. Queste le modalità descritte in aula da Ceriani e avvenute – secondo quanto rammenta il teste – circa 5-6 volte. Un altro particolare ribadito questa mattina in sede di esame da Ceriani è che al momento del deposito dei contanti era spesso presente, insieme ad altre persone, anche Augusto Murri.
Il Tribunale ha comunicato la cancellazione dell’udienza del 5 gennaio che slitterà al 23 febbraio. Il proseguimento dell’esame del capitano De Lellis dovrebbe svolgersi secondo la scaletta prefissata il 10 gennaio 2012.
Fattore Umano | Carceri l’inevitabile clemenza
Cara Severino, la ricetta è quella giusta. Ma la logica dei numeri dimostra che non basta: occorre svuotare le carceri di almeno 15.000 detenuti per evitare che la situazione di emergenza (67mila reclusi contro una capienza massima di 45mila) esploda. Perciò non va escluso il ricorso agli «istituti di clemenza», ovvero indulto ed amnistia, anche se attorno a questa scelta si potrebbe scatenare «una inevitabile bagarre» tra i partiti che sostengono il Governo
Il professor Carlo Federico Grosso, ordinario di diritto penale all’università di Torino e uno dei maggiori penalisti italiani, in sostanza invita, con un editoriale su La Stampa, il neoministro della Giustizia Paola Severino a prendere un’iniziativa più «coraggiosa» rispetto alle misure già annunciate, che verranno inserite nel Decreto legge che già domani potrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri. Grosso applaude il provvedimento che servirà a rimettere in libertà detenuti che hanno una pena residua da scontare di 18 mesi meno piuttosto che il «sacrosanto principio» delle pene alternativa. Ma le misure annunciate riguardano, al massimo 3000-3500 detenuti. Troppo poco «per ristabilire un minimo di umanità e di decenza nelle prigioni», sentenzia il professor Grosso.
Occorre, insomma, un provvedimento «forte», che solo un esecutivo con la coscienza di servire il Paese senza la ricerca del consenso di piazza, all’insegna del populismo, può consentirsi. La «furbizia» politica, si sa, è portata a sfruttare i sentimenti più bassi per sviare l’attenzione dai problemi o dai sacrifici. Ma l’«intelligenza» della politica impone di saper prendere decisioni giuste anche se al momento possono (ma non è detto) essere le più popolari. Certo, si può avere la sensazione di subire per l’ennesima volta il ricatto dell’urgenza. Per questo è giusto proseguire nella strada delle pene alternative (e la costruzione di nuove carceri). Ma il ricorso agli istituti di clemenza, ammonisce Grosso, è l’unica strategia per scongiurare il ricatto di urgenze più drammatiche, causate dall’«insostenibile affollamento» delle carceri.
Speriamo che questo invito al “buon governo” venga ascoltato ed accolto al più presto.
“Iva Telefonica”. Dopo i gioielli, le opere d’arte
Interrogato Nicola Carlo Luciani, il consulente che ha venduto De Chirico e Botero a Micucci. Slitta la testimonianza del capitano De Lellis
Lezione d’arte ieri al processo per l’“Iva Telefonica” che si celebra alla Prima Sezione Penale del Tribunale di Roma davanti al Collegio presieduto da Giuseppe Mezzofiore. L’udienza, infatti, è stata dedicata in parte al teste Nicola Carlo Luciani, consulente ed intermediario d’opere d’arte tra cui un De Chirico, due Fontana ed un piccolo Botero che sarebbero stati venduti a Massimo Micucci per un importo attorno ai tre milioni. Il pagamento, ha detto Luciani, sarebbe stato però effettuato da Carlo Focarelli, un elemento che, secondo l’accusa, tende ad avvalorare il sospetto di riciclaggio, stavolta attraverso opere d’arte.
Dopo il controesame dei difensori, però, Focarelli ha voluto chiarire di avere acquistato quadri con la consulenza di Micucci, pagandoli con bonifici sul conto indicato da una galleria romana. Lo stesso Micucci ha voluto rendere una dichiarazione spontanea contestando l’affermazione di Luciani secondo cui l’acquirente si era basato solo su una fotografia, senza nemmeno visionare le tele, circostanza smentita con veemenza dal gallerista Micucci, che ha sfoggiato la sua cultura su De Chirico.
In precedenza, era stata ascoltata Wilma Angelinetta, segretaria d’azienda che ha dichiarato di aver portato, in più occasioni, buste contenenti denaro da Chiasso a Roma. Al termine della deposizione la testimone ha avuto un malore.
Non si è invece presentato, causa malattia, il capitano dei ROS Francesco De Lellis. La sua deposizione davanti al pubblico ministero Giovanni Bombardieri continuerà quindi domani, ultima udienza prevista nel 2011, quando probabilmente comincerà il controesame da parte delle difese.
“Iva Telefonica”. Di scena la villa di Antibes
Prosegue oggi la testimonianza del capitano De Lellis. In aula due testi sentiti per rogatoria
Anche l’udienza di ieri del processo per l’“Iva Telefonica” è stata occupata dalla testimonianza del capitano dei ROS Francesco De Lellis. L’ufficiale ha ripercorso, di fronte al Collegio giudicante della Prima Sezione penale del Tribunale di Roma presieduto da Giuseppe Mezzofiore, altre tappe della delicata indagine tesa ad appurare i canali del presunto riciclaggio di capitali (per ora sfuggiti all’identificazione ed al successivo recupero) da parte dell’organizzazione che, secondo l’accusa, faceva capo a Gennaro Mokbel.
Rispondendo alle domande del PM Giovanni Bombardieri, De Lellis ha ricostruito il lavoro degli inquirenti per seguire le tracce del riciclaggio attraverso gioielli, pietre preziose e l’acquisto di beni immobili, tra cui una casa ad Antibes in Costa Azzurra.
Anche ieri la testimonianza del capitano De Lellis è stata accompagnata dall’audizione di diverse intercettazioni intercorse tra l’altro tra Fabio Arigoni, Paolo Colosimo e lo stesso Mokbel.
Solo oggi terminerà l’esame del teste da parte della pubblica accusa, preceduta dall’audizione di testi già sentiti per via di rogatoria internazionale che riferiranno sul ruolo di Massimo Micucci. Poi inizierà il controesame da parte dei difensori di Mokbel e di Luca Berriola.
È difficile che l’udienza del 16 dicembre, l’ultima del 2012 secondo il calendario predisposto dal Collegio, possa esaurire il controinterrogatorio di De Lellis, probabilmente destinato a proseguire nel 2012. La prima udienza del processo è prevista per il 5 gennaio.
Il Tribunale ha intanto aggiunto le date previste per le udienze del mese di marzo (7,12,14,15,16, 27, 29, 30) e di aprile 2012 (2, 3, 4, 10, 11, 13, 23, 26).
“Iva Telefonica”. Ancora in aula il capitano De Lellis
L’udienza del 12 dicembre dedicata alle intercettazioni dei ROS sul reimpiego del denaro ricavato dal commercio di gioielli
È proseguita ieri, al processo sull’“Iva Telefonica”, la testimonianza del capitano dei ROS Francesco De Lellis. L’ufficiale ha riepilogato, davanti al Collegio della Prima Sezione penale del Tribunale di Roma presieduto da Giuseppe Mezzofiore, il contenuto delle intercettazioni svolte nel corso delle indagini per appurare il senso delle attività del gruppo che, secondo l’accusa, faceva riferimento a Gennaro Mokbel.
In particolare, le domande dell’udienza di ieri, rivolte dal Pubblico ministero Giovanni Bombardieri, hanno riguardato esclusivamente il testo delle intercettazioni che vertono sul tema del reimpiego del denaro attraverso il commercio di gioielli effettuato dai collaboratori dello stesso Mokbel.
La testimonianza del capitano De Lellis si esaurirà solo stamane. In mattinata verrà anche annunciata la “scaletta” delle prossime testimonianze che dovrebbero riguardare alcuni testi residenti all’estero. Il programma della settimana prevede, oltre all’udienza odierna, altre due sedute, il 14 ed il 16.
Fattore Umano | Il primo mercatino natalizio dei detenuti
Fino al 18 dicembre, a Roma, in via Giuseppe Barellai 135, si terrà Celle, stelle e bancarelle, un’ampia esposizione dei prodotti realizzati negli istituti penitenziari e nei servizi minorili
Le bancarelle sono ospitate all’interno di un ampio spazio collocato di fronte all’Istituto superiore di studi penitenziari (ISSPE). Dal lunedì al giovedì dalle ore 11 alle 21, mentre dal venerdì alla domenica dalle ore 10 alle 23, si possono acquistare addobbi natalizi artigianali, articoli di cartotecnica, borse alla bigiotteria ma anche tanti prodotti enogastronomici.
Un’occasione per conoscere direttamente le attività svolte negli istituti penitenziari da imprese, cooperative sociali e associazioni che fanno lavorare e formano i detenuti. Alla realizzazione del primo mercatino di natale con i prodotti realizzati dai detenuti hanno collaborato i 15 provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria e molti istituti per adulti e per minori.
Ad affiancare l’esposizione, un fitto programma di incontri, spettacoli di intrattenimento e laboratori anche per i visitatori più piccoli e l’intervento di personaggi dello show business italiano come Pino Insegno, testimonial dell’evento, che giovedì 15 dicembre alle 11 si esibirà in “Celle, stelle e bancarelle”.
Fattore Umano | Bernardini: «San Vittore sempre peggio»
Sovraffollamento, sporcizia e ozio forzato. Solo 100 detenuti su 1.600 con condanna definitiva. La deputata radicale descrive in prima persona la sua visita ispettiva nel carcere milanese. Ad accompagnarla anche Luigi Amicone, direttore della rivista Tempi, che ieri ha pubblicato questo articolo
Il 4 dicembre scorso è stata una giornata speciale a San Vittore: per la prima volta la rituale messa domenicale ha visto i detenuti presenziare alla funzione all’interno della “rotonda” centrale – dove si trova l’altare – e prendere l’ostia della comunione non da dietro le sbarre dei cancelli dei “raggi”, come fino a sette giorni prima, ma direttamente dalle mani del cappellano.
Immaginando la scena che si è ripetuta settimana dopo settimana fino a questa innovazione, mi è venuto in mente ciò che mi hanno raccontato i detenuti del carcere di Gazzi a Messina, reparto “la sosta”: gli infermieri – che spesso facevano le iniezioni per le fitte di un dolore lancinante – introducevano l’ago nel gluteo del detenuto proprio attraverso le sbarre. Nessuna pietà o decenza, nessuna umanità, né nel momento di profonda religiosità del sacramento (per chi crede), né in quello della sofferenza fisica provata da una persona ristretta in condizioni disumane.
Della novità della messa non più dietro le sbarre per i detenuti sono venuta a conoscenza in occasione della visita ispettiva che ho fatto a San Vittore assieme a Luigi Amicone, direttore di Tempi, e Leonardo Monaco, giovanissimo tesoriere dell’Associazione Enzo Tortora di Milano. «Ci dispiace – ha detto la comandante Dott.ssa Di Gioia che ci ha ricevuti insieme al Magistrato di sorveglianza Dott.ssa Fadda – che non abbiate potuto assistere a questo nuovo modo di dire messa qui a San Vittore». Durante il colloquio iniziale abbiamo rivolto domande e ricevuto risposte sulla situazione attuale dell’istituto che avevo già visitato altre volte, due da deputata; a seguito di quelle visite (2008 e 2011), avevo anche depositato due dettagliate interrogazioni e inoltrato due esposti/denuncia alla Procura della Repubblica: né il Ministro della Giustizia, né la Procura di Milano hanno mai risposto, nemmeno per dire “quanto rappresentato, non corrisponde a verità” o “non si ravvisano elementi per aprire indagini”. Silenzio.
Ebbene, la situazione a San Vittore è addirittura peggiorata. 1.600 persone sono ristrette nei 600 posti regolamentari. I detenuti stanno chiusi in cella per 20 ore senza poter svolgere alcun tipo di attività, non vengono forniti loro i detergenti né per lavarsi né per pulire la cella; le celle sono luoghi immondi dove circolano scarafaggi; le finestre non si possono aprire perché ostruite dai letti a castello… manca l’aria e di luce ne entra ben poca, tanto che devono tenere la lampadina accesa tutto il giorno. Quando entriamo nella prima cella situata al 1° piano del sesto raggio, rimaniamo sgomenti perché quattro persone, un uruguayano, un equadoregno, un filippino e un italiano, sistemati su due letti a castello, sono costretti a vivere in 7,6 metri quadrati, cioè meno di 2 mq a testa! Ma la cella successiva, come tutte le altre, sono di eguali dimensioni con la differenza che di esseri umani ne stipano 6!
È appena il caso di ricordare che la Corte Europea dei diritti umani ha già condannato più volte l’Italia per «trattamenti disumani e degradanti». Famoso è il caso del cittadino bosniaco Sulejmanovic, risarcito dallo Stato perché costretto a stare per 16 ore al giorno in una cella di tre metri quadrati. Se i carcerati di San Vittore facessero ricorso alla Corte di Strasburgo, sarebbero tutti risarciti!
Ma il dramma per loro non è solo quello del sovraffollamento. Molti vivono lontani dalla famiglia, non possono vedere mogli e figli; l’avvocato, quasi sempre d’ufficio, l’hanno visto una sola volta e nulla conoscono del processo che li riguarda; il 30% è tossicodipendente, il 64 % è straniero senza appoggi di parentela o amicizia in Italia, i casi psichiatrici sono tantissimi, l’assistenza sanitaria in quei gironi infernali è quasi impossibile. Poco più del 10% svolge un lavoro saltuario, pochissimi hanno la possibilità di frequentare le scuole. L’ozio forzato è la regola. Inoltre, solo 100 detenuti su 1.600 hanno una sentenza definitiva, gli altri sono in attesa di giudizio e, secondo le statistiche, la metà sarà riconosciuta innocente.
L’illegalità delle condizioni di detenzione si riscontra anche per quelle di lavoro di agenti, psicologi, educatori, infermieri, personale amministrativo e sanitario. Tutta quella che Marco Pannella definisce la “comunità penitenziaria” è dolente, stremata, umiliata. Di agenti ne mancano 300 e i 700 in pianta organica, che si riducono ulteriormente per permessi speciali e malattia, devono anche assicurare i piantonamenti in ospedale dei detenuti e le traduzioni per le udienze. Al VI raggio, accade anche che alcuni piani non siano presidiati dagli agenti.
In conclusione, anche questa visita – come le altre che da radicali facciamo a centinaia nelle carceri italiane – mi ha rafforzato nella convinzione che solo l’amnistia (accompagnata da un indulto) può tornare a far vivere legge, Costituzione, diritti umani universalmente acquisiti. Che autorevolezza può avere uno Stato che per primo viola le sue leggi fondamentali? Che rieducazione può assicurare uno Stato che si comporta da decenni come un delinquente professionale? Che giustizia è quella dei procedimenti penali che muoiono a milioni – due, negli ultimi dieci anni – perché le scrivanie dei magistrati sono soffocate da milioni e milioni di faldoni impolverati? E che cittadini siamo noi tutti se tolleriamo che esseri umani siano trattati peggio degli animali? La direttiva europea 2008/120/CE del Consiglio (18 dicembre 2008) stabilisce che il suino adulto deve disporre di una superficie libera al suolo di almeno 6 mq, altrimenti l’allevatore viene multato e lo stabilimento chiuso. Riflettiamo tutti su questa giusta disposizione europea e chiediamoci, soprattutto se siamo parlamentari o presidenti della Repubblica o ministri, se qualcosa di irreparabile come i nazismi o i fascismi non sia già accaduto dentro di noi.