Archivio di dicembre 2011
“Iva Telefonica”. Prosegue in aula l’esame di De Lellis
Ascolto di intercettazioni e descrizione delle attività di indagine della polizia giudiziaria nell’udienza di ieri. Si prosegue lunedì 12 dicembre
La descrizione delle attività investigative, compresi gli appostamenti e i pedinamenti effettuati in Italia e all’estero. In particolare in Francia, Svizzera e Inghilterra. A rispondere alle domande del Pubblico ministero Bombardieri, ancora il capitano dei Ros Francesco De Lellis.
Questo uno dei due filoni che hanno tenuto banco nell’udienza di ieri, nella quale è proseguito l’esame dell’ufficiale di polizia giudiziaria che ha descritto le attività delle indagini riferite a Gennaro Mokbel e ad altri imputati ritenuti “sodali” della presunta associazione.
Il secondo filone è stato quello relativo alle intercettazioni telefoniche e ambientali, in parte trattate già nell’udienza precedente, sempre riferite al “gruppo” Mokbel, alcune delle quali ascoltate in aula, relative ai rapporti economici fra i vari imputati, al tentativo di “occultamento” di denaro e anche al di timore di essere intercettati e oggetto di attenzione di indagini di polizia.
L’esame di De Lellis proseguirà lunedì 12, in attesa di ascoltare alcuni testi residenti all’estero.
“Iva telefonica”. In aula il maresciallo Fasano e il capitano De Lellis
Ricostruiti i collegamenti fra soggetti intercettati e utenze telefoniche in uso e alcuni passaggi delle indagini relative agli ascolti
Doppia testimonianza ieri al processo per l’“Iva telefonica”. L’udienza ha preso il via con la deposizione del maresciallo capo della Guardia di Finanza Alessandro Fasano, che ha illustrato i criteri di identificazione dei soggetti intercettati nel corso delle indagini, collegandoli alle diverse utenze telefoniche in uso variamente intestate a persone fisiche e società. Un lungo e dettagliato elenco di numeri di telefono, ma anche un passaggio obbligato in sede dibattimentale, che ha richiesto parte della mattinata.
Il capitano dei ROS Francesco De Lellis ha invece spiegato alcuni passaggi delle indagini, in esito ai vari ascolti, chiarendo come i contenuti di alcune intercettazioni motivassero possibili pedinamenti o altra attività della polizia giudiziaria.
In particolare, rispondendo alle domande del PM Bombardieri, De Lellis è entrato nel merito dei contenuti di alcune intercettazioni relative a Gennaro Mokbel, Augusto Murri e Fabio Arigoni – ascoltate direttamente in aula – cosa che ha sollevato contestazioni da parte di alcuni legali difensori che hanno definito «valutazioni» e «interpretazioni» personali le considerazioni di De Lellis in merito ai contenuti stessi.
Il processo riprenderà oggi con la parte conclusiva della deposizione di De Lellis, in attesa di ascoltare la settimana prossima alcuni testimoni residenti all’estero.
Ciccarella: nessuna evidenza che il traffico fosse reale o meno
Per il Responsabile dal 2005 dell’area Network di TIS i controlli svolti erano tranquillizzanti e non vi era possibilità di controllo dei contenuti. Cosa possibile solo in Arabia Saudita
I controlli svolti da Telecom Italia Sparkle sul tipo di traffico erano tranquillizzanti, non vi era evidenza oggettiva per dire che lo stesso traffico fosse reale o falso. È stato questo uno dei principali passaggi della deposizione di Gianfranco Ciccarella, già Responsabile dal 2005 dell’Area Network di TIS, nell’udienza che si è svolta ieri mattina al processo per l’”Iva telefonica”.
La testimonianza, che ha visto concludere la fase di esame e quella di controesame, è tornata su molti dei punti già affrontati da Ciccarella fin dal 20 ottobre scorso, con le domande dei PM concentrate su presunte «anomalie tecniche», in particolare relative all’istradamento rigido del traffico. Un punto sul quale Ciccarella aveva già ribadito come non si trattasse di un’anomalia, bensì di una richiesta del tutto normale da parte di un cliente.
Ieri mattina, rispondendo prima al PM Bombardieri poi ai legali delle difese, il manager ha confermato come TIS non potesse sapere della realtà o meno del traffico, ma si potessero fare semmai solo delle supposizioni sul piano soggettivo, supposizioni peraltro che conducevano alla plausibilità della veridicità del traffico. Questo anche perché non vi è possibilità di controllo dei contenuti, cosa che ha esplicitato Ciccarella «è possibile fare solo in Arabia Saudita».
Il traffico dunque passava – è stato chiarito in sede di controesame – sia che si potesse trattare di persone al telefono o download di file dati (file audio o video, ndr.), sia che a generarlo fossero delle apparecchiature. Dispositivi che, in effetti, esistono e vengono normalmente utilizzati dalle compagnie telefoniche per fare i test alle reti.
Ciccarella, in altra udienza passata, aveva anche evidenziato come la caratteristica di apparire come un «traffico ben distribuito», leggendo in aula la mail di un suo collaboratore all’epoca dei fatti, non potesse essere oggetto di sospetti poiché il rapporto riguardava utenze telefoniche che coprivano diversi fusi orari.
Ciccarella ha anche precisato come, solo a valle dell’iniziativa della Procura, l’azienda si è prontamente attivata e lui stesso, su input dei vertici di TIS ed in coordinamento con le altre strutture, ha attivamente posto in essere misure ed analisi tese ad approfondire il fenomeno e successivamente, prima a mitigare l’impatto attraverso il “Call gapping” e dopo ad interrompere i flussi e la configurazione della rete con i clienti.
Il processo riprende questa mattina con le testimonianze del maresciallo capo della Guardia di Finanza Alessandro Fasano, del maresciallo dei ROS Giovanni De Luca e del capitano dei ROS Francesco De Lellis.
Fattore Umano | Compra la toga dal detenuto
Abiti d’ordinanza per magistrati e avvocati, in fresco di lana con pettorina e nome ricamato. A tagliare e cucire le detenute di San Vittore e Bollate, assunte dalla Cooperativa Alice. Alta qualità e prezzi competitivi
Toghe per magistrati e avvocati, in fresco di lana e pettorina bianca. Quest’ultima, a scelta, con o senza il pizzo. Poi – sempre come optional – il “cordoniere” in tessuto oro-argento ed eventuali personalizzazioni, a partire dal nome. Il tutto realizzato con tessuti e finiture di qualità, ma a costi competitivi.
Benvenuti nella Sartoria San Vittore. Già, proprio all’interno della prigione più nota della città di Milano, dove sette detenute tagliano e cuciono l’abito d’ordinanza che indossano PM, giudici e legali difensori nelle aule dei Tribunali. Ma non sono le sole. Infatti, i laboratori sono tre e fanno capo alla Cooperativa Alice, attiva da circa venti anni dentro l’istituto penitenziario e non solo lì: oltre a San Vittore, altre detenute lavorano nel laboratorio della casa circondariale di Bollate, oppure – per coloro che possono accedere alle misure alternative – direttamente nel laboratorio di via Senofonte 9.
In totale 25 persone, tra responsabili della cooperativa, detenute “ristrette”, detenute semilibere ed ex detenute, tutte regolarmente assunte con busta paga e trattenute. «In realtà – spiega Luisa Della Morte, della Cooperativa Alice – la sartoria delle toghe, che abbiamo iniziato soltanto dal 2009, pesa per il 10% della nostra attività, ma si va estendendo grazie al passaparola. Anzi, ne approfitto per segnalare che più toghe facciamo, più detenute possiamo assumere».
Del resto, la Cooperativa Alice è nata con l’intento di creare «percorsi di inserimento lavorativo per persone ristrette nella libertà», centrati sulla partecipazione ad attività formative e lavorative. Il resto della produzione riguarda abiti per aziende in conto terzisti, costumi teatrali, arredamento tessile, gadget e magliette dal nome inequivocabile come Gatti galeotti. Il tutto esposto nella vetrina del negozio di via Terraggio 28.
Ora, per la Sartoria San Vittore, si prospetta un ulteriore salto di qualità. Un’idea, fra le altre, è quella di coinvolgere avvocati (e avvocatesse) noti al grande pubblico, nel ruolo di “testimonial”. Certamente l’utenza non manca: in Italia abbiamo 11 magistrati ogni 100mila abitanti e ben 220mila avvocati. C’è addirittura chi sostiene che se ci sono milioni di cause inevase nel Belpaese è perché ci sono troppi avvocati. Difficile dire se sia vero o meno, ma facciano almeno il favore di comprarsi una toga della Sartoria San Vittore. Magari per Natale.
Fattore Umano | Pannella: «Torno allo sciopero della fame»
Il leader radicale respinge le proposte del neoministro Severino contro il sovraffollamento delle carceri, fra cui l’ampliamento della detenzione domiciliare e l’uso del braccialetto elettronico. E torna a chiedere l’amnistia
«Dopo le dichiarazioni del ministro della Giustizia occorre riprendere l’agitazione. Armi della nonviolenza, dunque. Entro due giorni tornerò ad uno sciopero della fame». Per Marco Pannella il dramma del sovraffollamento carcerario non può essere affrontato con misure parziali che non comprendano in primo luogo l’amnistia. Per questo, ospite a Radio Carcere, in onda su Radio Radicale, ha annunciato la decisione di riprendere il digiuno fin dalle prossime ore.
«Sono passati oltre 4 mesi – ha detto Pannella – da quando è stata proclamata dal massimo livello della nostra Costituzione repubblicana la “prepotente urgenza” di alcuni problemi e della necessità di una risposta di fronte alla denuncia di una flagrante condizione strutturale del nostro Stato, in condizioni, tecnicamente e senza alcun dubbio, di illegalità».
«La prepotente urgenza – ha insistito il leader radicale – è diventata invece un affare da trattare come ordinaria amministrazione. Noi riteniamo che abbiano avuto ragione tutti coloro che il 28 luglio, proprio a partire dal Capo dello Stato, hanno denunciato senza nessun dubbio questa condizione criminale di questa nostra Repubblica. del nostro regime repellente nei confronti dei diritti umani».
Proprio il giorno prima, il nuovo Guardasigilli Paola Severino aveva invece escluso l’ipotesi di una amnistia che svuoterebbe solo «momentaneamente» le celle destinate poi a riempirsi di nuovo, piuttosto che la costruzione di nuove prigioni – obiettivo da perseguire – ma che «richiede tempi lunghi».
Il neoministro ha invece sostenuto l’urgenza di misure alternative al carcere quali l’ampliamento della detenzione domiciliare e il ricorso al “braccialetto elettronico”, misura finora fallita in Italia ma che – secondo il ministro – avrebbe dato buoni risultati all’estero.