Archive del 2011
Fattore Umano | Garanti dei detenuti: Appello sulla “svuota carceri”
Il coordinatore nazionale, Franco Corleone: «Ci rivolgiamo al volontariato affinché apra le sedi a chi può scontare gli ultimi 12 mesi ai “domiciliari”, come prevede la legge 199/2010». Tra le iniziative anche una lettera al DAP per annunciare la campagna: «In carcere non è mai Ferragosto»
La legge c’è, ma in parecchi casi è difficile applicarla. In vigore dal dicembre scorso la 199/2010 consente infatti ai detenuti, con pena residua inferiore ai 12 mesi, di essere sottoposti ai «domiciliari o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza». Ma spesso mancano proprio una casa o un posto dove andare. E così rimangono ristretti fra le mura del penitenziario. «La legge è stata impropriamente ribattezzata “svuota carceri” – spiega Franco Corleone, Garante dei diritti dei detenuti per il comune di Firenze e coordinatore dei Garanti a livello nazionale – mentre la realtà è sotto gli occhi di tutti: non abbiamo mai avuto istituti così sovraffollati. Nei fatti solo in pochi hanno potuto utilizzarla».
Le cifre fornite dal DAP sono eloquenti: su 67.394 detenuti presenti nelle carceri italiane al 30 giugno, hanno beneficiato della 199/2010 in 2666. A conferma che senza quelle norme si sarebbe già superata la soglia dei 70mila ristretti a fronte di una capienza ufficiale di poco superiore ai 45mila posti. «Tuttavia – insiste Corleone – la legge resterà in vigore fino al 2013 e sarebbe opportuno utilizzarla maggiormente».
Nasce da qui l’appello dei Garanti, riuniti lo scorso 28 giugno a Firenze, rivolto alle associazioni del volontariato (in primo luogo Caritas, Misericordia, Arci ed altri) affinché mettano a disposizione spazi dove accogliere i detenuti. «Sappiamo bene – aggiunge Corleone – che non è questa la soluzione al problema alle carceri che scoppiano, per la quale servirebbero provvedimenti ben più incisivi, ma qualcosa va fatto, anche perché in estate i problemi del sovraffollamento si aggravano. A tal proposito abbiamo chiesto anche un incontro urgente con i presidenti di Camera e Senato e con l’ANCI».
Sempre sul fronte “emergenza carceri” il Coordinamento dei Garanti ha reso noto di aver inviato lo scorso 30 giugno una lettera al dottor Franco Ionta, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, preannunciando l’iniziativa In carcere non è mai Ferragosto e per proporre la costituzione di una «unità di crisi» allo scopo di sollecitare – si legge ancora nella lettera – «un terreno di coinvolgimento dei soggetti che hanno responsabilità diverse ma impegno comune per la riforma del carcere e il rispetto dei principi costituzionali e della legge sull’Ordinamento Penitenziario e del Regolamento del 2000».
Fattore Umano | Manna: «Più detenuti ma il governo taglia»
Ogni mese entrano in carcere altre mille persone, ad oggi quasi 68mila, ma le risorse per gli Istituti penitenziari si riducono in modo drastico. È la denuncia del segretario generale del LiSiAPP: «Con la manovra si rischia il collasso»
Più cresce il numero dei detenuti (ad oggi, mediamente i nuovi ingressi negli istituti penitenziari sfiorano i mille al mese) meno risorse si hanno a disposizione. Ma il paradosso continua, come denuncia Mirko Manna, segretario generale del LiSiAPP (Libero Sindacato Appartenenti Polizia Penitenziaria): «Il numero dei detenuti cresce a dismisura e il Governo taglia le risorse per il funzionamento (-22% delle spese per il pagamento del lavoro ai detenuti, -28% di budget per l’acquisto di nuovi arredi e -18% sugli investimenti per il funzionamento del lavoro agricolo)».
«La manovra – spiega Manna – prevede infatti un taglio per il ministero della Giustizia, che inciderà per quasi 44 milioni di euro, con una riduzione di ben 18,5 milioni al programma sull’amministrazione penitenziaria, di cui 7.402.666 euro sulle spese per la gestione delle strutture penitenziarie italiane». Una riduzione di risorse che fa immaginare uno scenario preoccupante in tempi molto brevi: disfunzioni alla vita “normale” del carcere a causa della diminuzione delle risorse per il personale di polizia penitenziaria, attività culturali e di recupero dei detenuti, pulizia degli istituti e utenze.
Le conseguenze saranno inevitabili e produrranno ulteriori difficoltà. Sarà quasi impossibile – insiste Manna – «garantire il funzionamento di strutture che sono quasi al collasso e non mancheranno problemi legati alla sanità penitenziaria». Infatti, il passaggio di competenze dal ministero della Giustizia a quello della Sanità non è ancora terminato e il Governo non trasferisce soldi a sufficienza alle regioni: una fase di transizione che peggiora una «situazione di perenne incertezza in cui si è costretti ad operare negli istituti penitenziari».
Fattore Umano | Carceri: stato di emergenza continua (1)
Alessio Scandurra: «Da due anni è stato dichiarato lo stato di emergenza per il sovraffollamento, ma fino ad oggi non si è visto nessun risultato tangibile»
Il 16 maggio scorso il DAP ha autorizzato Antigone a proseguire anche per quest’anno la sua attività di monitoraggio delle carceri italiane. Nel report Carceri nella illegalità gli esiti delle prime visite: il sovraffollamento, le condizioni di vita dei detenuti e quelle di lavoro degli operatori, la mancanza di risorse e la politica che non sa dare risposte. Uno stato di emergenza dichiarato da due anni «ma fino ad oggi non si è visto nessun risultato tangibile». Ne parliamo con Alessio Scandurra, presidente di Antigone Toscana e membro del comitato direttivo della Associazione Antigone
Cosa si può fare per riportare alla “legalità” le carceri italiane?
Le cause del sovraffollamento del nostro sistema penitenziario sono ormai chiare da tempo. Oggi, ad esempio, i dati presentati nel Green Paper della Commissione europea sulla applicazione della giustizia penale nel campo della detenzione evidenziano infatti come l’Italia abbia il sistema penitenziario più sovraffollato d’Europa, secondo solo alla Bulgaria, ma mostrano anche come abbiamo la più alta percentuale di detenuti in attesa di giudizio, la più alta percentuale di detenuti per reati previsti dalla legge sulle droghe, ed una delle più alte percentuali di detenuti stranieri. Le cause del sovraffollamento sono evidenti. Un ricorso abnorme alla custodia cautelare, diventata una anticipazione di pena da applicare a furor di popolo, una normativa sulle droghe che produce una carcerazione di massa di piccolo spacciatori e di tossicodipendenti, ed una normativa sugli stranieri che produce marginalità ed illegalità. Sono questi i temi su cui è urgente intervenire.
Negli ultimi giorni c’è stata una forte risposta allo “sciopero nonviolento” di Pannella. Siamo a un punto di svolta?
Si tratta certamente di un fatto importante. Indulti ed amnistie sono stati il motivo principale per cui la popolazione detenuta, fino agli anni ‘90, non ha mai superato le 45.000 presenze. Dal 1992 è cambiata la maggioranza parlamentare necessaria per la loro concessione, elevata ai due terzi, rendendo questi provvedimenti molto difficili da approvare. Ed è cambiata anche la sensibilità dell’opinione pubblica, rendendoli più difficili da promuovere. Eppure, in assenza di una politica penitenziaria degna di questo nome, un provvedimento generalizzato di clemenza è oggi l’unica misura in grado di riportare il sistema penitenziario nella legalità costituzionale ed internazionale. Come dice Pannella, un provvedimento di giustizia sostanziale reso necessario dal fallimento della giustizia formale. Come dicono i fatti, anche se può non essere la migliore delle misure per uscire da questa crisi, c’è da dubitare che questo governo possa fare di meglio.
Antigone tramite il Difensore civico ha avviato una campagna per sostenere i detenuti che vogliono denunciare le condizioni delle carceri in cui sono reclusi. Un percorso difficile?
Sì, si tratta di un percorso difficile. L’idea di ricondurre il sistema penitenziario alle regole ed alle norme che lo disciplinano sembra ovvia, ma non lo è affatto. Nonostante le molte regole del carcere, i detenuti spesso non hanno “veri” diritti, la cui violazione possa essere denunciata davanti ad un giudice. Per quanto sembri incredibile le inumane condizioni di detenzione che vengono quotidianamente riferite al nostro difensore civico non possono essere portate davanti ad una corte nazionale. I detenuti non hanno il diritto a non essere stipati come sardine, a non soffocare per il caldo o a non restare chiusi in cella tutto il giorno. Non lo hanno mai avuto, e far passare l’idea che questo diritto possa invece essergli riconosciuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che nessuno sa cosa sia o dove si trovi, non è ovviamente cosa semplice. Eppure i ricorsi alla corte arrivano a centinaia, da tutta Italia. È difficile dire se siano pochi o molti. È lecito sperare che siano abbastanza perché all’Italia si intimi di porre fine a questa situazione.
L’Angolo di Vincino | Nobel per la pace a Marco Pannella
Una vita in difesa dei «diritti», un costante impegno politico «nonviolento». L’instancabile Marco Pannella, a 81 anni passati, continua le sue battaglie. In ultimo uno sciopero della fame (e anche della sete) contro le carceri sovraffollate. Anche la Rete si è attivata creando il Comitato Marco Pannella, Nobel per la pace. «La risposta della comunity è stata esaltante – racconta il giornalista Mario Campanella, promotore dell’appello – abbiamo registrato migliaia di adesioni al gruppo su Facebook, e migliaia di mail arrivate all’indirizzo di posta elettronica dedicato all’iniziativa». Ma la campagna non finisce qui: «A breve – aggiunge – partirà la raccolta di firme da indirizzare a Berlusconi affinché il Governo lanci la candidatura di Pannella, ufficialmente, come atto simbolico, all’Accademia Reale svedese».
Anche Vincino aderisce all’appello, come sempre armato di penna.
Nasce Il Mese di Quaderni Radicali
Il numero zero dedicato al “carcere fuorilegge”
Il network di comunicazione dei Radicali – Radical Approach Nonviolence in Media – si allarga: nasce Il Mese di Quaderni Radicali, periodico concepito esclusivamente per il web.
Per il suo debutto, il nuovo mensile omaggia Pannella dedicando la copertina e la rubrica di approfondimento “Zum” al dramma delle carceri italiane. Il Mese – si legge nell’editoriale del direttore, Giuseppe Rippa –, «pone al centro l’individuo, i diritti umani, i diritti della persona».
Come tutte le altre testate legate a Quaderni Radicali, anche l’ultima nata non vivrà di finanziamenti pubblici. Disponibile per adesso nella versione sperimentale online, dai prossimi numeri la sua fruizione sarà a pagamento (25 euro per 11 numeri).
“Iva Telefonica”. Tutti fuori dal carcere
Arresti domiciliari agli ultimi tre detenuti. Si riprenderà l’11 luglio con la testimonianza del capitano De Lellis
Nel pomeriggio di ieri sono stati concessi gli arresti domiciliari agli ultimi tre imputati del processo “Iva telefonica” ancora in carcere: Luca Breccolotti, Silvio Fanella e Luigi Marotta.
La decisione è arrivata poche ore dopo la conclusione dell’udienza numero 36, interamente dedicata alla richiesta di sospensione dei termini, così come chiesto dai rappresentanti della Procura.
Nel corso dell’udienza, preceduta dalla notizia della scarcerazione avvenuta sabato sorso di Carlo Focarelli, i legali degli imputati avevano sollevato le loro eccezioni alla richiesta della Procura di sospensione dei termini davanti al Collegio della Prima Sezione penale presieduto dal dottor Giuseppe Mezzofiore.
La mattinata è stata caratterizzata anche dalla lunga dichiarazione spontanea di Luigi Marotta che ha protestato la sua innocenza sottolineando che, tra l’altro, tra il 2004 e il 2006 – l’arco di tempo in cui si è sviluppata la presunta truffa –, si trovava incarcerato in Inghilterra. Il denaro che, secondo l’accusa, gli era stato girato da Focarelli, a detta di Marotta, altro non era che un credito effettivo da lui vantato nei confronti dello stesso Focarelli.
Il processo riprenderà il prossimo 11 luglio, con tutti gli imputati a piede libero o agli arresti domiciliari, con la ripresa della testimonianza del capitano dei ROS Francesco De Lellis. In quell’occasione verrà comunicato quanto stabilito dal Collegio sulla richiesta, avanzata nello scorso marzo dalla Procura, di sospendere i termini. Ma non è escluso che la decisione venga depositata prima in cancelleria.
In sostanza, il Tribunale può:
a) far cessare le misure di custodia cautelare a carico dei detenuti;
b) respingere le eccezioni delle difese, confermando il regime di detenzione. In tal caso, è probabile che il Collegio aderisca alla richiesta di alcuni difensori, tra cui l’avvocato Bruno Naso, legale di Breccolotti, di celebrare il processo anche durante le ferie di agosto.
Udienza 36
È iniziata questa mattina l’udienza 36 del processo sull’”Iva telefonica”: il dibattimento in corso è dedicato alla richiesta di sospensione da parte della Procura dei termini di custodia cautelare.
Tutto come da programma, tranne una novità: da sabato Carlo Focarelli, dopo più di 480 giorni di carcere, è agli arresti domiciliari per “motivi di salute”.
A questo punto il Collegio si dovrà pronunciare nei confronti delle posizioni dei tre imputati ancora in custodia cautelare in carcere (Luigi Marotta, Silvio Fanella e Luca Breccolotti) e di tutti quelli che si trovano agli arresti domiciliari.
Udienza 35. Salta il controesame dell’imprenditore Tommasino
L’accusatore di Berriola si avvale della facoltà di non rispondere
L’udienza numero 35 del processo sull’“Iva Telefonica” si è chiusa con una sorpresa negativa. Ieri era infatti previsto il controinterrogatorio dell’imprenditore Vito Tommasino, il primo e forse più importante accusatore del Maggiore della Guardia di Finanza Luca Berriola. Ma Tommasino ha disertato il confronto, atteso, con il controesame dei difensori di Berriola e degli altri imputati.
L’imprenditore campano, infatti, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Un comportamento che ha indotto il difensore dell’ufficiale, l’avvocato Antonello Giudice, a fare il seguente commento: «Il fatto che Vito Tommasino si sia sottratto alla prosecuzione del contraddittorio processuale rappresenta un duro colpo per la credibilità delle sue accuse». Non va dimenticato, tra l’altro, che dalle dichiarazioni dell’imprenditore hanno tratto origine l’intera inchiesta e il coinvolgimento del Maggiore Berriola. Inchiesta sfociata poi nelle accuse alle società telefoniche.
Dopo la mancata deposizione di Vito Tommasino, sono sfilati davanti alla corte l’ex poliziotto Stefano Placidi e Paolo Prinzi.
L’udienza di lunedì 27 giugno sarà invece totalmente dedicata alla richiesta di sospensione dei termini di custodia cautelare avanzata dalla Procura per evitare la scarcerazione degli imputati ancora sottoposti a misura detentiva in carcere che, ricordiamo, ad oggi sono: Carlo Focarelli, Luigi Marotta, Silvio Fanella e Luca Breccolotti (Gennaro Mokbel dal 22 giugno, dopo l’accoglimento dei giudici dell’istanza avanzata dai suoi legali, è stato trasferito per “motivi di salute” dal carcere di Civitavecchia nella sua casa romana). Per gli imputati ancora in custodia cautelare il Tribunale potrebbe, infatti, decidere per la liberazione o per gli arresti domiciliari. Nel caso in cui il Collegio dovesse decidere di prorogare la carcerazione preventiva degli imputati ancora in carcere, il Tribunale dovrà comunque pronunciarsi sulla richiesta avanzata nel corso dell’udienza del 17 giugno scorso dall’avvocato Bruno Naso, difensore di Breccolotti.
È stata annullata invece l’udienza del 28 giugno. Il processo, dopo il dibattimento di lunedì prossimo, riprenderà perciò l’11 luglio con l’esame del capitano dei ROS Francesco De Lellis.
Fattore Umano | Carceri: la torrida estate 2011
Da Antigone un report drammatico su sovraffollamento e illegalità. A San Vittore fino a 6 detenuti in celle da 7 metri, a Napoli anche 10-12, per venti ore sui letti a castello. Mentre i “soldi mancano” ed è a rischio “il sostentamento”. E la Corte Europea parla apertamente di “tortura”
È un quadro a dir poco drammatico: nel triennio 2007-2010, successivo non a caso all’indulto, la popolazione carceraria in Italia è salita del 50%, da 44.600 a 67.000 mila detenuti, di cui ben 30mila in attesa di giudizio. Ad oggi, è ancora aumentata, si viaggia sulle 68.000 persone ristrette, ma solo perché nel frattempo c’è stato il provvedimento cosiddetto “svuota carceri” che ha liberato (si fa per dire) 2.402 persone che scontano il loro ultimo anno di pena ai domiciliari. Nello stesso periodo gli stanziamenti dello Stato per le carceri sono calati da 3,09 a 2,77 miliardi, con un taglio netto del 10%.
Insomma non soltanto “mancano i soldi”, ma è a rischio “il sostentamento dei detenuti”. Ed è quanto denuncia l’associazione Antigone che ha presentato a Roma un proprio report sul sovraffollamento e le illegalità che si consumano quotidianamente nelle carceri del “Bel Paese”. Cifre da incubo, che spiegano – se ancora ce ne fosse bisogno – gli scioperi della fame che da settimane coinvolgono in decine di carceri migliaia di detenuti e, a rotazione, parenti di detenuti e avvocati delle Camere penali, in segno di adesione al digiuno “per l’amnistia” di Marco Pannella, iniziato oltre due mesi fa, divenuto da tre giorni anche un digiuno della sete.
Il “sovraffollamento e l’illegalità” sono nei fatti, ben documentati dalle “visite” descritte nel report di Antigone, condotte nei diversi istituti. Ad esempio, a Milano San Vittore, nel sesto raggio si sta in 6 in celle di 7 metri quadri, spesso per 20 ore al giorno, sdraiati sui letti a castello a tre piani; a Poggioreale (Napoli) in una cella si arriva a stare in 12-14, con i letti a castello impilati per tre, mentre il bagno e lo spazio cucina sono attaccati; anche nel carcere di Padova (96 posti per 196 detenuti) nelle celle singole sono presenti 3 detenuti, in quelle da 4 se ne trovano 6, in quelle da 6 si sta in 9.
«Si tratta – spiega Antigone – di condizioni che la Corte Europea dei Diritti Umani ha già definito “tortura”, poiché gli standard europei prevedono per ogni detenuto almeno 7 metri quadri in cella singola e 4 in cella multipla». Si aggiunga che tra la popolazione carceraria 37.257 persone scontano una condanna definitiva (l’8,7% è in carcere per condanne fino ad un anno, il 32% fino a tre anni). Ma le “pene alternative” che potrebbero dare una risposta al sovraffollamento sono ormai un pallido ricordo dopo anni di politiche legislative “securitarie”.
In questo scenario, nel giugno 2010 è stato approvato il “piano carceri” presentato dal Commissario straordinario Franco Ionta, che prevede la realizzazione di 9.150 posti e una spesa di 661 milioni di euro entro fine 2012. «Ma – spiega Antigone – la legge finanziaria 2010 prevede stanziamenti per il piano carceri di 500 milioni, mentre la parte restante verrà “scippata” alla Cassa delle Ammende, cioè il fondo destinato al reinserimento dei detenuti». Da qui la domanda che pone Antigone: «Come si farà a tenere aperte le carceri se già oggi manca tutto, e ci sono istituti in tutto o in parte chiusi per mancanza di personale?».
Il risultato? A fine 2012, in assenza di provvedimenti o di inversione del “trend di ingressi” di nuovi detenuti, mancheranno 14mila posti. E sul Paese fioccheranno nuove condanne. Infatti, dopo la sentenza della Corte Europea che nel 2009 ha condannato l’Italia a risarcire un bosniaco detenuto, Antigone ha avviato una campagna per sostenere i detenuti che intendono denunciare le condizioni inumane: le richieste sono state 1.580; i ricorsi presentati dal difensore civico dell’associazione 150, altri 200 li hanno presentati i detenuti stessi.