Archive del 2011
Udienza 29: è ripresa la testimonianza di Meoli
Mokbel rinuncia per motivi di salute. Focarelli trasportato in aula in barella
È cominciata in orario l’udienza numero 29 del processo per l’Iva telefonica. Per la quinta volta consecutiva sul banco dei testimoni c’è il capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli che oggi potrebbe terminare l’illustrazione analitica delle indagini svolte per individuare la frode fiscale. Poi comincerà, forse già domani, il controesame delle difese.
All’udienza non partecipa Gennaro Mokbel per motivi di salute. Al contrario, ha voluto essere presente Carlo Focarelli: ricoverato all’ospedale Sandro Pertini, è stato trasportato in aula in barella.
Prima dell’inizio dell’udienza il Presidente della Prima Sezione penale ha comunicato il calendario delle udienze di giugno e luglio. Oltre a quelle già fissate, a luglio si terrà udienza anche nelle seguenti date: 25, 26, 28 e 29.
Il Presidente del Collegio, Giuseppe Mezzofiore, ha poi comunicato che l’udienza del 27 giugno sarà interamente dedicata alla replica delle difese sulla richiesta del PM di sospendere i termini delle misure cautelari.
Fastweb ha pagato l’Iva. E non poteva conoscere l’identità dei clienti
Udienza 28: il capitano Meoli entra nei dettagli del “Traffico telefonico”
Fastweb non poteva conoscere l’identità dei clienti del traffico telefonico, sia a monte che a valle della catena. Inoltre, è emerso ancora una volta che la società ha regolarmente versato l’Iva di sua competenza. Sono queste due le indicazioni scaturite dall’udienza numero 28, la quarta del processo “Iva telefonica” dedicata alla testimonianza del capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli, a suo tempo alla guida delle indagini sulla presunta evasione dell’Iva.
Nell’udienza di ieri, cominciata solo a mezzogiorno per il ricovero del detenuto Gennaro Mokbel, il capitano Meoli si è soffermato sul contesto e sui contenuti del circuito finanziario creato attorno ai servizi sviluppati da Fastweb e da Telecom Italia Sparkle.
Per quanto riguarda Fastweb è stato chiarito che il traffico “in voce” via VoIP (cioè attraverso il protocollo internet) era tradotto in Tdm da macchine Diadem presso la farm di Fastweb. In parole povere, il traffico veniva decrittato dagli aggregatori ma la società non aveva modo di conoscerne il contenuto né a monte né a valle della filiera.
È poi stato confermato che Fastweb ha regolarmente versato l’Iva di sua competenza, come era già emerso in un’altra udienza dedicata alla testimonianza di Meoli. L’eventuale evasione si concentra su una parte delle società clienti del servizio, in particolare a quelle che fanno capo a Fabio Arigoni ed Augusto Murri. Questi i passaggi principali della lunga e dettagliata deposizione del capitano Meoli, che si protrarrà anche nella seduta di domani, 25 maggio. L’inizio del controesame del teste, con ogni probabilità, comincerà solo il giorno 26.
Udienza 28, si inizia a mezzogiorno
Le condizioni di salute di Gennaro Mokbel all’origine del ritardo. L’imputato, colpito da un malanno, è costretto a rinunciare
È iniziata solo a mezzogiorno l’udienza 28 del processo dedicato all’Iva telefonica. Il ritardo è legato alle condizioni di salute di Gennaro Mokbel che, colpito da malore, ha rinunciato a presenziare.
E così, alle 11 e 45, con un ritardo di due ore abbondanti, è iniziata la quarta udienza dedicata alla testimonianza del capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli, che a suo tempo ha coordinato le indagini sulla presunta evasione dell’Iva.
È comunque probabile che in giornata possa essere completata la ricostruzione, estremamente analitica, delle indagini. Al contrario, causa il ritardo nell’avvio dell’udienza sembra sfumata la previsione per cui sempre nell’udienza odierna potesse cominciare il controinterrogatorio da parte delle difese.
Carceri: si allarga la protesta
Rifiuto del cibo e posate sbattute contro le sbarre. Il disegno di legge “autoprodotto” dai detenuti di Regina Coeli e i messaggi via web delle mamme dei “ristretti”. Oggi Rita Bernardini, deputata radicale, in visita ispettiva all’Ucciardone di Palermo
Tra gli ultimi ad aderire ci sono anche i detenuti del carcere di C del Ferro di Cremona: rifiuto del cibo e posate sbattute contro le celle, da giorni. La protesta, iniziata circa una settimana fa, coinvolge ormai numerosi penitenziari italiani e riguarda non soltanto i “ristretti” ma anche i loro familiari, numerosi agenti di custodia e perfino alcuni direttori degli istituti di pena.
Ci sono pure mamme di detenuti che aderiscono alla protesta lanciando messaggi via web; ad esempio da Torre del Greco: «I miei ossequi all’operato di Pannella, per il suo ennesimo sciopero della fame, ce ne fossero tanti come lui». Firmato «una mamma che ha denunciato suo figlio». Già, perché è stato Marco Pannella a dare il via a questa “agitazione”, iniziando un digiuno circa un mese fa «affinché l’Italia torni ad essere una democrazia», ma sopratutto «contro le inumane e non più accettabili condizioni in cui vivono i detenuti». Uno sciopero che ha contagiato l’intero universo carcerario italiano.
Del resto i numeri sono impietosi: circa 68mila detenuti (il record della storia della Repubblica) a fronte di una capienza ufficiale che non supera i 45.543, nessuna soluzione a breve del sovraffollamento disumano, salvo il richiamo del ministro Alfano a “nuove carceri” che dovrebbero essere realizzate nei prossimi due anni per “contenere” altre 9mila persone. Ma nessuno è in grado di dire se, se frattempo, ad entrare in galera non vi sarà un numero di detenuti ancora maggiore. Insomma, si insegue l’emergenza. A riprova valga il risultato pressoché nullo dello sbandierato provvedimento “svuota carceri” di qualche mese addietro, in seguito al quale sono usciti poco più di mille detenuti, finiti spesso ai domiciliari, ma valutato senza giri di parole un “fallimento” anche dagli organismi di rappresentanza dei direttori degli istituti e degli agenti carcerari.
Eppure si potrebbero fare molte cose, senza pensare solamente a nuove carceri. A dirlo sono gli stessi detenuti di Regina Coeli, che nei giorni della protesta hanno prodotto un “loro” disegno di legge inviato dal Garante per i diritti dei detenuti della Regione Lazio, Angiolo Marroni, al Presidente del Consiglio e alle più alte cariche dello Stato. In totale quattro semplici articoli per garantire più speditezza ai processi penale e l’accesso a misure alternative al carcere, ma soltanto per i detenuti in grado di “meritarlo”, senza – scrivono – «nessuna indulgenza». Obiettivo: far entrare in prigione meno gente, allo scopo di garantire condizioni di vita meno disumane per chi ci deve restare. E ripristinare le “misure alternative” che risultano in calo del 75% dal 2005.
Tra le carceri in “sciopero della fame” ci sono, tra gli altri, Roma (Rebibbia e Regina Coeli), Agrigento, Cagliari, Vercelli, Velletri, Milano (Opera e San Vittore), Imperia, Ancona, Prato, Ariano Irpino, Venezia, Alessandria, Lanciano, Genova (Marassi). Ma la lista potrebbe continuare.
Tra le altre proposte, i Radicali chiedono esplicitamente un provvedimento di “amnistia” che superi davvero l’emergenza, sottolineando che amnistie vere non se ne fanno da vent’anni. «Affinché – si legge in un documento – si ponga fine all’illegalità delle carceri italiane e di una giustizia sopraffatta e bloccata da milioni di processi arretrati che danno origine all’irresponsabile amnistia illegale di 170mila prescrizioni l’anno». Anche per questo oggi la parlamentare radicale Rita Bernardini sarà in visita ispettiva al carcere dell’Ucciardone di Palermo, dopo un’assemblea tenuta ieri sera che ha coinvolto operatori penitenziari, istituzioni cittadine e familiari dei detenuti.
Legal Day, dal cinema alla realtà
A Busto Arsizio (Villa Calcaterra) una giornata e un concorso dedicati ai molti casi di “giustizia ingiusta”. A colloquio con l’avvocato Remo Danovi, autore del libro Processo al buio, lezioni di etica in venti film
Chissà se lo hanno mai detto al bellissimo Paul Newman, protagonista de Il Verdetto (regia di Sidney Lumet, 1982), nel ruolo di brillante avvocato finito poi alcolista, che nella fantasia cinematografica commetteva almeno un “reato deontologico” ogni due minuti: circa cinquanta, in poco più di un’ora e mezza. Ma è partendo da questi esempi che l’avvocato Remo Danovi ha insegnato per vent’anni agli studenti della Statale di Milano proprio Deontologia Forense, cioè a dire come dovrebbe comportarsi un avvocato nella realtà e non nelle pellicole hollywoodiane. Per la precisione, storie e casi simili di “trasgressione” deontologica potrebbero riempire una cineteca anche per magistrati, giornalisti e (ça va sans dire) uomini politici.
Fatto sta che il lavoro certosino, di analisi di scene e sequenze di alcuni dei legal thriller più famosi della storia del cinema, a caccia non dell’assassino ma delle “scorrettezze di legalità”, è racchiuso in un libro Processo al buio, lezioni di etica in venti film (Feltrinelli), di cui si parlerà quest’oggi nell’ambito del Legal Day che si tiene a Villa Calcaterra di Busto Arsizio.
Spiega l’avvocato Danovi: «Volevo farmi capire dagli studenti e ho trovato in film e romanzi la chiave per dare giusta enfasi al tema dell’etica professionale, per chi opera nel mondo della giustizia». Un esempio? Si pensi ancora a Paul Newman, che scorre i necrologi della sua città e si presenta a casa dei familiari, commettendo il reato di “accaparramento della clientela”. Proprio negli Usa circola una battuta: dietro a ogni ambulanza c’è un motociclista che segue col casco. Appunto, un avvocato a caccia di cause.
Ma veniamo alla realtà del Bel Paese. «Sono tra coloro – dice Danovi – che se nella vita ha avuto un buon motivo per criticare magistrati e avvocati lo ha sempre fatto, mai tuttavia per parlar male della giustizia. Sono due piani diversi e vanno tenuti distinti: la giustizia è un pilastro che va sempre salvaguardato». «È fondamentale – aggiunge – che sia così, anche se ci sono anomalie, anche se la presunzione d’innocenza non viene sempre tenuta nel giusto conto. In questo caso, penso sempre all’Affaire Dreyfuss, un ufficiale di artiglieria accusato ingiustamente e trattato da presunto colpevole nella Francia sul finire del XIX secolo. Allora, fu lo scrittore Emile Zola con le otto pagine del suo J’accuse a restituire dignità di parola alla vicenda».
«Certo – insiste Danovi – l’errore giudiziario è sempre possibile, fa parte del gioco; altra cosa sono le tesi pre-costituite o gli schieramenti “mediatici” dove vince la logica del tifoso sugli spalti. Insomma ci vorrebbero più serenità ed equilibrio da parte di tutti, perché la “verità”, come ho cercato di spiegare ai miei studenti con le immagini di quel capolavoro della storia mondiale del cinema che è Rashomon (regia di Akiro Kurosawa, 1950, ndr.) richiede molta attenzione per essere raggiunta».
La conclusione? «C’è un oggetto smarrito nel nostro Paese – termina Danovi – si chiama etica. Dobbiamo recuperarla, a tutti i livelli».
Imputati o bestie?
Panorama riaccende i riflettori sui casi di Gennaro Mokbel e Massimo Micucci
Il settimanale diretto da Giorgio Mulè, in edicola oggi, ricorda quanto è successo a Gennaro Mokbel che «recluso a Civitavecchia per partecipare alle udienze romane esce dal carcere alle 7 del mattino, senza potersi lavare e senza pasto. Lo stesso gli accade anche la sera, visto che rientra in prigione verso le 19: per lui niente doccia e niente cena, perché in carcere ci si lava in altri orari e si mangia soltanto alle 11 e alle 17».
Panorama commenta anche il caso di un altro imputato, Massimo Micucci, che «solo il 30 aprile 2011 (dopo 14 mesi di carcerazione, ndr.) – si legge – è riuscito a fare presente la sua situazione, in un’udienza. I giudici lo hanno scarcerato in poche ore».
Insomma, diritto schiaccia diritto: per essere ascoltato devi aspettare e se vuoi assistere alle udienze del processo in cui sei imputato ti devi dimenticare di altri bisogni (e neppure sperare in un panino passato da qualcuno visto che il regolamento penitenziario lo vieta, come ricorda Panorama). Le regole sono strette come sono strette le manette che – si legge – «lo scorso 5 maggio hanno fatto sanguinare i polsi dell’imputato». Un fatto che ha coinvolto direttamente Mokbel e che ha scatenato la reazione di Fabrizio Merluzzi, presidente dei penalisti romani: «Non si possono trattare gli imputati come bestie».
Udienza 27: va in scena il “Traffico telefonico”
La testimonianza del capitano Meoli alla terza puntata
Una lunga ricostruzione dei risultati delle indagini sul “Traffico telefonico”, ovvero uno dei meccanismi adoperati per mettere in atto la presunta evasione dell’Iva, attraverso l’uso dei servizi di Fastweb e di Telecom Italia Sparkle.
La terza udienza del processo sull’Iva telefonica dedicata alla testimonianza del capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli non ha regalato sorprese. L’ufficiale responsabile delle indagini, del resto, si è limitato a ribadire, in maniera assai analitica, le risultanze del lavoro delle Fiamme Gialle.
Questa volta, a differenza di quanto capitato nelle due precedenti udienze, non ci sono state dichiarazioni spontanee da parte di imputati o altri colpi di scena (a parte il black out che ha oscurato l’udienza per una ventina di minuti).
L’analisi del capitano Meoli proseguirà anche nell’udienza del 23 maggio prossimo. Poi dovrebbe cominciare il controesame da parte delle difese.
Udienza 27: Il capitano Meoli affronta il “Traffico telefonico”
Oggi prosegue la testimonianza del responsabile delle indagini
Si riparte. Stamane, al processo per l’lva telefonica che si celebra presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Roma, proseguirà la testimonianza del capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli.
Dopo aver tracciato, nel corso delle due precedenti sedute, il quadro emerso dalle indagini sulle Phuncard, il capitano Meoli affronterà il secondo capitolo della presunta truffa basata sull’evasione dell’Iva, quella legata al cosiddetto “traffico telefonico”.
Facile prevedere che la ricostruzione, stavolta, verterà più sulle attività di Telecom Italia Sparkle che di Fastweb, data la diversa incidenza finanziaria delle attività. Ma sarà comunque rilevante verificare, alla luce della deposizione del capitano, se le indagini hanno confermato i risultati emersi dalla prima parte della testimonianza.
E cioè:
- la presunta evasione Iva può avere avuto per protagonista CMC (contestata da Carlo Focarelli), Telefox International o altre società del gruppo. Ma, di sicuro, non è stata Fastweb ad evadere l’Iva;
- la stessa Fastweb ha attivato i controlli interni nella sua disponibilità per verificare la legittimità del business.
Legal Day. A Busto Arsizio il Cinema processa la Giustizia
I migliori soggetti in gara diventano film. Perché non proporre l’Iva telefonica?
Non è da escludere che, ad ispirare il Legal Day che si terrà alla Villa Calcaterra di Busto Arsizio il prossimo 20 maggio, ci siano vicende giudiziarie ai limiti dell’assurdo, come quella che dal febbraio del 2010 è vissuta dall’ingegner Silvio Scaglia.
Di sicuro, l’indagine sull’evasione dell’Iva telefonica, grazie ai non pochi paradossi, alla fragilità degli indizi a carico dei colletti bianchi ed al manifesto uso improprio della carcerazione preventiva avrebbe buone chances di successo nel concorso che si terrà in concomitanza con la manifestazione: i migliori soggetti legati al tema della giustizia, infatti, verranno tradotti in un cortometraggio a cura degli allievi dell’istituto cinematografico Michelangelo Antonioni.
A far da cornice al concorso Open Instant Crime ci sarà una platea di autori e di addetti ai lavori: il vicedirettore di Panorama Maurizio Tortorella, ben noto per il suo impegno per un’informazione corretta sul caso Scaglia, nelle vesti di coauotre del libro Rapita dalla giustizia, storia di un padre condannato a due anni per una violenza mai commessa; Stefano Zurlo, inviato de Il Giornale, autore de La legge siamo noi, antologia di processi presso il CSM a carico di giudici (spesso assolti) che hanno depositato sentenze con ritardi di anni oppure si sono “dimenticati” in carcere imputati che avrebbero dovuto essere scarcerati. Parlerà l’avvocato Jacopo Pensa e un magistrato, Massimo Maiello. Infine, sarà presentato il libro Processo al buio dell’avvocato Remo Danovi, che ha per sottotitolo «Lezioni di etica in venti film». I legal thriller, così diversi dalla dinamica della macchina giudiziaria nel mondo reale servono a riflettere sui problemi e le storture della giustizia vera e propria.
Al di là dell’aspetto ludico, l’evento Cinema e Giustizia diventa così l’occasione per meditare sulla “Giustizia spettacolo” che alimenta spesso un’informazione alla ricerca della sensazione più che dalla ricerca della verità.