Archive del 2011

L’Angolo di Vincino | Il mistero dell’Iva pagata (parte terza)


Iva telefonica: Ma Fastweb poteva sapere? (2)


La testimonianza del capitano della Guardia di Finanza, Luca Meoli. Parla il Professor Guido Rossi: «attività lecita, ma integrate l’oggetto sociale»

 

Il parere del professor Rossi porta la data del 28 luglio 2003: «(…) non ritengo che l’attività sottoposta al mio esame possa considerarsi illecita o comporti rischi particolari, visto anche la sua accertata regolarità fiscale e corretta implicazione del bilancio della società, come acclarato oltre che dal parere che mi è stato sottoposto, anche dalla conforme opinione dei sindaci e dei revisori». Il parere che viene citato è opera dello studio Romagnoli-Picardi. Lo stesso professor Rossi, però, aggiunge di essere tuttavia del parere che «trattandosi di attività che presenta seri dubbi e incertezze rispetto alle previsioni dell’oggetto sociale, sia buona regola di una corretta amministrazione mantenerla nei limiti di assoluta ragionevolezza e comunque di marginalità rispetto alle altre attività proprie dell’impresa sociale».


Le conclusioni delle attività di verificare e le perizie prodotte saranno oggetto della riunione del comitato di controllo interno del 28 agosto 2003. Il documento, allegato alla comunicazione di polizia giudiziaria n°51 letto in aula dallo stesso capitano Meoli, riferisce che:


«Il giorno 29 agosto 2003 in Milano sono presenti i signori Carlo Micheli Presidente, Mario Greco assente giustificato, Gianfelice Rocca. Partecipano i signori Silvio Scaglia, Emanuele Angelidis e Vittorio Terrenghi, rispettivamente Presidente del consiglio di amministrazione, amministratore delegato e Presidente del collegio di e.Biscom. Assume la presidenza Carlo Micheli, il quale invita quindi Mario Rossetti a svolgere funzione di segretario. Aggiornamento in merito all’attività di audit. Il Presidente rammenta che nella precedente riunione del 14 luglio il comitato, con riferimento  ai ricavi del gruppo Fastweb derivanti dalle vendite di carte prepagate, aveva ravvisato l’opportunità di effettuare alcuni approfondimenti circa i possibili ulteriori risvolti fiscali, contabili e civilistici. Carlo Micheli invita dunque Paolo Fundarò a illustrare sulla base della documentazione di seguito allegata al presente verbale le attività svolte a tal fine».


Vengono così ricostruiti i risultati delle verifiche compiute a Londra e presso la CMC. oltre che il parere del professor Rossi. La riunione termina con le seguenti conclusioni:


«Tali analisi hanno confermato sia la lecità dell’attività in parole, in particolare per quanto riguarda la relativa regolarità fiscale e contabile, sia la secondarietà rispetto al business di Fastweb. Unicamente per il profilo civilistico è stato sollevato qualche dubbio sul fatto che la commercializzazione di servizi e di terzi sia effettivamente riconducibile (…) dell’oggetto sociale di Fastweb e ciò sul presupposto che l’attuale formulazione sembra circoscrivere l’attività sociale e i servizi propri di Fastweb. Alla luce di tale considerazione è stato suggerito di contenere tali transazioni entro un ambito limitato rispetto alle complessive attività dell’impresa. Il comitato prende atto anche alla luce () del business e della regolarità delle attività in esame. Peraltro ha rilevato che onde evitare ogni possibilità fraintendimento ed eliminare ogni profilo di incertezza sull’attività in esame, e su invito del Presidente del comitato, il consiglio di amministrazione di Fastweb ha provveduto immediatamente a convocare l’assemblea straordinaria per integrare l’oggetto sociale, al fine di rendere esplicita la facoltà di commercializzazione anche i servizi di terzi».


Questo il verbale che porta la data del 29 agosto 2003. Come si comportò in seguito Fastweb? Ecco che cosa è emerso nell’udienza del 5 maggio 2011:


PM: «Dagli accertamenti che avete svolto risulta (…) sia stato modificato o meno l’oggetto sociale della società Fastweb in quel periodo?».

DICH: «Sì, è stato integrato l’oggetto sociale di Fastweb nel settembre del 2003».


Iva telefonica: Ma Fastweb poteva sapere? (1)


La testimonianza del capitano della Guardia di Finanza, Luca Meoli: i controlli e le verifiche sulle controparti ci furono (prima a Londra, poi in Italia)

 

Il 14 luglio 2003, nel corso della riunione del Comitato di controllo interno, il Presidente informa che la «funzione di internal audit, di recente creata all’interno del gruppo e.Biscom ha iniziato la propria attività effettuando secondo quanto già stabilito un’analisi dettagliata dei crediti e dei ricavi commerciali e dei fondi di svalutazione crediti del gruppo. L’ingeger Micheli invita quindi Paolo Fundarò sulla base della documentazione già distribuita ai presenti a illustrare gli aspetti salienti della verifica».  La citazione sta nel verbale della seconda udienza del processo per l’Iva telefonica (5 maggio 2011) dedicata alla testimonianza del capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli, in cui si è affrontato uno dei temi-chiave dell’inchiesta: Fastweb non “poteva non sapere” della presunta truffa basata sull’evasione dell’Iva, oppure l’azienda ha effettuato verifiche e controlli nell’ambito delle sue possibilità?



Dalla lettura della testimonianza del capitano Meoli emerge l’impressione di un controllo tutt’altro che di routine da parte del Comitato interno e della costante attenzione dei vertici aziendali per il rispetto, non solo formale, delle regole.


L’obiettivo dichiarato, come si legge nei verbali interni è, al contrario, quello di «fare approfondimenti di natura legale, fiscale per assicurarsi che in nessun modo Fastweb possa essere coinvolta in eventuali operazioni fiscalmente elusive o evasive». Uno sforzo culminato nella richiesta di pareri ad illustri consulenti, compreso il professor Guido Rossi, ma preceduto da indagini effettuate dalle strutture interne in vista di quella richiesta; del resto, il Comitato, come si legge nella documentazione raccolta all’interno di Fastweb nel corso delle indagini, diede mandato di «predisporre tutta la documentazione necessaria per presentare il business al professor Guido Rossi e richiedere un parere in relazione a quelli che sono gli obiettivi che si pongono». E così «per verificare che Fastweb non sia coinvolta in un’operazione elusiva, evasiva» si dà il via ad alcune verifiche con l’utilizzo delle strutture interne, cui viene chiesto di verificare se le controparti di Fastweb «siano società operative con struttura commerciale e dei canali distributivi e dei clienti, e non soltanto delle scatole societarie, seppure validamente costituite». Per effettuare tale verifica, si legge ancora, «Fastweb ha richiesto un incontro con i rappresentanti delle società, PGT e LLB, tale incontro avrà luogo a Londra presso le sedi delle società il 17 luglio».


Dopo il meeting a Londra, ci sarà un incontro in Italia, il 28 luglio 2003, presso CMC, società con 70 dipendenti in cui Carlo Focarelli ha il ruolo di direttore generale. Viene ricostruito il business, basato «su metodo di accesso ai propri servizi attraverso una carta prepagata il cui valore intrinseco è rappresentato dal codice stesso di accesso».


Quindi viene ricostruita la catena commerciale messa in moto da CMC. Al termine di questi approfondimenti, secondo la ricostruzione del capitano Meoli, Fastweb richiede il parere del professor Guido Rossi. In particolare si chiede «di esprimere un parere sulla compatibilità dell’attività di vendita delle schede prepagate con l’oggetto sociale di Fastweb, sugli eventuali rischi ad esso connesso e di verificare la compatibilità dell’attività di vendita delle schede prepagate con l’oggetto sociale di Fastweb, nonché sugli eventuali rischi ad esso connesso».


Di quanto ha scritto il Professor Guido Rossi ce ne occuperemo nella prossima puntata.


Iva 2003: da Fastweb oltre 45 milioni all’Erario


I verbali della deposizione (3 maggio 2011 – udienza 25) del capitano della GdF, Luca Meoli, confermano che la società versò interamente l’imposta dovuta sulle Phuncard. Mentre non vi è alcuna evidenza del “teorema” dei PM sulla presunta consapevolezza dei top manager della frode fiscale


È una ricostruzione complessa, articolata, documentata, che ha richiesto anni di accertamenti. Sono 148 pagine (file 1) e costituiscono la prima parte della deposizione (3 maggio 2011 – udienza 25) del capitano della GdF, Luca Meoli, al processo per l’Iva Telefonica. Un passaggio rilevante ai fini dibattimentali, poiché il capitano Meoli è stato tra i protagonisti delle indagini che hanno portato alla scoperta della presunta evasione fiscale.


In questo primo caso si tratta dell’Operazione Phuncard (2002-2003), le carte prepagate per accedere via web a servizi a valore aggiunto, da cui si sarebbe originata una “circolarità” di flussi finanziari (tramite triangolazioni tra varie società italiane ed estere) volti ad evadere l’imposta. Ebbene, Fastweb ha saldato tutti i suoi conti con l’Erario, oltre 45 milioni di euro. Al tempo stesso, non emerge alcuna accertata responsabilità del top management di Fastweb, su cui si fondano invece le accuse dei PM: la presunta consapevolezza che si stava “sotterraneamente” consumando una frode fiscale. I libri contabili e i bilanci di Fastweb non fanno una piega. E il teorema del “non potevano non sapere” resta tutto da dimostrare.



Dalla deposizione del 3 maggio 2011 – udienza 25

 


COSA É L’OPERAZIONE PHUNCARD


DICH: «(…) Noi abbiamo individuato due operazioni: l’operazione Phuncard” e l’operazione “Traffico telefonico”. Che cos’è l’operazione Phuncard. Parliamo dell’oggetto della prestazione. L’oggetto della prestazione è l’accesso a contenuti protetti dal diritto d’autore attraverso l’inserimento… attraverso il collegamento via internet e l’inserimento di un codice su un sito internet. (…)».


FASTEWB HA PAGATO L’IVA? “SÌ, OLTRE 45 MILIONI”


DICH: «(…) Quindi ricostruire esattamente (il soggetto, ndr.) su cui incombe l’obbligo tributario, non è stato possibile, nel senso che sicuramente qualcuno avrebbe dovuto versare l’IVA. Sulla base dei rapporti contrattuali è Telefox Srl (…) Sulla base della documentazione contabile rinvenuta, una dei due soggetti o Telefox o CMC-Web Wizard avrebbe dovuto versare l’IVA».

PM: «Le risulta se è stata… lei ha detto che si è creato quindi un credito d’IVA per Fastweb».

DICH: «».

PM: «Le risulta se Fastweb ha provveduto successivamente al pagamento dell’IVA? Ha provveduto a sanare la propria posizione IVA nei confronti dell’Erario, all’Agenzia delle Entrate? (…)».

DICH: «In relazione all’attività svolta, alla concessione dell’utilizzo dei dati fiscali, sono state effettuate delle verifiche nei confronti di Fastweb e anche nei confronti di Telecom Italia Sparkle. Emerge come (…) per l’anno 2003 Fastweb abbia pagato l’IVA più le sanzioni e gli interessi per un importo di 45 milioni di euro».



L’Angolo di Vincino | Il mistero dell’Iva pagata (parte seconda)


 

 

L’Angolo di Vincino | Il mistero dell’Iva pagata

 

Udienza 26: Phuncard, non fu Fastweb a evadere l’Iva


Il mancato versamento, semmai, sarebbe attribuibile a Cmc o a Telefox. Ma Focarelli replica: noi abbiamo pagato e c’é la prova documentale


Se qualcuno ha evaso l’Iva, a proposito del traffico delle Phuncard, il colpevole va cercato alla Cmc o alla Telefox International. Ma tale reato non può comunque essere contestato a Fastweb. È questo, sottolineano i legali, il principale risultato che si ricava dalla ricostruzione analitica del “tragitto virtuale” delle stesse Phuncard, compiuta ieri nel corso dell’udienza numero 26 del processo “Iva telefonica”, dal capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli da cui non è emersa traccia di una partecipazione di Fastweb al reato.


Meoli, il protagonista delle indagini che hanno portato alla scoperta della presunta evasione, ha ieri completato la ricostruzione del complesso viaggio dei flussi finanziari delle Phuncard, destinato a render possibile l’evasione dell’Iva.


Una ricostruzione contestata da Carlo Focarelli che ieri ha voluto replicare con una dichiarazione spontanea: l’Iva, ha sostenuto, venne regolarmente versata a suo tempo dalle società che facevano capo al suo gruppo.


La deposizione di Meoli proseguirà nell’udienza del 17 maggio, quando si comincerà ad affrontare il capitolo del “traffico telefonico”, relativo sia a Fastweb che a Telecom Italia Sparkle. Ma è quasi scontato che la testimonianza dell’ufficiale occuperà almeno le due udienze successive, quelle del 23 e del 25 maggio.


Caso Micucci: 14 mesi di “condanna” al silenzio


Su Il Messaggero nuovi particolari sulla vicenda dell’imprenditore edile coinvolto nel processo per l’Iva telefonica, arrestato e “dimenticato” in cella per 14 mesi. Adesso è ai domiciliari e parla tramite i suoi avvocati. All’accusa di esportazione di capitali sporchi replica così: «Bastava interrogarmi, ma i PM non hanno voluto farlo»


Sarebbe bastata una “visura societaria”, soltanto quella, sufficiente a discolparlo dall’accusa di avere esportato capitali sporchi provenienti dal “giro” Mokbel. Così dice oggi – tramite i suoi legali – Massimo Micucci, l’imprenditore edile coinvolto nel processo sull’Iva Telefonica, arrestato e “dimenticato” in cella per 14 mesi, ora ai domiciliari per decisione dei giudici del Tribunale di Roma. E saranno gli stessi giudici a stabilire se ciò corrisponde al vero o meno, ma intanto Micucci ha trascorso più di un anno in carcereun’esperienza allucinante»), condannato al silenzio, senza che nessun PM si prendesse la briga di ascoltarlo, nonostante la richiesta avanzata per iscritto dai suoi avvocati fin dal 30 marzo 2010.

 

È il quotidiano Il Messaggero, a firma di Massimo Martinelli, ad aggiungere oggi nuovi particolari di questa incredibile vicenda. Racconta ancora Micucci, sempre tramite i legali: «Malgrado l’impossibilità di fornire agli avvocati gli elementi di prova a mio favore, dopo il sequestro dei computer e di tutta la documentazione societaria, il 30 marzo 2010 ero pronto a rispondere ai PM. Quel giorno i miei difensori depositarono una richiesta scritta ma nessuno mi ha mai convocato per sentire cosa avevo da dire».


«Ho passato nove mesi di aria razionata – insiste l’imprenditore, nel descrivere l’esperienza del carcere – poi pian piano, grazie anche all’aiuto di alcuni detenuti, ricominci a farti forza e capisci che in qualche modo devi reagire, la depressione è sempre in agguato». Quasi un remake all’italiana di Urla del silenzio, ma non in Cambogia, a Regina Coeli.


Udienza 25


Nell’udienza numero 25 del processo “Iva telefonica” svoltasi ieri, 3 maggio, è iniziato l’esame di un teste-chiave dell’accusa: il capitano della Guardia di Finanza Luca Meoli che a suo tempo diresse le indagini sull’evasione dell’Iva attraverso l’uso delle Phuncard e del traffico telefonico


La testimonianza, destinata a protrarsi per diverse sedute, si è sviluppata su temi di natura tecnica. Si è parlato della cornice in cui è maturata l’operazione fraudolenta (giudicata inesistente) le caratteristiche delle Phuncard, i soggetti coinvolti, gli aspetti contrattuali ed i flussi finanziari che hanno interessato Fastweb.


Dopo questa introduzione, la testimonianza di Meoli è destinata ad entrare nel vivo nella prossima udienza, fissata per il giorno 5 maggio. Il calendario del mese proseguirà con le udienze del 17, 23, 25, 26, 30 e 31 maggio.


L’Angolo di Vincino | Martedì 3 maggio


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“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World