Archive del 2011
Rassegna Stampa (4): Il caso Scaglia diventa un “caso”
Maurizio Belpietro: «Non abbiamo ancora capito di che cosa sia accusato esattamente»
Tratto da L’ultima parola del 5 marzo 2011 (RAI 2 ore 23.40), programma televisivo condotto da Gianluigi Paragone. In studio: Gad Lerner (L’Infedele); Maurizio Belpietro (Libero); Francesco Storace (La Destra); Benedetto della Vedova (Fli); Fabrizio Cicchitto (PdL); Michele Emiliano (sindaco di Bari).
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Un blog mette sotto processo la “giustizia spettacolo”
Nasce Processo Mediatico di Caludio Velardi. Un dossier dedicato a Scaglia
Un blog per demistificare la “giustizia spettacolo”. Ovvero “quello strano fenomeno mediatico giudiziario tutto italiano che vede celebrare i processi attraverso le pagine dei giornali prima che nelle corti di giustizia”, si legge nell’articolo de Gli altri, quotidiano diretto da Piero Sansonetti, dedicato a “Processo Mediatico”, il blog “garantista” promosso da Claudio Velardi, già promotore assieme a Fabrizio Rondolino di The Front Page. L’obiettivo dei promotori è di individuare gli abusi di potere: “da Tortora fino al recente caso Scaglia – si legge – la nostra storia repubblicana è piena di esempi in cui il mix fra accuse delle procure e i titoli mediatici hanno provocato effetti devastanti sulla vita e la dignità delle persone, prima che si arrivasse ad una sentenza definitiva”. Per questo motivo, il blog si ripromette di raccontare casi giudiziari noti e meno noti attraverso la raccolta di dossier ma anche raccogliendo le opinioni espresse dai lettori del blog.
Tra i primi casi esaminati, anticipa l’articolo, ci sarà proprio il caso di Silvio Scaglia. Forse perché, potremmo dire, il lavoro è facilitato dagli sforzi del nostro blog che, in quasi un anno di attività, ha contribuito correggere l’immagine emersa nella prima fase dell’inchiesta sulla “Frode Carosello” in cui le cronache dei giornali avevano in pratica attinto solo al materiale dell’accusa, come purtroppo quasi sempre accade, a danno di inquisiti ricchi e meno ricchi, secondo il copione della giustizia spettacolo.
Udienza 15: Toseroni dà lezione di finanza “in nero”
Il manager, secondo l’accusa, è una delle menti finanziarie del riciclaggio
Si è finalmente conclusa, con il controesame delle difese, la testimonianza dell’ex senatore Nicola Di Girolamo. Le domande, per l’occasione, si sono concentrate su alcuni aspetti della carriera politica del teste: dalla sua residenza estera, ottenuta a tempo di primato, ad alcune iniziative parlamentari.
Ma l’aspetto più rilevante dell’udienza n.15 del processo per la “frode Carosello” riguarda l’inizio della testimonianza di Marco Toseroni, imputato in procedimento connesso (e in attesa di patteggiamento), considerato dall’accusa una delle menti finanziarie che avrebbe contribuito ad attivare i canali di riciclaggio dei capitali frutto dell’evasione fiscale.
Toseroni si è soffermato a lungo sulle tecniche per occultare i movimenti di denaro e per scongiurarne la “tracciabilità”. In particolare, il manager ha descritto i passaggi attraverso esempi e dettagli, senza lesinare particolari e notazioni da addetti ai lavori. Ma, al di là della “lezione” quasi accademica di Toseroni, che non fa mistero di considerarsi un’autorità in materia, gli elementi concreti finora emersi riguardano solo pochi milioni di euro, una frazione della cifra contestata.
Facile, perciò, prevedere che l’esame del teste, che ieri ha anche affrontato il tema dell’acquisizione di Digint, società controllata assieme al gruppo Finmeccanica, sia destinato ad occupare almeno la prossima udienza, fissata per mercoledì 16 marzo. Intanto il Tribunale, condividendo la richiesta degli avvocati, ha deciso di cancellare l’udienza già fissata per il giorno 18 marzo.
Mazzitelli: “Le società, a partire dai vertici, non potevano essere a conoscenza”
“Se truffa c’è stata, tra i truffati vanno annoverate anche le società telefoniche perché non avevano visibilità del traffico che transitava sulle loro reti”. Così, in una dichiarazione spontanea davanti ai giudici si è espresso quest’oggi l’ex Ad di TIS. Silvio Scaglia in aula: “Voglio associarmi a quello che ha detto il collega, noi adottiamo lo stesso modello di business”
“Se nella vicenda che ha visto coinvolte Telecom Itala Sparkle e Fastweb c’è stata truffa, tra i truffati vanno annoverati anche le società di telecomunicazione in questione perché non avevano visibilità del traffico che transitava sulle loro reti”. È quanto sostenuto dall’ex Ad di Telecom Italia Sparkle, Stefano Mazzitelli, in una dichiarazione spontanea resa davanti ai giudici nel corso dell’udienza di oggi.
“Vorrei precisare alcune cose – ha detto Mazzitelli, al termine della deposizione dell’ex senatore Di Girolamo, imputato in procedimento connesso – a partire da come funziona il modello di business degli intermediari di traffico telefonico all’ingrosso come Telecom Sparkle e Fastweb. Questi operatori non hanno alcuna relazione con l’utente, non possono conoscere né l’utente iniziale, né quello finale, né il contenuto che viene veicolato. Si occupano solo dell’interconnessione. Non hanno modo di controllare l’andamento del traffico, né l’origine, né la destinazione. Gli operatori che fanno interconnessione hanno un’apparecchiatura elettronica che si limita a registrare il traffico che passa sulla loro rete e fatturano di conseguenza”. Insomma, secondo Mazzitelli, sia TIS che Fastweb sono state vittime di “una truffa ad alta tecnologia di cui, a partire dai loro vertici, non potevano essere a conoscenza”.
Sulla dichiarazione di Mazzitelli, intervenendo in aula, ha aderito anche Silvio Scaglia: “Voglio associarmi – ha sostenuto – a quello che ha detto il dottor Mazzitelli: noi adottiamo lo stesso modello di business”.
Di Girolamo: le operazioni telefoniche non erano fittizie
La tredicesima udienza è stata interamente dedicata all’esame dell’ex senatore che conferma la corrispondenza puntuale tra l’oggetto della fatturazione, cioè il traffico, e la fatturazione stessa
Dopo le domande del PM, è cominciato il controinterrogatorio delle difese. Sotto la lente l’analisi dell’organizzazione e la decisione di entrare in politica. Una lunga illustrazione delle caratteristiche dell’organizzazione criminale fino all’avventura politica culminata nell’ingresso al Senato nelle liste di An. Questo gli argomenti che hanno occupato larga parte della tredicesima udienza del processo sulla “frode Carosello”, dedicata all’esame del teste Nicola Di Girolamo, già senatore del PdL.
Ma, soprattutto, nel corso del lungo esame ad opera del sostituto procuratore Giovanni Bombardieri, Di Girolamo ha confermato che le operazioni legate alle schede telefoniche, a suo avviso, avevano una sostanza reale. Nulla, in altri termini, lasciava intravvedere che si trattasse di operazioni fittizie. Anche dalla testimonianza di Di Girolamo prende consistenza l’ipotesi che le attività fossero vere o quantomeno avessero caratteristiche tali da apparire realistiche anche agli occhi di chi, come Di Girolamo, frequentava assiduamente l’organizzazione.
E, a maggior ragione, al mondo esterno, comprese le società telefoniche toccate dalle operazioni. A questo proposito, tra l’altro, Di Girolamo si è limitato a dire di aver sentito parlare, tramite Focarelli, di rapporti con funzionari delle società telefoniche senza citare alcun nome.
L’illecito, dunque, potrebbe riguardare la sola frode fiscale di cui lo stesso Di Girolamo, che per professione è avvocato tributarista, afferma di aver avuto conoscenza solo nel tempo.
Il controesame dell’ex senatore ad opera delle difese di alcuni imputati proseguirà nell’udienza di stamane.
Frode Carosello: prosegue l’esame per Di Girolamo
La tredicesima udienza proseguirà oggi con la testimonianza dell’ex senatore davanti ai PM, poi il “controesame” delle difese. Possibile inizio anche dell’interrogatorio a Marco Toseroni
Sarà una settimana intensa per il processo per la “frode Carosello” che prevede in calendario tre appuntamenti, rispettivamente mercoledì, giovedì e venerdì.
Questa mattina la tredicesima udienza riprenderà con la fase conclusiva, almeno nelle attese, dell’esame da parte dei PM della testimonianza dell’ex senatore del PdL Nicola Di Girolamo.
Nel pomeriggio dovrebbe poi iniziare il “controesame” da parte degli avvocati difensori. Non è escluso che, sempre in giornata, possa iniziare anche l’interrogatorio nei confronti di Marco Toseroni.
Rassegna Stampa (3): Il caso Scaglia diventa un “caso”
Antonello Piroso: «Le faccio una domanda da semplice cittadino. Ma se l’arresto, ovvero la privazione della libertà, serve per evitare la reiterazione del reato (Scaglia si è però dimesso), la fuga all’estero (Scaglia stava all’estero, ha noleggiato un aereo e addirittura è tornato in Italia) pericolo di inquinamento delle prove (Scaglia si è dimesso) era proprio così necessario trattenerlo e privarlo della libertà per un anno?»
Tratto da Niente di Personale del 27 febbraio (La7 ore 21.30), programma televisivo condotto da Antonello Piroso. In studio Piercamillo Davigo (magistrato).
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Rassegna Stampa (2): Il caso Scaglia diventa un “caso”
Da Il Sussidiario del 25 febbraio 2011 – J’accuse/Silvio Scaglia e quella cattiva giustizia che fa più povera l’Italia di Ugo Bertone
«Giustizia è fatta? Dopo 363 giorni di libertà negata, Silvio Scaglia è tornato, finalmente, libero. Ma i problemi sollevati dalla sua lunga, per certi versi inspiegabile, detenzione preventiva restano sul tappeto.
Per carità. Fa senz’altro piacere prender atto che, d’ora in poi, il processo sulla frode Carosello basata sull’evasione dell’Iva ordita da un’organizzazione criminale, potrà fare il suo corso “normale”, tra perizie, testimonianze e ricostruzioni tecniche di una materia complessa. E, in questa cornice, si cercherà di capire fino a quale livello siano esistite complicità tra i colletti bianchi di Fastweb e Telecom Italia Sparkle e un’organizzazione a delinquere con radici nell’estrema destra romana.
Ci sarà tempo e modo, insomma, per valutare la solidità delle accuse nei confronti di Scaglia e di altri imputati meno celebri. Nell’attesa, però, si può stendere un primo bilancio, tutt’altro che allegro, di una vicenda che ha visto finire in galera l’unico vero innovatore dell’industria italiana con un’esperienza e una caratura internazionale, oggi pronto a riprendere la sua attività – lontano dal Belpaese, probabilmente.
1) Il primo aspetto critico riguarda l’abnorme durata della custodia cautelare dell’imprenditore. La legge italiana prevede, per giustificare la libertà negata prima del giudizio definitivo, l’esistenza di tre condizioni: il pericolo di fuga; il rischio di reiterazione del reato e il rischio di inquinamento delle prove. Nel caso di Scaglia non esiste nulla del genere. L’imprenditore è rientrato prontamente dall’estero, una volta avuta notizia dell’inchiesta Non ha più avuto rapporti con Fastweb dal 16 marzo del 2010, cosa che rende difficile sia l’inquinamento delle prove (tra l’altro, ormai raccolte da anni) che la reiterazione del reato. Ma questo non ha impedito che, complice il ricorso al rito immediato (concesso dal gip nonostante non esistesse il presupposto delle “prove evidenti”), Scaglia fosse condannato a dodici mesi di libertà negata preventiva. In questo lasso di tempo, si può obiettare, gli inquirenti hanno potuto lavorare nelle condizioni più opportune per arrivare a stabilire la verità. Forse. Ma, al momento della presentazione del materiale probatorio nello scorso gennaio da parte della Procura, l’ingegner Scaglia ha dovuto prender atto che gli elementi a suo carico risalivano al più al 2007/08, ovvero si trattava delle stesse prove già in mano del gip che nel 2009 l’aveva prosciolto da ogni contestazione. Intanto, nel corso dell’ultimo anno, Scaglia è stato sentito dagli inquirenti una sola volta, il 12 aprile scorso, su sua richiesta. Davvero era necessario tenerlo in cattività per tutto questo tempo? O non si è trattato di una grossa prova di inefficienza e di impotenza nel condurre indagini efficaci?
2) Il confronto sulla carcerazione preventiva rischia di far passare in secondo piano uno dei temi più delicati sollevati dal processo: la principale accusa nei confronti di Scaglia si riassume nel concetto che lui, amministratore di una media azienda (3mila dipendenti) “non poteva non sapere” della truffa che è stata ordita ai danni dello Stato dall’organizzazione criminale. Certo, è quasi scontato che la truffa abbia richiesto dei contatti interni all’azienda. Ma a che livello? In realtà, Scaglia ha cercato di dimostrare che Fastweb ha effettuato tutti i controlli previsti dalla normativa della governance interna, più rigorosa, per verificare la legittimità dell’operazione. Può darsi che abbia ragione, oppure no. Ma, in assenza di contestazioni di fatto (nessun imputato del’organizzazione Mokbel ha una conoscenza, anche indiretta, con Scaglia, né c’è traccia di vantaggio economico in seguito alla truffa), l’imputato si ritrova a dover combattere contro “gravi indizi”.
3) Ma non dimentichiamo che, visto dal versante della governance societaria, la vicenda Fastweb ha messo a nudo l’estrema vulnerabilità del sistema di fronte alla legge 231 che, in caso di gravi violazioni, prevede il commissariamento dell’azienda incriminata. Normativa sacrosanta, salvo che, al momento attuale, l’onere della prova tocca alla società, in un clima di incertezza. La stessa Fastweb, allora quotata in Borsa, ha rischiato il commissariamento, scongiurato con la sospensione degli amministratori. È una spada di Damocle che di sicuro non avvicina il mondo del business internazionale all’investimento in Italia. Non è una bella pubblicità spiegare a un Ceo che, in caso di inadempienze fiscali di un sottoposto, può rischiare un anno di custodia cautelare. È pronto un progetto di riforma che, in estrema sintesi, prevede che le società si diano regole precise, sulla base di indicazioni di legge. Toccherà al pm, a differenza di quanto avviene oggi, dimostrare la violazione di queste norme. Il testo ha sollevato aspre critiche da parte delle Procure, quasi che la riforma potesse rendere impossibili indagini in materia di reati finanziari.
4) Dal punto di vista mediatico, la vicenda ha seguito il solito copione: un avvio clamoroso, a suon di titoloni e di condanne preventive, condite da ritratti di colore sui protagonisti, la condanna della stagione della “new economy” e il sospetto nei confronti dell’imprenditore, diventato troppo ricco per essere innocente. Poi, a mano a mano che il caso giudiziario ha perso i connotati più sexy, è subentrato un certo disagio, a partire dall’imbarazzo dei giustizialisti, convinti per una sorta di malinteso dogma che nell’attuale situazione i pm debbano avere sempre e comunque ragione. Per questo su Scaglia molti, fino a ieri, hanno preferito tacere. Ma stavolta il silenzio non è d’oro: il costo, in termini di credibilità, di un’indagine infinita, che coinvolge l’economia è molto elevato, quasi incalcolabile in campo internazionale. Intanto, in questi dodici mesi, sul fronte dell’innovazione e della banda larga si sono fatte molte chiacchiere, ma si è posata ben poca fibra».
Rassegna Stampa: Il caso Scaglia diventa un “caso”
Diventare un “caso” senza volerlo, un’icona della “malagiustizia” in un Paese di pur antica cultura del diritto
È quanto sta accadendo a Silvio Scaglia, ormai citato come un “caso” da non ripetersi. Ad esempio, su La Discussione, a proposito della vicenda che coinvolge il senatore Tedesco, laddove si legge: «… come nell’incredibile caso di Silvio Scaglia. Va fatta un’aperta battaglia per la riconquista della civiltà giuridica». Così, a distanza di qualche giorno dalla “libertà ritrovata”, il blog intende riproporre ai lettori alcuni articoli pubblicati in seguito alla notizia della scarcerazione, per favorire una riflessione su come oggi in Italia la presunzione di innocenza sia spesso scavalcata dalla condanna preventiva.
Da Il Foglio del 25 febbraio 2011 - Piccola Posta di Adriano Sofri
«Caro Vincino, sono contento che Silvio Scaglia, nella cui innocenza e capacità hai mostrato così tenacemente di credere, sia stato rimesso in libertà. Contagiato dalla tua convinzione, avevo cercato le informazioni che riguardano questo caso e che mostrano come una così lunga detenzione, prima la galera poi a domicilio, nei confronti di uno che dall’estero prende l’aereo per venirsi a presentare ai suoi accusatori, non riesca a spiegarsi se non con l’intenzione di piegare l’imputato alle aspettative degli inquirenti. Non ne ho scritto per non nuocere. Ho visto che ieri Scaglia ha parlato della sua dura esperienza e ha aggiunto di conservare il rispetto per la giustizia. Ho ripensato al problema che ogni volta si ripropone a chi, avendo a che fare con i tribunali, deve conciliare l’inderogabile rispetto e la personale sincerità. Una volta dissi che alla giustizia divina ci si può affidare, quanto alla umana avrei preferito essere ben informato sulle modalità di concorso. E comunque, in aereo o a piedi, presentarsi».
Da l’Espresso Blog del 25 febbraio 2011 - Un uomo normale nel paese degli zombie di Alessandro Gilioli
«Non so se Silvio Scaglia sia innocente o colpevole: lo stabilirà il processo, è ovvio. Ma uno che dopo un anno e rotti di galera dice: “Rispetto la giustizia”, nell’Italia del 2011, viene voglia di fare la ola. Ci hanno talmente abituati, in questi anni, al principio di irresponsabilità, al decretino ad personam, al nessuno mi può giudicare, al conflitto di competenza, alle toghe rosse che da giovani baciavano il fidanzato in corridoio, che quando uno dice semplicemente “decideranno i magistrati”, ci viene da abbracciarlo: come se incontrassimo per sbaglio un essere umano normale nel pianeta degli zombie».