Archive del 2011
“Ci vuole la trascrizione di tutte le intercettazioni”
Settima udienza. La difesa di Scaglia: all’attenzione della Corte deve esserci il materiale integrale
Le prove prodotte dalla Procura sono state al centro della settima udienza per il processo sulla “frode Carosello”. Al proposito, non sono mancate le obiezioni da parte delle difese.
Innanzitutto, è stato eccepito, da parte di alcuni legali (in particolare degli indagati sottoposti alle misure cautelari più dure) che non c’è chiarezza sulla data di iscrizione al registro degli indagati per i diversi reati, elemento decisivo per verificare la validità degli atti di indagine.
La difesa di Silvio Scaglia, al contrario, si è soffermata sul tema delle intercettazioni, sia telefoniche che ambientali, e dei supporti informatici depositati dalla Procura. Nulla da eccepire su quanto prodotto, semmai su quanto non è stato presentato dalla pubblica accusa.
La richiesta della difesa è che venga sottoposto all’attenzione della Corte tutto il materiale raccolto dagli inquirenti, anche quello che potrà essere decrittato solo con l’ausilio di tecnici specializzati. E dovranno essere presentati pure supporti informatici (compresi email e chat) affidati al consulente Genchi.
Il quadro probatorio, insomma, dovrà essere a disposizione del Collegio giudicante in forma integrale: all’interno di questo materiale, infatti, ci potrebbero essere elementi di interesse per il Collegio. Allo stesso scopo le difese, compresi i difensori dell’ingegner Silvio Scaglia, hanno chiesto che vengano prodotte le traduzioni delle rogatorie internazionali effettuate nel corso dell’indagine.
Giancarlo Mazzuca: “Per Scaglia firmerei anche un manifesto”
Per il deputato del Pdl, ex direttore di quotidiani: “Il suo caso sembra già un’espiazione. Rispetto le sentenze, ma dovrebbe andare a processo da persona libera”
“Non ho l’abitudine di firmare i manifesti degli intellettuali, ma se qualcuno lo facesse per chiedere la liberazione di Silvio Scaglia lo sottoscriverei”. Parla così Giancarlo Mazzuca, ex direttore di quotidiani come Il Resto del Carlino e Il Giorno, oggi deputato del Pdl, di cui è responsabile Comunicazione al gruppo della Camera e membro della Vigilanza RAI.
“A distanza di quasi un anno dal suo arresto – che ricordo bene – mi sembra abbia diritto a presentarsi al procedimento da persona libera. Sono uno che rispetta le sentenze, se venisse condannato non aprirei bocca, ma in questo caso mi sembra che stia subendo un’espiazione preventiva. Prima di punire qualcuno, ci vuole una sentenza”.
On. Mazzuca, perché in Italia succede questo?
Sono convinto che una riforma della giustizia sia sempre più urgente e mi auguro che si faccia in tempi brevi. Ci sono casi in cui si finisce perseguitati, altri in cui si percepisce di una sorta di strana clemenza, che offende la coscienza dei cittadini. È una giustizia che va rimessa in sesto.
Nel caso di Scaglia?
Sappiamo che è rientrato dall’estero per spiegarsi con i giudici: di questi tempi in Italia andrebbe considerato un merito, invece nel suo caso è subito finito agli arresti, da quasi un anno, come accennavo poc’anzi. Del resto, se Scaglia avesse voluto nascondere qualcosa lo avrebbe fatto. Invece si è comportato in modo limpido…
C’è un ampio ritratto di Scaglia, in un suo libro dal titolo “I signori di Internet” pubblicato qualche anno fa. Che impressione ne ebbe incontrandolo?
Il libro fu scritto in pieno boom di Internet, erano gli anni d’oro della new economy. Feci parecchie interviste ai cosiddetti “faraoni del web” e a colpirmi di Scaglia fu innanzitutto il suo incontenibile entusiasmo. Mi apparve un uomo determinato e deciso, aveva le idee chiare e infatti ha saputo costruire una grande azienda, a differenza di altre storie dell’epoca che si sono sgonfiate. Per questo lo ricordo con grande stima e gli auguro di potersi presentare al processo senza essere privato della libertà personale.
Dalla Cassazione ancora un annullamento per Catanzariti
I giudici della Suprema Corte hanno annullato ieri, per la seconda volta, il provvedimento del Tribunale della Libertà sulle esigenze di custodia cautelare nel confronti dell’ex manager di TIS. Ora il Riesame dovrà tornare ad esprimersi. Ma intanto l’avvocato Giaquinto preannuncia: “In una prossima udienza chiederò ai giudici del Tribunale di Roma la revoca dei domiciliari per il mio assistito”
Antonio Catanzariti potrebbe presto tornare libero. Per l’ex manager di TIS, imputato al processo per la “frode Carosello” e attualmente agli arresti domiciliari, non sussistono ragioni sufficienti per privarlo della libertà personale.
È quanto ha stabilito ieri la Suprema Corte, annullando un provvedimento del Tribunale della Libertà che aveva invece confermato le esigenze di custodia cautelare, richiesta a suo tempo dalla Procura e confermata dal GIP. Ora toccherà nuovamente al Tribunale del Riesame tornare ad esprimersi.
Va sottolineato che non è la prima volta che la Cassazione decide in tal senso, proprio nei confronti dell’ex responsabile carrier sales Italy di TIS. Spiega il suo legale, l’avvocato Giovanni Maria Giaquinto, “Già lo scorso giugno 2010 la Cassazione ci aveva dato ragione, annullando quanto sostenuto dal Tribunale del Riesame, sia sotto il profilo del rischio di inquinamento delle prove, sia rispetto alla possibile reiterazione del reato. Di questo ultimo provvedimento, del quale attendiamo di leggere le motivazioni nelle prossime settimane, si può però già dire che, per la seconda volta, vede accolte le nostre istanze, e cioè che non esiste alcuna ragione ‘attuale e concreta’, come prevede il codice, che giustifichi il permanere degli arresti”.
Si tratta dunque di un punto forte, a favore della difesa di Catanzariti, che potrebbe riverberarsi positivamente su tutti gli altri manager tlc, da quasi un anno privati della libertà personale. “Si è aperto uno spiraglio importante – prosegue l’avvocato Giaquinto – e posso già anticipare che in una delle prossime udienze del processo formalizzeremo ai giudici del Tribunale una richiesta di revoca dei domiciliari”.
Va ricordato che, differenza degli altri manager tlc, Catanzariti verrà processato separatamente per i due reati dei quali è accusato: delitto associativo e frode fiscale. Questo perché, lo scorso 10 agosto 2010, l’ex manager di TIS aveva già ottenuto la libertà per la presunta evasione dell’Iva, stante la scadenza dei termini di custodia, motivo per cui il GIP Paolicelli aveva respinto il giudizio immediato chiesto dalla Procura. Salvo poi, su ulteriore intervento dei PM, ripristinarlo per la sola “associazione”.
Frode Carosello, il processo entra nel vivo
All’udienza del 26 gennaio, l’ammissione delle prove di accusa e difesa
Un volta esaurite le eccezioni procedurali, il processo per la frode Carosello entra nel vivo. Il giorno 26 gennaio, infatti, si procederà al giudizio di ammissione delle prove prodotte dall’accusa e dalla difesa. Poi si avvierà finalmente la fase dibattimentale, in cui verranno ascoltati i testi prodotti dalle parti.
Sarà, in pratica, il primo confronto sul merito della vicenda, dopo la decisione di procedere al rito immediato. Una decisione che, si legge nell’ordinanza con cui il Collegio giudicante ha respinto le eccezioni delle difese, “non può considerarsi il frutto di un provvedimento obbligato ed acritico del GIP ma consegue solo all’esito di quel complesso iter procedimentale che ha posto il prevenuto in condizione di esercitare un valido contraddittorio su tutti i presupposti della misura cautelare, sotto il duplice profilo dei gravi indizi e delle esigenze cautelari”.
In vista dell’avvio della fase dibattimentale, il Blog ha deciso di mettere a disposizione del pubblico una carrellata sui cosiddetti “gravi indizi” così come sono emersi dagli interrogatori nel corso dei cosiddetti “colletti bianchi”, ovvero i vertici delle società telefoniche Fastweb e Telecom Italia Sparkle.
Per questo motivo nei prossimi giorni pubblicheremo ampi stralci dai verbali dei manager, soprattutto per capire se e in quale misura l’inchiesta abbia approfondito la natura del business telefonico contestato e i meccanismi di governance e di gestione di una società del settore.
Anche Scaglia simbolo di giustizia negata
Adriano Sofri scende in campo sulla condizione delle carceri
“Anno 2011, il carcere dopo Cristo”. Adriano Sofri, dalle colonne di Repubblica lancia un disperato appello sulla situazione delle carceri italiane, accendendo i riflettori su una situazione esplosiva. A chiusura del suo appello, Sofri fa riferimento alla situazione di alcuni casi esemplari, oggetto delle cronache politiche-giudiziarie, tra cui promuove l’ingegner Silvio Scaglia assieme ad altri personaggi famosi, comunque sotto i riflettori.
Ma l’intento è lodevole: riproporre all’attenzione dell’opinione pubblica, continuamente sviata da emozioni forti, politicamente mirate e intellettualmente non sempre oneste, il tema della giustizia negata. Cosa che riguarda un “colletto bianco” come Silvio Scaglia, da quasi un anno privato della libertà personale per “gravi indizi” mai sottoposti ad un serio esame, degno di una società civile, così come tutti i cittadini che, sottolinea Sofri, “dovrebbero inquietarsi delle condizioni delle carceri anche se immaginano, buon per loro, di non doverci finire mai”. Ma che assume un valore particolare per “quei 70mila detenuti, senza faccia, senza nome – se non nelle statistiche sui decessi – con la loro branda a castello e il loro fornelletto da sniffare e farsi il caffè, prima che gli tolgano anche quello”.
È difficile che l’ingegner Scaglia possa rallegrarsi per il fatto di essere stato “promosso” da Sofri al rango di caso giudiziario di scuola, emblematico del funzionamento della macchina giudiziaria italiana (non parliamo di giustizia, per carità). Più facile che l’ingegnere, che ha provato sulla sua pelle per tre mesi le condizioni di vita a Rebibbia, sia sensibile e solidale nei confronti di detenuti, magari per reati lievi, che sono alla balìa di provvedimenti di legge ispirati più all’opportunità politica che alla volontà di render giustizia.
Una situazione che non riguarda solo il Parlamento dove, spiega Sofri, in questi anni si è legiferato in questi anni all’insegna di emozioni e di sussulti emotivi, ma anche la giurisprudenza, ad ogni livello, che tiene in massimo grado conto delle esigenze dell’accusa, ma non dei diritti degli imputati. Al punto che Scaglia si avvia a “festeggiare” (si fa per dire), un anno di mancata libertà da quando decise di presentarsi spontaneamente per aiutare a far luce sulla “frode Carosello”. In questo senso c’è un filo comune che lega le ordinarie violenze della realtà carceraria contro i più umili a quanto sta subendo il fondatore di Fastweb. Insomma: “L’ingiustizia è uguale per tutti”.
Cade l’ipotesi del “doppio processo”
Il quotidiano MF riporta la decisione dei giudici del Tribunale di Roma di proseguire con il giudizio immediato. Al vaglio delle difese la richiesta probatoria dei PM
“Il processo Fastweb-Telecom non verrà smembrato in due tronconi”. È quanto scrive questa mattina il quotidiano MF nel riportare le decisioni prese ieri dal Collegio dei giudici del Tribunale di Roma, nel corso della sesta udienza, con il rigetto delle eccezioni al giudizio immediato presentate dai legali delle difese.
Come si ricorderà, l’ipotesi di separare i procedimenti, in relazione alle accuse di “delitto fiscale e di “delitto associativo”, era stata avanzata “in subordine” dalla stessa Procura nella replica alle “eccezioni”. Il Tribunale ha invece stabilito, con la sua ordinanza letta in aula, che si debba andare avanti, allo scopo di evitare la “regressione” del processo alla fase precedente.
Scrive ancora MF: “la prossima udienza è stata fissata per lunedì 26 gennaio. Per quella data si prevede il giudizio di ammissione verso le prove della difesa e dell’accusa”. Il Tribunale, una volta verificato e ammesso il quadro probatorio “proseguirà con le udienze in cui saranno ascoltate tutte le testimonianze chiamate in causa dai PM e dai legali difensori”.
L’udienza successiva al 26 si terrà venerdì 28, per poi continuare martedì 1° febbraio.
Sesta udienza: al via il processo
Il Tribunale ha ritenuto opportuno non censurare la decisione del GIP di Roma anche per evitare di far regredire il processo alla fase precedente
Umori contrastanti in aula
I giudici della Prima Sezione penale del Tribunale di Roma hanno respinto quest’oggi le “eccezioni” presentate dai legali delle difese, contro la decisione del GIP Maria Luisa Paolicelli di concedere il rito immediato su richiesta della Procura.
La decisione, giunta dopo circa due ore di Camera di consiglio, è stata comunicata dal presidente del Collegio giudicante, dottor Giuseppe Mezzofiore, con la lettura in aula delle motivazioni del rigetto.
Subito dopo, con la pronuncia della frase di rito da parte del presidente stesso, che ha dichiarato “aperto il dibattimento”, il processo per “frode Carosello” è entrato ufficialmente nel vivo, con le richieste probatorie della Procura, illustrate dai sostituti Bombardieri e Passaniti.
L’udienza è stata tuttavia sospesa per la richiesta, avanzata da alcuni dei legali difensori e accolta dai giudici, di un termine per la difesa necessario per approfondire il materiale probatorio dei PM. Il processo riprenderà con la settima udienza il prossimo 26 gennaio.
“Processo Carosello”: oggi la sesta udienza
La parola ai giudici. Stamane, infatti, presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Roma, il Collegio giudicante del processo per la “frode Carosello” presieduto dal dottor Giuseppe Mezzofiore dovrà pronunciarsi sulle eccezioni sollevate da diversi difensori contro la decisione del GIP Paolicelli di concedere il rito immediato su richiesta della Procura
Ecco gli scenari possibili:
- Il Collegio giudicante respinge tutte le eccezioni. In tal caso, il processo va avanti nella forma attuale;
- Al contrario, il Collegio accoglie le richieste delle difese in toto. Di conseguenza, il fascicolo torna ai PM per l’istruzione della causa secondo il rito ordinario.
- Vengono stralciate le posizioni di uno o più imputati.
- Viene ritenuta fondata l’eccezione di incostituzionalità per l’interpretazione estensiva data all’articolo 453/1 bis del Codice di procedura penale. In tal caso il processo si ferma in attesa della pronuncia della Suprema Corte.
- Il Collegio potrebbe separare il procedimento relativo agli “illeciti tributari” rispetto all’“associazione a delinquere”. In tal caso non è da escludere la paradossale situazione per cui alcuni imputati si troverebbero ad essere giudicati con il “rito ordinario” rispetto ai reati fiscali (da un altro Collegio di giudici che dovrebbero istruire un nuovo procedimento rispettando le competenze territoriali) e secondo il rito immediato rispetto al secondo reato.
“Da cittadino ho paura della giustizia inquirente”
Nei giorni scorsi è pervenuto al blog un commento ad opera di Sabrina persona evidentemente vicina ad uno degli imputati del processo sulla “frode Carosello” che, a scanso di “ogni ipocrisia”, si dichiara sensibile “ai casi di Mazzitelli, Comito e Catanzariti”, ovvero tre manager di Telecom Italia Sparkle coinvolti nel procedimento
Si tratta, dunque di una testimonianza “partigiana” ma non per questo meno significativa perché, al di là del merito della vicenda giudiziaria, ben rappresenta il circolo vizioso che ha avvolto quest’inchiesta da quasi un anno a questa parte, a prezzo del bene della libertà individuale per i “colletti bianchi”, a partire dall’ingegner Silvio Scaglia.
Per questo, alla vigilia della decisione dei giudici della Prima Sezione del Tribunale penale di Roma sulle eccezioni al rito abbreviato per questo procedimento, si è deciso di offrire spazio a questa testimonianza. Con l’augurio che, finalmente, sia garantito agli imputati, innocenti fino a prova contraria, un giusto processo in condizioni degne di uno Stato di diritto ove, al contrario di quanto affermato in udienza dai PM, non capiti di sentire che “i gravi indizi contano di più delle prove evidenti”. Ammesso che esistano “i gravi indizi”.
Sabrina:
La requisitoria dei PM è stata più che esposta urlata, ha parlato di elementi suggestivi che nulla hanno a che fare con le eccezioni le prove e gli elementi tecnici ed i singoli aspetti umani e indiziari degli imputati coinvolti, intimava al collegio la non “facoltà” di decidere perché non in grado di esaminare gli elementi meglio del GIP che ha disposto il decreto di giudizio immediato.
Ecco questa al di là degli elementi tecnici è proprio la vera anomalia clamorosa di questo processo e quindi anche delle possibilità che il sistema offre alla accusa di monopolizzare la prima fase del processo che sembra non avere mai fine. Si continua a far finta che il materiale probatorio sia stato esaurientemente valutato da giudici terzi o non è richiesta la valutazione come nel caso dell’immediato cautelare disposto dal GIP Paolicelli, per cui il giudice almeno fino ad ora si trova di fronte a questa tautologia perversa per cui il giudice non entra nel merito perché non deve, non ha tempo, non può esaurientemente vista la mole non è la fase del processo che lo consente e le difese subiscono la estemporaneità dei PM senza poter eccepire nulla di esauriente in un vero contraddittorio costituzionalmente garantito.
Complimenti alla Procura maestra nella tattica giudiziaria e della politica di palazzo anche se il loro ruolo pubblico dovrebbe garantire, pur nel rispetto dei ruoli, un giusto processo. Togliamo il velo alla ipocrisia mi riferisco ai casi di Mazzitelli, Comito e Catanzariti che in po’ conosco e credo non diversi dagli altri imputati “Telecom-Fastweb”. Gli imputati hanno sempre collaborato tranne in un caso Catanzariti si è avvalso del diritto di non rispondere per il resto piena collaborazione; all’udienza di convalida dell’arresto con il GIP Morgigni gli imputati arrivano senza avere potuto conferire con gli avvocati perché disposto dal giudice, rispondono puntualmente alle domande, il GIP confonde addirittura la parte sostanziale della imputazione asserendo che le società Telecom non avessero pagato l’IVA, il difensore non può parlare l’imputato rimane allibito ma niente si va avanti si rimane in carcere e si motiva asserendo che gli imputati sono reticenti.
La prima udienza del Tribunale della Libertà dura 5 minuti la Procura produce all’ultimo momento verbale di interrogatorio di un coimputato che dichiara il falso fra gli “ho sentito e mi hanno detto che”. Durante l’udienza il PM adduce ulteriori elementi suggestivi basati sul nulla facilmente confutabili, ma la difesa non può replicare perché il Collegio lamentava carenza di tempo e anche la memoria veniva ritenuta eccessiva (40 pagine su una inchiesta di 180.000). Rimangono in carcere.
Il GIP Morgigni respinge numerose istanze con motivazioni sempre diverse e mai documentando le motivazioni addotte che richiamavano ad interrogatori di coimputati, che ora basta leggere per valutarne la reale portata, opposta rispetto alle motivazioni. Rimangono in carcere.
Pochissimi documenti vengono esibiti dalla Procura e messi a disposizione delle difese prima della emissione del decreto di giudizio immediato anche interrogatori importanti ed esimenti non c’è nessun contraddittorio mai con il GIP nel merito del materiale probatorio.
Si arriva ad agosto dove un giudice in feriale emette decreto di giudizio immediato asserendo che non deve entrare nel merito probatorio ma solo constatare lo stato di detenzione degli imputati, e constata anche male rispetto ai reati fiscali. La Cassazione nel frattempo adita con ricorso avverso la prima pronuncia del Tribunale del Riesame annulla con rinvio sul tema cautelare ma non entra nel merito non può e si basa sulla ordinanza del riesame per constatarne la manifesta o no illogicità della motivazione basata solo sul materiale indiziario presente nell’ordinanza cautelare al marzo 2010. Ordinanza del 25 giugno 2010 né il PM né il GIP prendono atto attendono una successiva udienza del riesame peraltro rimandata inizialmente per assenza dei giudici e la scarcerazione agli arresti domiciliari avviene il 16 Luglio circa un mese dopo con parere contrario dei PM.
E qui è la madre di tuttI i misfatti la ordinanza cautelare che contiene elementi appiccicaticci, solleva suggestioni basate sul nulla contiene richiami a fatti così inverosimili e facilmente verificabili da poter essere giudicati falsi insomma un caos scientificamente organizzato da maestri della tattica giudiziaria. Altre due sessioni del Tribunale del riesame sempre della durata di 5/10 minuti con contraddittorio quasi nullo e dove costantemente il PM modifica l’approccio sostanziale delle imputazioni senza che nessuno eccepisca nulla e le difese sono impotenti. E sono ancora in carcere (agli arresti domiciliari cioè carcere) ed è passato quasi un anno.
Allora il dibattimento a cui si è arrivati senza nessun “vero” contraddittorio, secondo i tecnici sana tutto ma intanto i danni psicologici e materiali per gli imputati sono enormi ed insanabili. Da cittadino ho paura della giustizia inquirente, rimane la speranza che i giudici collegiali ritenute persone serie mettano un freno anche nella fase preliminare.