Fattore Umano | Il riscatto passa dal lavoro
Sul quotidiano Avvenire di ieri un intervento a firma congiunta del vicepresidente della Camera Maurizio Lupi e del vicesegretario del Pd Enrico Letta, su come dare una «seconda chance» ai detenuti
Parlare di carceri significa spesso «parlare di un lungo elenco di numeri che, in maniera impietosa, mettono in evidenza tutti i limiti del nostro sistema». Limiti affrontati nel corso degli anni con «interventi tampone» risultati «deboli» o «addirittura totalmente inefficaci». Così scrivono sul quotidiano Avvenire gli On. Lupi e Letta, rispettivamente vicepresidente della Camera e vicesegretario del Pd. Si tratta, invece, di mettere al centro dell’azione politica la persona e non applicare uno «schema». E se l’opinione pubblica e la classe politica sono ormai abituati a ragionare su schemi numerici, allora sfruttiamo la non confutabilità delle cifre “snocciolate” per descrivere il dramma carcerario italiano. Un numero su tutti, quello che riguarda la recidiva degli ex detenuti. Una «ricaduta – si legge –, l’esempio più concreto della debolezza umana»: 68%. Circa il 35% tra i beneficiari del provvedimento di clemenza dell’indulto del 2006.
Come abbassare il “peso” di questo dato? «Sognare sistemi talmente perfetti che nessuno avrebbe più bisogno di essere buono può servire a ridurre quella percentuale? – si chiedono Lupi e Letta – citando Thomas Stearns Eliot. La risposta – dicono – «sta nell’articolo 27 della nostra Costituzione». In sintesi: le pene devono rieducare il condannato nel pieno rispetto del senso di umanità. La rieducazione va posta dunque nell’ambito della pena intesa umanamente e, soprattutto, deve essere applicata. Un dovere quello di «vigilare e redimere» che sintetizza perfettamente «l’idea che ogni uomo, anche se ha commesso l’errore peggiore, può cambiare». In che modo? Solo se il reo incontra durante la sua pena «qualcuno in grado di rilanciare la sua umanità».
Su questo principio si fonda il disegno di legge bipartisan promosso anche da Lupi e Letta e firmato da Treu in Senato e Farina alla Camera. Una proposta di modifica della “Legge Smuraglia” già approvata dalla Commissione Lavoro di Montecitorio e che punta a promuovere il lavoro intramurario e quello immediatamente successivo alla fine pena. Il prossimo step sarà il passaggio del testo in Aula entro febbraio. «Al di là dei tecnicismi – si legge – l’intento è semplice: riprodurre, all’interno delle carceri, un modello di lavoro imprenditoriale più qualificato».
Una seconda chance per tutti, dunque, attraverso il lavoro. «Con tutto la fatica, la soddisfazione, la passione e i sacrifici» che il “fare” porta con sè.