“Iva Telefonica”: colpo di scena sull’intercettazione
Stefano Mazzitelli e Massimo Comito, intercettati dalla GdF esattamente il 28 giugno 2007 non parlavano di Luigi Marotta, uomo legato a Focarelli, ma di Giuseppe Marotta, rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta insieme a due dirigenti di Telecom Italia. In pratica commentavano un articolo de Il Sole 24 Ore uscito proprio quel giorno. Eppure lo scambio di persona ha sorretto – per PM e GIP – l’atto di accusa verso i due manager tlc nell’ordinanza di custodia cautelare
È stato un vero e proprio colpo di scena, con tanto di dichiarazione spontanea resa ieri in aula da Stefano Mazzitelli, l’ex Ad di Telecom Italia Sparkle, che ha potuto finalmente veder riconosciuta la sua versione dei fatti a proposito di una intercettazione del 2007, nella quale parlava con un altro manager di TIS, Massimo Comito.
In pratica si è trattato di uno scambio di persona: il “Marotta” citato nel corso della telefonata fra Mazzitelli e Comito non è infatti il Luigi Marotta, coinvolto nel processo per l’”Iva Telefonica”, bensì di Giuseppe Marotta, rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta proprio nel 2007 dal Tribunale di Roma, per un’altra vicenda legata a Telecom Italia, insieme a due dirigenti dell’azienda, che operavano al tempo nella divisione wholesale nazionale della compagnia telefonica.
L’intercettazione ascoltata ieri in aula non lascia adito a dubbi ed è chiarissima la citazione da parte di Mazzitelli dei nomi dei due dirigenti di Telecom Italia citati nell’articolo del Sole 24 Ore del 28 giugno 2007 oltre che di “Marotta” (Giuseppe, ndr).
Ma per le indagini della Procura di Roma, quella telefonata acquista tutto un altro significato: è una delle prove secondo cui Mazzitelli e Comito parlano di Luigi Marotta, cioè dell’uomo legato a Carlo Focarelli, risultando quindi consapevoli della (presunta) truffa dell’Iva che si consuma ai danni del fisco.
Quindi Mazzitelli e Comito parlavano di tutt’altro come è emerso appunto dall’ascolto completo dell’intercettazione.
Una lettura che però la Procura ha rifiutato, nonostante sia stata chiarita da entrambi i manager TIS nel corso dell’interrogatorio di garanzia reso in carcere in regime di isolamento giudiziario, e poi ribadita attraverso la documentazione resa al Tribunale dal legale Fabrizio Merluzzi del provvedimento di rinvio a giudizio di Marotta Giuseppe.
Inspiegabilmente, inoltre, nell’ordinanza di custodia cautelare, i nomi dei due dirigenti di Telecom Italia citati nel corso della telefonata e che rappresentano incontrovertibilmente il discrimine fra i due procedimenti giudiziari, vengono omessi: l’intercettazione è trascritta solo parzialmente… (il maresciallo capo Leccese fra l’altro non ricorda in aula di avere trattato questa telefonata con il che rimane il dubbio su chi abbia gestito realmente l’intercettazione in questione, ndr).
Da registrare, come si accennava, anche la dichiarazione spontanea resa ieri in aula dall’ex Ad di TIS Mazzitelli: «Non voglio che rimangano ombre – ha dichiarato ai giudici – questa intercettazione così sono la prova di quello che ho dichiarato: non si tratta solo dell’insufficienza della prova da parte dell’accusa, ma della prova positiva di quello che ho dichiarato io». Mazzitelli si riferiva anche ad altre coincidenze non verificate.
L’udienza aveva al centro l’esame dal parte del PM Bombardieri del maresciallo capo della Guardia di Finanza, Pietropaolo Leccese, stretto collaboratore del capitano delle Fiamme Gialle Luca Meoli, cui è seguito il controesame di alcuni legali difensori.
Tra l’altro, nelle dichiarazioni di Leccese, si è potuta osservare una singolare “discrepanza” con quanto sostenuto in aula proprio da Meoli. Laddove il capitano della GdF aveva sostenuto che i manager tlc non furono mai intercettati per evitare che se ne accorgessero, il maresciallo Leccese ha sostenuto che, nel 2008, i dirigenti delle due società telefoniche (TIS e Fastweb, ndr.) non furono intercettati perché in tutte le indagini condotte dalla GdF non erano emersi elementi nei loro confronti tanto che nella CNR (Comunicazione Notizia di Reato, ndr.) inoltrata alla Procura i dirigenti delle due società telefoniche, con due eccezioni precise, non sono stati considerati indagabili per il reato associativo dalla GdF.
Nella realtà, come dimostrato dall’intercettazione ascoltata in aula, Massimo Comito veniva intercettato già nel giugno 2007, ma non emergeva nulla.