Archivio di gennaio 2012

Fattore Umano | Verso la fine dell’«ergastolo bianco»


L’emendamento approvato giovedì scorso in Commissione Giustizia in Senato fissa a marzo 2013 il termine per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari



Con il sì del Senato si conclude «una nuova tappa del faticoso percorso per abolire definitivamente gli OPG, ma il traguardo è ancora lontano». Ad affermarlo in una nota Stefano Cecconi (responsabile Politiche della salute della Cgil Nazionale), Giovanna Del Giudice, Fabrizio Rossetti del comitato Stop Opg. Un passo fondamentale che accelera l’attuazione di norme di superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari «che esistono già ma non sono ancora state applicate».


Per risolvere la drammatica situazione di 1.500 persone fino ad oggi dimenticate e condannate ad un «ergastolo bianco – concludono Cecconi, Del Giudice e Rossetti – serve investire nei servizi socio sanitari nel territorio, a partire dai Dipartimenti di Salute Mentale. e non dimenticare l’impegno già assunto dal Senato per avviare anche un percorso di modifiche legislative, per superare l’istituto giuridico dell’OPG».



Il comitato Stop Opg continuerà a non abbassare il livello di attenzione dell’opinione pubblica e a ricordare a Governo, Regioni, Asl e comuni la loro responsabilità per «organizzare la presa in carico delle persone internate, per curarle e assisterle nel territorio di residenza, come prevedono le norme e indicano le ripetute sentenze della Corte Costituzionale». Il 26 gennaio un nuovo importante appuntamento del Comitato: dalle ore 10 alle 16, presso In Centro Congressi Frentani di Roma si svolgerà infatti la conferenza stampa di presentazione della campagna Un volto un nome con i referenti regionali di Stop Opg. Un incontro in cui si discuterà anche dell’«imputabilità» e degli aspetti normativi.


Fattore Umano | «Meno carcere, più misure alternative»


E per chi resta in galera: più colloqui e più telefonate ai famigliari. Questo, in sintesi, il carnet delle proposte avanzate al ministro Paola Severino dal Cartello Sovraffollamento: che fare?. Nel frattempo la Commissione Giustizia del Senato vota a favore del Dl “svuota-carceri” e dice sì a un emendamento che prevede la chiusura dei “manicomi criminali”



Aumentare le ore di colloquio e le telefonate con i famigliari. Una proposta semplice, a costo zero, senza nessuna complicazione sul funzionamento dell’Amministrazione penitenziaria. Ma con un effetto assai probabile: ridurre il numero dei suicidi o dei tentati suicidii, i casi di autolesionismo, la richiesta continua di uso di psicofarmaci.





C’è anche questo nel carnet di “soluzioni per l’emergenza”, avanzate al Ministro della Giustizia Paola Severino da parte della delegazione di Sovraffollamento: che fare?, un Cartello che raccoglie le sigle delle associazioni più impegnate sul fronte carceri, nel corso dell’incontro avvenuto ieri, 12 gennaio.


Vi sono poi le proposte di maggiore impatto strutturale: «la necessità di modificare la legge Fini-Giovanardi sulle droghe, la ex Cirielli sulla recidiva e la Bossi Fini sull’immigrazione – come spiega Ornella Favero, direttrice di Ristretti Orizzonti – che più hanno contribuito a riempire le carceri, nonché di ridurre l’uso della custodia cautelare e di potenziare le misure alternative».


Il ministro, dal canto suo, ha confermato la propria disponibilità a introdurre alcune misure suggerite nel decreto legge sulle carceri in discussione al Senato, in particolare relative alla possibile riduzione dell’uso della custodia cautelare e nella direzione di potenziare le misure alternative.


Da questo punto di vista vanno segnalate due importanti novità votate questa mattina in Commissione Giustizia del Senato che ha approvato il Dl “svuota-carceri”. Tra le norme previste, spicca la misura degli arresti domiciliari, anche per i recidivi, per risolvere il sovraffollamento dei penitenziari. Il testo per la votazione a Palazzo Madama sarà in aula il prossimo 18 gennaio.


Sempre in sede di Commissione Giustizia del Senato è stato approvato all’unanimità un emendamento per la chiusura definitiva degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) entro il 31 marzo 2013. «Possiamo così sperare – ha dichiarato Ignazio Marino, senatore Pd e presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale – di superare definitivamente, grazie al favore dell’intera Commissione Giustizia, l’orrore dei manicomi criminali che tanto ha indignato anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano». Nella speranza che non vi sia alcun passo indietro nel voto plenario di settimana prossima al Senato.


“Iva Telefonica”. Si riparte il 17


Udienza brevissima quella del processo “Iva Telefonica” celebrata questa mattina presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Roma. Il proseguimento dell’esame da parte dell’accusa del capitano dei ROS Francesco De Lellis è stato infatti interrotto anticipatamente e rinviato


Questa mattina, davanti al Collegio giudicante presieduto dal Dott. Giuseppe Mezzofiore, è proseguito l’esame del capitano De Lellis. Un intervento breve in cui sono stati descritti alcuni investimenti che sarebbero stati effettuati dal “gruppo” che, secondo l’accusa, faceva capo a Gennaro Mokbel.


Nel corso dell’esame è stata anche data lettura di passaggi delle trascrizioni di alcune intercettazioni telefoniche tra Mokbel e l’ex senatore del PdL Nicola Di Girolamo condannato con patteggiamento a luglio 2011 a cinque anni di pena e al risarcimento di 4,2 milioni di euro all’Erario.


Il Tribunale ha rinviato direttamente all’udienza del 17 gennaio annullando così quella fissata per domani.


L’Angolo di Vincino | Martedì 10 gennaio…


 

 

“Iva Telefonica”. Prosegue l’esame di De Lellis


Si è svolta ieri la prima udienza del 2012. In aula, presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Roma, il Capitano dei ROS Francesco De Lellis per il  proseguimento del suo esame da parte dell’accusa


Nel corso dell’udienza sono stati esaminati alcune vicende del rapporto tra Augusto Murri (già condannato dal GUP ad una pena di cinque anni) e Gennaro Mokbel. Proprio quest’ultimo, a tal proposito, ha svolto un intervento difensivo che è nato a seguito dell’ascolto di alcune intercettazioni.


Durante il suo esame, il Capitano De Lellis ha inoltre testimoniato sui rapporti tra Gennaro Mokbel e il Maggiore della Guardia di Finanza Luca Berriola e tra Mokbel ed alcuni appartenenti alle Forze dell’ordine come Fabrizio Magi, già sottufficiale dei Carabinieri appartenente alla DIA, e condannato in Primo grado con l’accusa di “rivelazione dl segreto d’ufficio”. L’esame del Capitano dei ROS Francesco De Lellis proseguirà domani, 12 gennaio.


“Iva Telefonica”. La prima udienza del 2012


Dopo la pausa feriale riparte questa mattina il processo “Iva Telefonica” presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Roma. Davanti al Collegio presieduto da Giuseppe Mezzofiore, come da programma, continuerà l’esame del capitano dei ROS Francesco De Lellis

Fattore Umano | L’inferno di Petrusa


Un’interrogazione dell’On. Bernardini dopo la visita ispettiva nella casa circondariale di Agrigento: dove non funziona il riscaldamento, è complicato lavare se stessi e le celle, mancano agenti, psicologi e assistenti. E c’è chi va in giro con due scarpe diverse, perché non ha i soldi per comprarle



Manca pure il riscaldamento. Laconico, il comandante di Polizia penitenziaria osserva: «In  sette anni non è mai entrato in funzione». Cose che capitano nel carcere di Agrigento, sovraffollato come tutti gli altri in Italia: 421 detenuti ristretti, a fronte di una capienza regolamentare di 250 posti. Di questi, poco più della metà scontano una condanna definitiva, gli altri sono in attesa di giudizio.


Il 30 dicembre scorso c’è stata la visita ispettiva dell’onorevole radicale Rita Bernardini, da cui è nata un’interrogazione rivolta al Ministero della Giustizia.



Nella sezione Asia,  in celle da 8 mq, previste in origine per un solo detenuto, ne convivono  2 o 3, a seconda dei periodi, messi in pila su letti a castello. Non ci sono le docce e le celle appaiono in condizioni pessime: «I tubi sono marci e ci sono problemi di manutenzione, abbiamo problemi di budget», dice chi vi lavora in condizioni altrettanto problematiche.


Le difficoltà riguardano poi anche altri aspetti: l’assistenza sanitaria, il monte ore degli psicologi (si stima un disagio psichiatrico nell’ordine del 15 per cento dei ristretti), ci sono detenuti che non hanno i soldi nemmeno per le ciabatte, e il detersivo per pulire viene dato una volta al mese «e finisce sempre in 14 giorni». Insomma non si riesce neanche a lavarsi e a pulire gli ambienti, come si dovrebbe.


Forse è per questo che un detenuto romeno, con condanna definitiva, arriva ad esclamare una cosa del genere: «Sono stato in carcere in Germania, Russia e Romania, ma qui è peggio».



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L’Angolo di Vincino | Carceri 2012


Fattore Umano | L’emergenza è urgenza


A colloquio il Presidente de Il carcere possibile Onlus, l’avvocato Riccardo Polidoro. «Non è possibile – dice – che per agire sulle carceri si debba giungere a un morto ogni due giorni. Le linee illustrate dal ministro Severino sono in larga misura condivisibili, ma occorre che dagli annunci si passi ai fatti»



L’Associazione Il carcere possibile nasce nell’aprile del 2003 come progetto promosso dalla Camera Penale di Napoli, su iniziativa dell’avvocato Riccardo Polidoro, all’epoca componente della Giunta dell’Associazione.


Siamo in stato di “emergenza carceraria”. A suo avviso, ci si sta muovendo nella giusta direzione per affrontare il problema?

Il nuovo Ministro della Giustizia ha messo in moto la macchina legislativa, finalmente, in una direzione giusta, contrariamente a quanto avvenuto in passato. La riforma annunciata agli inizi del 2010 dal Ministro Alfano, anche se fosse stata attuata, non avrebbe risolto alla radice le problematiche relative alla detenzione. Allora, si faceva riferimento a 4 pilastri: 1) Edilizia Penitenziaria; 2) Arresti Domiciliari per coloro che dovevano scontare un residuo di pena di un anno; 3) Messa alla prova; 4) Assunzione di 2.000 agenti di polizia Penitenziaria. Tali proposte, delle quali solo la seconda ha trovato parziale applicazione e con risultati di gran lunga inferiori alle aspettative, si muovevano in un’ottica “carcerogena”, nel senso che si voleva risolvere il sovraffollamento costruendo nuovi spazi detentivi, con il risultato aberrante che ci sarebbero volute sempre più carceri, visto l’aumento costante della popolazione detenuta.




Cosa è cambiato?

Il Ministro Severino ha annunciato di voler coltivare una strada del tutto diversa, con una riforma che veda con favore: 1) le misure alternative al carcere; 2) l’applicazione di pene, già in sede di condanna, diverse dalla detenzione; 3) la depenalizzazione di alcuni reati con ricorso a sanzioni amministrative, per impegnare i Giudici Penali in processi di effettiva rilevanza sociale e accelerare la stessa celebrazione dei processi con riduzione della custodia cautelare; 4) l’uso di dispositivi per il controllo a distanza dei detenuti agli arresti domiciliari, cosa che favorirebbe la concessione di tale misura; 5) la realizzazione di una Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti.


Con quali conseguenze?

Tali annunci – perché, allo stato, di annunci si tratta – se effettivamente realizzati, unitamente alla rivisitazione di alcune norme, come quelle sull’immigrazione e gli stupefacenti che prevedono pene detentive inutili e eccessive, porterebbero ad un’immediata risoluzione del sovraffollamento, nel rispetto del principio sacrosanto della “certezza della pena”.


Manca qualcosa, dunque?

Manca, da sempre, una concreta volontà di risolvere il problema, perché l’argomento non è popolare, non porta consenso. Non è possibile che per agire, e speriamo lo si faccia, si debba giungere ad un morto nelle carceri ogni due giorni, come è avvenuto in questi due ultimi anni.


Quali, a suo avviso, le prospettive per il 2012 rispetto al piano del Governo per affrontare l’emergenza nelle carceri italiane?

Se parliamo di “prospettive”, quello appena iniziato potrebbe essere l’anno della svolta. Ma mi si consenta di essere diffidente, avendo assistito a troppe dichiarazioni d’intenti, poi non realizzati, che hanno illuso la popolazione detenuta, già colpita da ingiuste sofferenze. Penso al primo provvedimento del Governo in materia, ad esempio, il Decreto Legge, in vigore dal 23 dicembre scorso. Ritengo, infatti, che non tenga conto delle reali condizioni del Paese: viene stabilito che gli arrestati in flagranza non transitino più negli Istituti di pena, ma vengano “custoditi”, in attesa del giudizio direttissimo, nelle celle di sicurezza del Corpo di Polizia che ha eseguito l’arresto. Tale norma, se da un lato consentirà forse meno ingressi in carcere, aggraverà i compiti della Polizia Giudiziaria, che non è affatto in grado di gestire una tale situazione, per carenza di strutture, di mezzi e di uomini. Inoltre il detenuto sarà portato in una cella non attrezzata e per di più sorvegliata da coloro che lo hanno arrestato. Per il detenuto sarà senz’altro peggio. Inoltre, proprio per tali carenze, si arriverà ad un aumento delle convalide e alla diminuzione dei giudizi direttissimi, nel senso che, pur di non custodire gli arrestati in luoghi non idonei, questi verranno tradotti direttamente in carcere a disposizione del GIP. A conferma di quanto sto dicendo, basta pensare alla polemica tra il Vicecapo della Polizia di Stato Francesco Cirillo e il Ministro Severino. Il primo ha dichiarato che le celle di sicurezza sono troppo poche e non rispettano gli standard minimi di dignità e sicurezza. Secondo Cirillo insomma i detenuti stanno molto meglio in carcere e vi sono gravi problemi di organico che non consentono di sorvegliare gli arrestati.


Fattore Umano | Capodanno a Rebibbia


Roberto Giachetti, deputato PD, racconta la notte del 31 dicembre nel carcere di Rebibbia con Marco Pannella, tra 1735 detenuti (il doppio dei posti disponibili). Perché «nessuno si senta escluso»



È l’una e cinquanta circa, Fabrizio coriaceo agente del G8 di Rebibbia si toglie il gusto di una domanda che, si vede, ha sulla punta della lingua da quando Pannella è entrato per visitare il suo reparto: «Scusi onorevole ma a lei ad 82 anni con tutto quello che ha fatto chi glielo fa fare di stare qui a quest’ora il giorno di Capodanno?». Eggià è la domanda che si legge sul voto di tutti coloro che assistono ai suoi sopralluoghi come “consulente” (il paradosso è che lui che conosce tutte le carceri d’Italia, che ha passato una parte della sua vita lì dentro, come ospite e come ‘ispettore, ma sempre per scelta, non essendo più “onorevole” può entrare solo come assistente di un parlamentare), nei penitenziari italiani.



La risposta sarebbe semplicissima se fosse possibile mostrare cosa accade nella “comunità” quando Marco vi entra, se fosse possibile far ascoltare il concerto poliglotta di parole di Amicizia che si leva non solo quando compare ma anche semplicemente quando dall’ultima cella del lungo corridoio viene percepito il timbro indistinguibile della sua voce e che lui alza ad arte per far si che «nessuno si senta escluso». Occorrerebbe poter vedere il linguaggio del suo corpo quando incontra i figli della Comunità, la sua Comunità.


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