«Non c’è un solo elemento contro Scaglia»
L’arringa del collegio difensivo dell’ingegnere ha ricostruito, punto per punto, il caso “Iva Telefonica” rilevando, tra l’altro, «l’assoluta illogicità economica» di un suo coinvolgimento nella frode
C’è da domandarsi, ha insistito il professor Fiorella, perché alcuni vertici di Fastweb sono stati coinvolti, altri no. Il professor Grosso, dopo aver contestato il reato associativo, ha ricordato nelle conclusioni che Scaglia, dopo esser rientrato dall’estero per consegnarsi alla giustizia, ha subito una lunga ed immotivata carcerazione preventiva.
Una ricostruzione accurata, punto per punto, di tutti gli aspetti della vicenda dell’“Iva Telefonica” ha distinto la seconda parte dell’arringa dei difensori dell’ingegner Scaglia, il professor Antonio Fiorella e il professor Carlo Federico Grosso. Da questa analisi è emersa «l’assenza totale di elementi» che colleghino l’ingegner Scaglia alla frode. Oltre «all’assoluta illogicità di un suo coinvolgimento dal punto di vita economico». «Scaglia – si legge stamane su Libero – dev’essere assolto perché non era a conoscenza della frode ai danni di Fastweb». È questa la conclusione logica dell’arringa del collegio difensivo davanti alla Prima Sezione penale del Tribunale di Roma, presieduta da Giuseppe Mezzofiore. «Scaglia è stato trasformato da vittima in colpevole, pur non essendo a conoscenza della truffa ordita alle sue spalle e ai danni di Fastweb. Per condannare il top manager bisognerebbe dimostrare il principio di capillarità dell’azienda per cui solo lui poteva sapere e gli altri no». «Invece Scaglia – continua la cronaca di Libero – non vede niente di quello che accade alle sue spalle. Tutti innocenti, solo lui è il colpevole, perché è il simbolo». E così, per motivi inspiegabili, solo lui viene coinvolto nell’accusa a differenza di altri vertici apicali di Fastweb.
Per quanto riguarda l’accusa di evasione fiscale, riferisce Rita Cavallaro su Libero, il collegio sottolinea che «Non esiste alcun movente che possa aver spinto Fastweb e il suo top management a mettere in atto una truffa ai danni dell’erario: come è stato ampiamente documentato e prodotto in aula Fastweb ha pagato tutta l’Iva dovuta in riferimento alle operazioni commerciali denominate Phuncard e Traffico Telefonico». Inoltre «Scaglia non ha mai sottoscritto la dichiarazione Iva né l’ha mai approvata» e per giunta «Fastweb non ha conseguito alcun beneficio dalle operazioni sotto accusa, al contrario queste sono state fonte di un ingente danno economico, pari a 75,3 milioni di euro».
Per i legali, riferisce ancora il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, «il rischio che si potesse prefigurare una frode carosello ai danni dell’azienda non poteva essere in alcun modo ipotizzabile» poiché «a quel tempo le frodi carosello legate al settore delle telecomunicazioni non si erano mai verificate e nessuno ne avrebbe potuto cogliere il più lontano rischio». Il collegio ha infine contestato la presunta associazione a delinquere, per poi ricordare, nelle conclusioni, le circostanze in cui l’ingegner Scaglia si è consegnato, tornando spontaneamente dall’estero, all’autorità giudiziaria per poi subire una lunga carcerazione preventiva in assenza degli estremi previsti dal codice per la restrizione della libertà personale.
In sintesi, l’arringa del collegio difensivo ha consentito di smontare ogni elemento di un’accusa che non si fonda né su prove né su testimonianze.