Archivio di giugno 2013
«Superficiali e frammentarie le accuse a Mokbel»
L’avvocato Placanica contesta l’esistenza per il suo assistito del reato associativo, del riciclaggio, la corruzione e i legami con un gruppo mafioso. Si sono concluse le arringhe della difesa
Il quadro accusatorio nei confronti di Gennaro Mokbel si compone di tanti frammenti, frutto di un «sistema», quello delle indagini cautelari, che pone di fronte al giudice del dibattimento una visione superficiale della realtà. È questa in sintesi, la contestazione da cui si è mossa l’arringa dell’avvocato Cesare Placanica, il difensore di Gennaro Mokbel. Il legale, partendo da queste premesse, ha contestato, anche con numerosi richiami agli interventi dei difensori che lo hanno preceduto, l’esistenza dei reati attribuiti al suo assistito.
L’avvocato Placanica, innanzitutto, ha contestato l’esistenza del reato associativo. In realtà, è la tesi del legale, si è trattato di mero concorso in reati fiscali. Da questo discende la non sussistenza dell’aggravante prevista per i reati transazionali, visto che la natura transnazionale del reato non può essere utilizzata anche come circostanza aggravante qualora sia altresì elemento costitutivo del reato.
Quanto al riciclaggio, il difensore ha sostenuto che, avendo Mokbel concorso nei reati fiscali (addirittura con ruolo dirigenziale) ne discende l’esclusione della configurabilità del reato a suo carico, ai sensi della clausola di riserva ex art.648 bis del codice penale.
A proposito degli episodi contestati a titolo di corruzione (posizione Berriola) e di reati elettorali (Di Girolamo), il difensore si è richiamato alle arringhe dei difensori dei coimputati, aggiungendo inoltre che il rapporto con l’ex senatore Di Girolamo era improntato a indipendenza da parte di quest’ultimo.
Infine, il difensore ha contestato la sussistenza dei reati relativi a collegamenti con un gruppo criminale di stampo mafioso.
«Giorgia Ricci è del tutto estranea alla vicenda»
L’arringa del difensore della moglie di Mokbel: «una donna malata, con grande forza d’animo» che non ha contribuito in alcun modo ai reati contestati
Giorgia Ricci, moglie di Gennaro Mokbel, è del tutto estranea alle attività ed alle trame del gruppo sotto accusa nel processo per l’“Iva Telefonica”, che si celebra presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Roma presieduta da Giuseppe Mezzofiore. È quanto ha sostenuto oggi in aula l’avvocato Ambra Giovene, analizzando le singole contestazioni della Procura per confutarli.
Nella sua arringa, la difesa della signora Ricci si è soffermata a lungo sulla storia personale della propria assistita, insistendo sulle vicissitudini affettive, i lutti familiari e l’insorgere della gravissima malattia che l’affligge, ma anche sottolineando la sua forza d’animo: Giorgia Ricci, ha sottolineato il legale, ha avuto la forza di intraprendere un’attività di intermediazione immobiliare, nel pieno di una situazione di vita compromessa.
A proposito delle accuse, l’avvocato Giovene ha ribattuto che la Procura non è andata oltre l’affermazione di una mera «conoscenza» (desunta tra l’altro da un’intercettazione telefonica intercorsa tra altri soggetti, dunque «de relato») dei fatti in imputazione. Ovvero qualcosa di ben diverso da un concreto contributo materiale o morale alla partecipazione ai reati contestati.
Quanto ad un viaggio a Londra compiuto dalla sig.ra Ricci, la difesa ha sostenuto che si è trattato di una semplice visita al fratello della imputata, ivi residente. E per quel che riguarda la presunta organizzazione del viaggio a Panama dell’avv. Colosimo, la difesa ha sottolineato che la signora Ricci si è limitata ad un mero lavoro di segreteria, non implicante quindi alcuna «organizzazione».
Infine le movimentazioni contestate all’imputata a titolo di riciclaggio: si tratta, ha concluso l’avvocato Giovene, di «normali movimentazioni» legate all’attività professionale della sig.ra Ricci.
Le arringhe proseguono domani con la difesa di Gennaro Mokbel.
«Il ruolo di Fanella è stato marginale»
La difesa: «A lui può essere contestato solo il concorso in faIsa fatturazione. Ma il dominus era Toseroni»
Il ruolo di Silvio Fanella nella vicenda dell’“Iva Telefonica” è stato secondario e marginale. Al più, all’imputato può essere attribuito il concorso nel reato di falsa fatturazione, che però non ha natura transnazionale.
È questa la linea di difesa adottata nell’arringa dei difensori di Silvio Fanella, gli avvocati Cincioni ed Aricò. Nel corso dell’udienza di ieri al processo per l’“Iva Telefonica” in corso presso la Prima Sezione del Tribunale di Roma, il Collegio difensivo ha sostenuto che Fanella è stato un semplice compartecipe, senza alcuna funzione organizzativa nell’ambito dell’associazione a delinquere. Il responsabile dell’attività di riciclaggio – hanno aggiunto i legali – è semmai il solo Marco Toseroni, che ha avuto un ruolo di dirigente nell’organizzazione.
La difesa di Silvio Fanella, infine, ha contestato la sussistenza dell’aggravante della transnazionalità per il loro assistito, cui si può attribuire al più il concorso in un reato, la falsa fatturazione, che non ha natura transnazionale. Fanella sarebbe, tutt’al più, concorrente nel reato di falsa fatturazione, che tuttavia non ha natura transazionale.
Il processo riprenderà il 13 giugno con la prima udienza dedicata alle conclusioni della difesa di Gennaro Mokbel.
«Le operazioni erano vere, altro che fittizie»
La difesa di Carlo Focarelli contesta le conclusioni della Procura: le prove confermano che Phuncard e Traffico Telefonico esistevano per davvero. Oggi il processo continua: in campo la difesa di Silvio Fanella
Non ci sono state operazioni fittizie né dietro le Phuncard che il Traffico Telefonico. In una lunga e serrata arringa al processo per l’”Iva Telefonica” che si tiene presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Rona, presidente del Collegio Giuseppe Mezzofiore, il difensore di Carlo Focarelli, l’avvocato Livia Rossi, ha contestato le affermazioni di segno opposto dei PM.
Per quanto riguarda le Phuncard, la difesa ha prima spiegato le ragioni commerciali del passaggio “italiano” delle carte, tutt’altro che virtuali o fasulle. Al proposito il legale ha esposto un lungo elenco di testimonianze (Cannavò – effettivo funzionamento del sito web di attivazione delle carte; Trondoli – al quale Zito mostrò il funzionamento di una carta presso gli uffici di Fastweb; Murri – che vide produrre le carte che comprovano l’esistenza di un business. Giustificato tra l’altro dalle dimensioni «enormi» raggiunte dal mercato dei video porno già nel 2003.
Quanto alla vicenda Traffico Telefonico, l’unico a sostenerne la natura «fittizia» è stato Crudele, teste poco attendibile, a giudizio della difesa di Focarelli anche perché, al momento della dichiarazione, lo stesso Crudele aveva pendente una richiesta di patteggiamento (e aveva quindi l’esigenza di ingraziarsi la Procura per ottenere il consenso al rito alternativo). Come per le Phuncard, del resto, nemmeno per il Traffico Telefonico la Procura ha fornito prove della natura fittizia dell’operazione. La perizia di parte, secondo l’avvocato Rossi, ha confutato le tesi della Procura smentite tra l’altro da alcune testimonianze (Micucci e Cannavò) che hanno confermato l’esistenza di suoni e le voci in arrivo dalle apparecchiature che smistavano il traffico telefonico.
Non resta che la circolarità dei pagamenti, l’unico dato di fatto addotto dalla Procura a sostenere l’ipotesi della fittizietà del traffico. Ma si tratta di un elemento in sé neutrale. Infine, la difesa ha contestato anche l’esistenza dell’associazione a delinquere (art. 416 cp) perché in presenza di una sola categoria specifica di reato, cioè la frode fiscale. In questo caso, ha chiuso l’avvocato Rossi, si può ipotizzare solo il concorso di persone (art. 110 cp).
Il processo prosegue oggi con l’arringa della difesa di Silvio Fanella.