«Superficiali e frammentarie le accuse a Mokbel»
L’avvocato Placanica contesta l’esistenza per il suo assistito del reato associativo, del riciclaggio, la corruzione e i legami con un gruppo mafioso. Si sono concluse le arringhe della difesa
Il quadro accusatorio nei confronti di Gennaro Mokbel si compone di tanti frammenti, frutto di un «sistema», quello delle indagini cautelari, che pone di fronte al giudice del dibattimento una visione superficiale della realtà. È questa in sintesi, la contestazione da cui si è mossa l’arringa dell’avvocato Cesare Placanica, il difensore di Gennaro Mokbel. Il legale, partendo da queste premesse, ha contestato, anche con numerosi richiami agli interventi dei difensori che lo hanno preceduto, l’esistenza dei reati attribuiti al suo assistito.
L’avvocato Placanica, innanzitutto, ha contestato l’esistenza del reato associativo. In realtà, è la tesi del legale, si è trattato di mero concorso in reati fiscali. Da questo discende la non sussistenza dell’aggravante prevista per i reati transazionali, visto che la natura transnazionale del reato non può essere utilizzata anche come circostanza aggravante qualora sia altresì elemento costitutivo del reato.
Quanto al riciclaggio, il difensore ha sostenuto che, avendo Mokbel concorso nei reati fiscali (addirittura con ruolo dirigenziale) ne discende l’esclusione della configurabilità del reato a suo carico, ai sensi della clausola di riserva ex art.648 bis del codice penale.
A proposito degli episodi contestati a titolo di corruzione (posizione Berriola) e di reati elettorali (Di Girolamo), il difensore si è richiamato alle arringhe dei difensori dei coimputati, aggiungendo inoltre che il rapporto con l’ex senatore Di Girolamo era improntato a indipendenza da parte di quest’ultimo.
Infine, il difensore ha contestato la sussistenza dei reati relativi a collegamenti con un gruppo criminale di stampo mafioso.