IL CASO SCAGLIA: GLI EDITORIALI DI OGGI
Alcuni dei commenti a margine della sentenza di assoluzione di Silvio Scaglia
LA REPUBBLICA
L’Amaca di Michele Serra incita alla fiducia in noi stessi nonostante il «deficit di giustizia che ferisce la coscienza pubblica» portando come esempi quello drammatico di Lea Garofalo ed il caso di Silvio Scaglia. Il patron di Fastweb – commenta Serra – «ha affrontato con una serenità e una forza d’animo ammirevoli un anno di insensata reclusione preventiva». Due casi diversissimi – quello della testimone di giustizia assassinata nel 2009 e quello di Silvio Scaglia –, ma nei quali è «forte e limpida la risposta individuale». E c’è un lungo silenzio mediatico che si rompe spesso «soltanto dopo che le vittime hanno avuto la forza di resistere all’ingiustizia». In completa solitudine.
L’UNITÀ
In un lungo commento, il Prof. Umberto Veronesi, denuncia lo stato del nostro sistema carcerario punitivo che è «contro la civiltà e la scienza», argomentando anche con le prime parole che Silvio Scaglia ha pronunciato dopo la sentenza di assoluzione: per il carcerato, nelle celle, «c’è meno spazio di quello che le leggi prevedono per i maiali». Ma «se neppure la dignità viene rispettata – si chiede Veronesi – come si può solo pensare a una rieducazione?».
LIBERO
«Quanto costa una persona che come Silvio Scaglia è stata ingiustamente privata della propria libertà e rinchiusa in una cella su ordine della magistratura?» – si chiede Maurizio Belpietro –. Una cifra enorme per le casse pubbliche – scrive, «prossima al mezzo miliardo di euro». «Ma è il minore dei costi – sottolinea Belpietro – perché per capire quanto pesi sulle finanze italiane un anno di carcere ingiusto come quello patito da Silvio Scaglia, si debba andare più a fondo: Quanto costa in termini economici la giustizia ingiusta? Se uno degli imprenditori più ricchi del Paese può essere messo ingiustamente in carcere per un anno ed essere accusato di un reato inesistente, chi verrà più in Italia a far l’imprenditore?».
IL MESSAGGERO
Enrico Cisnetto, nella sua rubrica Miseria e Nobiltà, parla di Silvio Scaglia e degli stranieri che evitano l’Italia.
La detenzione preventiva che Silvio Scaglia è stato costretto a subire nonostante non sussistesse alcuno dei tre motivi per comminarla (pericolo di fuga, reiterazione del reato e inquinamento delle prove, ndr) «rappresenta un’ingiustizia che non si cancella con la sentenza di assoluzione. Nel caso di Scaglia come in quello di tanti altri italiani – scrive Cisnetto – il problema non sta nella colpevolezza meno, quanto nell’utilizzo smodato della custodia cautelare, troppo spesso utilizzata come strumento di pressione per ottenere informazioni». La riforma della giustizia – spiega – non è un fatto tecnico ma un passaggio fondamentale per lavorare sulla competitività del sistema-Paese e sulla sua efficienza. «Scaglia – conclude Cisnetto – non ha mai smesso di credere nell’Italia e torna a pieno titolo protagonista del nostro capitalismo».