Archivio di dicembre 2013
A colloquio con Vincino
Il «Disegnatore a difesa» torna sul Blog per raccontare la sua esperienza di romanziere da Tribunale… e per augurare a tutti voi buone feste!
Vincino, come mai hai deciso di aderire alla causa di Scaglia?
Perché fin dal primo momento ho avuto il sentore che ci fosse qualcosa di ingiusto. Ho voluto essere il testimone di quello che stava accadendo. Ma mi sono anche divertito. Ho disegnato me stesso nella parte del «disegnatore a difesa»: è stato come essere immerso in un teatro comico ed ho osservato i riti, ascoltato il linguaggio ed ero quasi sempre (purtroppo) l’unico rappresentante tra i narratori di “pubblico servizio”. Diciamo che facevo il supplente della stampa. Un po’ per senso del dovere, ma anche per bisogno, perché non mi piace costruire il mio lavoro sulla base dei racconti altrui. Sono un grande osservatore e mi documento molto. Voglio vedere di persona, per capire al meglio e tutto. Poi narro con il disegno. Come facevo mentre ero studente di Architettura quando passavo le mie giornate nelle chiese e nei palazzi per osservare la gente e carpire le loro storie. Per capire e far capire agli altri.
A processo concluso, cosa ti è rimasto della tua esperienza di “Disegnatore a difesa”?
Proprio l’altro giorno ho ripreso in mano i taccuini con i miei schizzi sul processo “Iva Telefonica”. Riguardando i disegni prodotti in 2 anni e mezzo su 90 blocchi ho scoperto una cosa: ho disegnato tantissimo i PM ma molto anche il Presidente con un’espressione arrabbiata, stufa, quasi annoiata. I miei appunti disegnati in tempi diversi rivelano un presidente che non capiva in che processo era capitato. Lo story board del processo rappresenta una radiografia psicologica di ogni personaggio presente in Tribunale: se avessi rivisto tutti i miei disegni il giorno prima della sentenza avrei tranquillamente potuto scommettere che i manager telefonici imputati sarebbero stati assolti dal Collegio giudicante. Non ho mai visto il presidente convinto dai PM. Il ritratto che già emergeva dai miei taccuini è quello di un Tribunale attento. Disegnare in un Tribunale è un lavoro stupendo che consente di dar forma ed espressione ai profili psicologici dei personaggi, momento per momento. Leggere attentamente nell’animo del potere e raccontare: alla fine è questo il lavoro da romanziere di un disegnatore.
Ti hanno assegnato il VI Premio Bruno Leoni per la tua battaglia civile a difesa di Silvio Scaglia e della situazione delle nostre carceri. Per il tuo essere un «happy warrior» mai stanco di combattere arroganza intellettuale e pregiudizi”. Cosa ha significato per te questo riconoscimento?
È stata una piacevolissima sorpresa. Mi avevano invitato a partecipare alla cena del Premio, non sapevo nulla. Ho apprezzato moltissimo non solo quanto mi è stato assegnato ma soprattutto la motivazione. Mi considerano un “happy warrior”, sono così di natura. Il disegno, più della parola, è uno strumento in grado di rendere “happy” il racconto, per me non può essere uno strumento di odio. Non riesco ad odiare neppure quando disegno una persona maligna. Io racconto l’umanità nella sua massima espressione. Come potrei odiarla?
Cosa non avresti mai voluto dover disegnare?
Mi è successo… e non l’ho disegnata.