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Scaglia: «La vera vittima della truffa è stata Fastweb»
La testimonianza dell’ingegnere al processo per l’“Iva Telefonica”. «Per noi le operazioni incriminate erano lecite, ma di bassa marginalità e irrilevanti. E non hanno mai suscitato l’interesse degli investitori». «Non mi sono mai occupato di contratti, delegati al settore commerciale». «Nel 2006 non avevo più cariche operative»
«L’idea di base nell’operazione Phuncard era che Fastweb pagasse l’Iva. Dunque Fastweb è la vera frodata perché il credito d’Iva, che ammontava a diverse centinaia di milioni di euro, legati agli investimenti della rete e che nelle previsioni avrebbe dovuto recuperare nel tempo, in realtà non è mai stato recuperato dallo Stato». È quanto ha affermato da Silvio Scaglia, fondatore della società di telecomunicazioni, ascoltato nell’ambito del processo sull’“Iva Telefonica” in corso presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Roma presieduto da Giuseppe Mezzofiore. Scaglia ha sottolineato che «i soldi del riciclaggio sono stati portati via a Fastweb». Per il manager «le operazioni Phuncard e Traffico Telefonico, dal nostro punto vista vere e lecite, erano di così bassa marginalità e basso fatturato che rientravano nel business tattico e non strategico di Fastweb ed erano irrilevanti nel raggiungimento degli obiettivi. Quello che era no-core business non ha mai suscitato nessun interesse da parte di azionisti e investitori». L’ex fondatore di Fastweb ha inoltre affermato che «Fastweb avrebbe raggiunto in ogni caso i suoi obiettivi anche senza il business Phuncard legato. Ogni decisione che veniva adottata a livello commerciale era a me sconosciuta. Non mi sono mai occupato di contratti e della loro tipologia che era delegata al commerciale». Il manager ha quindi concluso spiegando che nell’aprile del 2006, quando la magistratura avvia i primi accertamenti, era già impegnato in altre iniziative. «Non avevo più cariche operative. Restavo come presidente ma avevo rimesso le deleghe», ha concluso.
Nel corso dell’interrogatorio Scaglia, rispondendo alle domande del PM Giovanni Bombardieri, ha ripercorso le tappe dello sviluppo di Fastweb. «Abbiamo iniziato con una visione di rete innovativa che voleva porsi come eccellenza e alternativa agli altri operatori che tranne Telecom non avevano cavi di proprietà». «Gli investitori interessati allo sviluppo dell’azienda stavano attenti a quanti erano i suoi clienti». Insomma «le operazioni Phuncard e Traffico telefonico non hanno mai suscitato nessun interesse da parte di azionisti e investitori». E poi «Fastweb dal punto di vista finanziario era un’azienda più che solida, i soldi avevano il fine di trasformarsi in rete». «Tra il 2003 e il 2005 i dipendenti sono passati da 1500 a 3000 e sono cresciuti anche dopo. La crisi non ha causato, quindi, alcun contraccolpo. E nel 2004 – ha proseguito – quando non c’erano Phuncard e Traffico telefonico, il fatturato è passato da 400 a oltre 700 milioni». Insomma, le operazioni incriminate non erano funzionali allo sviluppo dell’azienda. Del resto, ha aggiunto, «se il Traffico Telefonico fosse stato così importante per il destino dell’azienda, non sarebbe stato interrotto bruscamente con l’uscita dell’articolo del gennaio 2007 sul quotidiano La Repubblica che dava conto delle prime iniziative giudiziarie di Procura e Guardia di Finanza. La prova ulteriore sta nel fatto che quando Swisscom lanciò l’Opa, ben sapendo tutto quello che era successo, lo fece a un prezzo superiore al valore di borsa».
Riguardo alla sua conoscenza delle ispezioni avvenute in azienda da parte della Gdf e degli avvisi di garanzia mandati ad alcuni ex dirigenti, Scaglia ha chiarito – anche rispondendo alle domande dei suoi difensori, Antonio Fiorella e Carlo Federico Grosso – che dopo la fase di start-up aveva maturato la decisione di allontanarsi ed in pratica fin dall’aprile del 2006, quando erano stati avviati gli accertamenti degli inquirenti, era già impegnato in Inghilterra con altre iniziative imprenditoriali: «Non avevo più cariche operative. Restavo come presidente, ma avevo rimesse le deleghe». Quindi dopo l’uscita delle prime notizie «caddi dalle nuvole perché tutto mi sembrava pazzesco e assurdo».
Fattore Umano | «Chiamiamola tortura»
L’appello lanciato dall’Associazione Antigone per l’introduzione del reato di Tortura nel nostro Codice penale
Un altro vuoto normativo da colmare. Parliamo del reato di tortura, uno dei grandi assenti nel nostro Codice penale. «Sono 25 anni – si legge nel testo di presentazione dell’iniziativa di Antigone – che l’Italia è inadempiente rispetto a quanto richiesto dalla Convezione contro la tortura delle Nazioni Unite, che il nostro Paese ha ratificato: prevedere il crimine di tortura all’interno degli ordinamenti dei singoli Paesi». Nonostante, infatti, il nostro Paese abbia sottoscritto e ratificato la Convenzione delle Nazioni unite contro la tortura e i trattamenti inumani e degradanti del 1984, nulla ancora è stato fatto.
«Abbiamo deciso di riprovarci – spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – e di far ripartire una campagna per l’introduzione del crimine di tortura nel codice penale». «Nei prossimi giorni – conclude Gonnella – chiederemo a tutti i senatori e a tutti i deputati di firmare la proposta di legge e chiederemo ai Presidenti del Senato Renato Schifani e della Camera Gianfranco Fini di impegnarsi per una rapida calendarizzazione affinché‚ si arrivi entro l’estate alla approvazione».
Basta solo la volontà politica di farlo. Perché bisogna solo introdurre una sola norma tra l’altro già scritta in un atto internazionale. E «Per approvarla ci vuole molto poco», conclude Gonnella. Chissà se la presenza in questi giorni del Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d’Europa sbloccherà la situazione.
Tra i primi firmatari dell’appello: Andrea Camilleri, Massimo Carlotto, Ascanio Celestini, Cristina Comencini, Erri De Luca, Luigi Ferrajoli, Rita Levi Montalcini , Elena Paciotti , Mauro Palma, Stefano Rodotà , Daniele Vicari, Vladimiro Zagrebelsky, Don Luigi Ciotti (Libera, Gruppo Abele), Franco Corleone (Coord. Garanti territoriali) , Daniela De Robert (Usigrai, VIC – Caritas) , Roberto Di Giovan Paolo (Forum Salute in carcere) , Ornella Favero (Ristretti Orizzonti), Elisabetta Laganà (CNVG), Luigi Manconi (A Buon Diritto) , Alessandro Margara (ex capo Dap), Carlo Renoldi (Magistratura Democratica) , Marco Solimano (Arci), Valerio Spigarelli (Presidente Ucpi), Irene Testa (Il Detenuto Ignoto) e Christine Weise (Presidente della Sezione Italiana di Amnesty International).
Per aderire all’appello di Antigone mandate una mail a segreteria@associazioneantigone.it
«Per Fastweb Focarelli non era un cliente primario»
Tacchia (commerciale): «La società puntava a margini e cassa, non al fatturato». Hanno testimoniato per Contin anche Filippo Vicariotto (Ufficio legale) e Luigi Gerbi (gestione della Rete)
Nei rapporti tra Fastweb e le attività legate alle Phuncard o al “Traffico telefonico” non vi fu mai alcun elemento, tecnico o contrattuale, che facesse pensare a qualcosa di irregolare o che comunque non rientrasse nell’assoluta ordinarietà del business. È questo il risultato dell’esame dei testi presentati dalla difesa di Roberto Contin, Responsabile Large Account di Fastweb, nel corso dell’udienza di ieri al processo sull’“Iva Telefonica”. Davanti al Collegio della Prima Sezione penale presieduto da Giuseppe Mezzofiore sono sfilate le tre “anime” dell’azienda, dal punto di vista legale, tecnica e commerciale nelle persone di: Filippo Vicariotto, Responsabile dell’Ufficio legale di Fastweb; Luigi Gerbi, Responsabile tecnico del settore Operations della Rete; Giorgio Tacchia, Responsabile della pianificazione della Business Unit Large Account.
Dalle testimonianze dei tre manager, interrogati dai PM Giovanni Bombardieri e Francesca Passaniti è emersa l’assoluta normalità dei contratti nell’ambito del business di Fastweb. In particolare, il dottor Tacchia, in risposta alle richieste del PM Bombardieri, ha potuto far presente che le società che facevano capo a Carlo Focarelli non rappresentavano un cliente rilevante nell’ambito delle strategie della società delle tlc. L’obiettivo dell’azienda, infatti, era di puntare all’incremento della cassa e dei margini piuttosto che di puntare al fatturato.L’avvocato Vicariotto ha spiegato, invece, come nei contratti non risultassero anomalie di sorta dal punto di vista legale, così come non emergeva alcun sospetto sul piano della gestione tecnica.
Il processo riprende martedì 22.
Fattore Umano | Tra tre giorni «Diamoci dentro»
Sabato 19 il «boot camp» per l’avvio del progetto di una cordata di associazioni per il reinserimento socio-lavorativo dei detenuti di Treviso
La Cooperativa Alternativa di Vascon ha vinto il bando «La vita non aspetta» promosso nel 2011 dal Centro Servizi per il Volontariato della Provincia di Treviso volto a finanziare progetti per la promozione e l’inserimento dei giovani esclusi dal mondo della scuola e del lavoro. I 90mila euro sono stati subito destinati al finanziamento di percorsi dedicati ai giovani detenuti nelle due carceri di Treviso (120 nella casa circondariale e altri 20 nell’Istituto penale per minori con meno di 29 anni che non studiano e che non lavorano).
«Il punto di forza di questo progetto sta nella solidità di chi lo compone», spiega Igor de Pol, presidente dell’Associazione Possibili Alternative. Nove le associazioni di volontariato coinvolte nel progetto: Possibili Alternative, B-Net, Ipsia, La Prima Pietra, Circolo, Legambiente Piavenire, Legambiente di Treviso, Associazione Culturale Islamica di Treviso, Per Ricominciare e Tonino Bello. Molti anche i partner dell’iniziativa biennale fra cui la Comunità Morialdo, la Caritas Tarvisina, il Centro per l’Impiego, l’Azienda Ulss 9 e la Camera di Commercio di Treviso.
Diamoci dentro, insomma. Lavorando durante la reclusione per produrre oggetti da vendere all’esterno e sostenendo percorsi formativi ed occupazionali esterni al carcere. Con un doppio obiettivo: aiutare i giovani detenuti nel loro percorso riabilitativo e diffondere un’immagine diversa del carcere nell’opinione pubblica. Perché il “pianeta carcere” non è un mondo sommerso ma una risorsa su cui investire.
Sabato 19 maggio alle ore 14 il Boot Camp che darà il via al progetto. L’appuntamento è in via Cardinal Callegari 32 a Vascon di Carbonera (TV). L’incontro si svolgerà per avviare l’attività di preparazione dei gruppi di lavoro che perseguiranno gli obiettivi previsti dal progetto «Diamoci dentro».
Fattore Umano | La prima volta del CSM in carcere
L’appello da Rebibbia: «Abbandoniamo la via dell’emergenza che ci accompagna da decenni»
Il 10 maggio una delegazione del Consiglio Superiore della Magistratura ha visitato per la prima volta un carcere italiano. «Un evento storico» – lo ha definito Giovanni Tamburino, capo del DAP –che ha coinvolto il primo presidente del CSM Ernesto Lupo, il procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani, e i componenti della Commissione mista per lo studio dei problemi della magistratura di sorveglianza. La visita nei reparti Nuovo complesso e femminile di Rebibbia ha permesso di verificare lo stato dell’istituto penitenziario al fine di ottenere una «drastica e radicale depenalizzazione». Per alleggerire le carceri e per ridare fiato a un sistema giudiziario «intasato da un’eccessiva quantità di procedimenti».
La delegazione ha incontrato i rappresentanti della polizia penitenziaria e di altri dirigenti penitenziari di Rebibbia, oltre che un gruppo di detenuti. «Sappiamo – ha dichiarato Vietti rivolgendosi agli agenti di custodia – che si tratta di un lavoro quanto mai importante e difficile: l’effettività della pena è affidata a voi e non è certamente un aspetto secondario del sistema giudiziario». «La vostra difficoltà – ha aggiunto – si misura con la sfida dell’intento rieducatore che la nostra Costituzione vuole sia connesso con l’espiazione della pena, un compito dunque molto più delicato della semplice custodia».
Vietti ha esortato a «uscire dei vecchi schemi con i quali è stata gestita finora la realtà carceraria» ed ha rivolto un appello ricordando le parole del Capo dello Stato. La nostra – ha detto – è una «realtà carceraria che ci umilia di fronte al resto dell’Europa: chi ha la responsabilità di operare, lo faccia».
La visita ha consentito anche di mettere in luce alcuni aspetti positivi di una «struttura dignitosamente mantenuta» come il nido. Ma il carcere romano – nonostante sia in condizioni migliori di tanti altri istituti – vive le conseguenze del sovraffollamento (i detenuti sono arrivati a quota 1750) con celle da massimo 4 detenuti in cui vivono in 6 (anche le sale per attività rieducative sono trasformate in celle, ndr.).
Di fronte alle strutture «vetuste» che non si possono sistemare per mancanza di fondi, il vicedirettore del carcere Anna Del Villano chiede di concentrarsi su «soluzioni alternative al carcere». Perché – ha sottolineato un detenuto di Rebibbia presente all’incontro – «la situazione attuale è invivibile».
Le richieste dei reclusi di Rebibbia sono state più che altro degli inviti a «dare maggiore fiducia ai detenuti che nei fatti hanno dimostrato di essere cambiati, guardando al passato ma soprattutto all’oggi». Come ha chiesto un detenuto che a Rebibbia vive da 20 anni.
TIS. La vendor due diligence da parte di due primarie società di revisione: nessun rischio per il gruppo dall’operazione in oggetto
Si è conclusa per il momento la sfilata dei testi dei manager TIS. La Dr.ssa Di Nenna: il contratto Acumen è stato giudicato regolare dall’audit, dalla due diligence di due primarie società esterne e dal collegio sindacale
È proseguita ieri al processo per l’“Iva Telefonica” la sfilata dei testi chiamati a deporre dalla difesa degli ex manager di TIS. Davanti alla giuria della Prima Sezione penale del Tribunale di Roma presieduta da Giuseppe Mezzofiore è comparsa la Dr.ssa Federica Martini Di Nenna, oggi operante nello staff del CFO di Telecom Italia, all’epoca operante nell’area Amministrazione e Controllo di TIS con responsabilità sul reporting del business Voce e dopo Program Manager dipendente direttamente dal Dr. Mazzitelli, ed il Dr. Vittorio Zinzi, incaricato della regolarità fiscale delle operazioni. Per la difesa di Antonio Catanzariti sono stati sentiti anche i due funzionari commerciali, la Dr.ssa Simona Maga e la Dr.ssa Elisabetta Secchi. Sono inoltre state ascoltate Antonella Giammattei e Olga Montanari, segretarie del Dr. Mazzitelli all’epoca dei fatti e degli altri due AD di TIS che si sono succeduti.
La Dr.ssa Di Nenna ha ribadito che i rapporti contrattuali con Acumen erano a conoscenza della prima e della seconda linea del management e ovviamente della capogruppo, in tutto alcune centinaia di persone. Inoltre, sia del vecchio che del nuovo management di Telecom Italia a cui veniva rappresentato il fenomeno degli anni precedenti durante le business review. Nel 2006 nell’ambito delle normali verifiche a campione degli auditors vennero indicati 10 contratti tra i quali le relazioni in questione. Il Dr. Mazzitelli non era nemmeno coinvolto nel processo che veniva gestito in autonomia dalla funzione Amministrazione e Controllo. Nessun rilievo. Quando nel 2009, su incarico di Telecom Italia (sotto la guida dell’AD di Telecom Italia Franco Bernabé), venne effettuata la vendor due diligence in vista di una possibile vendita di TIS, il business in questione e le discontinuità normalmente evidenziata nei bilanci TIS, vennero esplicitamente monitorate dalle due primarie società di consulenza incaricate da Telecom Italia (Price Water House e Arthur the Little), presenti in azienda con decine di persone per mesi interi e che hanno avuto la possibilità, fra le altre, di esaminare specificatamente la questione come risulta dal loro report finale. Dall’esame emerse l’assoluta regolarità del comportamento aziendale e l’assenza di qualsiasi rischio connesso all’operazione per il gruppo. Ha ribadito come l’azienda non ha mai operato nessun accantonamento né prima né in corso di vendita. La Dr.ssa Di Nenna, numeri alla mano, ha inoltre evidenziato il reale peso dell’operazione Premium nei numeri TIS nel periodo 2005-2007: 1,2% dei minuti totali trasportati da TIS e solo il 4% dei ricavi netti totali di TIS (margine dell’operazione) mettendo nella giusta luce quella che i PM definiscono la «dipendenza» di TIS da questa operazione: la dipendenza proprio non esisteva.
Il Dr. Zinzi è stato invece chiamato a testimoniare sulle ragioni che spinsero a trasformare i contratti da mandati con rappresentanza a mandati senza rappresentanza. In piena sintonia con quanto già dichiarato dall’avv. Stefano D’Ovidio nell’udienza precedente, il Dr. Zinzi ha spiegato che l’operazione nasceva dalla volontà di fornire al mercato una rappresentazione più fedele della portata del business vista la crescita del business in questione; in questo modo, infatti, viene evidenziato il dato sull’EBTIDA, ovvero l’effettivo margine di utile, piuttosto che i volumi di traffico, meno rappresentativi in questo genere di attività che genera volumi di traffico ad alto prezzo unitario ma che comporta anche alti costi.
I due funzionari commerciali, la Dr.ssa Simona Maga e la Dr.ssa Elisabetta Secchi, hanno invece ribadito che non c’è stata alcuna stranezza nella gestione dei clienti inglesi e del fornitore I-Globe prima e Planetarium dopo e che tutto si è sempre svolto in linea con l’usuale gestione di clienti e fornitori da parte del settore commerciale e tecnico. In particolare la Dr.ssa Secchi ha spiegato la genesi della presentazione, da parte dei funzionari di Fastweb, del Dr. Focarelli a lei e all’Ing. Catanzariti. Non c’era alcuna anomalia, secondo i due funzionari, nemmeno nel comportamento dei clienti inglesi (Acumen, ndr): gente competente, e di spessore, con esperienza nel business, caratteristica assai rilevante in un settore ed in un periodo di forte sviluppo del mercato in cui non era infrequente imbattersi in start-up. Entrambe hanno affermato che un flusso di pagamenti rapido è condizione necessaria in un business quale quello dei Premium in cui i content provider hanno necessità di forti investimenti pubblicitari.
Circa l’uso del timbro per la firma dei mandati di pagamento in assenza dell’AD e previa autorizzazione via mail o via telefono da parte dell’interessato, le due segretarie del Dr. Mazzitelli hanno spiegato che anche questa procedura non era anomala né tanto meno era nata per la gestione di questi contratti e veniva utilizzata anche da altri AD. In questo modo si poteva assicurare l’operatività dell’azienda anche in assenza del responsabile impegnato in viaggi all’estero. I pagamenti così autorizzati, ma anche la firma di contratti e partecipazione a gare, sono stati, nel corso degli anni, di varia di natura e di entità.
Si è così conclusa, per il momento, la serie di testimonianze chieste dai manager di Telecom Italia Sparkle. Il processo riprenderà giovedì 17 maggio con un’udienza dedicata ai testi chiamati a deporre dal manager Fastweb Roberto Contin.
Contratti, Governance e traffico: non c’erano anomalie
Infatti l’azienda Telecom Italia, responsabile della politica fiscale di gruppo, non aveva mai proceduto ad accantonamenti o altro pur in presenza di tre CFO succedutisi in Sparkle, un nuovo AD e la nuova gestione Telecom Italia
Francesco Armato, successore di Mazzitelli, spiega in aula il ruolo del capo azienda. In aula anche le testimonianze di Stefano D’Ovidio (Capo Ufficio Legale) e dell’ingegnere Mario Pirro (Capo di Ingegneria di Rete e stretto collaboratore di Gianfranco Ciccarella).
In una struttura organizzativa complessa i contratti che arrivano alla firma dei vertici sono già stati vagliati e validati da tutte le funzioni dell’azienda. Francesco Armato, successore di Stefano Mazzitelli ai vertici di Telecom Italia Sparkle (e precedentemente Responsabile Commerciale della Regione Sud America di TIS e Ad della controllata sud americana LAN), ha così spiegato il mestiere dell’amministratore delegato in una grande struttura nel corso della testimonianza al processo per l’”Iva telefonica” in corso presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Roma. Armato è uno dei testi chiamati a deporre ieri dalla difesa dei manager di TIS: oltre a lui, l’avvocato Stefano D’Ovidio, Responsabile dell’ufficio legale di TIS, e l’ingegnere di Rete Mario Pirro che rispondeva direttamente a Gianfranco Ciccarella, già Responsabile dal 2005 dell’Area Network di TIS.
L’avvocato D’Ovidio (oggi dirigente di prima linea dell’Ufficio Legale di Telecom Italia) si è soffermato sulla natura dei contratti predisposti nel caso in oggetto: le fattispecie, ha detto l’avvocato, non presentavano alcuna anomalia rispetto a casi analoghi. Anche la trasformazione dei contratti da mandati con rappresentanza a mandati senza rappresentanza non solo non era indice di una particolare criticità, bensì era funzionale a dare una rappresentazione più fedele, agli occhi del mercato, della portata del business: in questo modo, infatti, viene evidenziato il dato sull’EBTIDA, ovvero il margine d’utile, rispetto al dato, meno rilevante, del volume di fatturato. Chiarificatore il passaggio in cui l’avv. D’Ovidio, a proposito della variazione continua dovuta all’operatività dei contenuti degli allegati ai contratti – allegati tecnici o listini prezzi – ha affermato che lui stesso aveva preso la decisione di eliminare dalla contrattualistica standard tali allegati che furono lasciati allo scambio fra le parti, commerciali e/o tecniche.
Il Dr. Armato (oggi dirigente di prima linea di International Operations di Telecom Italia nonché membro del CdA di TIS) ha sottolineato, nel corso della sua deposizione, che in una società come TIS dal punto di vista organizzativo è prevista una netta separazione delle funzioni. Quando un contratto arriva sulla scrivania dell’Ad, in sintesi, è già stato monitorato dalle funzioni competenti. Il numero uno, dunque, si limita a certificare un lavoro svolto secondo procedure e regole definite dall’Azienda. Questo era vero, in particolare, nel caso di Mazzitelli che, nel periodo oggetto dell’inchiesta, aveva assunto anche l’incarico di Responsabile delle Operazioni broadband europee di Telecom Italia, incarico che lo portava spesso fuori sede. Proprio per garantire l’operatività di tutte le attività di TIS – e non solo quelle relative a questi contratti –, ha spiegato Armato su richiesta del PM, per i pagamenti aziendali si fa ricorso all’utilizzo di timbri da utilizzare anche in assenza del diretto interessato, naturalmente dietro la sua previa autorizzazione telefonica alle assistenti di direzione. Anche dal punto di vista commerciale l’attività delle aziende coinvolte nel caso dell’”Iva telefonica” non presentava anomalie che potessero destare sospetti. Nel mercato di riferimento, infatti, si è registrata e si continua a registrare un’estrema volatilità del traffico (aggregazioni di traffico all’ingrosso in uno scenario multi-hub/fornitore) anche da parte di società destinate ad una rapida crescita ma anche ad un altrettanto rapida scomparsa. Sotto questo profilo le operazioni a valle, con gli aggregatori di contenuti, e a monte, con i clienti inglesi, del caso in questione non sono assolutamente un’eccezione. I volumi delle operazioni, del resto, erano assolutamente coerenti con i mercati di riferimento e in particolare quello dei servizi Premium. Confermato anche dal Dr. Armato come per un’azienda come TIS, Operatore di Transito internazionale, le operazioni fuori applicazione IVA sono fatto intrinseco del settore e rappresentano circa l’85 % del fatturato.
Infine l’ing. Pirro (oggi Responsabile dell’Area Network di TIS), chiamato a suo tempo a risolvere alcuni problemi tecnici legati all’attività di interconnessione con i clienti e il fornitore e quindi conoscitore diretto della gestione tecnica del contratto. Tra questi spicca la temporanea incapacità di gestione, da parte delle società inglesi coinvolte, del doppio zero (in luogo del +), circostanza non infrequente in questo tipo di business. Appunto una difficoltà tecnica e non un’anomalia sospetta e che nell’industria viene usualmente risolta, da parte degli operatori di fascia alta come TIS (Tier-1, ndr) con i c.d. “Work around” o soluzioni temporanee di rete. Del resto, la presenza di una grande carrier in un’architettura tecnica tra il cliente Acumen ed il fornitore I-Globe ha una valenza più che essenziale: nel mondo delle operazioni Premium ove un piccolo operatore può ritrovarsi ad essere un grande aggregatore di traffico per le relazioni commerciali che riesce ad intessere, la funzione di una “carrier” stabile e strutturata è strategica. Solo un grande operatore, infatti, può svolgere la funzione di facilitatore tecnologico, di controllo della rete, di monitoraggio del traffico e della qualità del segnale nell’arco di tutte le 24 ore. L’ing. Pirro ha anche spiegato il significato della mail del suo collaboratore ing. Perfetti, scambiata fra soli tecnici di TIS all’inizio dell’interconnessione, dicendo espressamente che l’ing. Perfetti in quel momento ignorava che si trattasse di un’interconnessione che doveva gestire traffico Premium in cui l’istradamento rigido o statico è una necessità.
La sfilata dei testi chiamati a deporre dalla difesa di Stefano Mazzitelli e Massimo Comito continuerà nell’udienza di giovedì 10. Davanti alla giuria presieduta da Giuseppe Mezzofiore sfileranno la Dr.ssa Federica Martini Di Nenna, Program Manager con competenza specifica di amministrazione e controllo, il Dr. Vittorio Zinzi, incaricato della regolarità fiscale delle operazioni. Per la difesa di Antonio Catanzariti, saranno sentiti i due funzionari commerciali, la Dr.ssa Simona Maga e la Dr.ssa Elisabetta Secchi.
Servizi Premium e traffico telefonico fra persone: due servizi “diversi”
La Prof.ssa Ruggieri, perito di parte degli ex manager TIS, spiega in aula come le presunte anomalie del traffico, rimarcate dai PM, non solo non siano tali ma siano piuttosto tutti elementi coerenti con architetture tecniche, tecnologie e modelli economico-commerciali del business premium
Il traffico telefonico collegato ai servizi Premium ha caratteristiche diverse da quelle del più tradizionale traffico Voce cosiddetto “person to person” e soprattutto le architetture tecniche, le scelte tecnologiche e le scelte economico-commerciali adottate da TIS sono state allineate ai requisiti strutturali dell’industria e del mercato. Sono stati certamente questi i passaggi di maggiore rilievo, emersi nell’udienza di ieri al processo per l’“Iva Telefonica” in corso presso la Prima Sezione penale del Tribunale di Roma.
Davanti al Collegio giudicante, presieduto da Giuseppe Mezzofiore, è stata ascoltata la Prof.ssa Marina Ruggieri, Professore Ordinario di Telecomunicazioni presso il Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università Tor Vergata (membro del CEPR, Comitato Esperti per la Politica della Ricerca, presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; Membro Straordinario del Consiglio Superiore delle Comunicazioni) e chiamata a deporre come perito di parte degli ex manager di Telecom Italia Sparkle.
Ad esempio – ha spiegato la Prof.ssa con estrema linearità espositiva – nel mercato «all’ingrosso o wholesale» le compagnie telefoniche che veicolano il traffico dei numeri Premium possono essere numerose ed essere parte di una catena produttiva complessa: dal punto di vista tecnico – ogni singolo operatore di transito (TIS o Fastweb, ndr) «vede» solo da chi arriva il traffico e solo verso chi va, senza che gli appaia l’intero percorso della chiamata o chi la gestisce nel suoi vari passaggi. Altro aspetto rilevante emerso è che la eventuale «uniformità» del traffico – o al contrario la sua apparente «omogeneità» o altre presunte anomalie – possono anche queste spiegarsi alla luce di alcune caratteristiche tecnico-commerciali del traffico Premium: dalla diversità dei servizi di intrattenimento/informazione erogati – es. fruizione mattutina, pomeridiana o notturna, dal lotto, alla cartomanzia ai servizi adult – al fatto che l’utenza, come nel caso in questione, possa riguardare fusi orari di tutto il mondo completamente distanti tra loro.
Altro elemento significativo – sottolineato dalla Prof.ssa Ruggieri – è che il mercato dei servizi Premium, già nel lontano 2004, aveva un valore stimabile nell’ordine dei 6.5 miliardi di euro solamente in Europa, per conseguenza era un business appetibile che riguardava tutti gli operatori di telefonia del mondo, a conferma del fatto che non vi fosse da parte di Telecom Italia Sparkle (o di Fastweb) alcun interesse speciale o particolare, diverso da quello di altre compagnie telefoniche nazionali e internazionali.
Un passaggio importante è stato quello in cui la consulente ha spiegato di come, per motivi di tariffe applicate dagli operatori di accesso con numerazioni premium locali «tradotte» successivamente in numerazioni internazionali – es. tariffe premium con solo scatto alla risposta – è anche possibile che parte del traffico possa essere «processato artificialmente» da un operatore della catena produttiva per rendere coerente le modalità di pagamento “al minuto”: questo però non significa che il servizio non sia stato effettivamente erogato.
In ogni caso l’operatore di transito TIS non può ne poteva avere nessuna visibiltà di ciò: le chiamate e il traffico erano in rete come i «cartellini di traffico» o CDR (Call Detail Record) documentano.
Circa l’adozione della tecnologia VOIP, l’esperta di telecomunicazioni ha inoltre ribadito che questa era ed è la migliore soluzione tecnico-economica possibile da mettere in campo essendo stata definita, fra l’altro, tra le “Top 11 technologies of the decade” (2000-2010, ndr), in terza posizione dopo gli Smartphone e i Social Network.
Lunedì 7 e martedì 8 maggio si proseguirà con altri testi chiamati a deporre dalla difesa degli ex manager di Telecom Italia Sparkle. Lunedì sarà la volta dell’ex capo dell’ufficio legale di TIS, avvocato Stefano D’ovidio, poi toccherà all’ingegnere di rete Mario Pirro e, infine, a Francesco Armato, subentrato a Stefano Mazzitelli.
Focarelli: «L’esistenza del traffico sta nei registri»
Si chiude con un’udienza fiume la testimonianza di Carlo Focarelli. Venerdì tocca ai testi chiamati dalla difesa di Mazzitelli e Comito
Si è chiusa con un’udienza fiuscopme l’ultima parte della testimonianza di Carlo Focarelli al processo per l’“Iva Telefonica” in corso presso la Prima Sezione Penale del Tribunale di Roma. Davanti al Collegio presieduto da Giuseppe Mezzofiore, Focarelli ha ripercorso nei dettagli le operazioni commerciali contestate, i legami che intercorrevano tra le varie società coinvolte sia nell’operazione Phuncard che nel “Traffico telefonico” oltre che a descrivere i compiti affidati a ciascuna di loro.
In particolare Focarelli ha voluto sottolineare l’esistenza di registri informatici domiciliati presso vari server da cui si può ricavare prova concreta dell’esistenza di un effettivo “traffico telefonico”, tutt’altro che fittizio come contestato all’imputato.
Buona parte dell’udienza è stata dedicata al controesame da parte dei difensori di alcuni imputati. Tra questi il legale di Riccardo Scoponi, già amministratore di I-Globe, una delle società a valle del traffico telefonico e, soprattutto, l’avvocato Fabio Federico, difensore di Massimo Micucci, imprenditore accusato di aver contribuito in vario modo a riciclare i capitali in capo a Carlo Focarelli. L’avvocato Federico si è soffermato in particolare sui rapporti tra Focarelli e Micucci.
La giornata si è chiusa con il controesame del PM Giovanni Bombardieri che è tornato sul tema della presunta evasione dell’Iva nel passaggio tra le varie società, con particolare riferimento allo snodo Telefox – I-Globe.
Terminata la lunga testimonianza di Focarelli, il processo riprende domani, 4 maggio, con l’audizione di alcuni testi chiamati a deporre dalla difesa dei manager di Telecom Italia Sparkle, l’ex Ad Stefano Mazzitelli e Massimo Comito, già Responsabile commerciale per l’Europa della società.