Archivio Autore
Silvio Scaglia Story (3): in linea con Omnitel
Da “I signori di Internet. La via italiana alla New Economy” di Giancarlo Mazzuca (Baldini & Castoldi)
In Cina e in India Scaglia aveva fatto una bella gavetta come gestore di nuove iniziative, quelle che oggigiorno si definiscono esperienze di «start-up». Era quindi la persona giusta per cominciare anche in Italia una nuova avventura. E quale migliore avventura poteva esserci di quella dell’Omnitel che proprio nel ’95 muove i primi passi? «Caio mi chiamò come direttore generale e io accettai volentieri la grande sfida. Anche allora ero molto ottimista, ma sinceramente non potevo certo prevedere un tale boom dei telefonini con dieci milioni di clienti Omnitel». Scaglia, che si trasferisce armi e bagagli a Milano con famiglia al seguito (la moglie Monica, che è insegnante di matematica, e i figli Chiara, Elena e Carlo), si lancia con entusiasmo nel nuovo business e i risultati gli danno subito ragione: «Nel ’96 diventai amministratore delegato perché Caio nel frattempo era stato chiamato da Carlo De Benedetti a guidare l’Olivetti.
Nel ’96 ci fu la grande svolta perché i cellulari non venivano più considerati come una specie di status symbol ma si rivolgevano al consumo di massa». Oggi Scaglia definisce «fantastici» quegli anni all’Omnitel. E dobbiamo credergli. All’inizio dell’avventura erano davvero pochi gli italiani pronti a scommettere sul successo di un’azienda che cercava di rompere il monopolio di Telecom in un settore tutto nuovo come quello dei telefonini. «Bisognava inventare tutto, dal prodotto alla comunicazione. Un giorno Barbara Poggiali, la responsabile della comunicazione, mi propose di utilizzare come testimonial una statuaria modella australiana, Megan Gale. Io guardai le foto di Megan e approvai: dopo Gerry Scotti e Miguel Agnel Torralba era il momento di una donna». Quando si dice il futuro…
Silvio Scaglia Story (2): gli anni della Piaggio
Da “I signori di Internet. La via italiana alla New Economy” di Giancarlo Mazzuca (Baldini & Castoldi)
Invitandoti a un “tramezzino-lunch” da consumare nel suo ufficio (pranzo frugale perfettamente compatibile con l’ambiente sobrio dove lavora a Milano), Scaglia confessa candidamente che le società di consulenza «sono ottime scuole», ma che lavorare in un’azienda vera «è tutta un’altra cosa». E un giorno anche l’ex “McKinsey boy” fa il grande salto: la Piaggio non lo vuole più solo come consulente ma gli chiede di passare armi e bagagli nei propri ranghi. In quel momento il gruppo di Pontedera ha un grosso problema in Spagna perché la consociata iberica, la Moto Vespa SA di Madrid, va a tre cilindri.
Come vicepresidente e consejero delegado della società spagnola c’è, dall’inizio del ’91, Giovanni Alberto Agnelli, il figlio di Umberto, che venne poi designato alla guida della Fiat prima della repentina scomparsa alla fine del ’97 per un male incurabile a soli 33 anni d’età. Silvio accetta con entusiasmo di affiancare, come direttore, il giovane Agnelli a Madrid e si trasferisce così al numero 6 di Avenida Julian Camarillo. Scaglia ricorda oggi con grande affetto e commozione l’erede dell’impero Fiat: «Giovanni Alberto era una persona estremamente sensibile e modesta ma molto intuitiva dal punto di vista manageriale. Una persona fuori dall’ordinario. Fra noi si creò una grandissima amicizia. Lui considerava un handicap il fatto di chiamarsi Agnelli e non faceva, quindi, mai pesare il nome che portava».
Silvio rammenta anche con nostalgia quegli anni madrileni: «Era bellissimo vivere in Spagna. Erano gli anni delle Olimpiadi di Barcellona e dell’Expo di Siviglia e Madrid era una città molto divertente». Una parentesi felice finita presto perché Agnelli viene richiamato a Pontedera come presidente del gruppo. Giovanni Alberto chiede a Scaglia di seguirlo e gli offre la direzione internazionale del gruppo: «Accettai volentieri e dal 1993 al 1995 diventai una specie di pendolare di lusso. Girai il mondo e soprattutto feci tappa in Cina, India, Indonesia e Sudamerica. A un certo punto decisi di mettere su casa a Singapore che diventò la base di tutte le operazioni estere della Piaggio. Con Giovanni avevo un rapporto personale molto stretto ma mi sentivo un protetto del presidente: dovevo provare a me stesso di potere fare carriera anche senza di lui e decisi di andarmene. Non ci fu alcuna rottura con Giovanni: proprio in quel periodo si stava chiarendo il suo futuro alla Fiat come leader della quarta generazione degli Agnelli. Me ne andai con la promessa che un giorno sarei tornato. Non ho potuto mantenere quella promessa».
Auguri di buon anno da silvioscaglia.it
Con la vignetta di Vincino facciamo i nostri migliori auguri di buon anno a Silvio Scaglia e a tutti i lettori del blog.
Silvio Scaglia Story (1): il giovane ingegnere
Da “I signori di Internet. La via italiana alla New Economy” di Giancarlo Mazzuca (Baldini & Castoldi)
La passione di Scaglia per il mare, lui che è un lupacchiotto con i denti da latte, tradisce le sue origini genovesi. Genovese il padre e genovese la madre, anche se Silvio muove i primi passi in mezzo alle montagne della Svizzera: «Papà», racconta, «lavorava a lucerna e là ho trascorso l’infanzia prima di trasferirmi con la famiglia a Novara».
Non devono essere stati facili quegli anni di vita nella confederazione. Il padre non era un emigrante qualsiasi ma occupava un posto più che rispettabile come ingegnere nella fabbrica di ascensori Schindler (sì, proprio lo stesso nome del salvatore degli ebrei, quello della Schindler’s List). Avrà anche avuto, Scaglia senior, un signor stipendio, ma allora i nostri connazionali in Svizzera, ricchi o poveracci, non erano particolarmente amati come ci insegna il quasi contemporaneo Pane e cioccolata di Nino Manfredi.
Meglio, dunque, tornare a casa. E in quale città poteva sbancare un ingegnere che produceva ascensori? Ovviamente Novara, dove ha sede la Falconi, un’altra fabbrica di ascensori (da cui la predisposizione di Silvio a salire rapidamente la scala gerarchica di un’azienda). Con un padre ingegnere e una madre insegnante di matematica, al giovane Scaglia le materie classiche vanno ovviamente strette. Frequenta quindi il liceo scientifico nella città piemontese e poi si iscrive al Politecnico di Torino: «Ma non ero uno sgobbone come qualcuno crede. D’accordo, mi è sempre piaciuto leggere e, quando ero ragazzo ho anche sofferto le dimensioni provinciali di Novara dove era impossibile trovare all’edicola un giornale straniero. Se d’inverno non marinavo la scuola, mi rifacevo però d’estate quando mi dedicavo alla vela sul mare Ligure. E dopo aver preso il brevetto con un flying junior Enterprise frequentando un corso sulla Manica vicino a Plymouth, facevo l’istruttore nei villaggi Valtur per tre mesi l’anno e per tanti anni da fine giugno a inizio settembre».
Ma i tempi delle mele (e delle vele) finiscono presto. Il giovane ingegnere evita il servizio militare (era stato riformato a seguito di un intervento al rene quando aveva appena tre anni d’età) e così si ritrova proiettato subito nel mondo del lavoro: la prima esperienza all’Aeritalia è molto deludente anche se partecipa a un progetto molto ambizioso, il progetto Teleret: «Il Teleret era un satellite con il cordone ombelicale perché doveva essere collegato alla centrale spaziale con un filo di cento chilometri. ll programma era stato elaborato dalla stessa Aeritalia, dalla Nasa e dall’americana Martin Marietta ma, nonostante la qualità dei partner, il lavoro non mi piacque e dopo sei mesi preferii cambiare aria»: Scaglia si ritrova così all’Arthur Andersen come programmatore: «Nella società di revisione restai tre anni. A un certo punto decisi di mollare perché volevo prendere un master negli Stati Uniti. Ma poco prima di partire per l’America venni selezionato per essere assunto alla McKinsey. Allora la società di consulenza era una vera palestra di vita aziendale perché ti metteva in contatto con tanti big della finanza e dell’industria: in pratica aveva lo stesso valore di quel famoso master che volevo conseguire in America. Rinunciai quindi al master e presi la McKinsey».
“Silvio Scaglia? Geniale e stakanovista”
“Lavorare per Silvio Scaglia è stata un’esperienza eccezionale”, dice Emanuela Mandarini, attuale Responsabile Sales Consumer Outbound per l’Area Sud in Fastweb. “Sono in azienda dal 2000 – prosegue –, ma l’ho conosciuto nel 1995 in Vodafone, all’epoca Omnitel. Con lui ritmi di lavoro inimmaginabili, ma quanto orgoglio aziendale!”
Dottoressa Mandarini, il primo incontro professionale con Silvio Scaglia?
È stato a Napoli in occasione di una Sales Convention, una delle sue prime occasioni pubbliche dopo l’ingresso in Omnitel. Abbiamo pranzato allo stesso tavolo ed ebbi modo di ascoltarlo mentre ci raccontava del suo background, in particolare del periodo di consulenza aziendale e la Piaggio. Già da allora ebbi la netta sensazione di essere di fronte ad un personaggio di grande spessore.
Diceva di Omnitel…
La mia esperienza in Omnitel è strettamente dipendente da lui: è pur vero che ci muovevamo in un contesto sociale ed economico di grande favore per un nuovo business TLC, ma senza la sua genialità e senza il suo stakanovismo questo progetto non sarebbe mai riuscito a raggiungere mete così lontane. Scaglia riuscì a dar vita a un ambiente di lavoro giovane, fresco, brillante, dinamico e ricco di opportunità. Ciò che ricordo è quel senso di fierezza e di orgoglio che caratterizzava ognuno nel sentirsi parte di un progetto unico. Dove il contributo di ognuno era determinante.
E in Fastweb?
Quando decisi di lasciare la solidità di Omnitel per Fastweb, confesso che la consapevolezza di entrare a far parte di una nuova avventura guidata da lui fu uno dei pochi motivi che riuscì a convincermi.
Col senno del poi?
L’esperienza di Fastweb è stata incredibile sotto tutti i punti di vista: dalle competenze tecniche acquisite, al modello organizzativo, agli obiettivi. Avevamo ritmi di lavoro inimmaginabili, ricercavamo la perfezione sempre e comunque, sapendo che al vertice c’era una strategia e che a guidarla era Scaglia.
E la vicenda giudiziaria?
Quando è iniziato il calvario la nostra vita è improvvisamente cambiata, abbiamo smesso di dormire serenamente, di lavorare normalmente, di guardare al futuro con lo stesso sentimento di prospettiva. Sono tra quei colleghi che hanno deciso di mettere il proprio volto sulla campagna pubblicitaria che fu lanciata per difendere l’immagine dell’azienda e ciò testimonia quanto potesse essere alto il mio senso di appartenenza all’azienda e di rabbia e di volontà di riscatto. Da febbraio penso spesso al suo incredibile arresto, alla sua posizione di prigioniero senza possibilità di difesa. Ora mi auguro solo che abbia imparato il suo cinese, e che magari quando uscirà da questo incubo vorrà dedicarsi ad una nuova avventura imprenditoriale. E chissà, potervi prendere parte anche io. Posso dire un’ultima cosa?
Prego…
Vorrei che anche la moglie Monica e i suoi figli sentissero tutta la mia solidarietà.
Caro ingegner Scaglia, tanti auguri! E che l’incubo finisca presto
“Vorrei fare gli auguri a Silvio Scaglia, è possibile tramite il blog?”. Certamente, dica… “Allora, tanti auguri di buon Natale e felice anno nuovo all’ingegner Silvio Scaglia e alla sua famiglia, sperando che il suo incubo finisca al più presto”. Chi parla è Alida Greco, attuale HR manager IDC Southern region, ma anche ex assistente del Direttore-rete specialista in organizzazione in Omnitel nel 1995, all’epoca in cui Scaglia ne era l’amministratore delegato
Dottoressa Greco, sono passati 15 anni, il suo ricordo professionale?
Lo confesso, ero molto giovane, non avevo contatti professionali diretti, ma ricordo bene il rispetto che lo circondava. Era il capo ed era molto benvoluto. Di lui si diceva che fosse una persona molto seria, competente e professionale. Però un episodio mi viene in mente…
Cioè?
Ricordo benissimo, come fosse oggi, che il mio ultimo giorno di lavoro in Omnitel, mi chiese dove sarei andata e mi fece gli auguri, mi salutò con il calore proprio di un amico e non, diciamo così, di un amministratore delegato. Era felice per me, davvero una cosa insolita per due livelli professionali così distanti… quelle parole sincere me le ricorderò per tutta la vita.
Quindi…
Quindi, seppure a distanza di così tanto tempo, vorrei ricambiare quel gesto di umanità che ebbe nei miei confronti facendogli oggi tantissimi auguri. Sono convinta che veramente lui non sapesse nulla… della truffa. E che i dieci mesi di custodia cautelare siano davvero un’ingiustizia.
La Vigilia dei 300 giorni
Alla mezzanotte di oggi, 24 dicembre, scadono dieci mesi esatti da quella notte del 26 febbraio in cui l’ingegnere Silvio Scaglia si è presentato spontaneamente alla polizia giudiziaria all’aeroporto romano di Ciampino per consegnarsi, senza alcun indugio, ai magistrati che indagavano sulla “Truffa Carosello”
L’imprenditore, infatti, era stato raggiunto il 23 febbraio dalla notizia dei reati che gli erano stati contestati nel bel mezzo di una breve vacanza ai Caraibi. Il tempo materiale per organizzare il rientro nel più breve tempo possibile, e l’ingegnere si è presentato agli inquirenti. Con la fiducia di poter chiarire in tempi rapidi la sua posizione e, come comunicato ai collaboratori in azienda, di “poter tornare a lavorare al più presto”.
Al contrario, da quella sera Silvio Scaglia vive in una situazione kafkiana: tre mesi di detenzione nel carcere di Rebibbia, fino al 17 maggio, per poi essere spedito, ormai da sette mesi, agli arresti domiciliari in un regime di stretto isolamento in Val d’Ayas. Solo dall’inizio di novembre gli sono concesse due uscite settimanali di due ore ciascuna. In tutto questo periodo Scaglia, dopo il doveroso interrogatorio per la convalida dell’arresto, è stato interrogato, su sua richiesta, in una sola occasione, lo scorso 12 aprile, fornendo ampia collaborazione agli inquirenti.
Tutto questo anche se non esistono esigenze che giustifichino il regime di carcerazione preventiva visto che:
- Non c’è pericolo di fuga.
- Non esiste, dopo la conclusione delle indagini, rischio di inquinamento delle prove.
- È escluso anche il rischio di reiterazione del reato, visto che l’ingegner Scaglia non ricopre alcun ruolo in Fastweb, la società “vittima al pari del suo fondatore di una truffa ben congegnata”.
Eppure l’ingegner Scaglia si trova ad affrontare il processo, iniziato lo scorso 2 novembre, ancora in regime di custodia cautelare. Intanto sono passati 300 giorni. “Più del tempo di una gravidanza, il tempo della morte civile” commenta Piercamillo Falasca, fellow dell’istituto Bruno Leoni. Ma il fondatore di Fastweb, nonostante le ingiustizie patite, è tutt’altro che rassegnato. E sta ben attento, da innocente vittima di un sopruso, a non cadere nella trappola del vittimismo.
L’augurio di Natale, anche a nome dei tanti amici di questo Blog che hanno voluto testimoniare la loro solidarietà e simpatia nei confronti di Scaglia, innovatore ma anche, come ha sottolineato Lucia Annunziata, “cittadino esemplare anche nelle vesti di inquisito”, è che presto l’ingegnere possa tornare a lavorare e a creare valore per sé ma, soprattutto, per la società: l’Italia, al ventesimo posto nell’Unione Europea per la penetrazione di Internet (e ancor più indietro per quanto attiene la banda larga) ha bisogno dei suoi talenti.
Libero: “Italia condannata per inciviltà”
Intanto Silvio Scaglia resta sotto custodia
“L’Italia è stata condannata per inciviltà ma la notizia non trova neanche spazio sulle prime pagine”. Inizia così il commento di Davide Giacalone su Libero dall’eloquente titolo Censurata anche l’Europa se condanna la giustizia italiana. “Se è la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a sentenziare che la nostra giustizia fa schifo improvvisamente diventiamo tutti muti, incapaci di commento alcuno”.
E così, complice la sudditanza dei media, si consolida un bilancio desolante. “Non a caso – aggiunge Giacalone – non s’invocano neanche più processi giusti e ragionevoli mentre si parla sempre di arresti preventivi”. Ma come non notare, aggiunge Giacalone parlando dello “sproposito” del ministro Gasparri, che in questo stesso Paese “Silvio Scaglia è detenuto da quasi un anno senza che nessuno lo abbia mai condannato a nulla?”.
Il bilancio di fine anno, insomma, è fallimentare. Da una parte una situazione “incivile”, di cui paga il prezzo chi, come Silvio Scaglia, si è messo subito a disposizione di questa giustizia. Dall’altro, un sistema che non riesce a garantire tempi di giudizio compatibili con la realtà economica del Paese.
Lo ha notato Giovanni Gentile, presidente di Confindustria Firenze, in occasione della conferenza stampa di fine anno dell’associazione. “Neanche all’epoca di Mani Pulite – ha detto – le conseguenze economiche sono state così rilevanti. Raccomanderei, e so che mi attirerò qualche strale, tempi brevi“. Strale per strale, c’è da augurarsi che nel 2011 venga finalmente approvata la riforma della legge 231. Del resto, “la responsabilità di impostare le riforme – ammonisce ancora Giacalone – cade su chi ha la maggioranza. Oramai dovrebbe essere chiaro che l’Italia è in vicolo cieco, per giunta rissoso e maleodorante: va sfondato, deve esserci ossigeno e giustizia per tutti”. Anche per Silvio Scaglia, che s’avvia a celebrare dieci mesi di custodia cautelare senza condanna.
Nuove eccezioni contro il rito immediato. Il 12 gennaio la parola ai PM
La quarta udienza del “Processo Carosello” è stata dominata, come la seconda parte della seduta precedente (segnata dalla decisione di respingere la costituzione di parte civile di Fastweb e TIS, nonostante il parere favorevole della Procura), dalle eccezioni di nullità avanzate dalla difesa degli imputati contro la decisione del GIP Paolicelli di concedere, su richiesta della Procura della Repubblica, il rito immediato
Di fronte alle eccezioni (rilevanti), il PM presente in aula, la dottoressa Francesca Passaniti, ha chiesto al Presidente del Collegio giudicante, il dottor Giuseppe Mezzofiore, i termini per poter rispondere in maniera adeguata ai quesiti. Perciò la prossima udienza, in programma il 12 gennaio presso la Prima sezione penale del Tribunale di Roma, sarà dedicata alla replica da parte della pubblica accusa. Dopo di che il Collegio giudicante dovrà decidere in merito alle eccezioni che tendono ad eccepire la nullità della decisione di procedere in sede di rito immediato contro gli imputati.
Le eccezioni, ribadite oggi dai difensori, vertono principalmente su:
a) Il fatto che si sia disposto di procedere anche per fatti per cui erano già decaduti i termini della custodia cautelare.
b) Il fatto che si siano distinte le posizioni delle persone fisiche da quello delle persone giuridiche, tesi già rigettata dal Collegio giudicate al momento della decisione di non ammettere la costituzione di parte civile di Fastweb e Telecom Italia Sparkle in quanto “agli enti viene addebitato il medesimo fatto attribuito agli imputati”.
c) La violazione del diritto al contraddittorio. In particolare, per quanto riguarda il caso di Silvio Scaglia, viene contestato il fatto che non è stata esaminata la memoria difensiva dell’ingegnere, regolarmente presentata nei termini di legge, ma di cui non si fa menzione nell’atto di rinvio a giudizio per rito immediato.
d) La violazione del diritto di difesa, sollevata da alcuni difensori, poiché ad oggi non risulta ancora nella loro disponibilità una parte (rilevante sul piano probatorio) della documentazione, in particolare su supporto elettronico.
e) L’eccezione di incostituzionalità sollevata dal professor Fiorella, difensore di Silvio Scaglia, in merito alla decisione di concedere il rito immediato non sulla base di “prove evidenti”, come previsto dalla legge, ma per il semplice fatto che gli inquisiti si trovavano già in regime di custodia cautelare.
Contestazioni di una certa gravità che dovranno essere ora esaminate dal Collegio giudicante cui tocca il compito di decidere se procedere in sede di giudizio oppure se prendere in considerazione, in tutto o in parte, le eccezioni.