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Pausa di Ferragosto per Telecom Sparkle – Fastweb
Intanto il cronometro della “custodia cautelare” corre verso i sei mesi
Meno cinque. Anzi per la precisione, ancora quattro giorni e mezzo. Poi, il 24 agosto, la custodia cautelare per gli indagati del caso Telecom Sparkle – Fastweb toccherà i 180 giorni, ovvero i 6 mesi. Nel frattempo, la settimana successiva al Ferragosto, non registra novità se non la perdurante attesa per gli avvocati e i loro assistiti di ricevere la “notifica” del giudizio immediato, quindi la possibilità di prendere visione di tutte le carte con cui si andrà a processo. A tal proposito, mentre è confermato che la Cancelleria dei gip è al lavoro per trasferire l’intero fascicolo alla sezione penale competente, va ricordato che i termini fissati dalla legge consentono di posticipare il “trasbordo” fino ai 30 giorni precedenti la prima udienza prevista il 2 novembre.
Tutto fermo dunque, o quasi: per Silvio Scaglia, per gli altri indagati dell’inchiesta, e per le altre 5-6mila persone che in questo momento in Italia sono “ristrette” agli arresti domiciliari, ma tuttora in attesa di giudizio. Tanti sono infatti nel Belpaese i “presunti innocenti”, privati della libertà personale, senza che nessuna aula di Tribunale abbia ancora emesso alcun giudizio di condanna nei loro confronti. Una cifra approssimativa peraltro, seppur vicina al vero, che è possibile calcolare soltanto dopo un’avventura kafkiana a colpi di telefono e mail, tra una moltitudine di uffici burocratici. Questo perché il dato esatto non è nella “disponibilità” del Ministero della giustizia o del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria o del Dipartimento di pubblica sicurezza.
Ferragosto in carcere
On. Bernardini: “I nostri istituti? Sono illegali”. “A Favignana – spiega la deputata radicale – ci sono le gabbie come allo zoo. E all’Ucciardone è perfino vietato possedere una dama”. Intanto il numero dei detenuti corre verso quota 70mila, mentre circa il 40% è ancora in attesa di giudizio.
Un caos di umanità, in condizioni disumane. È la fotografia drammatica delle carceri italiane nell’anno di grazia 2010. I numeri: oltre 68mila detenuti in spazi per 45mila, di cui quasi il 40% in attesa di giudizio. Un sovraffollamento di cui non si scorge via d’uscita, considerando che ogni mese il numero di nuovi reclusi supera quello di chi esce. “Senza contare i casi peggiori – spiega l’on. radicale Rita Bernardini, membro della Commissione Giustizia della Camera – come l’Ucciardone, dove convivono fino a 10 detenuti in 20 metri quadrati, per 21 ore al giorno”.
La deputata Bernardini è reduce dal “tour de force” che l’ha portata a visitare ben otto carceri in quattro giorni. Quest’anno, anzi, la tradizionale “visita collettiva” di Ferragosto promossa dai radicali ha raggiunto punte record: 230 persone fra deputati, consiglieri regionali e qualche magistrato di sorveglianza, hanno varcato la soglia degli istituti penitenziari italiani. Un buon viatico, si spera, per quando al Senato si discuterà il ddl Alfano che dovrebbe svuotare un po’ le celle. “Non sarà una battaglia facile – aggiunge Bernardini – perché rispetto al primo testo che avrebbe potuto far uscire 15-20mila detenuti (facendo scontare fino a 12 mesi di pena ai domiciliari ndr.) sono intervenute limitazioni che abbassano drasticamente il numero: col testo attuale andrebbero ai domiciliari forse 2mila persone: troppo poche”.
On. Bernardini, ancora un Ferragosto in carcere: ma c’è almeno qualche buona notizia?
Magari ci fosse. Anzi, per cortesia, mi faccia dire che cosa ho visto alla Favignana.
Prego…
Il peggio del peggio. Ho visto gli “internati”, i cosiddetti “ergastolani bianchi”, persone che hanno già finito di scontare la pena ma non vengono rilasciati per ragioni di sicurezza. Dovrebbe essere una casa di lavoro, peccato che il lavoro non c’è. In realtà, spesso si tratta di ex tossici o malati psichici. La cosa più terribile è il “reparto di osservazione”.
Cioè?
Sono come delle gabbie allo zoo, senza finestre e con la grata all’aperto. Ho potuto parlare con un detenuto rinchiuso, sui 35 anni, la bocca impastata, evidentemente sedato ma abbastanza lucido. Gli ho chiesto come mai è lì, mi ha risposto “Ho fatto solo qualche furtarello per pagarmi la droga. Ci sono ricascato, ma ora vorrei andare in Comunità. Che ci faccio qui?”. Mi ha anche detto che vorrebbe andare a trovare la madre anziana e malata, ma non gli viene concesso. In quasi 30 anni di visite alle carceri ne ho viste tante, ma questa l’ho trovata terribile.
Lei è stata anche nel carcere di Termini Imerese. Cosa ha visto?
Il solito disastro, sovraffollamento, poco personale e la completa inattività dei detenuti. Ma non è solo Termini, sono le pecche di tutte le nostre carceri: certo, c’è rinchiusa gente colpevole, che ha sbagliato, ha commesso delitti, ma come ci si può illudere di recuperarli a una vita normale se li si fa vivere in condizioni disumane? Non c’è lavoro, le attività scolastiche in estate sono sospese, vivono ammassati. La cosa assurda è che non possono nemmeno andare a giocare a calcetto perché non c’è il personale che li possa accompagnare. Per non parlare di quelli in attesa di giudizio: bisogna ripensare completamente la carcerazione preventiva. La legge non è sbagliata ma i magistrati la interpretano come gli pare. Bisogna intervenire anche su questo. È un’anomalia tutta italiana.
Ma è vero che all’Ucciardone non è nemmeno permesso avere una dama? Vincino, che l’ha seguita nella visita, dice che ne è rimasto sconvolto…
Purtroppo è vero: te le sequestrano e non sono fra gli oggetti che puoi comprare.
Che fare?
Come radicali mettiamo a disposizione perfino il nostro corpo: solo dopo mesi di digiuno abbiamo ottenuto che il ddl Alfano andasse in discussione alla Camera. Quest’anno abbiamo coinvolto oltre 200 soggetti politici nella visita di ferragosto. Spero che si possano raccogliere dei frutti. Cose da fare ce ne sarebbero moltissime: ridurre il sovraffollamento, offrire lavoro, aumentare il personale, dare spazio alle misure di pena alternative; mandare i “tossici” nelle comunità: costerebbe meno del carcere e potrebbero tornare alla normalità. In generale, favorire il mantenimento delle relazioni con la famiglia. Le faccio un esempio: in base a una circolare di qualche mese fa i detenuti stranieri possono telefonare anche a un numero cellulare e non soltanto fisso, purché intestato a un familiare. Ebbene, ho scoperto nelle mie visite che molti nemmeno lo sapevano.
Ma il personale delle carceri, dai direttori agli agenti di polizia penitenziaria fanno adeguatamente il loro dovere?
Sicuramente, c’è attenzione, sensibilità e ci sarebbe la voglia di lavorare meglio e in luoghi più dignitosi. Ma manca il personale. Fanno quello che possono. Almeno per la stragrande maggioranza.
Scaglia story by Vincino: perché la giustizia in Italia è così lenta?
Il cronometro segna 172 giorni di “custodia cautelare” per Silvio Scaglia: prima a Rebibbia, poi “murato vivo” (tuttora) nella sua casa di Antagnod. Ora il “giudizio immediato”, che richiede la “prova evidente” che però non c’è. Altri due mesi e mezzo di attesa, prima di poter dimostrare la propria innocenza.
Intanto la Cancelleria dei gip lavora a “scannerizzare” tutte le carte per inviare le notifiche ai difensori degli indagati. Per legge deve farlo almeno 30 giorni prima dell’udienza fissata il 2 novembre, quindi entro e non oltre il 1° ottobre.
Ma perché la giustizia in Italia è così lenta? Dì la tua.
Inchiesta Telecom Sparkle – Fastweb: i prossimi sviluppi giudiziari
Per rispondere alle mail dei lettori presentiamo un breve “vademecum” su quelli che potranno essere i prossimi sviluppi del caso Telecom Sparkle – Fastweb, dopo la decisione di accogliere la richiesta di “giudizio immediato” avanzata dai magistrati della Procura di Roma.
1) La Cancelleria dei gip è al lavoro per trasferire l’intero fascicolo (e ogni competenza) alla Quarta sezione penale collegiale del Tribunale di Roma, presso la quale è stata fissata la prima udienza del processo il prossimo 2 novembre.
2) I legali difensori sono in attesa di ricevere la “notifica” della richiesta di giudizio immediato. Si tratta di un passaggio importante poiché, a quel punto, insieme ai loro assistiti potranno prendere visione di tutte le “carte” dell’inchiesta, compresi gli interrogatori avvenuti dopo il 24 febbraio 2010 (data delle 56 ordinanze di arresti: 52 in carcere, quattro ai domiciliari).
3) La richiesta di ”giudizio immediato” ha azzerato il cronometro della “custodia cautelare” (ovvero i 168 giorni già trascorsi). Si riparte da capo: il codice prevede altri 6 mesi, che possono perfino aumentare, sebbene per Silvio Scaglia (e non solo) siano scaduti i termini della custodia per il presunto reato di “frode fiscale” (tre mesi) e quando il 12 agosto è stata accolta la richiesta di “giudizio immediato” mancavano ormai pochi giorni alla scadenza dei termini per il reato di presunta “associazione per frode fiscale” (sei mesi).
Lucia Annunziata: “Caro Silvio, sei sempre l’uomo perbene che ho conosciuto”
Pubblichiamo l’intervento di Lucia Annunziata, giornalista ed ex presidente della Rai, su Silvio Scaglia e la sua paradossale situazione giudiziaria
È un intervento significativo perché Lucia Annunziata, che conosce bene l’ingegner Scaglia, non ha voluto limitarsi ad una solidarietà di facciata o ad una manifestazione di generico garantismo, materia che si presta a strumentalizzazioni di vario tipo nell’attuale congiuntura politica, più convulsa che mai. L’Annunziata ha voluto cogliere la testimonianza civile, anche nelle condizioni peggiori, che sta offrendo l’indiziato Scaglia, pur consapevole della sua totale innocenza. Grazie Lucia, certe parole sono pietre.
Silvio Scaglia è un indagato esemplare. Quanti, dopotutto, sarebbero tornati a casa, da un comodo paese oltremare, con un volo privato per accorciare i tempi, usando il proprio passaporto, e (soprattutto) senza accordi preventivi con nessun investigatore, senza patteggiare nulla prima di rimettere piede in Italia, dove, come è successo e come lui sapeva, lo attendeva la prigione?
Inutile nasconderselo, la giustizia è il terreno vivo su cui da anni passa, nel nostro paese da vari decenni, la più feroce, la più dolorosa, la più insoluta delle battaglie sociali e politiche. Nel grande mare delle inchieste che hanno segnato la nostra storia del dopoguerra – inchieste a volte giuste, a volte sbagliate, a volte necessarie, a volte superflue – abbiamo dovuto navigare tutti. Per ragioni professionali, spesso, come succede a noi giornalisti. Per ragioni politiche, come accade a chi scrive le leggi. Come orientarsi in questo mare è stata una vera sfida.
Per quel che mi riguarda, ho un rapporto di fiducia e di ammirazione per la magistratura. Uomini e donne che con lo stipendio di semplici servitori dello stato portano sulle loro spalle il destino di ognuno e tutti noi. Mi ha sempre fatto soffrire, dunque, l’attacco mosso a questi uomini e donne, perché un paese che dubita di chi amministra la sua giustizia perde ogni speranza di poter essere premiato o punito su questa terra. Dopotutto, la giustizia è innanzitutto un concetto morale, dunque divino, ben prima che umano, sociale o statuale.
Ho dunque sempre pensato che avere fiducia in coloro che amministrano la giustizia è in fondo solo un atto egoistico: la riaffermazione che possiamo vivere con la sicurezza che ci sono dei principi di ordine che ci difendono e ci indicano una direzione.
Per tutte queste ragioni, alla fine, l’atteggiamento che si ha nei confronti dei giudici è diventato per me definitorio. Come giornalista, considero dunque rilevante il modo come un imputato risponde alla legge. Il suo rispetto per questa legge, anche quando un caso sembra paradossale, è stato negli anni per me la chiave di volta per giudicare una persona e un imputato. Non è una affermazione da prendere alla leggera: pensatene cosa volete, ma un Andreotti che stringe la mano ai suoi giudici prima che il processo inizi, è una delle migliori lezioni che ci ha lasciato la vecchia Prima Repubblica.
Silvio Scaglia, per cui ho lavorato in un entusiasmante periodo in cui la rete credeva nell’informazione, e di cui ancora oggi penso che sia una delle migliori menti italiane, è stato, come dicevo, un esemplare indagato. La sua fiducia nella giustizia, è la mia. Il suo comportamento da solo lo definisce come una persona per bene. Il resto ce lo diranno, appunto, i giudici.
Lucia Annunziata
Colpo di scena: il gip cambia idea
A giudizio immediato anche Catanzariti, ex manager T. Sparkle, dopo l’intervento della Procura
Due provvedimenti di segno opposto nel giro di 24 ore, ma usciti dalla stessa penna: quella del gip Maria Luisa Paolicelli. Con un conseguente colpo di scena: anche Antonio Catanzariti, ex manager di Telecom Sparkle, andrà a “giudizio immediato” e non sarà processato lui (e soltanto lui) per “rito ordinario”, come pur aveva già deciso lo stesso giudice Paolicelli il giorno prima.
In sostanza, anche Catanzariti dovrà salire sulla stessa barca degli altri 36 imputati per i quali la Procura di Roma ha avanzato e ottenuto la richiesta di “giudizio immediato”, compreso Silvio Scaglia. Unica magra consolazione per l’ex manager di Telecom Sparkle: gli sono stati riconosciuti gli arresti “domiciliari” e ha lasciato il carcere di Rebibbia.
Il secondo provvedimento del gip Paolicelli (un “doppio avvitamento carpiato” si direbbe nei tuffi) ha suscitato ovviamente le proteste del difensore di Catanzariti, avvocato Nino Marazzita, che ha annunciato l’intenzione di rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione per denunciare il “provvedimento abnorne”. Del resto, non può che destare sorpresa il fatto che la “giravolta” del gip sia stata conseguente ad un intervento dei pm della Procura di Roma.
Scaglia a giudizio immediato, pur senza “prova evidente” e nonostante siano scaduti i termini di custodia per presunto reato fiscale
È possibile in Italia tenere qualcuno agli arresti per presunto reato fiscale più di tre mesi? No, la legge lo vieta tassativamente. E non si tratta di materia soggetta ad interpretazione, basta un semplice calcolo matematico: tre mesi, poi va restituita la libertà personale. Ma non solo: in base all’art. 306 e commi seguenti la scarcerazione è automatica.
Questo è quanto riportano i codici di procedura penale. Tra questi si ricorda: “Nei casi in cui la custodia cautelare perde efficacia… il giudice dispone con ordinanza l’immediata liberazione della persona sottoposta alla misura” (PierMaria Corso). Franco Cordero cita: “scaduti i termini massimi, viene disposta l’immediata liberazione. Da notare come, a titolo perento, la custodia sia illegale: abbia o no provveduto il giudice, non esiste più un legalmente arrestato o detenuto; l’evasione, dunque, sarebbe lecita”.
Ma allora: come mai il gip non ne ha tenuto conto? Perché si andrà al giudizio immediato per Scaglia e altri, quando la situazione imponeva il rito ordinario? Come mai per un altro imputato, Antonio Catanzariti, ex Telecom Sparkle, proprio con la motivazione che per “reato fiscale” sono scaduti i termini della custodia si andrà al rito ordinario? Perché due pesi e due misure (cautelari)?
Non si capisce. Se non (forse) per un dettaglio tecnico, privo però di spessore giuridico: il fatto che Catanzariti (ex responsabile “Carrier sales Italy” di Tis) ha ottenuto in data 1° agosto l’annullamento per decorso dei termini della custodia cautelare per i reati fiscali. Come era giusto, del resto. In pratica il gip Di Grazia (che fino al 6 agosto ha avuto tra le mani il fascicolo) ha riconosciuto che, trascorsi i tre mesi, Catanzariti non potesse più rimanere agli arresti per reato fiscale, mentre poteva rimanerci per il reato di “associazione”. E infatti è ancora detenuto a Rebibbia. Ma se Catanzariti, essendo ormai libero per reato fiscale, ha diritto al rito ordinario, perché la stessa cosa non vale per Scaglia e altri ex manager tlc?
Il risultato è che per Scaglia, a questo punto, oltre al danno di essere stato arrestato benché mancassero i tre presupposti (fuga, reiterazione e inquinamento probatorio) è arrivata pure la beffa: codice alla mano per il presunto reato fiscale è già un cittadino libero.
In conclusione: 1) Scaglia non andrà a giudizio immediato per la presenza della “prova evidente”; 2) Scaglia non dovrebbe andare a giudizio immediato per gli stessi, identici, uguali, motivi per i quali, secondo il parere del gip che ha firmato, non ci andrà un altro imputato. Per il quale ha infatti rigettato la richiesta dei pm romani.