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“Iva Telefonica”: il traffico era reale

Il professor Cusani, teste della difesa di Focarelli, dimostra in aula che l’attività di Phuncard e “Traffico Telefonico” non era fittizia. La testimonianza prosegue oggi


Le attività oggetto dell’inchiesta “Iva Telefonica” non erano fittizie ma corrispondevano ad effettivi volumi di traffico. È questo il risultato della testimonianza del professor Roberto Cusani, ordinario di telecomunicazioni alla Sapienza di Roma, che ieri ha deposto davanti al Collegio della Prima Sezione penale presieduto da Giuseppe Mezzofiore. Il professor Cusani, citato dalla difesa di Carlo Focarelli, ha ribadito in questo modo il parere già avanzato da altri esperti. Ma il suo contributo, estremamente chiaro e sintetico, dai toni didattici, è stato seguito con grande attenzione. Cusani ha dimostrato, grafici alla mano, che i tabulati corrispondono ad attività effettivamente svolte.


La testimonianza del professor Cusani occuperà probabilmente anche larga parte dell’udienza odierna. Ieri, del resto, la seduta è ripresa solo nel primo pomeriggio per consentire la partecipazione al funerale del sostituto procuratore Alberto Capena, improvvisamente scomparso pochi giorni fa.


La giornata odierna, una volta esaurita la testimonianza dell’esperto, proseguirà con l’audizione di alcuni dei testi che mancano ancora all’appello prima di passare all’arringa conclusiva della pubblica accusa che non comincerà, probabilmente, prima di fine novembre.


“Iva Telefonica”, sfilano i testi di Giorgia Ricci

«Regolari» controlli e fatture della Builders Immobiliare, che ha curato i lavori del cantiere di Sacrofano. E il vice brigadiere Iannarone racconta il sequestro dei quadri in via Cortina d’Ampezzo


Oggi, al processo per l’“Iva Telefonica” è stata la giornata dei testi presentati dalla difesa di Giorgia Ricci. Davanti al Collegio della Prima Sezione penale del Tribunale di Roma, presieduta da Giuseppe Mezzofiore, sono comparsi il geometra Renato Degenio e l’architetto Giuseppe Romeo, già dipendenti nel 2006 della Builders Immobiliare.


In questa veste Degenio e Romeo hanno seguito i lavori dei cantieri di Sacrofano, per la realizzazione di un complesso immobiliare per conto della Ricci. I due hanno dichiarato che tutto è avvenuto nel rispetto della legalità, vuoi sul piano delle verifiche e dei controlli che delle fatture fiscali.


È poi stata la volta del vice brigadiere dei carabinieri Giulio Iannarone del Nucleo Operativo per la Tutela del patrimonio artistico, citato sia dai legali di Giorgia Ricci, sia di Gennaro Mokbel. Iannarone è il sottufficiale che ha redatto i verbali di sequestro dei quadri rinvenuti nell’appartamento dei due imputati in via Cortina d’Ampezzo. Lo stesso Iannarone ha precisato che, una volta verbalizzato il sequestro, tocca ad altri servizi del reparto verificare sia la legittima provenienza dei quadri (in questo caso tele di non particolare valore), sia, in seguito, accertarne l’autenticità.


Si è così conclusa l’audizione dei testi della signora Ricci. Il processo proseguirà giovedì 18. Sarà ascoltato prima un teste di Antonio Ricci, poi comincerà l’audizione del consulente tecnico chiamato a testimoniare dalla difesa di Carlo Focarelli. L’esame del perito proseguirà nell’udienza fissata per venerdì 19.

Seduta omnibus per il processo “Iva Telefonica”

Sfilata di testimonianze di vari filoni dell’inchiesta: dalla campagna elettorale di Di Girolamo alla testimonianza del generale Raponi, oggi alla direzione Dia, a sostegno di Berriola. Si prosegue lunedì 15 con i testi di Giorgia Ricci


È stata un’udienza omnibus, in cui sono stati alcuni dei molti filoni del processo sull’“Iva Telefonica”. Ieri, davanti al Collegio giudicante della Prima Sezione penale del Tribunale di Roma presieduto da Giuseppe Mezzofiore sono comparsi i testi convocati dalla difesa di Aurelio Gionta, già amministratore della Global Phone Network. Hanno deposto prima il signor Ferruccio Gabriè, dipendente di Gionta, poi Monica Capanna e Marco Ingratta, all’epoca dipendenti di British Telecom, l’operatore telefonico con cui la società di Gionta ha sottoscritto a suo tempo un contratto di housing. Ingrotta, in particolare, ha dichiarato che Gionta si era rivolto a BT per ottenere una quantità di banda di trasmissione considerevole. Ha poi deposto Livia Tentella, la segretaria commerciale della Global Phone Network e lo Chef concierge dell’hotel Hassler Luciano Luciano Zamperlan.


Ieri sono poi stati chiamati a deporre i testi della difesa dell’avvocato Paolo Colosimo riaprendo il capitolo delle cene preelettorali e di festeggiamento per l’elezione di Nicola Di Girolamo in quel di Gioiosa Ionica. Ha testimoniato l’avvocato di Crotone Luigi Villirilli, esponente locale di AN, seguito da Franco Pugliese, già coinvolto in alcune inchieste sulla n’drangheta, titolare dell’albergo sede delle serate conviviale. Ha testimoniato anche il fotografo Francesco Pullano, autore delle foto in cui compaiono Gennaro Mokbel, Di Girolamo, Pugliese e l’avvocato Colosimo poi comparse su diversi media.


L’udienza ha visto anche la conclusione del testimoniale presentato dalla difesa del Maggiore Berriola. È stato sentito Il Generale GdF Maurizio Raponi  attualmente alla Direzione Investigativa Antimafia, il quale ha riferito della serietà e della correttezza del Maggiore per averlo conosciuto al Nucleo Tutela Mercati tra gli anni 2007 e 2008.


Sono stati poi ascoltati dal Tribunale Gianluca Capasso e Vito Ambrosio i quali hanno smentito seccamente alcune importanti circostanze relative alle accuse rivolte al Maggiore Berriola dall’imprenditore Vito Tommasino. A questo proposito l’avvocato Giudice, difensore dell’Ufficiale della Guardia di Finanza, si è detto molto soddisfatto di quanto emerso durante l’udienza di ieri.


Dopo questa raffica di testimonianze, il processo riprende il 15 ottobre con i testi presentati dalla difesa di Giorgia Ricci.

In aula i testi di Mokbel

L’udienza di ieri del processo “Iva Telefonica” ha visto sfilare di fronte al Collegio della Prima Sezione penale del Tribunale di Roma presieduto da Giuseppe Mezzofiore i testi chiamati dalla difesa Mokbel. Al centro del dibattimento l’analisi di alcuni aspetti relativi al progetto Alleanza Federalista e alla campagna elettorale dell’ex senatore del PdL Nicola Di Girolamo, eletto nella circoscrizione estera Europa


In aula Francesco Capalbo che all’epoca dei fatti si occupava del progetto politico di Alleanza Federalista che ha ricostruito la nascita dell’iniziativa politica e degli incontri avvenuti al ristorante romano “Filadelfia” il cui proprietario, secondo la Procura, era Gennaro Mokbel.


Sul banco dei testi sono sfilati anche due funzionari dell’allora consolato italiano a Bruxelles: il signor Aldo Mattiussi, che era responsabile dell’Aire, il registro per gli italiani all’estero, e Filomena Ciannella, che era a capo della cancelleria consolare presso l’ambasciata d’Italia a Bruxelles. Entrambi sono stati sentiti per chiarire alcune «anomalie» legate all’acquisizione della residenza all’estero di Di Girolamo (necessaria per l’iscirizone nelle liste elettorali per la candidatura nei collegi esteri). Particolari che, secondo l’accusa, si divergevano dalla prassi amministrativa con cui l’ex senatore era riuscito ad arrivare alle elezioni. Una procedura che secondo quanto ricostruito dalla Procura era iniziata «secondo prassi» attraverso l’allora responsabile effettivo di questi servizi (la signora Ciannella) per essere poi perfezionata con l’intervento «anomalo» di Mattiussi, deleagato invece agli archivi notarili.


Sentito in aula anche l’onorevole Marco Zacchera, dimessosi dal Parlamento per svolgere le sue funzioni di sindaco a Verbania. Zacchera è stato ascoltato in merito ai suoi rapporti con l’ex senatore Di Girolamo perché, all’epoca dei fatti, più precisamente nel 2006, era capo del Dipartimento Italiani nel mondo di AN e quindi responsabile della candidatura nei collegi esteri. Zacchera ha riferito di aver stilato l’elenco dei candidati senza alcuna pressione esterna. Elenco che inizialmente non conteneva Di Girolamo. Il suo nome fu infatti inserito in un secondo momento su suggerimento di Stefano Andrini a seguito del “buco” lasciato dalla cancellazione di un altro candidato. Di Girolamo aveva un ottimo curriculum vitae, conosceva la realtà degli italiani all’estero, era un avvocato affermato. Tutto regolare e Zacchera non si oppose. I risultati – ha commentato in aula il sindaco di Verbania – sono arrivati grazie alla campagna elettorale svolta da Di Girolamo.


A chiudere la sfilata dei testi Carla Tagliaferri, allora segretaria nella sede romana di Alleanza Federalista e Giovanni Bonanno, titolare di una gioielleria nella Capitale. La signora Tagliaferri ha dato conto su domande della difesa sull’effettiva «ordinaria» attività politica del circolo e di Di Girolamo che – secondo quanto descritto dalla teste – spediva numerose buste con messaggi elettorali in tutta Europa. Bonanno ha risposto invece in merito alle ragioni della cessione della sua attività a Marco Massoli e Marina Bongiorno (madre di Giorgia Ricci).


Prossima udienza fissata per l’8 ottobre. In aula i testi chiamati dalle difese Colosimo, Scoponi, Gionta e un residuo dei testi di Berriola.

Dissequestrati i beni di Mazzitelli e Comito

Da oggi la revoca del provvedimento per i due ex top manager di TIS


I due ex top manager di Telecom Italia Sparkle, rispettivamente l’ex AD Stefano Mazzitelli e l’ex Responsabile Commerciale per l’Europa Massimo Comito, hanno potuto rientrare quest’oggi in possesso dei loro beni, messi a suo tempo sotto sequestro preventivo.


La revoca del provvedimento, disposta già nel luglio scorso in sede di appello dal Tribunale del riesame riguardo alla posizione di Mazzitelli, e oggi nel caso di Comito dal Collegio dei giudici della Prima sezione penale di Roma, presieduto da Giuseppe Mezzofiore, trova fondamento  – spiega il legale dei due manager, avv. Fabrizio Merluzzi – «nel fatto che non c’è traccia di profitti personali che gli imputati abbiano ricavato dai reati loro contestati né che i beni vincolati possano considerarsi frutto di reimpiego dei proventi degli stessi». Una notizia positiva, dunque, per Mazzitelli e Comito, «a ulteriore conferma – sottolinea ancora Merluzzi – dell’emergere dell’estraneità dei due dirigenti di TIS ad attività truffaldine o di complicità di ogni tipo».


Colleghi e superiori in campo per Berriola. «È corretto e leale»


Il processo per l’“Iva Telefonica” è ripreso con i testi dell’ufficiale della GdF. Nessun mistero dietro la cena al “Filadelfia”. Il 28 settembre in aula le testimonianze chieste dai difensori di Gennaro Mokbel e Giorgia Ricci


Una sera di novembre del 2007, il senatore Bruno Erroi, il Tenente Colonnello Carlo Luciano e il Colonnello Michele Dell’Agli andarono a cena con il maggiore Luca Berriola al ristorante Filadelfia di Roma il cui proprietario, secondo la Procura, era Gennaro Mokbel. Ieri i tre testi, di fronte al Collegio della Prima Sezione penale del Tribunale di Roma presieduto da Giuseppe Mezzofiore, hanno testimoniato che: si trattò di una comune riunione conviviale; il conto fu regolarmente pagato dai commensali; probabilmente la cena non fu organizzata dal maggiore Berriola.


È uno dei passaggi-chiave dell’udienza con cui ieri è ripreso il processo per l’Iva telefonica con l’audizione dei testi di Berriola non ascoltati prima della pausa estiva. Diversi ufficiali delle Fiamme Gialle hanno testimoniato sulla correttezza professionale del maggiore: il generale Antonio Maria Rubino, sotto cui Berriola ha prestato servizio nel 2006/07; il collega Carlo Luciano, che ha lavorato al fianco dell’imputato al reparto Tutela Mercati; il Colonnello Lucandrea Buffoni, collega del maggiore al reparto Tutela Finanza Pubblica dal 2008 al 2010.


L’udienza si è conclusa con l’audizione del primo teste prodotto dalla difesa dell’avvocato Paolo Colosimo. L’esame delle testimonianze proseguirà l’8 ottobre (assieme ad altri testimoni di Berriola). Prima però ci sarà, il 28 settembre, la sfilata delle testimonianze prodotte da Gennaro Mokbel e Giorgia Ricci.


L’Angolo di Vincino | Oggi riprende il processo


“Iva Telefonica”, riparte il processo

Tutti i testi ascoltati entro ottobre. Si riprende domani con le deposizioni chieste dai difensori di Berriola, Colosimo e Micucci. Si proseguirà il 28 con i testimoni di Mokbel


Si riparte. Dopo la pausa estiva riprende il processo per l’“Iva Telefonica” che si celebra davanti alla Prima Sezione penale del Tribunale di Roma. Davanti al Collegio presieduto da Giuseppe Mezzofiore si concluderà l’audizione degli ultimi testi chiamati a deporre dalla difesa del maggiore della Guardia di Finanza Luca Berriola. Nell’udienza del 18 luglio erano stati sentiti il colonnello Montella, il tenente colonnello Bertini, il maresciallo Centrella più l’appuntato scelto Livio Capparella.


Convocati per domani anche i testi citati dalla difesa di Massimo Micucci e di Paolo Colosimo. Si proseguirà con i testi convocati dalla difesa di Gennaro Mokbel. Il calendario prevedeva a questo scopo due udienze, il 27 e il 28 settembre, ma il Tribunale è già stato informato che i testimoni non potranno presentarsi il 27. Non è escluso, perciò, che l’udienza possa saltare.


Il processo proseguirà l’8 ottobre quando sfileranno davanti al collegio i testi di Francesco Fragomeli, Silvio Fanella e Manlio Denaro oltre a quelli di Aurelio Gionta e Riccardo Scoponi. La “coda” delle testimonianze si esaurirà nell’udienza del giorno 15 assieme alla deposizione dei testimoni di Giorgia Ricci e Antonio Ricci. Nelle udienze successive, fissate per il 18 e il 19 ottobre, toccherà ai testi di Carlo Focarelli seguiti, il giorno 23, da quelli di Giovanni Gabriele e Giuseppe Cherubini. Il calendario prevede, infine, due udienze fissate per il 23 e il 29 ottobre per eventuali recuperi dei testi.


Si esaurirà così la sfilata dei testi e, a partire dal 13 novembre, potrà cominciare la discussione finale in cui prima il Pubblico ministero, poi i difensori formuleranno e illustreranno le rispettive conclusioni.


Fattore Umano | Severino: più lavoro ai detenuti

Il ministro a Padova: «Siamo impegnati sul rifinanziamento della legge Smuraglia». E apre alle forme di pena alternative al carcere


«Non sono molto brava a fare promesse però posso dire che c’è un impegno molto serio per il rifinanziamento della legge Smuraglia». Ha esordito così il ministro Severino nel suo intervento di ieri all’incontro sul tema del lavoro come elemento di recupero del detenuto presso l’Università di Padova.


«Il progetto lavoro-detenuti – ha spiegato – merita una riflessione e un impegno seri». Anche perché – ha ricordato il ministro parlando ancora della cosiddetta legge Smuraglia (finanziata annualmente con 4,6 milioni di euro l’anno, ormai insufficienti) – «è stata l’unica forma di attivazione del lavoro carcerario che ha introdotto un modo di lavorare nel carcere utile non solo per i detenuti ma anche per il reinserimento sociale e per le imprese». Niente assistenzialismo o pietismo, dunque, bensì un serio impegno nel mettere a disposizione fondi per questo progetto.


Il ministro della Giustizia Paola Severino ha incontrato anche alcuni imprenditori durante la sua visita nelle due sedi carcerarie a Padova dove il consorzio di cooperative Coop Rebus impiega circa 200 detenuti. Per questi imprenditori – ha raccontato la Severino – «il lavoro in carcere non significa più intrattenere i detenuti per il tempo necessario a tenerli lontani dalla cella, ma abituarli a un lavoro utile, ad un lavoro per il futuro, ad un lavoro che sia già nella società».


Un altro tema toccato dal guardasigilli è stato quello del cronico sovraffollamento carcerario. La ricetta per superare questo problema «è un mix di elementi – ha spiegato –: abbiamo già avuto la legge salva carceri che ha cominciato a produrre qualche effetto perché vi sono stati tremila ingressi in meno relativamente al fenomeno delle porte girevoli». Senza dimenticarsi la questione delle misure alternative alla detenzione, definite dal ministro «il vero modo per affrontare il problema del carcere».


Perché il carcere, ha concluso il ministro, è l’estrema ratio, l’ultima risorsa in questo Paese cui si ricorre «quando gli altri tipi di pena non funzionano». Ma per la Severino ci sono anche «casi in cui si potrebbe ricorrere alla messa in prova e per reati minori potrebbe addirittura evitare il processo e la detenzione».


Fattore Umano| Le stoviglie della speranza


Il bilancio della «Grande battitura della» promossa dai Radicali. Per mezz’ora i detenuti di quasi 90 carceri  hanno picchiato sulle sbarre delle celle. Anche perché il numero dei “ristretti” è di nuovo risalito a 67.000


«Suoneremo così le nostre campane», aveva annunciato Marco Pannella alla vigilia della «Grande battitura della speranza». E le campane sono risuonate forti, chiare e numerose. A Catania, Cosenza, Roma Rebibbia e Regina Coeli. E ancora, a Poggioreale, Lecce, Cagliari Buoncammino e Trento, e poi a San Vittore, Genova, Venezia, Bologna e in parecchie decine di altre carceri, ben 89 le adesioni giunte da tutte le regioni di Italia.


Già, perché migliaia di detenuti giovedì 30 agosto scorso hanno battuto con le stoviglie le sbarre delle proprie celle, nello stesso istante e per mezz’ora, trasformando così una forma di protesta tra le più tradizionali dell’immaginario carcerario in un messaggio pacifico e collettivo di speranza. Un messaggio che si è levato da quelle che il leader radicale ha definito le «nuove catacombe della democrazia e della giustizia».


La speranza dunque resiste e trova spazio perfino lì dove di spazio ce n’è pochissimo e, talvolta, basta soltanto per respirare. E dove persino lo stare in piedi è un tempo da contrattare con altri detenuti che, nel frattempo, devono stare in branda, perché lo spazio non basta per tutti.


La popolazione detenuta, nonostante le promesse e gli “interventi” normativi realizzati, è infatti tornata a sfiorare quota 67mila, mentre la capienza regolamentare (ma non necessariamente effettiva) non supera i 45mila posti. E sebbene il ministro ne abbia annunciati 11mila in più con la costruzione di nuovi padiglioni e istituti, non c’è traccia di assunzioni di nuovo personale. Insomma il piano di edilizia carceraria sembra destinato ad innalzare solo altre cattedrali nel deserto. Ammesso che poi si arrivi a costruirle davvero.


Ciò di cui c’è realmente bisogno, invece, sono misure rapide e incisive per uscire dallo stato di illegalità in cui versano le patrie galere e l’intera macchina della giustizia. Schiacciata dal peso di milioni di procedimenti arretrati.


Secondo i radicali è l’amnistia la sola strada da percorrere per un ritorno immediato alla legalità; e per restituire un po’ di credibilità al nostro Paese, ripetutamente condannato dalla Corte europea dei diritti umani proprio a causa del malfunzionamento della giustizia. Mentre a Strasburgo, sommersi da oltre mille ricorsi di singoli detenuti, i giudici si apprestano a emettere nei confronti dell’Italia una sentenza pilota per denunciarne le carenze strutturali in materia di carceri.


Anche per questo i reclusi d’Italia hanno risposto all’appello del leader radicale. Per invocare il rispetto della legge da parte di uno Stato che punisce loro per averla violata. E al tempo stesso fugge, come un latitante qualunque, dalle proprie responsabilità.


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“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World