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Stracquadanio (PDL): “Scaglia libero o mozione bipartisan in Parlamento”
“Leggo sui giornali che Silvio Scaglia, ingiustamente detenuto da 80 giorni a Rebibbia senza che ne esistano le motivazioni, potrebbe essere rilasciato in giornata. Se questo non avverrà, anticipo che mi farò promotore da domani di un’iniziativa politica-parlamentare per far cessare al più presto questa carcerazione scandalosa”.
Così ha parlato il deputato del PDL Giorgio Stracquadanio ai microfoni di Gr Parlamento.
“Le garanzie devono valere per tutti i cittadini – ha proseguito – compresi l’ingegner Scaglia ed il dottor Rossetti, anche lui inquisito per la presunta complicità nelle fatture carosello, da me visitati in carcere durante questo periodo di custodia cautelare, convalidata dall’interrogatorio del gip, dottor Morgigni, solo dopo cinque giorni dall’arresto, del tutto ingiustificata alla luce di quanto prevede il codice: non esiste pericolo di fuga o di inquinamento delle prove, né tantomeno di reiterazione del reato. Mi sorge il sospetto che l’ingegner Scaglia resti in carcere per un quarto, inconfessabile, motivo: fargli ammettere responsabilità che non ha per fatti non commessi”.
Di qui, nel caso che che non venga rimosso questo “scandalo contro la libertà” l’avvio di una iniziativa parlamentare bipartisan.
Che fine ha fatto Mario Rossetti?
“Oggi, forse (pare, si dice), la procura darà parere favorevole alla scarcerazione di Silvio Scaglia”. Inizia così l’articolo che Massimo de’ Manzoni dedica dalle colonne de “il Giornale” al fondatore di Fastweb, in cella a Rebibbia da 80 giorni. Manzoni sottolinea la necessità di “formule dubitative”, a proposito della scarcerazione, visto che finora “né il giudice per le indagini preliminari Aldo Morgigni (…), né il Tribunale del riesame si sono dimostrati propensi a rispettare la lettera e lo spirito del codice di procedura penale che disciplina la carcerazione preventiva”.
Ma il giornalista non se ne stupisce, tenuto conto – prosegue ancora – “della carcerazione preventiva usata in modo assolutamente improprio: come arma di pressione”. Manzoni ricorda poi, accanto a quello di Scaglia, il caso di Mario Rossetti, l’ex consigliere d’amministrazione e direttore finanziario di Fastweb, arrestato tre giorni prima di Scaglia, il 23 febbraio scorso, ma che “evidentemente come il suo capo, non ha soddisfatto le aspettative dei magistrati”.
Arrivando a concludere: “Mario Rossetti deve essere liberato assieme a Scaglia”.
Pensieri intinti
Per fortuna che l’ex magistrato Bruno Tinti non esercita più.
Ormai da qualche tempo, come si legge nella sua biografia online, si dedica a fare solo il “cantastorie” della giustizia. Contento lui, contenti tutti. E in effetti c’è da esserne lieti, non fosse altro perché così, in nessun ufficio di Tribunale italiano, compare ancora il suo nome.
Tanto più dopo aver letto l’articolessa (la seconda, in ordine di tempo) che Tinti ha scritto su il “Fatto” a proposito di Silvio Scaglia. Oggetto: la trasmissione che Oscar Giannino su Radio 24 ha dedicato alla vicenda del fondatore di Fastweb.
Laddove, per cominciare, l’ex magistrato ci mette in guardia su come distinguere nelle dichiarazioni di personaggi pubblici o politici, i “sospettabili” dagli “insospettabili”. Chiaro, no? Come un medico può capire subito se un mal di pancia riguarda milza o intestino, chi se non colui che ha inquisito tutta la vita può altrettanto abilmente sospettare dei pensieri altrui? Non si vorrà mica togliere ai magistrati (o ex) il primato della sospettosità?
Così, tra i primi da sospettare, ci sarebbero quelli di una “certa destra”. Tra i secondi “insospettabili” (bontà sua), il presidente Napolitano e il vicepresidente dei deputati Maran (Pd). E così Tinti piazza le sue bandierine, arrivando purtroppo a tirare per la giacchetta anche il capo dello Stato.
Peccato però per l’ex magistrato che sulla “carcerazione preventiva” di Scaglia non abbiano espresso critiche e riserve solo quelli di “una certa destra”, ma una lunghissima lista di spiriti liberi: da Umberto Eco a Piero Ostellino, da Giuseppe Turani a Paul Betts del Financial Times (e ci scusiamo per gli altri cento non citati, ma qui pubblicati), oltre a diverse personalita’ politiche di sinistra. E senza che a nessuno sia stato chiesto di dire in anticipo dove mette la croce in cabina elettorale. Ma non solo: forse il dr. Tinti non se ne è accorto, ma persino Beppe Grillo (suo strenuo compagno di battaglia) ha scritto sul blog: “Anch’io non capisco le ragioni di una così lunga detenzione cautelare”. Già, Grillo parla proprio di Silvio Scaglia. Quello stesso cittadino, rinchiuso da 80 giorni a Rebibbia, che Tinti si ostina a descrivere come già colpevole, nemmeno presunto. Senza spiegarci, codice alla mano, perché è ancora in galera.
Per questo c’è da esser lieti, anzi giulivi, che nei Tribunali d’Italia il dr. Tinti non ci metta più piede.
Niki Gatti, Silvio Scaglia, Napolitano e l’appello di Beppe Grillo
Anche Beppe Grillo interviene nella vicenda che vede Silvio Scaglia in prigione a Rebibbia da ormai 80 giorni. “Anch’io - scrive nel suo blog – non capisco le ragioni di una così lunga detenzione cautelare”.
Ma, sottolinea subito dopo, “Napolitano risponda però, dopo averlo fatto alla moglie di Scaglia, anche alla madre di Niki, tutti i cittadini italiani hanno pari dignità. Chi può riapra le indagini”.
Grillo torna così a ricordarci la storia di Niki Gatti, un giovane informatico “incensurato”, arrestato dopo essersi costituito e aver chiesto di testimoniare nell’inchiesta Premium (definita sul blog “vicenda ancora oscura legata alle compagnie telefoniche come il centro di spionaggio di Telecom Italia, il suicidio di Adamo Bove, lo scandalo Telecom Sparkle/Fastweb”).
In effetti, Gatti fu tradotto “nel carcere di massima sicurezza di Sollicciano (con l’impossibilità di parlargli e contattarlo)”, dove morì tre giorni dopo per suicidio, secondo le fonti ufficiali. “Da allora sono passati due anni e l’inchiesta sulla morte è stata archiviata”.
Anche la madre di Niki Gatti ha così scritto al Presidente della Repubblica “per chiedere giustizia”. Però, sottolinea Grillo, “non ha avuto risposta”.
E’vero, resta da chiedersi perché mai la giustizia in Italia non riesce a funzionare per conto suo mentre costringe i cittadini a sentire la necessità di appellarsi al Capo dello Stato.
Giuseppe Turani: “A Scaglia? Bisognerebbe dargli una laurea honoris causa”
Anche Giuseppe Turani, firma illustre del giornalismo economico in Italia e grande esperto e appassionato di nuove tecnologie, risponde volentieri alle domande del blog silvioscaglia.it sulla vicenda giudiziaria che ha colpito il fondatore di Fastweb: “Conosco Silvio Scaglia da moltissimi anni. Mi è sempre sembrato una persona per bene. E ne ho avuto larga conferma con il fatto che ha attraversato mezzo pianeta per presentarsi spontaneamente dai giudici, pur sapendo che sarebbe finito direttamente in carcere”.
“Non ho mai sentito – sottolinea ancora il direttore di Uomini & Business – (a differenza di quanto è accaduto con altri personaggi) storie sul suo conto. Silvio Scaglia è un tecnico e un manager di grande qualità, che in Italia ha avuto il merito, con Fastweb, di lanciare una tecnologia (la fibra ottica) che adesso, a distanza di anni, si sta rivelando vincente e che diventerà, di fatto, il “modello” per le future telecomunicazioni. In sostanza, a Silvio Scaglia avrebbero dovuto dare qualche premio, qualche laurea honoris causa. Invece, se ne sta da mesi chiuso in carcere senza motivo. Sta lì perché gli inquirenti sperano che si stufi e che si decida a dire quello che loro vogliono sentirsi dire”.
Insomma, conclude infine Giuseppe Turani “Non è una bella storia italiana, e non è una bella pagina della giustizia italiana”.
Il Quirinale su Scaglia: la magistratura provvederà con equilibrio e tempestività
Signor Presidente,
sono Monica Aschei la moglie di Silvio Scaglia, il fondatore di Fastweb, trattenuto in carcere a Rebibbia, a titolo preventivo, da ormai 67 giorni, per un’indagine in corso da parte della Procura di Roma, su presunte frodi fiscali e false comunicazioni relative alla società stessa, per il ruolo che ha ricoperto negli anni 2003-2007.
Mio marito si è sempre dichiarato innocente, estraneo ai fatti che gli vengono contestati, peraltro già oggetto di un precedente chiarimento con la magistratura inquirente.
Gli avvocati difensori mi confermano che non sussiste nulla a suo carico: nessuna prova, nessuna testimonianza su una sua complicità con le operazioni illecite che gli vengono contestate.
Si tratta di una carcerazione preventiva che non ha motivo di sussistere: mio marito è già stato sentito, non può inquinare prove vecchie di 3 anni, di sicuro non ha intenzione di fuggire all’estero visto che si è costituito spontaneamente e, tanto meno, può reiterare il reato (non ha più cariche in Fastweb dal 2007).
Ben comprendo che i magistrati debbano svolgere compiutamente la loro attività investigativa ma questo può giustificare il protrarsi di una pena già inflitta senza processo?
Credo possa comprendere il dolore che ha afflitto tutta la mia famiglia e il mio personale senso di impotenza di fronte a quella che io considero essere una grande ingiustizia.
Mio marito non è un criminale, un assassino, un mafioso.
E’ un onesto cittadino, che si è sempre comportato in modo corretto, che ha dedicato la sua vita ad attività innovative dando, nel tempo, lavoro ad oltre 30.000 persone e, così tanto lustro all’Italia nel settore delle tlc a livello internazionale.
Ho sentito troppe versioni dei fatti in questi due mesi d’ inferno; complotti consumati ai massimi sistemi, veleni e rancori del passato, anomalie del sistema giudiziario italiano, ma non trovo nessuna vera risposta, nessuna ragione rispetto all’irrazionalità della procedura che si persegue.
Ogni giorno mi si dà una speranza che, il giorno dopo, viene sistematicamente smentita; mi si dice che il nostro sistema è così e che mi devo rassegnare, ma io non voglio e non posso accettare quanto sta succedendo, nessuno dovrebbe farlo.
Mi rivolgo a Lei perché, dall’alto della Sua esperienza, con accorta saggezza ed equilibro, ha saputo trasmettere un messaggio importantissimo alla magistratura italiana: il rispetto per i diritti di ogni cittadino; il rispetto per la giustizia vera, quella che giudica senza prevaricare, quella che ama la profondità e non la superficie, che è al di sopra del pregiudizio perché sa ascoltare.
Vorrei che mio marito fosse ascoltato da una giustizia come quella che Lei evoca e sostiene, quella che persegue la verità senza ricorrere alla forzatura della carcerazione preventiva protratta oltre un ragionevole tempo.
Molte persone ci sono vicine, anche gente che non abbiamo mai incontrato, molte sono le espressioni spontanee di sincero sostegno a mio marito.
Spinta dalla delusione e dalla forte amarezza, con la responsabilità di dare certezza anche ai tanti lavoratori delle nuove iniziative imprenditoriali intraprese da mio marito, Le chiedo di poter far luce sul suo caso e su quelli delle tante persone che, come lui, si trovano ingiustamente in carcere.
Spero che Lei possa prendere in considerazione, anche come Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, il delicato tema delle carcerazioni preventive attuate con schemi spesso arbitrari, al limite del rispetto dei diritti umani e costituzionali. Mio marito ne è un caso, ma temo, purtroppo, che non sia l’unico.
La ringrazio per le valutazioni che vorrà assumere che saranno sicuramente di grande conforto e sostegno a tutti noi, che ci sentiamo colpiti da un dolore tanto ingiustificato quanto immeritato.
Con ossequio,
Monica Aschei Scaglia
La risposta del Quirinale:
“Il Capo dello Stato ha più volte messo in evidenza – anche di recente – la complessità delle funzioni di magistrato e la necessità che esse siano sempre svolte tenendo conto della loro incidenza su situazioni difficili e spesso dolorose che hanno per protagonista l’uomo, la sua dignità e la sua libertà”.
Questo scrive Loris D’Ambrosio, consigliere del presidente della Repubblica per l’amministrazione della Giustizia in risposta ad una lettera della signora Monica Scaglia, moglie dell’ingegner Scaglia sottoposto a custodia cautelare da 77 giorni a Rebibbia.
Dopo aver ribadito che “il Capo dello Stato non interviene sulle vicende giudiziarie specifiche perché il loro esame è rimesso in via esclusiva alla magistratura” il consigliere D’Ambrosio aggiunge che “sono persuaso che la magistratura non mancherà di provvedere con equilibrio e tempestività sulla posizione di Suo marito, tenendo in ogni conto esigenze di indagine e prospettazioni difensive”.
D’Ambrosio fa riferimento esplicito ai numerosi rimedi endoprocessuali stabiliti dall’ordinamento: rimedi che, se ve ne è richiesta, coinvolgono, nel caso delle persone sottoposte a a misure coercitive, le approfondite valutazioni – sia in tema di indizi di colpevolezza che di esigenze cautelari – di più giudici di merito e della Suprema Corte di Cassazione.
“Posso comunque assicurarLe – conclude la lettera – di avere richiesto alla Procura della Repubblica di Roma di fornire sulla vicenda ogni notizia consentita dalla normativa vigente”.
Umberto Eco si domanda “perché Silvio Scaglia é ancora in carcere”
Perché Silvio Scaglia, a 78 giorni dalla sua presentazione spontanea ai magistrati resta a Rebibbia? Alla domanda ha accettato di rispondere Umberto Eco, l’intellettuale italiano che gode di maggior prestigio internazionale. “Rispondo volentieri alla domanda che mi avete rivolto – premette l’autore de Il nome della Rosa - Come cittadino italiano mi onoro di appartenere a coloro che non vogliono delegittimare la magistratura e non condivido le posizioni sia di chi lo fa nel proprio esclusivo interesse sia di chi ha tentato di usare il caso Scaglia come elemento di questa polemica”. “Tuttavia - prosegue la risposta al blog silvioscaglia.it – siccome non mi pare questo lo spirito in cui mi viene rivolta la domanda, devo esprimere la mia perplessità su quanto sta avvenendo per le ragioni che in questi giorni ho visto riprese dalla stampa di diverse tendenze: abbiamo un imputato che si è presentato spontaneamente in Italia ai magistrati (e quindi non è sospetto di voler tentare fughe); egli non ricopre più le funzioni in Fastweb di cui è questione nell’imputazione, e pertanto non può reiterare il reato; e infine ritengo che se ci fossero prove da adulterare potrebbero essere adulterate da altri anche se l’ingegner Scaglia rimane in carcere”. Una volta constatata l’inesistenza dei requisiti che il codice prevede per giustificare la custodia cautelare, Umberto Eco conclude così: “Pertanto mi domando anch’io perché non gli vengono consentiti almeno gli arresti domiciliari. Domanda che pongo rispettosamente ai magistrati”.
Betts (FT): Storia stupefacente
“E’ una storia stupefacente che la comunità finanziaria internazionale stenta a capire”. Paul Betts, european correspondent del Financial Times, con una lunga esperienza italiana alle spalle, commenta così il protrarsi della custodia cautelare di Silvio Scaglia, fondatore di Fastweb e di Babelgum.
“Quello che la business community non riesce a capire è perché il sistema italiano non sia in grado di affrontare e risolvere con la necessaria rapidità situazioni così delicate, che con il tempo rischiano di diventare sempre più complicate”.
Imprenditori, banchieri ma anche avvocati d’affari, insomma, ritengono che in caso come questi una giustizia lenta rischi di essere comunque ingiusta?
“In un certo senso sì. Il rischio, comunque si concluda l’indagine, è di infliggere un serio danno all’impresa. Senza tener conto degli effetti provocati da una lunga carcerazione preventiva che non sembra motivata da esigenze d’indagine…
Non voglio entrare nel merito della questione, ovviamente, ma di sicuro fa effetto questo trattamento inflitto ad una personalità di primo piano del mondo imprenditoriale”.
Non è un bel biglietto da visita per investire in Italia. Non crede?
“Di sicuro emerge una situazione ambientale da cui promana una sensazione di incertezza del diritto, sia nei confronti dell’individuo che dell’impresa. E, non meno importante, nei riguardi degli investitori”.
Cicchitto: su Scaglia interverremo ogni giorno
“Interverremo ogni giorno sulla vicenda di Silvio Scaglia”.
Scende in campo con questa dichiarazione il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, intenzionato non solo a contestare “un evidente abuso della custodia cautelare” ma anche a sconfiggere “una inquietante operazione silenzio” che, a quasi ottanta giorni dall’ingresso dell’ingegner Scaglia nel carcere romano, minaccia di avallare una grave violazione del diritto.
“E’ del tutto ingiustificato – afferma Cicchitto – che dal 26 febbraio scorso non è uscito dal carcere una persona che, alla notifica del mandato d’arresto spiccato nei suoi confronti quando si trovava all’estero, ha fatto immediato ritorno in Italia per costituirsi alla Guardia di Finanza e mettersi a disposizione dell’autorità giudiziaria”.
Si allarga così il fronte della solidarietà contro il protrarsi dei limiti alla libertà personale di Scaglia, imprenditore ed innovatore trattato alla stregua di un pericoloso criminale comune, per cui si è pronunciato un fronte bipartisan che, oltre ad intellettuali ed esponenti della comunità economica, annovera esponenti sia del centro destra che dell’opposizione.
Camera penale: no all’uso improprio della custodia cautelare
Il direttivo della Camera Penale di Roma s’indigna perché Stefano Gugliotta, picchiato dopo essere stato erroneamente scambiato per un ultrà del tifo, ha dovuto trascorrere sette giorni a Regina Coeli prima di essere scarcerato.
“Occorre dire chiari e forte – recita la nota del direttivo – che nella pratica quotidiana e consolidata di tutti i tribunali italiani si fa strame dei fondamentali principi di civiltà giuridica, sistematicamente elusi da motivazioni stereotipe e generiche, sovente confermate dal tribunale del riesame”.
“La custodia cautelare viene ordinariamente usata – si legge ancora – con finalità di deterrenza sociale quando non anticipatoria di una pena che in molti casi si accerterà non dover essere inflitta”.
Intanto, l’ingegner Silvio Scaglia, che si è consegnato alla giustizia rimpatriando nel più breve tempo possibile dall’estero e per cui non sussistono le circostanze previste per la custodia cautelare (pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato), è in carcere da settantasei giorni.