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Custodia cautelare: “Idee contro il disastro”
PARLAMENTARI E OPERATORI DI GIUSTIZIA A CONVEGNO
E CUPERLO (PD) LANCIA UN’INTERROGAZIONE URGENTE
Il rischio della reiterazione del reato deve essere riferito a circostanze attuali. Ovvero non dovrà più essere opposto, senza un riferimento specifico, il “generico pericolo di reiterazione del reato” per giustificare il protrarsi della carcerazione del reato. E’ il nucleo delle “Idee contro il disastro” avanzate dal professor Luca Marafioti, ordinario di procedura penale presso l’università Roma tre, nell’ambito del convegno promosso dalla Camera Penale del Foro di Roma, cui hanno partecipato i parlamentari Gaetano Pecorella (pdl), Lanfranco Tenaglia (Pd) e Rita Bernardini (Radicali), oltre al direttore di Rebibbia, Carmelo Cantone, del carcere di Terni, Franceso Dell’Aira, del presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma, Giovanni Tamburino e di Eustachio Vincenzo Petralia, della Direzione Generale dell’Esecuzione Penale Esterna DAP.
Intanto, il deputato del Pd Gianni Cuperlo ha depositato ieri un’interrogazione urgente al ministro di Grazia e Giustizia sul caso dei tre dirigenti di Telecom Sparkle (Stefano Mazzitelli, Massimo Comito ed Antonio Catanzariti) detenuti da 135 giorni.
“Il 25 giugno – si legge – la Suprema Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza cautelare in base alla quale è stata disposta la custodia in carcere rispetto alle misure applicate ordinando il rinvio degli atti al Tribunale per un nuovo giudizio, ma la procura si è opposta alla scarcerazione”. “L’interrogante – conclude l’interpellanza, dopo aver sottolineato le condizioni fisiche e psichiche dei detenuti – chiede se il Ministro non ritenga urgente adottare misure a tutela dei diritti inviolabili del cittadino, quale quello alla salute, in considerazione dell’evidente incompatibilità delle condizioni fisiche di Stefano Mazzitelli con il regime carcerario, anche considerando l’estrema dilatazione dei tempi della detenzione a scopo cautelare”.
La difesa di Scaglia: due battaglie decisive in Cassazione
SALTA L’APPELLO AL TRIBUNALE DEL RIESAME
La difesa di Silvio Scaglia, rappresentata dal professor Piermaria Corso e dal professor Antonio Fiorella, ha deciso di rinunciare oggi a presenziare all’udienza (peraltro rinviata) di appello presso il Tribunale del Riesame contro l’ordinanza con cui il gip Aldo Morgigni, pur concedendo gli arresti domiciliari al fondatore di Fastweb, ha giustificato la misura cautelativa nei suoi confronti.
Prima di affrontare nuovi confronti giudiziali, infatti, si attendono le motivazioni con cui la Cassazione ha respinto la richiesta di cancellazione delle misure cautelari nella recente udienza del 25 giugno. Meglio concentrarsi, nell’attesa di disporre di tutti gli elementi, sui prossimi appuntamenti in Cassazione. Innanzitutto, il ricorso in appello contro la sentenza del Tribunale del Riesame del 18 marzo con cui è stato respinto la richiesta di revoca della custodia cautelare decisa dal Gip. E’ poi previsto un secondo appuntamento, sempre in Cassazione: l’appello contro il sequestro dei beni dell’ingegner Scaglia, disposto all’inizio delle indagini.
Carcere: idee contro il disastro
Convegno a Roma il 7 luglio della C.P.R. a favore di una legge “bipartisan” di modifica della custodia cautelare
Una proposta di legge “bipartisan” tra deputati di maggioranza e di opposizione per la modifica delle attuali norme sulla custodia cautelare, con particolare riferimento al “pericolo di reiterazione del reato”. E’ l’ambizioso obiettivo che si propone il Convegno “Carcere: idee contro il disastro” che si terrà mercoledì 7 luglio a Roma (a partire dalle ore 10.00) presso l’Aula “Europa” della Corte di Appello di via Romeo Romei, promosso dal Centro Studi “Alberto Pisani” della Camera Penale capitolina, con il patrocinio della Fondazione Enzo Tortora.
L’appuntamento arriva con un tempismo a dir poco puntuale, visti i tempi e quel che succede a migliaia di indagati (il 40% circa dei detenuti delle carceri italiane è in attesa di giudizio), in un contesto di sovraffollamento “record” degli istituti di pena, il più alto della storia della Repubblica (oltre 68mila presenze), senza contare le persone “murate vive” agli arresti domiciliari (che sono sempre meglio della galera, ma sempre arresti sono).
Certamente sarà indispensabile misurare il polso e le valutazioni che offriranno i parlamentari presenti (Gaetano Pecorella del Pdl, Lanfranco Tenaglia del Pd e Rita Bernardini dei Radicali) e la loro eventuale disponibilità a farne una proposta di legge che raccolga numerosi consensi tra le fila di Montecitorio.
I lavori saranno aperti dall’avv. Gian Domenico Caiazza, Presidente Camera Penale Roma e dall’ On. Francesca Scopelliti, Presidente Fondazione Tortora. In particolare la proposta di riforma sulla custodia cautelare, anche nei suoi aspetti più tecnici, sarà illustrata dal prof. Luca Marafioti, Ordinario di Procedura Penale presso l’Università Statale Roma 3. Tra gli altri relatori, saranno presenti il direttore del carcere di Rebibbia, dott. Carmelo Cantone e del carcere di Terni, dott. Francesco Dell’Aira, il dott. Giovanni Tamburino, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma e il dott. Eustachio Vincenzo Petralla, della Direzione Generale dell’Esecuzione Penale Esterna D.A.P.
A questo link il documento di presentazione del convegno.
Inchiesta Fastweb – T. Sparkle: per Dow Jones “ancora mesi per chiudere le indagini”
Intanto la Camera Penale di Roma chiede “il ripristino della legalità processuale”
Non è un punto di svolta ma poco ci manca. L’inchiesta Fastweb – Telecom Sparkle potrebbe infatti richiedere ancora “mesi per arrivare a una conclusione”. E’ quanto scrive l’agenzia Dow Jones, citando una fonte anonima ma a “conoscenza della questione”, in un articolo a firma Stacy Meichtry e Giada Zampano, riportato anche sul sito del Wall Street Journal.
“L’accusa – si legge – aveva previsto di concludere le indagini per la fine di giugno, aprendo la strada per il deposito delle accuse formali e l’inizio di un processo”. Tuttavia “gli investigatori stanno ora prendendo più tempo per tracciare il flusso dei fondi che sarebbero stati riciclati attraverso le operazioni e spostati verso i conti off-shore”. Per questo motivo, sempre secondo la fonte anonima “l’indagine potrebbe concludersi alla fine dell’estate, al più presto”.
L’articolo ricorda inoltre come, a fronte delle accuse mosse dai pm, “sia Fastweb che Telecom Italia abbiano negato qualsiasi addebito e dichiarato di essere le vittime della truffa, non i colpevoli”.
Nel frattempo, sempre a proposito dell’inchiesta Fastweb – Telecom Sparkle, la Camera Penale di Roma, ha reso noto di aver chiesto che “vengano adottati con immediatezza tutti i provvedimenti necessari per ristabilire la legalità processuale”. La dura presa di posizione arriva con una lettera inviata al Presidente della Corte di Appello, Giorgio Santacroce, e per conoscenza al Presidente del Tribunale, Paolo De Fiore, al Presidente dell’Ufficio GIP, Carlo Figliolia e al vicepresidente del CSM, Nicola Mancino.
Accogliendo infatti una richiesta avanzata da alcuni difensori degli indagati, sull’ipotesi che fosse stato violato il diritto al “giudice naturale”, la Camera penale si è attivata con una propria indagine dalla quale è emerso che il tribunale d’Appello, accogliendo una richiesta della Procura, ha sì “prorogato” il dott. Morgigni nel suo ruolo di gip ma per “tutti” i fascicoli precedentemente assegnati alla dott.ssa Maria Luisa Paoliselli. Invece, prosegue la lettera della Camera Penale, è altrettanto vero che il Dott. Morgigni “è di fatto materialmente assegnato al solo processo Fastweb, non occupandosi in alcun modo del restante ruolo dei procedimenti a lui assegnati”.
La conclusione dei penalisti romani è che perciò “la proroga di fatto del dott. Morgigni in un solo procedimento, sintonica d’altronde con la richiesta formulata dal Presidente del Tribunale e violativa di quanto disposto dal Presidente della Corte di Appello, si e tradotta di fatto in una violazione dei principi tabella rifissati nella stessa circolare CSM richiamata dal provvedimento di proroga”. Tradotto in parole semplici: o il dr. Morgigni si occupa di tutti i fascicoli oppure (visto che così non è) si restituisca agli indagati il loro “giudice naturale”.
In ogni caso se trovasse conferma la notizia Dow Jones secondo la quale ai pm occorreranno “mesi” per giungere alla conclusione dell’indagine, inevitabilmente non sarà più il gip Morgigni a occuparsene, visto che dal 22 luglio sarà assente in quanto candidato alle elezioni del Csm.
Inchiesta Fastweb – Telecom-Sparkle: dov’è finito il giudice naturale?
Al gip Maria Luisa Paolicelli restituiti tutti i fascicoli tranne uno
Può un indagato essere giudicato da altri che non sia il suo giudice naturale? No, non può. La legge parla chiaro: non può esistere “discrezionalità”, così come previsto dalle regole tabellari del Csm a tutela sia dei cittadini che dei magistrati. Eppure è quanto rischia di accadere a proposito dell’inchiesta Fastweb – Telecom-Sparkle.
E’ Panorama a richiamare l’attenzione su questo punto, solo in apparenza procedurale, ma in realtà zeppo di sostanza. “Aldo Morgigni – scrive il settimanale – è il gip del caso Fastweb-Telecom Sparkle. Ma il “giudice naturale” era Maria Luisa Paolicelli, che risultava impegnata. Ora che è tornata disponibile (il 28 giugno dopo aver svolto il ruolo di esaminatrice al concorso per magistrati ndr.), il presidente del Tribunale di Roma, Paolo De Fiore, le nega comunque il procedimento”.
In effetti, il 26 maggio scorso, proprio De Fiore ha scritto al Presidente della Corte d’Appello di Roma, Giorgio Santacroce, chiedendo la proroga per il gip Morgigni in quanto – come si legge tra l’altro, “ha adottato rilevanti provvedimenti cautelari, personali e reali, di cui si è occupata anche la cronaca nazionale dei principali quotidiani….”.
A parte il fatto che di quanto si occupano i “principali quotidiani” di una indagine giudiziaria non dovrebbe c’entrare nulla col diritto al “giudice naturale” per indagati e magistrati, alcuni avvocati hanno sentito il dovere di manifestare il loro disappunto alla Camera Penale capitolina, paventando il rischio di una “discrezionalità” selettiva, su una proroga adottata per un unico fascicolo.
Da qui una richiesta della stessa Camera Penale di Roma di “chiarimenti” al Tribunale d’Appello sul provvedimento di proroga, e l’impulso a condurre un’istruttoria in merito. E il risultato dell’istruttoria è inequivocabile: il Tribunale d’Appello ha prorogato Morgigni per tutti i fascicoli, che però nei fatti si occupa solamente di quello Fastweb – Telecom-Sparkle, mentre su tutti gli altri è tornata la dott.ssa Paoliselli.
Con il risultato che la “discrezionalità” (vietata dalla legge) è uscita dalla porta per rientrare dalla finestra.
Sergio Luciano (Italia Oggi): “Garantisti cercansi”
“Garantisti cercansi”. E’ l’appello che Sergio Luciano lancia stamane dalle colonne del quotidiano Italia Oggi, in un articolo dal sottotitolo assai significativo: “Lo stile Mani Pulite miete vittime e avvelena la giustizia”. Una giustizia avvelenata – sottolinea Luciano – “da ben 16 anni” di scontri all’arma bianca tra attuale maggioranza e opposizione politica. Ma il risultato è che a pagare sono i cittadini, talvolta nomi eccellenti, più spesso meno, che finiscono nel mirino dei magistrati: una “ultracasta” autoreferenziale che non ha “alcun autentico movente per mettere in discussione se stessa, ed essendo l’unica titolata per farlo, non lo fa mai”.
Accade così che nell’inchiesta Telecom Sparkle – Fastweb, scrive Luciano, “la chiara e semplice tripartizione delle ragioni per le quali un cittadino incensurato può essere tenuto in carcere o agli arresti domiciliari (che sono meglio ma sempre carcere sono) è ormai saltata”. Una conferma? “Tutti gli imputati – insiste Luciano – sono oggi nelle condizioni di non poter reiterare il reato, perché non hanno più alcun ruolo nelle due società; e di non poter inquinare le prove più di quanto avrebbero potuto fare all’indomani degli avvisi di garanzia e dei primi interrogatori che risalgono al 2007. Su di essi – ed in particolare Silvio Scaglia che è rientrato in Italia per presentarsi ai magistrati, ed è stato subito regolarmente ingabbiato – non ha senso parlare di pericolo di fuga. Eppure, e intanto, restano dentro”.
E’ vero che la Corte di Cassazione nei giorni scorsi, prosegue l’articolo “ha preso in esame, dopo tre mesi, le ragioni dell’arresto nella sede di giudizio che le è propria, cioè quella di legittimità, e le ha avallate”. Ma nel farlo ha dato l’impressione “infondata ma mediaticamente inequivocabile, di aver ravvisato chissà quale elemento probante nelle carte; mentre è ovvio che non è minimamente entrata in alcun merito nelle risultanze dell’inchiesta, ma si è limitata a verificare se al momento degli arresti esistevano i presupposti per farli, sulla base di quanto sostenuto da Procura e Gip”.
Tra l’altro, aggiunge l’articolo, l’inchiesta “coinvolge due distinti gruppi di imputati, che gli stessi inquirenti trattano in modi molto diversi: da una parte Scaglia e altri manager, che hanno regolarmente provveduto a versare l’iva e le imposte dirette a fronte delle operazioni contestate; dall’altra ci sono soggetti che potranno a loro volta negare o ridimensionare le loro responsabilità ma che l’evasione l’hanno pur commessa”. Ma – si legge ancora – “questa differenziazione, ovviamente di grande rilievo, non è finora emersa con chiarezza nelle cronache dell’inchiesta. Che restano, peraltro, ferme agli annunci di qualche mese fa e ai dettagli delle ordinanze, perché non si è mai saputo, o comunque capito, se dagli interrogatori siano emersi elementi probatori significativi”.
Intanto però la carcerazione preventiva continua e rischia di dilatarsi ancora di più. Già, perché se l’obiettivo della Procura è arrivare al rito immediato “potrà avvenire che gli imputati non scarcerati in istruttoria possano rimanere dentro fino a sentenza”. Conclude Luciano: “un modo surreale per far scaturire da una positiva novità (appunto il processo breve) la conferma surrettizia di una pessima tradizione: la custodia cautelare sine die”.
Il Corsera: Scaglia, custodia cautelare oltre il ragionevole
E attenti ai giornalisti con il vizio di sostituirsi ai giudici
“Se sono innocenti o colpevoli lo si appurerà nel processo. ”. E ancora. “La prolungata custodia cautelare è sempre carcere (anche se domiciliare) ma senza condanna stabilita da un verdetto giudiziario. Una sanzione anticipata. Come se i tempi (mostruosamente dilatati della giustizia non tenessero conto dei tempi della persona”.
Non corrono tempi felici per la giustizia se un giornale come il “Corriere della Sera” ritiene necessario ribadire in prima pagina questi “principi elementari”, come li definisce nel suo editoriale Pierluigi Battista, già vicedirettore del quotidiano. Anche perché, in questa situazione, l’opinione pubblica rischia di assuefarsi all’ordinaria violenza nei confronti del singolo, con il risultato di considerare “normale” atteggiamenti che normali non sono. O peggio, come scrive ancora Battista, “esacerbata dal moltiplicarsi di corruzioni e di crimini contro il bene pubblico, tende a dimenticare” diritti della persona che sono patrimonio di tutti, senza eccezioni di censo o di stato.
In questo senso, la vicenda dell’ingegner Silvio Scaglia è senz’altro emblematica: il fondatore di Fastweb, già inquisito (e a suo tempo prosciolto dalle accuse) nell’ambito di un’inchiesta sull’evasione fiscale, da cui era comunque già emerso che l’Iva era stata regolarmente pagata dalla società, è rientrato prontamente in Italia quando, il 23 febbraio, è stato raggiunto dalla notizia di un mandato di custodia cautelare nei suoi confronti nell’ambito dell’inchiesta sulle “frodi carosello”. Da allora ha sempre prestato la sua massima collaborazione agli inquirenti, contribuendo a ricostruire tutti i passaggi relativi alla governance ed ai controlli interni dell’azienda ma anche dimostrando l’origine, assolutamente limpida, del suo patrimonio.
Nonostante quest’atteggiamento Scaglia, detenuto fino al 17 maggio nel carcere romano di Rebibbia, si trova ancora agli arresti domiciliari in Val d’Aosta in un regime di stretto isolamento dal mondo esterno. Non è dato capire per quale esigenza processuale. Semmai, corre il sospetto che “si abusi deliberatamente del carcere preventivo per ammorbidire gli imputati – sostiene Battista – e spronarli alla collaborazione: che è poi un modo gentile ed edulcorato per alludere alla confessione” o ad una parziale ammissione che preluda ad un patteggiamento che posa essere rivenduto come un successo dell’inchiesta. Guai agli indagati come Scaglia che non hanno di che confessare, in quanto innocenti, e che su questi punto non intendono transigere. Come se la limitazione della libertà, prolungata oltre il lecito, “fosse un surrogato per una pena la cui certezza, dopo e non prima della sentenza, appare sempre più aleatoria”.
Il merito, in questa sede, non c’entra. Anche i giornalisti, nota Battista, non devono entrare nel merito delle accuse, rivendendo al pubblico le proprie sensazioni o informazioni (comunque partigiane) come fossero oro colato. “Anzi dovrebbero – nota l’editorialista – perché molti giornalisti sembrano ispirati dalla missione di giudicare al posto dei giudici, sostituendosi ad essi in modo arbitrario e prepotente”. Come in almeno un caso, di recente, si è tentato di fare nei confronti di Silvio Scaglia a dimostrazione che le frequentazioni di palazzo non sempre giovano alla libera stampa.
Caso Scaglia, presto all’esame nuovi elementi
Dopo la sentenza della Cassazione, che ha respinto la richiesta di restituire la piena libertà all’ingegner Silvio Scaglia, merita riproporre all’attenzione pubblica alcune riflessioni.
1) Di fronte alla Suprema Corte si sono presentate posizioni tra loro diverse. Da una parte, per quanto tra l’altro attiene l’ingegner Scaglia e la società Fastweb, si è di fronte a soggetti che hanno regolarmente versato l’Iva e le imposte dirette, con la massima tempestività ai sensi di legge. Dall’altra, ci sono soggetti che hanno riscosso l’Iva approfittando dell’operazione per mettere a punto un sofisticato meccanismo di evasione.
2) Sia la Procura che il Gip, del resto, avevano già manifestato una posizione differente nei confronti di Scaglia (e di Mario Rossetti, ex dirigente di Fastweb) che si è presentato all’udienza in Cassazione sotto il regime degli arresti domiciliari e non in detenzione come gli altri.
3) Questa diversità di posizioni non è emersa in molti resoconti di agenzie e di quotidiani che, per vincoli di spazio, hanno finito con il confondere i ruoli dei vari indagati. Si è così avallata la “sensazione” errata che si è di fronte a due facce della stessa medaglia.
4) Si è fatto infatti ampio ricorso all’ argomento che “Scaglia non poteva non sapere”, non tenendo in debito conto degli importanti argomenti difensivi che dimostravano il contrario . Silvio Scaglia, al contrario, continua a far rilevare di essere, al pari di Fastweb, vittima di una truffa ben congegnata che lo Stato, pur disponendo di mezzi di indagine ben più sofisticati di quelli a disposizione di una spa, ha scovato solo dopo anni di indagini. Ma quattro anni di indagini non hanno permesso di individuare una sola prova solida nei confronti di Scaglia.
5) Il giudizio della Cassazione si è limitato a valutare gli elementi emersi al momento dell’ordinanza di custodia cautelare. Al contrario rimangono da valutare gli elementi emersi nel prosieguo dell’inchiesta che saranno oggetto della valutazione dei prossimi giudici. Scaglia può guardare a questo appuntamento con la serenità che deriva dal fatto che non sono emersi dati a suo carico in questi mesi. Si deve peraltro prender atto che, pur non sussistendo rischi di fuga o di inquinamento delle prove, o tantomeno di reiterazione del reato, Scaglia continua ad essere privato della libertà personale da più di quattro mesi.
6) Vale, al proposito, il commento del Sole 24 Ore: possibile che nessuno, a partire da Scaglia, “possa attendere il giudizio a piede libero”?
Dopo il no della cassazione
I legali di Scaglia dichiarano:
“Un’occasione persa per distinguere le singole posizioni
Scaglia vittima della truffa. Il “non poteva non sapere” contrasta con i principi della legge.
Ci riproveremo al Tribunale del Riesame il 6 luglio”
Rinviata al tribunale del Riesame la posizione dei tre indagati di Telecom Sparkle
La Cassazione ha respinto la maggior parte dei ricorsi contro il regime di custodia cautelare presentati dagli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla frode carosello che ha coinvolto Fastweb e Telecom Italia Sparkle. In particolare, i giudici della terza sezione della Cassazione hanno ritenuto legittimi gli arresti domiciliari in val d’Aosta inflitti dal 17 maggio scorso a Silvio Scaglia. In attesa delle motivazioni della sentenza, si deve render atto che il collegio della suprema corte ha aderito al teorema dell’accusa per cui Scaglia, come altri inquisiti, “non poteva non sapere”. Al contrario, i difensori del fondatore di Fastweb, Piermaria Corso e Antonio Fiorella, rilevano che questa formula “contrasta con i principi del nostro ordinamento”.
“Troveremo chi ci saprà ascoltare – continuano i difensori – Il prossimo appuntamento per noi è al tribunale del Riesame il prossimo 6 luglio, dove si discuterà l’appello contro l’ordinanza del Gip che ha concesso gli arresti domiciliari al nostro assistito. Sull’esito della sentenza ha pesato il fatto che la Suprema Corte abbia dovuto ancorare il suo giudizio alla situazione probatoria esistente al 17 marzo, situazione ampiamente superata da nuovi fatti quale l’interrogatorio di Scaglia del 12 aprile e la relativa produzione documentale depositata per l’occasione ”. “ Nel frattempo – concludono i difensori – non sono emersi nuovi elementi utilizzabili dall’accusa contro l’ingegner Scaglia vittima, come Fastweb, di una truffa ben congegnata”.
La Cassazione ha altresì respinto i ricorsi della maggior parte degli indagati, tra cui Mario Rossetti, ex manager di Fastweb. E’ stato invece disposto l’annullamento con rinvio a nuova decisione del Tribunale di Roma dei provvedimenti cautelari a carico di tre dirigenti di Ti Sparkle (Antonio Catanzariti, Massimo Comito e Stefano Mazzitelli). Sono state confermate , al contrario, le misure cautelari nei confronti di Bruno Zito , pure lui ex di Fastweb, del maggiore della Guardia di Finanza Luca Berriola, di Gennaro Mokbel e della moglie Giorgia Ricci, di Antonio Ricci e dell’avvocato Paolo Colosimo. I supremi giudici hanno infine rigettato il ricorso di Aurelio Gionta e di Manlio Denaro mentre è deciso l’annullamento con rinvio per gli inglesi Edward Dines e Anthony O’Connor, coinvolti neolla parte dell’inchiesta sul riciclaggio.
Caso Scaglia: iniziata l’udienza in Cassazione
IL RICORSO IN RUBRICA AL N.17 (SU 26)
E’ regolarmente iniziata alle 10 l’udienza in Cassazione relativa alla posizione di 26 indagati nell’ambito della vicenda Fastweb-Telecom Sparkle. Dopo un’introduzione generale del caso, davanti alla Suprema Corte verranno esaminate le singole posizioni. Il ricorso dei legali di Silvio Scaglia per ottenere la piena liberazione del fondatore di Fastweb, attualmente agli arresti domiciliari in Val d’Aosta, figura in agenda al numero 17. Pertanto, è facile prevedere che sarà esaminato solo a pomeriggio avanzato.
Intanto cresce l’attesa della comunità internazionale per l’evoluzione del caso. Il “Corriere della Sera”, “Repubblica” e il “Sole 24 Ore” hanno ripreso stamane il commento apparso sul Financial Times in cui si fa presente che il caso Scaglia “mina la credibilità della giustizia italiana. La Cassazione ha l’opportunità di ristabilire in qualche modo fiducia sulla correttezza di base del sistema giudiziario italiano”.
Il “Corriere della Sera” pubblica inoltre una lettera di Antonio Zito, padre dell’ex dirigente di Fastweb Bruno Zito, detenuto a Rebibbia dal 23 febbraio scorso e “fino a pochi giorni fa tenuto in isolamento senza avere la possibilità di scambiare una parola con i compagni di pena” “Mi viene il sospetto – scrive il signor Zito – che si voglia usare la detenzione di mio figlio per fiaccarlo in funzione di chissà quali scopi”.