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Fattore Umano | Ionta: «Da parte dell’Amministrazione nessun tentativo di tacere sui dati negativi»
Da gennaio ad oggi nelle carceri italiane si sono suicidati 56 detenuti (l’ultimo “gesto estremo”, ieri, nel carcere di Livorno: un detenuto italiano prossimo alla scarcerazione che si è impiccato). Un dato «gestibile se paragonato con quelli avvenuti nel corso degli anni e negli altri paesi» ma che rappresenta «una sconfitta per il sistema penitenziario il cui compito è di garantire la vita e la salute delle persone detenute». Questa è l’opinione di Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del corpo di polizia penitenziaria del Ministero della giustizia, nel corso dell’audizione del 25 ottobre in Senato alla Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani
Ionta, che ha parlato di “soli” 50 suicidii, ha tenuto a sottolineare che in altri Paesi con una popolazione carceraria di dimensioni simili alla nostra si registrano più suicidii che da noi. Sarà. Ma altre statistiche danno risultati ben più inquietanti. La ricerca Suicide en prison: la France comparée à ses voisins européens, pubblicata a dicembre 2009 dall’Istituto Nazionale francese di Studi Demografici (INED) rileva, ad esempio, che l’Italia risulta il Paese con più suicidii tra i detenuti rispetto alla media della popolazione in libertà.
La conferma arriva da Ristretti, che ogni anno elabora il dossier Morire di carcere: a fronte di un suicidio ogni 20mila persone libere, la media diventa di 1 suicidio ogni 924 detenuti (con 1 tentato suicidio ogni 70 detenuti) dietro le sbarre. Ci sono seri dubbi, insomma, sull’idoneità del nostro sistema penitenziario a garantire «la vita e la salute delle persone detenute» come ha ricordato martedì scorso, di fronte ai senatori, il capo del DAP.
Ma cosa è stato fatto (e cosa si farà) per prevenire e limitare gli atti di autolesionismo e i suicidi negli istituti penitenziari italiani? Ionta ha sottolineato in Commissione che «non si può immaginare un sistema di controllo 24 ore su 24, persona per persona», che possa «scongiurare in assoluto» il problema dei suicidii. E ha ricordato che l’Amministrazione ha «approntato una serie di interventi per poter monitorare le situazioni più a rischio». Ovvero: «intensificare i rapporti del detenuto con l’esterno aumentando la frequenza delle telefonate e degli incontri con i familiari, ad elevare il tetto di spesa settimanale e mensile a disposizione di ciascuno, oltre ad un’osservazione costante e attenta delle situazioni più critiche».
Ottime intenzioni ma che, per tradursi in realtà, hanno bisogno di quattrini, materia prima che scarseggia, al punto che risulta a rischio la stessa gestione “ordinaria” delle nostre carceri. L’ultimo allarme lanciato è arrivato da Firenze, dove il Provveditore dell’amministrazione penitenziaria in Toscana, Maria Pia Giuffrida, ha detto di non avere più nemmeno i soldi per pagare le bollette del riscaldamento. «Non possiamo imporre ai detenuti e a coloro che vigilano su di loro anche il surplus di pena del freddo da mancanza di riscaldamento. Questo – ha ribadito – è inaccettabile».
Fattore Umano | Basta Orchestra, al lavoro!
55 suicidi da gennaio, nessuna politica di reinserimento, ma per il ministro Palma il carcere è solo «sotto stress». E smantella la Banda del Corpo di Polizia Penitenziaria. Gli «ispettori orchestrali» faranno turni di guardia tra le mura. Salvo impegni di «evento musicale istituzionale»
L’ultimo che si è impiccato era un detenuto di origini marocchine, 29 anni, nel carcere genovese di Marassi. Lo ha fatto con delle strisce di stoffa ricavate dalle lenzuola in dotazione nella sua cella. È il 55° che si uccide da inizio anno. Una cruda contabilità che dice che ogni settimana se ne ammazza un po’ più di uno. La settimana prossima, statisticamente, se ne ammazzerà un altro. Non sappiamo chi, ma qualcuno lo farà.
Eppure, per il ministro Palma il sistema penitenziario, è solamente sotto «stress». Ed è noto quanto lo stress porti al suicidio. Forse sarebbe il caso di chiamare le cose con il loro nome, e dire che le galere sono piene di disperati. Al punto da togliersi la vita. Come si è capito, ascoltando il capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e del Corpo di polizia penitenziaria del Ministero della giustizia, Franco Ionta, durante l’audizione del 12 ottobre con la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani al Senato: il sistema penitenziario – ha detto – «vive le difficoltà maggiori dal Dopoguerra ad oggi».
Con un ingresso di circa 1000 unità al mese, e una quota di detenuti che sfiora le 68mila persone, c’è poco da fare. O meglio, come sostiene Ionta, oltre a «le mura e le sbarre», occorre puntare «sul recupero e il reinserimento dei detenuti nella società». E lo si fa poco. In più, ribadisce il capo del DAP, si aggiunge la presenza di numerosi detenuti che «permangono in carcere, in stato di arresto solo per brevi periodi di 2 o 3 giorni». Questo – ricorda Ionta – «è un fenomeno preoccupante: su un ingresso di 90mila persone circa l’anno, 20mila rimangono per 3 giorni, 7 giorni, un mese. Siamo investiti da un vortice di detenuti con scadenze brevi sui quali non si può applicare nessun approccio rieducativo proprio per i tempi».
E in uno scenario così “fuori controllo” anche la polizia penitenziaria fatica a garantire la sicurezza. Il Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, denuncia che molti agenti sono costretti a svolgere più posti di servizio contemporaneamente, a causa della carenza di personale. A ciò si aggiunge la carenza di risorse economiche e materiali. Eppure, le “priorità”, per l’Amministrazione Penitenziaria, sembrano altre. Come smantellare la Banda del Corpo di Polizia Penitenziaria restituendo al servizio in carcere gli orchestrali, salvo convocarli in prossimità di eventi musicali istituzionali.
«Una decisione assurda – sottolinea il segretario generale del Sappe, Donato Capece –: gli orchestrali, tutti diplomati presso i Conservatori di musica italiani, verrebbero restituiti al servizio d’istituto in carcere, ma il bello è che rivestono un grado, quello di Ispettore, senza avere alcuna competenza tecnica operativa nel ruolo perchè la loro è una insegna di rappresentanza».
Fattore Umano | Milano col cuore in mano, ma non a San Vittore
Leo Beneduci, Segretario Osapp, in visita nel carcere più sovraffollato d’Italia in rapporto alla capienza: «Qualcosa si è fatto, ma troppo poco». E aggiunge: «Ora sono pure finiti i soldi»
L’attesa fuori dal carcere è estenuante. I passeggini accanto alle panchine, i sacchi del supermercato pieni di biancheria. Gli occhi stanchi di chi esce da quel portone. «Mi sono liberata – dice una giovane donna sotto gli alberi di Piazza Filangieri – Mi ha detto che lo trattano bene». Nonostante tutto.
Nonostante cioè il sovraffollamento che qui, a San Vitùr, «è pesantissimo». Chi parla è Leo Beneduci, Segretario Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) al termine della sua visita all’interno dell’istituto penitenziario. «San Vittore – insiste Beneduci – è il simbolo della situazione emergenziale degli penitenziari italiani». Basta leggere i dati della “conta” del 3 ottobre: +50% di detenuti presenti rispetto alla cosiddetta “capienza tollerabile” (1540 persone a fronte delle 639 che la struttura penitenziaria potrebbe ospitare). Risultato: in una cella per due ci sono fino a quattro detenuti, mentre in quelle da tre si arriva a cinque persone.
«Qualcosa di buono è stato fatto, ma non basta – sottolinea Beneduci – in due reparti del carcere (il terzo nel 2000 e il quinto nel 2006, ndr.) si è effettuato l’adeguamento sulla base del nuovo Regolamento di Esecuzione dell’Ordinamento Penitenziario». A partire dai servizi igienici che – è bene ricordarlo –, secondo l’art.7 del Regolamento, devono essere collocati «nelle adiacenze dei locali e delle aree dove si svolgono attività in comune e in un vano annesso alla camera», fornito «di acqua corrente, calda e fredda […] lavabo, doccia e, in particolare negli istituti o sezioni femminili, anche di bidet […]».
Richieste “normali”, insomma, che contribuiscono a garantire una “detenzione dignitosa”. Ma siamo nel 2011 e – sottolinea il sindacalista – «i soldi sono finiti». «Non bastano più anche per pagare il vitto dei detenuti e le prestazioni professionali» per non far collassare la struttura: le guardie carcerarie a Milano sono 740 – dice Beneduci – «250 in meno rispetto a quelle previste per legge. In Lombardia la carenza è di 1340 unità». Il segretario dell’Osapp conclude la sua tappa milanese appellandosi alla concretezza. Per far fronte a questo «danno costante per le carceri, per chi in carcere ci lavora e vive». Il tempo del «pressapochismo» è finito.
Fattore Umano | Il carcere in Italia? Peggio del recinto dei maiali
Ai suini più spazi che ai detenuti. Compreso il diritto di «girare facilmente», non subire «rumori costanti» e non vivere «isolati» dai propri simili. Così la Direttiva Ue del 2008, recepita in luglio scorso anche in Italia
Era ora. Da qualche mese in Italia anche i maiali hanno dalla loro parte la certezza del diritto. Soprattutto in materia di stabilitura, cioè di alloggiamento. Da quando cioè il 7 luglio scorso il Presidente della Repubblica (visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione… ), ha controfirmato il Decreto legislativo 122 del Consiglio dei Ministri, in attuazione della Direttiva 2008/120/CE sulle «norme minime per la protezione dei suini».
Qualche esempio? «I recinti per i verri (classico suino in pubertà, ndr.) devono essere sistemati e costruiti in modo da permettere all’animale di muoversi e avere il contatto uditivo, olfattivo e visivo con gli altri suini». Insomma, è vietato che stiano in isolamento (a differenza dei detenuti umani… ). Ma non solo: «Il verro deve disporre di una superficie libera al suolo di almeno 6 mq». E ancora: «Qualora i recinti siano utilizzati per l’accoppiamento, il verro adulto deve disporre di una superficie al suolo di 10 mq e il recinto deve essere libero da ostacoli». Va da sé che tale summa di regole, con le dovute specifiche, entra nei dettagli anche per scrofe adulte e scrofette (maialine in pubertà), fino ai lattonzoli, dalla nascita allo svezzamento.
È certamente un grande esempio di civiltà e cultura del diritto. E di psicologia, se è concesso dirlo. Perché si parla di animali che «possano girare facilmente», avere mangime «a sufficienza», non essere «aggrediti in situazione di competitività». E, in aggiunta, che nei loro fabbricati non vi debbano essere «rumori costanti o improvvisi» e che la luce «di intensità misurabile in almeno 40 lux», debba restare accesa o filtrare dalle finestre per parecchie ore al giorno. Regole che devono valere per «qualsiasi luogo, anche all’aria aperta, in cui gli animali sono allevati o detenuti, anche temporaneamente». Prima di finire sulle tavole….
Per carità, anche per i detenuti umani le regole non mancano. E sono precise. Peccato che vengano ignorate dallo Stato, a partire dal cronico stato di illegalità dovuto al sovraffollamento delle carceri. Già, perché per i maiali è tassativamente vietato “sovraffollarli”, si rischiamo multe pesanti e la chiusura dei recinti. Per i detenuti umani no, si può stare anni in carceri disumane, ben al di sotto dei 7 metri quadri minimi previsti, accatastati in letti a castello, con le docce a singhiozzo d’estate e d’inverno, senza che a nessuno venga in mente di chiuderle. Così non si contano più i ricorsi e le denunce «per tortura e/o danno esistenziale» dei detenuti italiani che si rivolgono alla Corte di Giustizia europea, chiedendo il diritto al risarcimento. E quasi sempre lo ottengono. Ma tanto, si sa, paga Pantalone…
Fattore Umano | Perugia: quando i media sopravanzano la Giustizia
«Mai come in questo caso l’aspetto mediatico ha sopravanzato di gran lunga quello giudiziario» scrive Aldo Grasso sul Corriere della Sera in merito alla sentenza di Perugia che ha mandato assolti dall’accusa di omicidio di Meredith Kercher i due imputati, Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Un’attenzione morbosa che sconfina nel nazionalismo e nella tentazione del reality show. «I media inglesi, che stanno dalla parte della vittima, la povera Meredith Kercher – continua Grasso – hanno ribattezzato la bella Amanda “Foxy Knoxy”, giusto per sottolineare la sua sfuggente furberia. I media americani, invece, sono tutti per lei». Per non parlare del pressing di carta stampata (oltre 400 inviati piovuti a Perugia) o degli speciali televisivi delle reti Usa.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a uno dei grandi dilemmi della modernità: la sovrapposizione dei racconti e la loro lotta, la «realtà» che diventa un format, a seconda del contenitore in cui finisce, sintetizza il commentatore del Corriere. Ancora una volta si ha la sensazione che l’azione della giustizia sia stata fortemente condizionata dal pressing mediatico. Quel fenomeno che spesso straripa nella “Gogna mediatica” in un Paese come l’Italia dove i processi, quando non sono assistiti dall’attenzione dei media Usa, spesso nascono e si celebrano sui giornali alimentati da una sola fonte: le veline delle procure, poi destinate a cadere nel dimenticatoio.
Il caso vuole che la conclusione del processo di Perugia coincida con la presentazione a Milano presso lo Spazio Mondadori di via Marghera alle 18.30 de La Gogna, il libro di Maurizio Tortorella dedicato a sette storie di cronache giudiziarie. L’autore stasera ne parlerà con alcuni ospiti, tra cui spicca il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, uno dei maggiori penalisti italiani.
Fattore Umano | Viaggio nell’illegalità delle carceri italiane
Un reportage di Radio Radicale all’interno degli istituti di pena «per riempire il vuoto di solitudine in cui è confinata questa umanità dolente». Un insieme di testimonianze drammatiche, tra cui i detenuti di Favignana reclusi in un bastione del XII secolo fino a 7 metri sotto terra. A colloquio con gli autori del “viaggio”: Simone Sapienza (Fainotizia.it) e Valentina Ascione (Ufficio Stampa On. Bernardini e Radicali)
Come è nata l’idea di questo “viaggio”?
Ascione: È nata per rompere il silenzio sulle carceri italiane, cioè «una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile», come l’ha definita il Presidente Napolitano. I Radicali se ne occupano da almeno trent’anni, visitano le carceri compreso a Natale, Pasqua e Ferragosto. Lo scopo è anche quello di riempire, almeno per qualche ora, la solitudine di questa umanità dolente, mentre fuori ci si riunisce per festeggiare con i propri affetti. Eppure l’attenzione della grande stampa resta bassa. Perché? Bianca Berlinguer, che dirige una delle poche testate sensibili al tema, ha dichiarato che fare informazione sul carcere è difficile poiché mancano immagini recenti degli ambienti penitenziari. Con l’inchiesta di Radio Radicale vogliamo contribuire a risolvere il problema e mettere a disposizione dei nostri colleghi, e non solo, il patrimonio di testimonianze che stiamo raccogliendo.
Finora cosa avete visto, e quali le prossime tappe?
Ascione: Il nostro viaggio è partito dalla Sicilia. Giarre, in provincia di Catania: un piccolo istituto nato come struttura a custodia attenuata per tossicodipendenti che però, a causa del sovraffollamento, ospita anche detenuti in regime di media sicurezza, con forti ripercussioni sul lavoro di agenti, operatori e sulla funzionalità stessa del carcere. Poi siamo entrati nella Casa circondariale di Messina, che ospita uno dei reparti peggiori del Paese: la cosiddetta “Sosta”.
Sapienza: Abbiamo provato a vedere le condizioni del nuovo carcere, ancora non aperto, ma già inaugurato innumerevoli volte a Gela…
Ascione: A Gela abbiamo ripreso l’esterno di un carcere nuovo di zecca che da 50 anni aspetta di aprire i battenti, il viaggio è proseguito 7 metri sotto terra, tra i detenuti e gli internati di Favignana reclusi in un bastione del XII secolo.
Sapienza: Poi siamo andati a Favignana, dove un nuovo carcere sta per essere inaugurato, ma il vecchio difficilmente riuscirà a chiudere con questo sovraffollamento.
Ascione: Poi all’Ucciardone di Palermo. La settimana scorsa a Sassari, alla casa circondariale “San Sebastiano” e presto visiteremo in carcere di Brescia “Canton Mombello”.
Sapienza: Ma il nostro viaggio proseguirà ancora…
Quali le difficoltà riscontrate?
Sapienza: Il direttore di un carcere è un padrone di casa. Prima dell’arrivo degli ospiti si preoccupa di tirare a lucido le sezioni e spesso preparare delle storie che non facciano passare la sua amministrazione come inefficace. Ma la realtà è che con le scarsissime risorse a disposizione spesso anche i migliori padroni di casa non possono fare molto.
Ascione: È difficile convincere i direttori degli istituti che è nel loro interesse mostrare le condizioni vergognose delle nostre galere e le problematiche cui sono costretti a far fronte ogni giorno. Siamo convinti infatti che non siano soltanto i detenuti a soffrire per l’emergenza, ma l’intera comunità penitenziaria. Eppure alcuni di loro preferiscono nascondere la polvere sotto il tappeto, correre ai ripari con pulizie straordinarie e riverniciature in extremis, e indirizzare l’occhio della telecamera verso le sezioni più vivibili.
Una realtà dura da raccontare…
Sapienza: Dopo aver visitato 5 carceri hai già mille volti e mille storie che ti rincorrono. Come quelle degli immigrati internati a Favignana: persone che pur non avendo commesso nessun reato per un motivo o per un altro vengono ritenuti pericolosi. Così sono arrestati e spediti nelle “case lavoro”, assistiti da psicologi. Però a Favignana praticamente gli psicologi non ci sono e non esiste possibilità di lavoro. Ovviamente se non lo trovi non puoi avere la libertà. Dunque questi rimangono dentro in regime di “ergastolo bianco”. Tra loro moltissimi immigrati che non hanno nessuno in Italia disposto a fornirgli una residenza e un contratto. Così sono costretti in celle come gli altri detenuti: venti ore al giorno, con solo due ore la mattina e due la sera per uscire davanti alla cella dove c’è un passaggio di pochi metri quadrati. Un incubo.
Ascione: Sì, gli internati… i detenuti “in attesa di reato”. E i molti sfollati dalle carceri del Nord, trasferiti a centinaia di chilometri dalle proprie famiglie che non possono fargli visita perché non hanno i soldi per affrontare il viaggio. I primi a essere spediti, come pacchi, lontano da casa sono gli stranieri, ma anche loro hanno genitori, compagni e figli in Italia. E alcuni non li vedono da anni.
Cosa chiedono i detenuti?
Sapienza: Chiedono di pagare per quello che hanno commesso ma non essere torturati. Chiedono il rispetto della legge e degli standard previsti da numerose convenzioni e dagli stessi regolamenti penitenziari. Oggi tutti chiedono l’amnistia, per aiutare anche i magistrati a fare il proprio lavoro. Oggi in Italia finisce in carcere solo chi non ha i soldi per pagarsi l’avvocato capace di portare il processo in prescrizione. Si registrano circa 170 mila prescrizioni l’anno, delle quali almeno il 70% matura nei cassetti dei PM, prima ancora di arrivare dinanzi a un GIP…
Ascione: I detenuti, insomma, chiedono nulla più di quanto sancito dalla Costituzione e dall’ordinamento penitenziario. Una pena che tenda alla rieducazione e condizioni detentive all’altezza di un paese civile. Chiedono di lavorare e studiare, così da potersi reinserire con più facilità una volta fuori. E poi chiedono tempi certi. Non dobbiamo dimenticare che il 40% della popolazione detenuta è in attesa di giudizio e che, come suggeriscono le statistiche, la metà sarà riconosciuta innocente. Ma per quasi tutti la richiesta più urgente è quella di un’amnistia.
Per seguire il viaggio di Valentina Ascione e Simone Sapienza nelle prossime settimane è possibile vedere e condividere i loro servizi attraverso questi link che saranno costantemente aggiornati:
Fattore Umano | I garanti dei detenuti: «Riforma carceri improrogabile»
A Milano la riunione del Coordinamento nazionale dei Garanti territoriali per i diritti dei detenuti. Entro due giorni una “Carta” di proposte da inviare al Senato, in vista del 21 settembre
È stata una riunione di lavoro intenso quella di oggi al Circolo della Stampa di Milano, dove si è tenuto l’incontro del Coordinamento nazionale dei Garanti territoriali per i diritti dei detenuti. Per l’occasione sono stati presentati i punti-chiave della Carta, che verrà terminata nel corso dei prossimi due giorni, e che verrà inviata in Senato in vista della seduta straordinaria del prossimo 21 settembre.
Presenti al tavolo dei lavori: Franco Corleone, Coordinatore del Coordinamento Garanti , 15 Garanti, Stefano Anastasia (Difensore civico di Antigone), Riccardo De Facci, (vicepresidente CNCA, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), Maurizio Mazzi (presidente della Conferenza regionale volontariato giustizia Veneto), Michele Passione (membro dell’Osservatorio nazionale carceri dell’Unione Camere Penali), Sergio Segio (Società In/formazione, Forum Droghe) e Ornella Favero (Ristretti Orizzonti). Alla conferenza stampa è intervenuto anche il vicepresidente del consiglio comunale di Milano, Andrea Fanzago che ha voluto comunicare la volontà di impegno da parte della Giunta di migliorare la situazione degli istituti di pena milanesi partendo dal «riallacciare i contatti con la Commissione Servizi Sociali nell’ottica di riconfermare la Commissione Carceri».
A moderare la tavola rotonda, Franco Corleone. In una giornata che ha dato come frutto una “Carta” che «vuole essere di riforma radicale del carcere». In uno sforzo comune e “concreto” per un carcere più aperto e più responsabilizzante: «si pensi ad esempio alla istituzione di supermercati interni, oppure alla distribuzione di carte telefoniche o ancora alle mense comuni». Interventi fattibili che trasformerebbero l’esigenza di bisogni primari dei detenuti (sempre meno colmata) da richiesta di «permessini» a richiesta autonoma e responsabile da parte del singolo recluso. Ma anche «mettere fine alla speculazione del “sopravvitto” (dover comperare ciò che serve in una sorta di negozio interno alle carceri, gestito dalla medesima ditta che fornisce i pasti alla amministrazione carceraria, ndr.)».
«Non si dovrà più parlare – ha sottolineato Corleone – di “capienza regolamentare” o “reale” delle carceri, bensì di “capienza costituzionale”, l’unica possibile in uno stato di diritto e di democrazia». E si sbilancia, immaginando «carceri per meno detenuti. Non a nuovi edifici come prevede il Piano carceri: utilizziamo le risorse pianificate per diversificare le strutture rendendole adatte alle diverse forme di detenzione: chi è in attesa di giudizio, le donne, i tossicodipendenti e così via».
Fattore Umano | Emergenza carceri: il 21 settembre la sessione straordinaria in Senato
Mercoledì prossimo si svolgerà un’intera sessione di lavori a Palazzo Madama con comunicazioni al Governo. Lo ha deciso ieri la conferenza dei capigruppo in Senato. Sarà presente anche il ministro della Giustizia, Nitto Palma, che presenterà una relazione sulla situazione della giustizia
L’urgenza è stata accolta. Dopo le iniziative “nonviolente” promosse dai Radicali, in accordo con le recenti raccomandazioni del Presidente della Repubblica e dei numerosi firmatari di maggioranza e opposizione, il prossimo 21 settembre si darà il via ai lavori straordinari di discussione (e votazione) di un documento che fissi modi e tempi certi in materia di amnistia, indulto, depenalizzazione e decarcerizzazione. Nel rispetto della legalità costituzionale e delle convenzioni internazionali.
La volontà è comune: dopo le 146 le firme di senatori raccolte per la convocazione straordinaria, sono state completate anche le adesioni alla Camera. Proprio ieri, Marco Pannella – assieme a Rita Bernardini e ad Irene Testa, segretaria dell’associazione Il Detenuto Ignoto –, aveva ripreso lo sciopero della fame. In attesa di una «risposta legislativa efficace e tempestiva» da parte del Parlamento.
Intanto sono arrivati i primi commenti. Come quello del Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria, che ha considerato positiva l’occasione dell’incontro del 21 settembre, ma ha lamentato l’assenza di un incontro tra i sindacati e il guardasigilli prima della seduta straordinaria in Senato. «Peccato – sottolinea Donato Capece, segretario del Sappe – che il Ministro della Giustizia Nitto Palma, che nell’occasione presenterà una relazione, abbia fissato un incontro con noi e gli altri sindacati solo il 26 settembre. In quell’incontro il primo sindacato della polizia penitenziaria, il Sappe, potrà fornire il proprio costruttivo contributo, utile anche al dibattito parlamentare che purtroppo, sarà già ampiamente terminato».
Un altro appuntamento importante di ieri è stato quello tra una delegazione del Forum della Sanità Penitenziaria e il Ministro Palma per la programmazione delle prossime iniziative. In agenda, a novembre, è stato fissato un convegno sullo “stato dell’arte” della sanità penitenziaria; a dicembre la prima riunione dei 203 comuni che ospitano carceri e che sono impegnati sul fronte recupero sul territorio dei detenuti. «Su questi temi, tra il Forum e il ministro – ha dichiarato il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo – c’è stata piena concordanza sugli obiettivi, anche in vista della sessione speciale di mercoledì del Senato sulle carceri. C’è poi il problema degli ospedali psichiatrici, dove 400 detenuti hanno bisogno di un ambiente nel quale integrarsi».
Fattore Umano | Palma: «Rivedere le regole della custodia cautelare»
Il ministro della Giustizia ipotizza una riforma della “carcerazione preventiva”. «Non può servire per far confessare». E aggiunge: «Dai tempi di Tangentopoli non è cambiato nulla»
«Se è vero che la custodia cautelare deve essere applicata come estrema ratio bisogna trovare un sistema alternativo pur mantenendola per i reati di maggiore gravità». Lo ha dichiarato sabato scorso il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, nel corso della presentazione del libro di Maurizio Tortorella La Gogna, dal palco della festa dei giovani del PdL ad Atreju.
Dunque bisogna «intervenire con saggezza e prudenza» perché – sottolinea il guardasigilli – «Abbiamo 67.500 detenuti in carcere di cui il 40% è in regime di custodia cautelare e ogni anno c’è il turn over di circa 90mila persone che non hanno la sentenza (dati che superano del 43%, la seppur preoccupante media europea del 25%, ndr.)».
Alla luce di queste dichiarazioni, il ministro Palma ha ipotizzato una «riforma della custodia cautelare in carcere, risalendo al principio del nostro Codice che dice che la custodia cautelare in carcere è l’estrema ratio». Parole che si riallacciano – come ricordato dallo stesso ministro – alle recenti dichiarazioni rese dal primo Presidente della Cassazione, Ernesto Lupo (che ha invitato i magistrati «ad un uso sempre più prudente e misurato della misura cautelare restrittiva») e all’«abnorme ricorso alla carcerazione preventiva» che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha annoverato «tra i mali della giustizia che umiliano l’Italia in Europa».
Perché il carcere non può e non deve essere uno strumento per far confessare un imputato. Come all’epoca di Tangetopoli – ricorda il guardasigilli – «quando nacque una discussione di dottrina perché vi erano dei provvedimenti del pool di Milano con cui si negava la scarcerazione a un imputato perché non aveva parlato. Non credo sia cambiato molto dall’epoca».
Fattore Umano | Dramma carceri: una “due giorni” di seminari a Loreto
Il 7 e l’8 settembre appuntamento nella cittadella umbra per le associazioni del volontariato e i Garanti dei detenuti
Le 207 carceri italiane scoppiano. Ad oggi sono circa 67mila i reclusi, di cui 21.186 in “esubero” rispetto alla capienza regolamentare. In attesa di quanto potranno decidere Senato e Camera, chiamati a discutere, probabilmente subito dopo la manovra economica (forse già da lunedì 13 settembre), il 7 e l’8 settembre si terrà una “due giorni” di seminari a Loreto, dove gli “addetti ai lavori” discuteranno possibili soluzioni sul dramma carceri nel nostro Paese.
Nella prima giornata, presso il Teatro Comunale di Piazza Garibaldi, saranno al lavoro le associazioni di volontariato e di settore che operano negli istituti penali. Temi: pene detentive e rieducazione, ruolo del volontariato, gli Ospedali psichiatrici giudiziari, diritto alla genitorialità durante la reclusione.
L’8 settembre, invece, presso la Sala del Consiglio Comunale Corso Boccalini, si svolgerà il primo seminario nazionale dei Garanti dei diritti dei detenuti. Quattro gruppi di lavoro (ognuno composto da un consigliere regionale componente della commissione carceri dell’Assemblea legislativa e da garanti regionali, provinciali e comunali) discuteranno di: accesso e funzioni del Garante negli istituti penitenziari, decongestionamento della situazione carceraria, quotidianità e misure trattamentali, sistema giudiziario e rapporto tra Autorità di Garanzia e Amministrazione Penitenziaria.
Tra i moderatori che introdurranno i lavori del seminario il Prof. Italo Tanoni, Ombudsman-Garante dei diritti dei detenuti delle Marche.
Come mai la scelta di un seminario?
Un Garante dei diritti dei detenuti, può accendere – come lo scorso anno è stato fatto con la pubblicazione del primo Rapporto sulla situazione nelle carceri delle Marche – l’attenzione dei decisori politici sul problema. Altri mezzi, per ora, non ci sono, oltre a quelli consentiti dalla legge regionale che fissa le competenze, in realtà molto ridotte. Il Convegno nazionale di Loreto, da una parte si pone in continuità con quanto il Consiglio regionale delle Marche ha espresso recentemente, con documento bipartisan, sul problema delle carceri (sovraffollamento, carenza di organici, situazioni disumane) e ne intende approfondire i risvolti, dall’altra intende aggiornare – a livello regionale – la normativa relativa alle competenze dell’Ombudsman Garante dei diritti dei detenuti, alla luce delle disposizioni che sono intervenute dal 2008 ad oggi. Non da ultimo anche la risonanza dell’evento con il Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona (è programmata una Messa a Montacuto) servirà a mettere l’accento su un problema che l’opinione pubblica preferisce glissare tranquillamente… per non parlare della parte politica nazionale oggi sotto i riflessi della rinnovata ennesima finanziaria da portare a termine.
Cosa si aspetta dal Governo?
Sono fiducioso che anche le due giornate di Loreto possano rimuovere certe situazioni ormai “collassate”: siamo la quarta regione ad avere in Italia il sovraffollamento degli istituti con situazioni come Montacuto che sono addirittura e tristemente ai primi posti in Italia. Il Governo da parte sua dovrebbe dare “segnali” di cambiamento, rispetto all’attuale stallo con provvedimenti atti a decongestionare gli istituti penitenziari. Nei gruppi di lavoro delle due giornate di Loreto verrà affrontato anche questo problema… sicuramente ne uscirà un documento di denuncia contenente precise proposte per venir fuori da una situazione a dir poco ” insopportabile”.