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Fattore Umano | Beneduci (Osapp): «Carceri oltre il limite. Poliziotti allo stremo»
«Un terzo delle regioni è vicina del collasso» denuncia il segretario dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria. «Ogni giorno 40 nuovi ingressi – aggiunge – mentre la carenza di personale è ormai drammatica»
«Una media di 67.500 detenuti, con un picco nel 2010 di 69.000». Bastano questi numeri per capire cosa succede davvero nelle carceri italiane. A Parlare è Leo Beneduci, segretario dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria). «Per rendere l’idea – prosegue – nel 1998 c’erano 49.050 detenuti, praticamente negli stessi spazi». Un sovraffollamento che si riflette nel lavoro quotidiano degli agenti: «I poliziotti penitenziari in servizio – spiega Beneduci – sono 37.500 su di un organico di 44.620 unità definito per legge nel 1991 e mai aggiornato. Allora però di detenuti ce n’erano circa 37.000». La carenza di personale dunque è preoccupante: in media un poliziotto in servizio deve gestire 17 detenuti. E di notte o nei festivi il rapporto diventa anche 1 a 100.
Dottor Beneduci, partiamo dai numeri. Sembra di capire che la “capienza” funziona come un elastico. La si modifica a seconda dei momenti…
La “capienza regolamentare” così definita – e che rappresenta per noi posti realmente disponibili –, riguarda la possibilità di allocare i detenuti in condizioni alloggiative normali, tipo due o anche un solo detenuto per cella, in alcuni casi e quando lo spazio lo consente anche tre, come dovrebbe essere. L’Amministrazione penitenziaria, comunque, a causa dell’emergenza ha definito anche un altro parametro che è quello della “capienza tollerabile” (oggi pari a 69.126 posti), che in pratica significa aggiungere ad ogni due posti un altro posto, aumentando così la capienza regolamentare del 50%. E non solo: perché nella capienza tollerabile l’aumento dei posti riguarda anche le infermerie e gli isolamenti, grazie a presunti malati o isolati, che magari non ci sono, sale ancora la possibilità di intasare le celle. In alcune i detenuti possono stare solo sui letti, ci sono troppe brande e non si cammina.
In sintesi?
Anche la capienza tollerabile è ormai superata in ben 7 regioni su 20.
Cosa significa per gli agenti lavorare in carceri così sovraffollate?
Le 803 aggressioni subite da gennaio o i circa 900 poliziotti penitenziari che ogni giorno non si recano in servizio per infermità conseguenti al lavoro svolto (spesso riguardanti la sfera psichica ndr.), la dicono lunga su come si lavora in carcere. Il problema riguarda anche la scarsa “soddisfazione” professionale per il lavoro svolto. La Polizia Penitenziaria dovrebbe essere, per legge, l’unico Corpo di Polizia dello Stato, che oltre alle “classiche” funzioni preventive e repressive, svolge attività legate al reinserimento sociale dei detenuti, attraverso l’osservazione, il contatto quotidiano e costante con i detenuti, per recuperarli attivamente alla società. Un’attività, questa, che la Polizia Penitenziaria dovrebbe poter svolgere in sinergia con altre figure professionali penitenziarie quali direttori, educatori, cappellani, psicologi. Spesso però il contesto non aiuta. Non bastasse, ci tocca fare ben altro: sostituire operai, contabili, educatori, medici e infermieri e così via. Credete che qualcuno riconosca al Corpo questa capacità-necessità di interpretare una così ampia molteplicità di ruoli? Niente di tutto ciò.
L’emergenza carceri sarà oggetto di una seduta straordinaria di Camera e Senato. Cosa si aspetta?
Le attese e le speranze sono alte. Anche dopo gli appelli del Presidente Napolitano. Ormai nessun deputato o senatore può dire di non conoscere il problema. Anche perché di provvedimenti “tampone” per deflazionare le carceri ne sono stati assunti parecchi, salvo poi rimangiarli o vanificarli con altri, tipo la ex Cirielli, la Bossi-Fini e altro ancora.
Un indulto potrebbe servire?
Perché no, visto che i dati sulle recidive dicono che solo il 34% degli “indultati” è rientrato in carcere, rispetto al 68% di coloro che scontano la condanna fino alla fine. Però, più che un indulto, sarebbe opportuna un’amnistia, con i dovuti distinguo, visto che per alcuni reati non riesco a vedere alternative al carcere, anche a quello attuale. Poi vi sono altri aspetti: depenalizzazioni, misure alternative, detenzione domiciliare, maggiori limiti alla custodia cautelare, l’introduzione della Probation anche per gli adulti e di pene sostitutive al carcere, vanno bene. Purché si sbrighino e non ci ripensino qualche mese dopo sull’onda di qualche delitto di particolare clamore o efferatezza. Del resto, di colpevoli di reati veramente gravi nelle carceri italiane non ce ne sono tantissimi, tutto il resto potrebbe avviarsi a percorsi alternativi.
Cosa fare quindi per evitare il tracollo della “macchina carceraria”?
Ci sarebbero molte cose da ripensare. Non ha senso risolvere tutto nella classica formula: tu sbagli/ ti arresto/il giudice condanna/vai in carcere fino a fine pena. Così come non ha senso costruire nuove carceri, magari per 100.000 detenuti. Sarebbe meglio stabilire che il carcere costituisce l’estrema ratio. Soprattutto per chi ha alle spalle una vistosa carriera criminale e dopo che sono fallite tutte le altre possibilità/opportunità offerte. Negli altri casi, destinare risorse vere, e quindi energie, al recupero sociale, offrire rapporti, conoscenze e lavoro a chi ha sbagliato deve diventare un onere senza pregiudizi per l’intera società. Anche il volontariato andrebbe riorganizzato. Insieme alla Polizia Penitenziaria costituisce un pilastro insostituibile.
Fattore Umano | Carceri: «C’è il quorum per la seduta straordinaria del Senato»
L’annuncio di Marco Pannella a Radiocarcere. In base all’art. 62 della Costituzione verrà convocata anche la Camera. Continua intanto il “tour de force” dell’On. Bernardini: dopo i “sovraffollati con doccia” di Matera, venerdì prossimo le visite a Potenza, compreso l’istituto dei minori, e Melfi
È fatta. La battaglia dei Radicali contro le “illegalità” nelle carceri, a partire dalla condizione di sovraffollamento, ha ottenuto un primo risultato concreto. Il Senato della Repubblica si riunirà prossimamente in seduta straordinaria per discutere (e votare) in «tempi certi» l’esame di provvedimenti in materia di «amnistia, indulto, depenalizzazione e decarcerizzazione». È questo il risultato del raggiungimento del quorum, avvenuto nelle ultime ore (pari ad almeno un terzo del numero di firme di senatori) sul documento di richiesta di convocazione promosso dal gruppo radicale. È stato lo stesso Marco Pannella, protagonista di un digiuno «non violento, della fame e della sete» che ha coinvolto migliaia di persone, ad annunciare nel corso di Radiocarcere il quorum raggiunto. Per conseguenza, in base art. 62 della Costituzione, si dovrà riunire anche la Camera dei deputati.
Continua intanto il “tour de force” estivo dell’onorevole Rita Bernardini nelle carceri italiane. Ieri è stata la volta di Matera, venerdì toccherà al carcere di Potenza, compreso l’istituto minorile, poi sarà la volta di Melfi. «A Matera – spiega – abbiamo valutato positivamente che nelle celle ci siano le docce, purtroppo però esiste il problema di un padiglione nuovo ma ancora chiuso. Il risultato è che si sta in sei in 15 metri quadrati». «A colpire di più – aggiunge – è tuttavia un altro elemento: molti detenuti spiegano che preferirebbero stare a Poggioreale, dove la doccia se va bene la fai due volte a settimana e in cella si sta perfino in venti, pur di poter avere contatti con la famiglia. Insomma preferiscono l’inferno pur di incontrare più spesso moglie e figli. Che ne dice la magistratura di sorveglianza? Si possono chiudere gli occhi di fronte a tale situazione?».
Non bastasse, dopo un periodo di lieve calo, è ripresa la crescita della popolazione detenuta con un media di 40 ingressi in più al giorno. La denuncia arriva dall’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria). Numeri alla mano dal 19 al 22 agosto si è passati da 66.605 presenze a 66.754. Secondo l’Osapp, l’aumento dei detenuti è legato «alla cessazione degli effetti deflattivi provocati dalla legge sulle detenzioni domiciliari, con 12 mesi di pena residua». Ma nel frattempo, insiste l’Osapp, «permane l’abisso – secondo le parole del Presidente Napolitano – che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale sulla funzione rieducatrice della pena e sui diritti e la dignità della persona». Con un invito finale: «il Parlamento e il Guardasigilli Nitto Francesco Palma non indugino nell’esame e nell’adozione dei provvedimenti urgenti che le condizioni delle carceri, di chi vi lavora e dell’utenza rendono non più differibili».
Fattore Umano | L’On. Bernardini: «Amnistia come volano di una grande riforma»
Per la deputata radicale: «Dopo lo sciopero del 14, il prossimo passo sarà la raccolta di firme per una seduta straordinaria del Parlamento sull’emergenza carceri e giustizia»
Se mai passasse la proposta di pagare deputati e senatori per quanto lavorano, l’onorevole radicale Rita Bernardini rischierebbe solo di guadagnarci. Il 14 agosto l’ha passato a Rebibbia, in sciopero della fame e della sete; il 17 a scrivere un’interrogazione parlamentare su un tale che si è fatto quattro giorni di carcere per avere acquistato online un “farmaco” che contiene una sostanza inserita nelle tabelle della Giovanardi-Fini. Lo hanno prelevato 12 agenti della GdF con l’accusa di spaccio: «Davvero uno strano spacciatore – ironizza Rita Bernardini – che lascia indirizzo, telefono e carta di credito».
Oggi, 18 agosto, c’è già altro da fare e da pensare: «Il prossimo passo – spiega – sarà la raccolta di firme per arrivare ad una seduta parlamentare straordinaria dedicata all’emergenza carceri e giustizia». L’art. 62 della Costituzione lo prevede con chiarezza: «Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un terzo dei suoi componenti». Altrettanto recita l’art. 29 del Regolamento della Camera. Insomma, si può fare.
Del resto, prosegue Rita Bernardini, «è il motivo per cui abbiamo fatto lo sciopero del 14, un’iniziativa non violenta che non ha precedenti in Italia per la qualità e il numero delle adesioni: oltre duemila persone fra cui, lo sottolineo, 12 direttori di carceri e un altissimo numero di agenti». Che nelle carceri la situazione abbia superato ogni limite umano non lo nega più nessuno, a partire dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Basta ascoltare anche le parole di Don Sandro Spriano, 70 anni, cappellano di Rebibbia da oltre 20, anche lui tra i digiunatori: «Oggi nelle carceri non ci sono i soldi per cambiare una lampadina». O per fare una doccia, per resistere all’afa, come capita all’Ucciardone di Palermo. Dove comunque si vive accatastati nelle celle.
La proposta dei Radicali è nota: «Ci vuole un’amnistia – insiste la Bernardini – che funga da volano per una vera riforma della giustizia. L’Italia è fuorilegge, viola ogni giorno le direttive europee e dell’Onu. Abbiamo già subito diverse condanne da organismi internazionali, dunque ha ragione Marco Pannella quando parla di “delinquenza professionale” da parte dello Stato. E non solo per l’emergenza carceri: ogni anno vengono prescritti 170mila processi. Cosa c’è di più ingiusto che avere subito un torto e rimanere senza giustizia?».
Fattore Umano | In corso il digiuno contro l’inferno carceri
Lo sciopero “della fame e della sete” promosso dai Radicali. Le adesioni di migliaia di operatori, detenuti e famigliari. Obiettivo: una riunione straordinaria del Parlamento, dopo le parole del presidente Napolitano
Chissà, forse si toccherà perfino quota 2000. Almeno a guardare la sfilza di adesioni cresciute negli ultimi giorni, di ora in ora, all’appello dei Radicali per la giornata di “sciopero della fame e della sete”, per chiedere la convocazione straordinaria del Parlamento sull’emergenza carceri.
Il digiuno è iniziato dalla mezzanotte scorsa e andrà avanti per 24 ore. Oltre ai radicali (Marco Pannella innanzitutto, poi Emma Bonino e Rita Bernardini quest’oggi in visita ispettiva nel carcere di Rebibbia) e qualche rappresentante politico qua e là, a scendere in campo stavolta ci sono soprattutto coloro che l’emergenza la vivono e la affrontano ogni giorno: direttori degli istituti di pena, agenti in divisa (tutte le sigle sindacali di rappresentanza del mondo penitenziario hanno aderito), educatori, psicologi, assistenti sociali, medici, cappellani e volontari. Oltre, ovviamente, a molti detenuti e loro famigliari. Tutti con la medesima motivazione: l’emergenza carceri è giunta a un punto di non ritorno, non solo nei numeri (67mila persone stipate contro 43mila posti), ma per le condizioni di vita sempre più invivibili ad ogni livello: vale a dire per ciò che il burocratese definisce “eventi critici” ma che spogliati dal linguaggio amministrativo significano 602 tentati suicidi (38 morti) nel solo 2011, 24 risse censite ufficialmente, continui episodi di auto-violenza (ferimenti, tagli, ingurgitamento di lamette, assunzione di gas tossici con le bombolette), per non dire delle difficoltà degli operatori: missioni non pagate ai poliziotti, carenze di vitto (tre pasti al giorno costano in media 3.8 euro, ma niente a che vedere coi menu di Camera e Senato), mancanza di soldi per le riparazioni (con il risultato che se si rompe un sanitario i detenuti vengono stipati ancora di più in altre celle).
Non a caso è stato lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a definire quella del carcere «una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile» e a sottolineare «l’abisso che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale sulla funzione rieducatrice della pena e sui diritti e la dignità della persona». Già, un abisso.
La proposta dei Radicali è nota: una amnistia «senza se e senza ma», che riporti la dimensione carcere in Italia a quella antica civiltà giuridica di cui meniamo vanto. Non piccole pezze, dunque, ma un’assunzione chiara delle forze politiche in Parlamento del fallimento delle scelte degli ultimi anni, a partire dal miraggio di un piano carceri che esiste solo sulla carta. Proprio domani, il neoministro della Giustizia, l’ex magistrato Nitto Palma, sarà in visita a Regina Coeli. Nei giorni scorsi ha chiarito la sua posizione: «niente amnistia ma sì alle depenalizzazioni». Gli ha fatto eco il segretario nazionale del Sidipe (Sindacato direttori penitenziari) Enrico Sbriglia: «Una buona intenzione, ma non basta». Citando che ben 4 commissioni parlamentari negli ultimi 20 anni non hanno cavato un ragno dal buco. Intanto, secondo indiscrezioni, starebbe prendendo corpo l’idea di consentire che gli ultimi due anni di pena possano trasformarsi in arresti domiciliari. Una soluzione che – è stato calcolato – svuoterebbe le carceri di (forse) 5mila persone. Insomma, niente più che un pannicello. Compresa la discriminazione fra chi il domicilio ce l’ha e chi ne è privo.
E che dire poi dell’emergenza giustizia in generale. Gente carcerata per “farla confessare”, decine di migliaia di persone in attesa di giudizio, per poi scoprire che per il presunto furto di un pacco di biscotti (da 2 euro) a Trento ci sono voluti tre anni tre di dibattimento. Che altro aggiungere, non basta?
Fattore Umano | Basta leggi che creano delinquenti
La denuncia di avvocati, magistrati e associazioni volontarie impegnate sul fronte carcere. In un documento comune, le proposte per uscire dall’emergenza degli istituti penitenziari, a partire dall’uso abnorme della “custodia cautelare”
In Italia non ci sono più delinquenti che altrove (o reati), eppure le carceri sono zeppe di gente. Succede che a produrre così tanti detenuti siano le leggi stesse o le loro modalità di applicazione, più «carcerogene» che altrove.
Due esempi fra i tanti: 1) i detenuti in custodia cautelare sono attualmente 28.257 (il 41,9% del totale, a fronte di una media europea del 24,8%). Se ci allineassimo a tale media i detenuti diminuirebbero a 55.861 (-16mila); 2) cinque anni fa, prima della cosiddetta legge ex-Cirielli, nel Belpaese le persone in “misura alternativa” erano 23.394. Oggi sono 17.487, in drastico calo.
Cosa è cambiato? Ai recidivi non è consentito l’accesso diretto alle misure alternative. E ciò, sebbene le statistiche mettano in luce come tali “misure”, innanzitutto il lavoro, siano la ricetta migliore per ridurre i comportamenti recidivi. Dunque, che fare?
Dal tavolo promosso dall’Unione delle Camere Penali in Italia, presenti le maggiori associazioni impegnate sul fronte carcere (Acli, Arci, Antigone, Ristretti Orizzonti), oltre a sigle del volontariato, al sindacato CGIL – FP, fino a Magistratura Democratica e al Coordinamento nazionale Garanti dei detenuti, arriva un documento di proposte «articolate e concrete» per fronteggiare l’emergenza carcere e le «disumane condizioni in cui versano gli istituti penitenziari italiani destinate a peggiorare durante il periodo estivo».
«Si tratta di ritornare – è stato detto nel corso della conferenza stampa indetta presso l’Unione delle Camere Penali a Roma – allo spirito del legislatore del 1988, con un più significativo utilizzo della misura degli arresti domiciliari». Ma non solo. Si tratta di abolire la ex-Cirielli, laddove aggrava le pene e restringe i criteri per accedere ai benefici.
Anche la legge Fini-Giovanardi viene presa di mira: nei fatti non ha ridotto il consumo di droghe (e il numero di drogati), ma ha prodotto decine di migliaia di detenuti-tossici (spesso in galera per le cosiddette droghe leggere), o ributtati in galera per le stringenti condizioni di accesso a programmi terapeutici e ai servizi dei Sert.
L’elenco delle proposte prosegue con misure specifiche dedicate al tema immigrazione, alla “messa in prova” anche per gli adulti (e non solo i minori), all’introduzione di entrate scaglionate in carcere in relazione alla capienza e, infine, alla richiesta della chiusura (una volta per tutte) di quello scandalo che sono gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.
«Il tema carcere è un’emergenza nazionale, patologica», ha spiegato il presidente delle UCPI, Valerio Spigarelli, confermando che le Camere Penali per tutta l’estate continueranno la staffetta dello sciopero della fame a sostegno dell’iniziativa di Marco Pannella. «Il fatto è che – ha aggiunto Spigarelli – il sistema carcerario si riempie di imputati che tante volte non hanno una condanna definitiva».
Fattore Umano | Carceri: Appello a deputati e senatori
Da Antigone, Ristretti Orizzonti, Garanti dei detenuti e MD una lettera-denuncia sul sovraffollamento degli istituti penitenziari e la richiesta di interventi urgenti
Certo, non è facile chiedere alla “politica” di mettere in primo piano la drammatica situazione delle carceri italiane. Non lo è in tempi “normali”, figuriamoci quando i mercati finanziari voltano le spalle al Paese perché lo ritengono poco affidabile. In ogni caso Antigone, Ristretti Orizzonti, il Coordinamento Nazionale Garanti dei detenuti e gli associati di Magistratura Democratica non demordono e lanciano un Appello a tutti i parlamentari di Camera e Senato.
Si tratta di una lettera-denuncia per porre un argine al malessere (sovraffollamento, suicidi, carenze di personale e di trattamenti rieducativi), e che comprende anche proposte e interventi possibili contro il degrado, a partire dalle logiche di accesso alle misure alternative, all’utilizzo della custodia cautelare in assenza di reati gravi e/o di comprovato allarme sociale, piuttosto che sull’urgenza di adeguare gli organici della Magistratura di sorveglianza. Il tutto a partire da un corollario, noto quanto spesso disatteso: «Il rispetto della dignità delle persone detenute misura la civiltà di un Paese».
Fattore Umano | Carceri: stato di emergenza continua (2)
La seconda puntata dell’intervista ad Alessio Scandurra: il Piano Carceri e l’estate che incombe. Da Antigone un decalogo minimale contro l’indecenza
Il 29 giugno 2010 è stato approvato il piano carceri. «Il tutto da realizzarsi entro la fine del 2012. Pare che i soldi ci siano». Ma resta un’incognita la questione dei costi di gestione delle nuove strutture.
L’estate è appena iniziata. Siamo ancora in tempo per cambiare qualcosa prima che la situazione diventi di nuovo torrida?
Dalla politica prima dell’estate c’è da aspettarsi molto poco. Il Governo in questo momento è in difficoltà e le carceri non sono certo una sua priorità. Inoltre qualunque soluzione che preveda un passaggio parlamentare ha tempi incompatibili con la inaccettabilità della situazione attuale. Un cambiamento radicale delle nostre politiche penali e penitenziarie va certamente messo in cantiere partendo dai temi che citavamo sopra (custodia cautelare, dorghe, immigrazione, recidiva) e procedendo a quella riforma del Codice penale su cui si sono già espresse diverse commissioni di riforma, da ultima quella presieduta da Giuliano Pisapia. Intanto però sono possibili dei piccoli accorgimenti, a normativa invariata, che potrebbero rendere le nostre carceri subito più vivibili.
Per l’estate non abbiamo proposto una riforma, ma un decalogo minimale contro l’indecenza:
1. almeno dodici ore quotidiane da trascorrere fuori dalla cella;
2. colloqui con i parenti da potersi effettuare anche il sabato e la domenica;
3. aumento delle ore da trascorrere all’aria aperta;
4. incremento della presenza di volontariato, associazioni e cooperative;
5. ingresso senza ritardi dei medici di fiducia dei detenuti;
6. libertà nel potersi fare la doccia anche più di una volta al giorno;
7. apertura dei blindati;
8. convocazione dei consigli di disciplina con proposte premiali finalizzate alla concessione di misure alternative per chi è in condizione di poterne fruire;
9. disponibilità di ghiaccio in sezione per conservare il cibo e raffreddare le bevande;
10. tende per proteggere dal sole e sistemi di ventilazione.
Tutto questo in attesa che venga completato il Piano Carceri. A che punto sono i cantieri?
Pare che i soldi per realizzare il Piano Carceri ci siano, dato che nella legge finanziaria 2010 sono stati previsti stanziamenti per la realizzazione del piano carceri per 500.000.000 di euro, mentre la parte restante verrà “scippata” alla Cassa delle Ammende, un fondo del ministero della giustizia tradizionalmente destinato al reinserimento dei detenuti. Resta però la questione dei costi relativi alla gestione di queste strutture. Come si farà a tenerle aperte se già oggi in carcere manca tutto, e ci sono istituti in tutto o in parte chiusi per mancanza di personale? La tempistica prospettata pare poi del tutto inverosimile. È del 28 febbraio 2011 la notizia della inaugurazione, a Piacenza, del primo cantiere del piano carceri. Altrove i lavori devono ancora partire e in molti casi devono essere ancora individuate le zone interessate. Il Piano Carceri è appena partito, ci vorranno molti anni perché produca i primi frutti.
Fattore Umano | Garanti dei detenuti: Appello sulla “svuota carceri”
Il coordinatore nazionale, Franco Corleone: «Ci rivolgiamo al volontariato affinché apra le sedi a chi può scontare gli ultimi 12 mesi ai “domiciliari”, come prevede la legge 199/2010». Tra le iniziative anche una lettera al DAP per annunciare la campagna: «In carcere non è mai Ferragosto»
La legge c’è, ma in parecchi casi è difficile applicarla. In vigore dal dicembre scorso la 199/2010 consente infatti ai detenuti, con pena residua inferiore ai 12 mesi, di essere sottoposti ai «domiciliari o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza». Ma spesso mancano proprio una casa o un posto dove andare. E così rimangono ristretti fra le mura del penitenziario. «La legge è stata impropriamente ribattezzata “svuota carceri” – spiega Franco Corleone, Garante dei diritti dei detenuti per il comune di Firenze e coordinatore dei Garanti a livello nazionale – mentre la realtà è sotto gli occhi di tutti: non abbiamo mai avuto istituti così sovraffollati. Nei fatti solo in pochi hanno potuto utilizzarla».
Le cifre fornite dal DAP sono eloquenti: su 67.394 detenuti presenti nelle carceri italiane al 30 giugno, hanno beneficiato della 199/2010 in 2666. A conferma che senza quelle norme si sarebbe già superata la soglia dei 70mila ristretti a fronte di una capienza ufficiale di poco superiore ai 45mila posti. «Tuttavia – insiste Corleone – la legge resterà in vigore fino al 2013 e sarebbe opportuno utilizzarla maggiormente».
Nasce da qui l’appello dei Garanti, riuniti lo scorso 28 giugno a Firenze, rivolto alle associazioni del volontariato (in primo luogo Caritas, Misericordia, Arci ed altri) affinché mettano a disposizione spazi dove accogliere i detenuti. «Sappiamo bene – aggiunge Corleone – che non è questa la soluzione al problema alle carceri che scoppiano, per la quale servirebbero provvedimenti ben più incisivi, ma qualcosa va fatto, anche perché in estate i problemi del sovraffollamento si aggravano. A tal proposito abbiamo chiesto anche un incontro urgente con i presidenti di Camera e Senato e con l’ANCI».
Sempre sul fronte “emergenza carceri” il Coordinamento dei Garanti ha reso noto di aver inviato lo scorso 30 giugno una lettera al dottor Franco Ionta, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, preannunciando l’iniziativa In carcere non è mai Ferragosto e per proporre la costituzione di una «unità di crisi» allo scopo di sollecitare – si legge ancora nella lettera – «un terreno di coinvolgimento dei soggetti che hanno responsabilità diverse ma impegno comune per la riforma del carcere e il rispetto dei principi costituzionali e della legge sull’Ordinamento Penitenziario e del Regolamento del 2000».
Fattore Umano | Manna: «Più detenuti ma il governo taglia»
Ogni mese entrano in carcere altre mille persone, ad oggi quasi 68mila, ma le risorse per gli Istituti penitenziari si riducono in modo drastico. È la denuncia del segretario generale del LiSiAPP: «Con la manovra si rischia il collasso»
Più cresce il numero dei detenuti (ad oggi, mediamente i nuovi ingressi negli istituti penitenziari sfiorano i mille al mese) meno risorse si hanno a disposizione. Ma il paradosso continua, come denuncia Mirko Manna, segretario generale del LiSiAPP (Libero Sindacato Appartenenti Polizia Penitenziaria): «Il numero dei detenuti cresce a dismisura e il Governo taglia le risorse per il funzionamento (-22% delle spese per il pagamento del lavoro ai detenuti, -28% di budget per l’acquisto di nuovi arredi e -18% sugli investimenti per il funzionamento del lavoro agricolo)».
«La manovra – spiega Manna – prevede infatti un taglio per il ministero della Giustizia, che inciderà per quasi 44 milioni di euro, con una riduzione di ben 18,5 milioni al programma sull’amministrazione penitenziaria, di cui 7.402.666 euro sulle spese per la gestione delle strutture penitenziarie italiane». Una riduzione di risorse che fa immaginare uno scenario preoccupante in tempi molto brevi: disfunzioni alla vita “normale” del carcere a causa della diminuzione delle risorse per il personale di polizia penitenziaria, attività culturali e di recupero dei detenuti, pulizia degli istituti e utenze.
Le conseguenze saranno inevitabili e produrranno ulteriori difficoltà. Sarà quasi impossibile – insiste Manna – «garantire il funzionamento di strutture che sono quasi al collasso e non mancheranno problemi legati alla sanità penitenziaria». Infatti, il passaggio di competenze dal ministero della Giustizia a quello della Sanità non è ancora terminato e il Governo non trasferisce soldi a sufficienza alle regioni: una fase di transizione che peggiora una «situazione di perenne incertezza in cui si è costretti ad operare negli istituti penitenziari».
Fattore Umano | Carceri: stato di emergenza continua (1)
Alessio Scandurra: «Da due anni è stato dichiarato lo stato di emergenza per il sovraffollamento, ma fino ad oggi non si è visto nessun risultato tangibile»
Il 16 maggio scorso il DAP ha autorizzato Antigone a proseguire anche per quest’anno la sua attività di monitoraggio delle carceri italiane. Nel report Carceri nella illegalità gli esiti delle prime visite: il sovraffollamento, le condizioni di vita dei detenuti e quelle di lavoro degli operatori, la mancanza di risorse e la politica che non sa dare risposte. Uno stato di emergenza dichiarato da due anni «ma fino ad oggi non si è visto nessun risultato tangibile». Ne parliamo con Alessio Scandurra, presidente di Antigone Toscana e membro del comitato direttivo della Associazione Antigone
Cosa si può fare per riportare alla “legalità” le carceri italiane?
Le cause del sovraffollamento del nostro sistema penitenziario sono ormai chiare da tempo. Oggi, ad esempio, i dati presentati nel Green Paper della Commissione europea sulla applicazione della giustizia penale nel campo della detenzione evidenziano infatti come l’Italia abbia il sistema penitenziario più sovraffollato d’Europa, secondo solo alla Bulgaria, ma mostrano anche come abbiamo la più alta percentuale di detenuti in attesa di giudizio, la più alta percentuale di detenuti per reati previsti dalla legge sulle droghe, ed una delle più alte percentuali di detenuti stranieri. Le cause del sovraffollamento sono evidenti. Un ricorso abnorme alla custodia cautelare, diventata una anticipazione di pena da applicare a furor di popolo, una normativa sulle droghe che produce una carcerazione di massa di piccolo spacciatori e di tossicodipendenti, ed una normativa sugli stranieri che produce marginalità ed illegalità. Sono questi i temi su cui è urgente intervenire.
Negli ultimi giorni c’è stata una forte risposta allo “sciopero nonviolento” di Pannella. Siamo a un punto di svolta?
Si tratta certamente di un fatto importante. Indulti ed amnistie sono stati il motivo principale per cui la popolazione detenuta, fino agli anni ‘90, non ha mai superato le 45.000 presenze. Dal 1992 è cambiata la maggioranza parlamentare necessaria per la loro concessione, elevata ai due terzi, rendendo questi provvedimenti molto difficili da approvare. Ed è cambiata anche la sensibilità dell’opinione pubblica, rendendoli più difficili da promuovere. Eppure, in assenza di una politica penitenziaria degna di questo nome, un provvedimento generalizzato di clemenza è oggi l’unica misura in grado di riportare il sistema penitenziario nella legalità costituzionale ed internazionale. Come dice Pannella, un provvedimento di giustizia sostanziale reso necessario dal fallimento della giustizia formale. Come dicono i fatti, anche se può non essere la migliore delle misure per uscire da questa crisi, c’è da dubitare che questo governo possa fare di meglio.
Antigone tramite il Difensore civico ha avviato una campagna per sostenere i detenuti che vogliono denunciare le condizioni delle carceri in cui sono reclusi. Un percorso difficile?
Sì, si tratta di un percorso difficile. L’idea di ricondurre il sistema penitenziario alle regole ed alle norme che lo disciplinano sembra ovvia, ma non lo è affatto. Nonostante le molte regole del carcere, i detenuti spesso non hanno “veri” diritti, la cui violazione possa essere denunciata davanti ad un giudice. Per quanto sembri incredibile le inumane condizioni di detenzione che vengono quotidianamente riferite al nostro difensore civico non possono essere portate davanti ad una corte nazionale. I detenuti non hanno il diritto a non essere stipati come sardine, a non soffocare per il caldo o a non restare chiusi in cella tutto il giorno. Non lo hanno mai avuto, e far passare l’idea che questo diritto possa invece essergli riconosciuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che nessuno sa cosa sia o dove si trovi, non è ovviamente cosa semplice. Eppure i ricorsi alla corte arrivano a centinaia, da tutta Italia. È difficile dire se siano pochi o molti. È lecito sperare che siano abbastanza perché all’Italia si intimi di porre fine a questa situazione.