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Emergenza carceri: dal Senato no a indulto e amnistia


Nessuna apertura alle richieste di una soluzione forte al sovraffollamento, in grado di riportare l’Italia nella “legalità”



Pannicelli caldi e poco altro. Nessun impegno forte a ridurre in modo consistente i detenuti in Italia, a riportare entro termini di legalità il drammatico problema del sovraffollamento. Si è chiusa così la seduta straordinaria al Senato, giunta dopo la raccolta di firme di parlamentari promossa dai Radicali.


In sostanza, Palazzo Madama ha votato a favore di sei proposte presentate dai gruppi di maggioranza, ma ha respinto quelle delle opposizioni, salvo in materia di ospedali psichiatrici giudiziari. Sui temi più dirompenti, ma anche risolutivi, come l’amnistia e l’indulto, la maggioranza, a partire dal ministro Palma, non ha ceduto alle ipotesi formulate da Radicali e Idv.





Certo, Palma ha parlato di proposte a suo avviso «concrete», come la modifica della leggina “svuotacarceri”, varata nel 2010, che ha previsto la detenzione domiciliare ai condannati con residuo di pena di un anno. «Se si allungasse di qualcosina in più quel periodo – ha sottolineato il Guardasigilli – nell’immediatezza ci sarebbe lo svuotamento di almeno 2.000 persone presenti in carcere».


Duemila detenuti, dunque, su oltre 67mila: qualche centimetro di libertà in più a testa, partendo da celle dove capita perfino di stare in piedi a turno, perché non c’è posto a sufficienza per camminare tutti insieme: otto, dieci, ma anche dodici detenuti ammassati.


A proposito di “pannicelli caldi”, il Governo si è comunque impegnato a modificare le norme sul rito “per direttissima” (che dovrà prevedere il non transito in carcere), non senza scagliarsi contro i PM «etici» intesi, a quanto pare, come causa nemmeno indiretta del sovraffollamento.


Unica apertura significativa, se verrà realizzata, il completamento dell’organico della polizia penitenziaria (mancano non meno di 1611 poliziotti) per la quale però occorrono fondi. Si riusciranno a trovare in un momento di “finanziarie” a ripetizione?


Altro tema sul quale si è registrata un’apertura, l’istituzione del Garante nazionale per i diritti delle persone. Salvo però dover registrare che le attuali normative vengono del tutto disattese: in teoria, in Italia, dovrebbero già esserci Garanti regionali, o a livello di altri enti locali. Peccato, che se poi le nomine non vengono fatte, nessuno interviene.


Adesso la parola va alla Camera.


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“Traffico telefonico”, il traffico c’è


Alla ripresa del processo la testimonianza dei dipendenti che hanno condotto l’Audit di TIS. «Anche nel caso di servizio generato artificialmente c’è stata un’erogazione effettiva».  E sia i vertici che i dirigenti commerciali “non potevano sapere”. La prossima udienza fissata per il 10 ottobre


È ripreso giovedì 22 settembre, dopo la pausa estiva, il processo per l’“Iva telefonica”. Esaurito l’elenco dei testi relativi al filone Fastweb, l’inchiesta continua con il troncone relativo a Telecom Italia Sparkle. Il calendario, però, prevede dopo le udienze del 22 e del 23 settembre, un nuovo intervallo: il procedimento riprenderà infatti solo il prossimo 10 ottobre.


A comparire davanti al collegio della Prima Sezione Penale del Tribunale di Roma presieduta da Giuseppe Mezzofiore, è stata per prima Paola Zurzolo, dirigente dell’area Audit dell’azienda incaricata di svolgere le prime indagini dopo le notizie stampa circa il coinvolgimento di I-Globe su una presunta frode Iva. La dirigente ha raccontato che le situazioni che potevano prestare adito a sospetti sono venute alla luce solo dopo una serie di accertamenti decisi dopo l’avvio delle indagini della Procura. Ad attirare l’attenzione dell’Audit, infatti, fu la constatazione che alcuni campioni di traffico in una certa percentuale erano distribuiti in maniera omogenea lungo le ore del giorno e che una certa percentuale di chiamate avevano durata simile. È in questo modo che ha preso corpo il sospetto che una parte del traffico – cosa possibile sul piano tecnico – fosse fittizio, ovvero generato artificialmente. Era possibile che i vertici dell’azienda non nutrissero sospetti? O, come ha sostenuto il PM Giovanni Bombardieri, i dirigenti coinvolti nelle indagini “non potevano non sapere”? L’amministratore delegato e i dirigenti dell’area commerciale ricevevano ogni mattina un resoconto dell’attività, in gergo chiamato “file Galloni” (dal nome dell’addetto all’operazione) in cui veniva riassunto il minutaggio complessivo del traffico nella giornata precedente, senza ripartizione per fascia oraria o per durata delle chiamate. Come del resto era prassi per operazioni di questo tipo e soprattutto per il ruolo di pura carrier di transito di TIS che non può entrare nel merito del tipo di servizio trasportato. Solo l’indagine analitica ex-post ordinata dopo l’avvio delle indagini ha permesso di ipotizzare o possibili irregolarità che potevano, al limite, essere rilevate dai tecnici a scopo di dimensionamento di rete o di controllo qualità o piuttosto modelli di business di nuova concezione (micropagamenti telefonici) basati su tecnologie ibride Voce/dati quali il “VoIp”.


Il secondo teste, sentito nell’udienza del 23 settembre, è un altro dipendente dell’Audit, l’ingegnere Davide Ciarniello che ha sostanzialmente ribadito quanto illustrato da Paola Zurzolo soprattutto sul ruolo di TIS come pura carrier di transito e sul fatto che il traffico generato artificialmente (da una macchina o da un dialer su PC) può non implicare la mancanza di servizio erogato. Anche i problemi riscontrati nell’erogazione del servizio, e le successive proteste, stavano del resto a dimostrare che il servizio era effettivamente fornito. Un servizio non solo tecnologico, ma con un rilevante ruolo commerciale, cosa che giustificava il ricorso di I-Globe al supporto di TIS. Il teste, al proposito, è ricorso ad un’immagine: se io possiedo un camion, posso percorrere un’autostrada da solo. Ma se voglio utilizzare il camion per effettuare un trasloco devo affidarmi ad una società in grado di fornirmi il servizio. TIS, in questo caso, ha funzionato da “società dei traslochi” fornendo consulenza commerciale e logistica, oltre che tecnica. Nulla, insomma, poteva giustificare eventuali sospetti del vertice di Telecom Italia Sparkle sul business, è la conclusione della testimonianza dell’esperto dell’Audit.


Finisce qui il breve ciclo di testimonianze dei dipendenti dell’area Audit di Telecom Italia Sparkle. Il processo riprenderà il 10 ottobre. Martedì sarà reso noto l’elenco dei prossimi testi che sfileranno nell’aula della Prima sezione penale del tribunale di Roma.


“Iva telefonica”. Domani riprende il processo

Si riparte. Domani, presso la Prima Sezione penale, riprende il processo per l’“Iva telefonica” interrotto con una giornata di anticipo il 28 luglio scorso

 

L’ultima udienza prima della pausa estiva era stata caratterizzata dall’interrogatorio di due dirigenti di Telecom Italia Sparkle: Rosangela Petraglia, responsabile delle Risorse Umane e Paola De Nicolais, dirigente del settore Tesoreria.


La Petraglia ha risposto in merito ai contratti relativi al “Traffico telefonico” compresi gli incentivi previsti per i vertici aziendali, in linea con le consuetudini aziendali, mentre Paola De Nicolais ha spiegato le caratteristiche dei contratti, compreso il sistema pagamento “a cascata”, normalmente utilizzato per accordi di questo genere.


Nell’udienza di domani, 22 settembre, è previsto l’esame di altri due dirigenti di Telecom Italia Sparkle, Paola Zurzolo e David Ciarniello, entrambi dell’area Audit.


Processo “Iva telefonica”: si riparte


Il prossimo 22 settembre riprende, presso la Prima Sezione penale, il processo per l’“Iva telefonica” interrotto il 28 luglio per la pausa estiva




Il giorno successivo alla ripresa del dibattimento, il processo compirà dieci mesi dalla prima udienza, il 23 novembre scorso cui sono seguite altre 42 udienze. Mica poco per un procedimento che si sta celebrando con il “rito immediato” come aveva chiesto ed ottenuto il procuratore Giancarlo Capaldo, presente all’avvio del dibattimento che, del resto, promette di avere ancora di fronte a sé un lungo iter.




A partire da giovedì 22 settembre il Blog tornerà a seguire lo svolgimento del processo con lo stesso scrupolo dei dieci mesi passati, riferendo in maniera puntuale ed analitica un dibattimento che non sembra riscuotere più l’interesse dei media. Un disinteresse strano, se si pensa alla mobilitazione della macchina giudiziaria resa necessaria dalla celebrazione di questo processo.


Dall’andamento del processo sono finora emersi due aspetti importanti:

 

1) risulta chiaro come Fastweb non fosse a conoscenza di eventuali frodi e abbia sempre agito nel pieno rispetto di regole e leggi. Infatti – come ha sottolineato il prof. avv. Antonio Fiorella, difensore di Silvio Scaglia – «è emerso che le operazioni oggetto di contestazione risultavano per Fastweb corrispondenti al vero, del tutto normali sotto il profilo della commercializzazione, sebbene non appartenenti al “core business”».

 

2) nessuno dei testi ascoltati, pur nella diversità delle loro posizioni (che comprendono sia chi ha svolto indagini, ad esempio la GdF, sia chi aveva ruoli in società collegate al business “Phuncard” o “Traffico telefonico”), ha attribuito a Scaglia un qualsiasi ruolo nelle cosiddette e presunte “Truffe Carosello”.


È questo, finora, il risultato di un processo che, in cifre, ha coinvolto oltre all’ingegner Silvio Scaglia (per 89 giorni più altri 254 agli arresti domiciliari in Val d’Ayas dopo essere rientrato spontaneamente e prontamente in Italia per collaborare con i magistrati) altri 55 imputati. Più due società, TIS e Fatsweb SpA, allora quotata alla Borsa di Milano, che ha rischiato il commissariamento per la vicenda.


Finora, come si è visto, si sono tenute 43 udienze. Ma il Collegio presieduto dal dottor Giuseppe Mezzofiore ha già stabilito un fitto calendario di 34 udienze, di qui a febbraio 2012.


La tabella di marcia prevede:

  • Settembre 2011: 22, 23
  • Ottobre 2011: 10, 13, 14, 17, 18, 21
  • Novembre 2011: 8, 10, 14, 16, 17
  • Dicembre 2011: 5, 6, 7, 12, 14, 16
  • Gennaio 2012: 10, 12, 13, 17, 19, 23, 24, 27
  • Febbraio 2012: 6, 7, 9, 13, 14, 16, 17


Il Foglio dedica un lungo ritratto al PM che ha dato il via all’inchiesta sull’Iva telefonica «che rischia la carriera per colpa della P4»


«Classe 1946, sostanzialmente estraneo alla vita correntizia della magistratura, il procuratore dell’antimafia non è il tipo da inchieste spettacolo. Ha la fama del moderato (…). Non è una toga incline alla militanza politica». Ma, nota Marco Pedersini, autore su Il Foglio di un lungo ritratto-inchiesta del procuratore aggiunto antimafia Giancarlo Capaldo, nel suo metodo c’è un eccesso: «la durezza estrema con cui ricorre al carcere preventivo. Il fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia (…), ne è testimone, a fronte dei 363 giorni che ha passato in regime di custodia cautelare (per essere interrogato una volta peraltro su sua richiesta)»


 

È l’unico accenno all’inchiesta sull’Iva Telefonica, nel servizio dedicato a questo «schivo sacerdote del diritto, abile a non farsi scottare dal fuoco di inchieste delicatissime, si ritrova tra le mani un’indagine complessa dall’architrave debole (la loggia segreta) ma che potrebbe valere un’intera carriera». Fino a pochi mesi, infatti, Capaldo era dato in “pole position” per la successione del procuratore capo di Roma, Giovanni Ferrara, che andrà in pensione nella primavera del 2012. Un pronostico maturato all’inizio di febbraio del 2010 quando il procuratore aggiunto Achille Toro, già favorito, venne travolto dall’inchiesta fiorentina “Grandi eventi”. È in quelle settimane, tra l’altro, che matura il blitz di quella che impropriamente venne definita la “truffa carosello” basata sull’Iva telefonica.

 

Da allora il procuratore aggiunto Capaldo si è occupato di altre inchieste, ancor più clamorose per gli intrecci tra il mondo della politica e quello degli affari, dalle indagini su Finmeccanica fino al dossier P3, affrontato con la cautela del caso. Perciò, nota Pedersini, «uno non si aspetterebbe di trovare il procuratore al centro dell’inchiesta che rischia di far saltare la maggioranza di governo a pranzo con il ministro dell’Economia, cordialmente attovagliati in una casa dei Parioli». Quella cena, a casa dell’avvocato Luigi Fischetti, riunisce Giulio Tremonti, Giancarlo Capaldo e il consigliere politico del ministro, l’onorevole Marco Milanese, ex ufficiale della Gaurdia di Finanza, all’epoca già indagato nella cosiddetta inchiesta P4.

 

Dopo di che inizia un’estate rovente per il magistrato, la cui reputazione, nota il Foglio «è crivellata di colpi. Il procuratore capo Ferrara, invece di prendere le difese di Capaldo, si attiva perché, con il pretesto della competenza territoriale, i colleghi campani inviino al più presto a Roma tutto il materiale che hanno raccolto sul pranzo a casa Fischetti». Capaldo si difende da quello che, in un’intervista, definisce «il reato (…) di pranzo con un ministro». Intanto, facendo riferimento al nodo della successione in piazzale Clodio, dichiara di non voler credere «alle voci di corridoio le quali sostengono che quanto sta accadendo ruota attorno alla poltrona di futuro capo». «Alcuni cronisti – racconta Pedersini – dicono d’averlo visto a colloquio con il neo ministro della Giustiza Nitto Palma già collega alla procura di Roma. “Caro Nitto, sono un perseguitato credimi, pare abbia detto al ministro».

 

Intanto, ad inizio agosto, Giancarlo Capaldo lascia l’indagine Enav, decisione «che non posso non condividere» commenta il procuratore capo Ferrara. Ma, a sorpresa, invece di chiedere la proroga delle indagini, sempre ad inizio agosto Capaldo e il sostituto Rodolfo Sabelli depositano gli atti dell’inchiesta P3. «Il calendario dice – puntualizza il Foglio – che dal 15 settembre ci saranno venti giorni per eventuali (e improbabili) richieste spontanee di interrogatorio da parte degli indagati, poi si chiederà il rinvio a giudizio e inizieranno le udienze preliminari».

 

Quasi in contemporanea, il giorno 22, riprenderà il processo sull’Iva telefonica arrivato all’udienza n°43. Capaldo, probabilmente, sarà intanto in tutt’altre faccende affaccendato. Resta, però, il segno di «quell’unico eccesso del suo metodo», cioè «la durezza estrema con cui il procuratore ricorre al carcere preventivo».

 

Cacciatore: le Phuncard? Un business come gli altri


La deposizione dell’ex responsabile amministrazione e controllo di Fastweb


«Lei ha sentito parlare dell’operazione commerciale denominata Phuncard o carte prepagate?». A questa domanda del PM Giovanni Bombardieri, l’ex responsabile dell’amministrazione e controllo tra il 2001 e il 2003 di Fastweb, Mario Cacciatore risponde così, nel corso dell’udienza del 20 luglio del processo sull’”Iva telefonica”. «Nell’ultimo periodo di mia permanenza era una delle linee di business, come tantissime altre che Fastweb aveva – dice –.  Fastweb è nata con un progetto di utilizzo della larga banda e con dei servizi particolarmente innovativi e questo servizio rientrava nella politica normale di implementazione di nuovi servizi, per quanto a mia conoscenza». Insomma, l’operazione Phuncard «era uno dei tanti business significativi come il business dei residenziali, piuttosto che gli altri, non era il business più importante». Semmai «una delle tante operazioni commerciali che Fastweb aveva in pipeline».


Cacciatore, allora responsabile amministrazione, ha più volte precisato nel corso della sua testimonianza che «non conoscevo nel dettaglio il prodotto perché gli amministrativi non entrano nel merito del prodotto tecnologico che veniva offerto». Ma per caso lei sa, chiede il PM Bombardieri, «per quale motivo veniva pagata CMC?… Per una consulenza, per la vendita di un prodotto, per un servizio telefonico, per che cosa?». «Veniva pagata per un prodotto chiamato carta telefonica» – risponde Cacciatore, e continua – «CMC era un fornitore, se ben ricordo, con cui operavamo anche nell’ambito dei numeri Premium». E aggiunge: «Era un fornitore come tanti, come altri, di un servizio assolutamente normale per quei tempi… I numeri Premium erano dei numeri come ancora adesso utilizzati, assolutamente di ordinaria amministrazione».


Insomma, le Phuncard erano una linea di business. «… uno dei tanti servizi». «Io posso solo dire – conclude l’ex manager di Fastweb – che era uno dei prodotti, chiamiamoli servizi, che facevano parte del portafoglio della società. Quindi… per me fondamentalmente è uno dei tanti servizi che la società realizzava e proponeva ai suoi clienti».


Uno dei tanti servizi che è stato gestito, come emerge dalla testimonianza, in modo normale secondo i criteri di organizzazione seguiti per ogni altra linea di business.


Caldarola: «L’atteggiamento persecutorio nei confronti di Scaglia, e di altri esponenti di Fastweb (…) fa parte dello stile peggiore di certa magistratura»


Giuseppe Caldarola è uno dei pochi commentatori che non ha mai dimenticato, nemmeno nei mesi più bui, il trattamento riservato a Silvio Scaglia: tre mesi di carcere a Rebibbia seguiti da una lunga segregazione, altri nove mesi, sotto un regime di arresti domiciliari estremamente rigorosi.  Nemmeno quando il «PM di punta a piazzale Clodio» Giancarlo Capaldo, protagonista dell’inchiesta sull’”Iva telefonica”, poteva contare sul sostegno quasi unanime del mondo dei media. Quel mondo che non si scandalizzava, al contrario di Caldarola, «per un PM che ha mandato in galera fior di personaggi pubblici senza andare troppo per il sottile», a partire da Silvio Scaglia rientrato in Italia per collaborare con la giustizia.


Giuseppe Caldarola non ha dimenticato quest’inchiesta. Anzi ci torna con un commento di grande spessore su Linkiesta, il giornale online.  E così, nel momento in cui «PM di punta» si spoglia dell’inchiesta Enav-Finmeccanica adombrando l’ombra di un complotto, Caldarola confessa che «non riesco a commuovermi per Capaldo» e, aggiunge, «appare chiaro che sarà molto difficile valutare serenamente le sue inchieste, anche quelle passate, alla luce delle sue disinvolte abitudini». Non solo perché le circostanze che hanno portato al suo passo indietro, cioè le cene con il ministro Tremonti e il suo segretario particolare Milanese già inquisito, sono gravi e inquietanti. Ma soprattutto perché «l’atteggiamento persecutorio nei confronti di Scaglia e di altri esponenti di Fastweb, ad esempio l’amministratore delegato Stefano Parisi, fa parte dello stile peggiore di certa magistratura che prima arresta e poi cerca le prove e che soprattutto adotta il sistema della carcerazione preventiva come strumento per ottenere la confessione».


Capaldo ora chiede un metro diverso da quello da lui adottato neo confronti degli inquisiti. La risposta dello Stato di diritto dev’essere una sola: il Csm convinca Capaldo a fare un ben più marcato passo indietro. In momento così delicato, conclude Caldarola, è bene che in prima fila restino solo gli insospettabili.


Macciò: Mai parlato di Phuncard o CMC nei nostri meeting


Il direttore commerciale nel 2003 racconta l’organizzazione della start-up


«Io dell’attività dell’azienda con Scaglia ne parlavo in quanto ne parlavamo direttamente, ma anche in una riunione settimanale, che era la riunione che noi chiamavamo Partners Meeting, dove i fondatori di e.Biscom e Fastweb ogni lunedì pomeriggio si riunivano per parlare delle attività».


Nel corso dell’udienza del 20 luglio scorso Lorenzo Macciò, uno dei fondatori di Fastweb e responsabile commerciale e delle operations fino all’aprile 2003, ha tracciato, nel corso dell’udienza del 20 luglio scorso del processo sull’“Iva telefonica” un quadro dell’organizzazione della società nel corso dei primi anni di attività, appena uscita dalla fase di start-up.


L’attenzione dei PM Giovanni Bombardieri e Francesca Passaniti, si è concentrata, tra l’altro, proprio sui Partners Meeting. Ne facevano parte spiega Macciò, oltre a lui stesso, sia Silvio Scaglia che Francesco Micheli «poi c’erano sicuramente Angelidis, Trondoli, Garrone, Rossetti… ». «Era un momento di sintesi il Partners Meeting, una sintesi molto importante – continua Macciò  –  per un’azienda dallo sviluppo frenetico, cresciuta in pochi anno da zero a 700mila clienti». Per poter tener testa a tutto questo «bisogna alla velocità della luce incontrarsi, scambiarsi le informazioni».


Ma «Lei ha mai sentito parlare dell’operazione Phuncard, carte prepagate?» chiede il PM Bombardieri, «Allora – risponde Macciò – io ho sentito parlare dell’operazione Phuncard quando nel 2006, io ero già andato via da tre anni, si presentarono nel mio ufficio due signori della Guardia di Finanza e mi fecero delle domande su questo argomento, di cui io non ricordavo…  non ricordavo assolutamente nulla. Mi fecero vedere dei documenti, ce n’era tra l’altro anche uno firmato da me, dove c’era scritto Phuncard, ma per me era una cosa assolutamente sconosciuta».


Macciò conferma invece di ricordarsi di CMC, cliente della filiale di Roma che affittava linee telefoniche per un’attività commerciale legata ai numeri Premium. “Di CMC – incalza il PM Bombardieri – si parlava in questi Partners Meeting?» «Non mi ricordo – replica Macciò – che ci sia stato qualche Partners Meeting in cui si sia parlato specificamente di CMC». Ma non si parlava delle operazioni commerciali più importanti in questi Partners Meeting? «Tenga conto – risponde Macciò – che… se dovevamo fare una proposta importante, che so, alle Poste Italiane, piuttosto che all’Unicredit, magari era argomento da portare al Partners Meeting. Dovendo parlare di società che affittavano delle linee non credo che fosse un argomento da portare» in quella sede.


Insomma, Macciò, che in azienda riportava direttamente ad Angelidis, non ha avuto occasione o motivo per parlare del cliente CMC, curato dalla filiale di Roma, con Silvio Scaglia. O tantomeno di Phuncard, una cosa «a me assolutamente sconosciuta».


I legali dei manager TIS: “I testi dell’accusa sono diventati testi a difesa”

Anche i difensori dei colletti bianchi di Telecom Italia Sparkle esprimono “soddisfazione” per l’andamento del processo. E si domandano perché la Procura non abbia messo sotto controllo gli apparati dell’azienda fin dal 2007.

Anche per l’avv. Fabrizio Merluzzi, legale difensore dei due ex manager di TIS, Massimo Comito e Stefano Mazzitelli, il bilancio processuale è al momento “favorevole”. Di più: “Direi che i testimoni dell’accusa ascoltati per Fastweb, hanno giovato anche alla difesa dei dirigenti di Telecom Italia Sparkle”.


Secondo Merluzzi, infatti: “Questi testi, spiegando in dettaglio i normali meccanismi di attività dei “carrier”, hanno messo in luce come le posizioni delle due società fossero in linea con le tipicità del mercato e come quei contratti non avessero alcunché di anomalo. In altri termini, abbiamo già potuto ascoltare in aula ciò che i miei assistiti, Massimo Comito e Stefano Mazzitelli, avevano cercato di spiegare ai pm della Procura di Roma fin dai primi interrogatori. Ma, evidentemente, c’era chi non voleva capire”.


Prosegue Merluzzi: “Un punto fermo mi sembra questo: il traffico telefonico c’era eccome, lo registrava Fastweb e lo registrava TIS: arrivava un segnale e le due società lo trasmettevano. Che poi, intorno ai contenuti di quel traffico potesse esserci, ma è ancora tutto da dimostrare, una sotterranea evasione dell’Iva, è un altro discorso. Mi domando perché non è stata la stessa Procura a verificare se al traffico fossero legati o meno dei contenuti. Poteva farlo fin dal 2007, perché non l’ha fatto?”.


Una posizione non dissimile da quella che esprime l’avv. Giovanni Maria Giaquinto, difensore di Antonio Catanzariti, l’ex responsabile carrier sales Italy di TIS. “I testi dell’accusa – spiega- si stanno rivelando testi a difesa. Quindi c’è da esserne solo soddisfatti. Nel caso specifico del mio assistito, è già emerso come Catanzariti non abbia tratto profitto alcuno dalla presunta truffa e che tutti i contratti sono stati conclusi nella massima trasparenza. Infatti, nessuno degli uffici interpellati, ai vari livelli aziendali, ha potuto eccepire anomalie o situazioni di illiceità”.


“Semmai – prosegue Giaquinto – era la Procura che poteva controllare la veridicità del traffico ma non lo ha fatto, poteva cioè sottoporre ad intercettazioni telefoniche gli apparati di TIS tra il gennaio e il maggio 2007 e verificare se il traffico c’era oppure era fittizio. Ma non lo ha fatto”.


I legali dei manager tlc: “Bilancio positivo, dopo la prima tornata dei testi”


E’ improntato all’ottimismo il giudizio degli avvocati difensori dei colletti bianchi al processo per l’Iva telefonica. “Il traffico esisteva e i contratti erano normali e tipici per quel business”.


Oltre 40 udienze in poco più di 8 mesi, precisamente dal 23 novembre 2010. Sono i “numeri” del processo per l’Iva Telefonica, che ha chiuso i battenti per la pausa estiva e riprenderà il prossimo 22 settembre. Nel frattempo, circola un certo ottimismo fra gli avvocati dei manager tlc imputati, per ciò che si è potuto ascoltare e “constatare” nella prima fase del dibattimento.


La sensazione è infatti precisa: il “castello di accuse” costruito dai pm della Procura di Roma non sta in piedi, non è emersa traccia di supposti “elementi probatori”. Per i top manager delle due aziende, i business Phuncard e Traffico Telefonico risultavano “veri e leciti” e del tutto “normali e tipici” per dei carrier telefonici. Una conferma giunta, quasi per paradosso, da chi è stato chiamato a deporre per l’accusa.


Spiega il prof. avv. Antonio Fiorella, difensore di Silvio Scaglia: “Direi che l’andamento processuale, per come si è sviluppato finora, è favorevole; l’esame dei testi scagiona infatti l’ingegnere da qualsiasi imputazione”.


In particolare il prof. Fiorella sottolinea tre aspetti: 1) risulta chiaro come Scaglia non fosse a conoscenza di eventuali frodi e abbia sempre agito nel pieno rispetto di regole e leggi. 2) è emersa la sua radicale estraneità alle presunte operazioni fraudolente contestate dai pm. 3) nessuno dei testi ascoltati, pur nella diversità delle loro posizioni che comprendono sia chi ha svolto indagini, ad esempio la GdF, sia chi aveva ruoli in società collegate al business Phuncard o Traffico telefonico, ha attribuito a Scaglia un qualsiasi ruolo nelle cosiddette e presunte “Truffe Carosello”.


“Ma non solo – sottolinea il legale – è emerso che le operazioni oggetto di contestazione risultavano per Fastweb corrispondenti al vero, del tutto normali sotto il profilo della commercializzazione, sebbene non appartenenti al “core business”. Di conseguenza il loro svolgimento non aveva offerto, né poteva offrire, alcun segnale di allarme che rivelasse una sottostante presunta possibile frode”.


Anche per l’avvocato Lucio Lucia, difensore di Mario Rossetti, l’ex direttore finanziario di Fastweb, i “testi dell’accusa hanno potuto solo confermare che la società fu, al più, oggetto di una truffa, peraltro ancora da dimostrare, e non certo un soggetto attivo”. “Fastweb – insiste Lucia – era in perfetta buona fede, e convinta di fare un business del tutto lecito”. “Per quanto riguarda il mio assistito, Mario Rossetti – prosegue – “devo rilevare come non sia mai stato chiamato in causa da nessuno dei testi, a conferma della sua totale estraneità. Ciò è vero al punto che, come legale, non ho avuto motivo, in nessuna udienza, di controinterrogare alcun teste. Non ce n’è uno, uno solo, che abbia tirato in ballo il nome di Rossetti”.


Per l’avv. Gildo Ursini, difensore di Roberto Contin, l’ex responsabile “wholesale”di Fastweb, “è indubbio che il dibattimento abbia preso una piega favorevole al mio assistito e in generale ai manager tlc”. “Tutte le spiegazioni tecniche che abbiamo potuto ascoltare in aula – aggiunge – hanno chiarito l’assenza di qualunque indice di anomalia nella gestione del traffico telefonico”.


“Vorrei poi sottolineare – continua Ursini – che il processo non ha apportato nulla di nuovo e di diverso rispetto a quanto emerso nelle indagini. Semmai, si sta dimostrando come la Procura abbia preteso di enfatizzare posizioni individuali, disancorate da elementi probatori. In altre parole, ha ipotizzato responsabilità individuali stabilendo nessi che non c’erano. Basti dire, a proposito del mio assistito, accusato del solo reato associativo e non di frode fiscale, che in otto mesi di udienze non è emerso alcun punto di contatto con gli altri pretesi componenti dell’associazione”.


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“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World