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Scaglia: “Fastweb non era in difficoltà”
Con una dichiarazione in aula, al termine del controesame di Crudele, il fondatore della società ha contestato le affermazioni dell’ex manager sul presunto stato di crisi aziendale: «Al contrario – ha detto Scaglia – il 2004 e il 2005 erano un momento di grande sviluppo. Sono state assunte in quel biennio 1500 persone e realizzati investimenti per un miliardo di euro. In più era stato approvato un piano di altri tre miliardi di investimenti per arrivare ad estendere la rete alla copertura nazionale»
«Vorrei correggere l’immagine di una Fastweb in difficoltà negli anni 2004-05, al punto da non poter pagare gli stipendi. Contrariamente, Fastweb tra il 2004 e il 2005 era in un momento di grande sviluppo. Sono state assunte in quel biennio 1500 persone e realizzati investimenti per un miliardo di euro. In più era stato approvato un piano di altri tre miliardi di investimenti per arrivare ad estendere la rete alla copertura nazionale. È vero che c’erano delle negoziazioni con le banche per linee di credito sino a 12-13 miliardi di euro, ma era per un’offerta destinata all’acquisizione di Wind, un’offerta poi abbandonata per l’arrivo di Sawiris che alzò la posta». È quanto dichiarato da Silvio Scaglia, davanti ai giudici nel corso dell’udienza 20, al termine della deposizione di Giuseppe Crudele, l’ex responsabile del settore Vendita e Servizi voce di Fastweb.
Crudele aveva infatti detto di aver saputo che, in quel periodo, Fastweb era in difficoltà tanto da «rischiare di non pagare le tredicesime», e che lui avrebbe deciso di coinvolgere nell’operazione “Traffico Telefonico” anche Telecom Italia Sparkle perché «non c’era abbastanza cassa per proseguire da soli». Due affermazioni “contestate” dal fondatore di Fastweb, il quale ha ricordato come, al contrario, proprio in quel periodo in Fastweb si valutasse un’eventuale acquisizione del concorrente Wind, e non certo di come trovare i soldi per le buste paga.
L’ex manager ha poi ammesso di avere ricevuto 3 milioni di euro «per stare zitto, per tacere» e, proprio per questo, di non avere mai informato il suo diretto superiore in Fastweb, Fabrizio Casati, che il “minutaggio” fosse fittizio, perché da un punto di vista tecnico il segnale che veniva registrato dalla rete Fastweb era lo stesso e non c’era modo di coglierne l’anomalia.
Ad una successiva domanda posta da un legale difensore: «Senza i tre milioni il suo comportamento sarebbe stato corretto?» Crudele ha risposto di «Sì». Quanto a Telecom Italia Sparkle, l’ex responsabile del settore Carrier Sales Italy, Antonio Catanzariti, anche lui imputato, è intervenuto per precisare che «dal mio punto di vista e dal punto di vista di TIS il traffico registrato era reale: non ho mai avuto alcun elemento che potesse farmi supporre che dietro al business ci potesse essere una frode, non ho mai parlato di Iva evasa con Crudele».
Crudele: «Pagato per stare zitto»
Incalzato dalle difese al controesame, l’ex responsabile del settore Vendita e Servizi Voce di Fastweb ammette di aver “taciuto” in azienda su Focarelli e sul traffico generato in modo fittizio: solo lui era a conoscenza che il traffico venisse simulato attraverso macchinari. Mentre la società registrava e vedeva soltanto minutaggio regolare
Tre punti alle difese, zero all’accusa. Questo, in sintesi, il risultato del controesame di Giuseppe Crudele, l’ex responsabile del settore Vendita e Servizi Voce di Fastweb, incalzato dalle domande degli avvocati difensori sull’operazione “Traffico Telefonico”. «Sono stato pagato per stare zitto, per tacere», ha ammesso Giuseppe Crudele. Tre milioni di euro per non dire all’azienda della vera natura del business “Traffico Telefonico”. «Ma che cosa ha taciuto?», è stato chiesto da un legale. Crudele ha così risposto:
- che era strano che Focarelli essendo consulente Diadem e I-Globe chiedesse a Fastweb l’interconnessione con una centrale di commutazione;
- che era strano che venisse utilizzata la rete Internet per far passare il traffico telefonico Premium;
- che, stante la sua responsabilità, avrebbe dovuto chiedere a Fastweb, ma non lo fece, di fare la “due diligence” della società Diadem;
- che avrebbe potuto chiedere di approfondire, ma non lo fece, le «modalità tecniche» del business.
Dunque, secondo quanto dichiarato da Crudele, il traffico era effettivamente “simulato” (come se si stesse trattando della telefonata di un utente), grazie all’utilizzo di alcuni “macchinari” (generatori di traffico, ndr.), ma all’azienda non poteva che apparire del tutto regolare perché, da un punto di vista tecnico, il segnale che viene registrato dalla Rete è lo stesso e non c’è nessun modo di coglierne l’anomalia. Fastweb non poteva in nessun modo accorgersene, al contrario “vedeva” minutaggio regolare e lo fatturava. Crudele ha anche ammesso che era l’unico, in azienda, ad essere a conoscenza della fittizietà del traffico.
Crudele ha riconosciuto nel corso del controesame che nella presentazione ufficiale della proposta commerciale (sequestrata dalla Procura di Roma e discussa in aula), destinata ad una valutazione del management di Fastweb, evitò consapevolmente di indicare i possibili rischi, per non generare domande scomode in azienda.
Ma ecco un passaggio cruciale del controesame:
Domanda: «Si può dire che solo lei in Fastweb avesse conoscenza che il traffico fosse fittizio?»
Crudele: «Sì»
Domanda: «Ha detto a Casati (suo diretto superiore in Fastweb, ndr.) che il traffico era fittizio?»
Crudele: «No»
Domanda: «Senza i tre milioni il suo comportamento sarebbe stato corretto?»
Crudele: «Sì»
Oggi il controesame di Crudele proseguirà con le domande da parte dei legali difensori di Telecom Italia Sparkle. Per quanto riguarda il calendario, sono state annullate le udienze del 7 e del 26 aprile, riprotette da quella del prossimo 13 maggio.
Udienza 19: al via il controesame di Crudele
Al vaglio delle difese le affermazioni dell’ex dipendente Fastweb
Sarà un’udienza di particolare interesse: questa mattina infatti, una volta esaurito l’esame da parte dei PM di Giuseppe Crudele, l’ex responsabile del settore Vendita e Servizi Voce di Fastweb (la cui richiesta di patteggiamento è ancora in via di definizione), la parola passerà ai difensori degli imputati.
Crudele ha confermato in aula quanto già affermato nei suoi interrogatori, vale a dire che dal suo punto di vista, quindi su un piano puramente “congetturale”, l’operazione commerciale “Traffico Telefonico” rispetto alla quale ha ammesso di essersi accordato con Carlo Focarelli per ricevere un compenso, non aveva una fondata «ragione tecnica ed economica», aggiungendo che secondo la sua opinione Fastweb all’epoca, cioè nel 2004, presentava «problemi di cassa».
Al termine del controesame di Crudele, a salire sul banco dei testimoni sarà Barbara Murri, sorella di Augusto Murri, interrogato già nei giorni scorsi, poi toccherà all’avvocato Federico Palazzari, esperto di questioni legali e societarie ad Hong Kong, a Marco Iannilli, consulente dell’affare Digint (Finmeccanica) e, infine, a Maurizio Laurenti, titolare di una società ad Hong Kong.
Udienza 18: Crudele spiega i rapporti con Zito e Focarelli
“La promessa era di dividere il compenso in tre parti”
«L’idea era di Carlo Focarelli. Mi era stato presentato da Bruno Zito, mio diretto superiore in Fastweb. Focarelli era una persona arcinota in Fastweb, era considerato un cliente Vip, era un consulente di società che avevano fatto business con Fastweb sin dal 2001, affari significativi sia per fatturato che per margine di guadagno. La promessa iniziale di Focarelli era quella di dividere il compenso delle sue parcelle in tre parti, una per lui, una per me e l’altra per Zito». Questo ha dichiarato Giuseppe Crudele, ex responsabile del settore Vendita e Servizi Voce di Fastweb, nel corso del processo su un maxi riciclaggio di oltre due miliardi che lo vede imputato assieme ad altre 25 persone in corso davanti alla Prima Sezione penale del Tribunale di Roma.
«Quello che doveva essere un affare di circa due milioni di euro al mese per Fastweb – ha raccontato Crudele, che dopo il suo arresto ha deciso di collaborare con i magistrati ammettendo le proprie responsabilità, concordando un patteggiamento ancora in via di definizione –, è passato in poco tempo ad un volume di 10-15 milioni. Tanto è vero che inizialmente pensavo di intascare per l’affare una cifra di circa trecentomila euro, mentre invece ho ricevuto in sei mesi tre milioni di euro su un conto corrente personale appositamente aperto ad Hong Kong. La medesima cifra è stata guadagnata anche da Bruno Zito».
Quanto al coinvolgimento nella vicenda di alcuni ex manager di Telecom Italia Sparkle (TIS), Crudele ha detto di essere stato lui a «presentare a Carlo Focarelli il mio omologo in TIS ovvero Antonio Catanzariti e questo perché l’affare non poteva essere messo in piedi solo con Fastweb che all’epoca aveva problemi di cassa».
L’esame di Crudele proseguirà mercoledì, quando la parola passerà ai difensori degli imputati. L’udienza è iniziata in forte ritardo per l’assenza, per motivi di salute, di Gennaro Mokbel.
Udienza 18: al via l’interrogatorio di Crudele
Davanti ai magistrati l’ex funzionario di Fastweb che ha curato il rapporto con Focarelli
Riparte stamane, con l’udienza numero 18, il processo per l’“Iva telefonica”. La giornata sarà interamente dedicata all’interrogatorio seguito, se ci sarà il tempo necessario, dal controesame di uno dei testi più attesi: l’ex funzionario di Fastweb Giuseppe Crudele.
È stato Crudele, in qualità di responsabile della divisione Grandi Aziende, uno dei principali interlocutori di Carlo Focarelli, con cui compì anche viaggi ad Hong Kong, fin dall’avvio dell’operazione “Traffico Telefonico”. Si tratta, perciò, di un teste–chiave, indagato in reato connesso, per accertare chi eventualmente fosse a conoscenza, in Fastweb, della natura truffaldina dell’operazione.
Quello di stamane è il primo dei tre appuntamenti della settimana. Il processo, dopo la pausa di martedì (l’udienza già prevista è slittata in data 13 aprile, ndr.), proseguirà infatti mercoledì 30 e giovedì 31 marzo.
Al termine dell’interrogatorio di Crudele, sarà la volta di Barbara Murri, sorella di Augusto (già interrogato nei giorni scorsi), l’avvocato Federico Palazzari, esperto di questioni legali e societarie ad Hong Kong e Marco Iannilli, consulente dell’affare Digint e Maurizio Laurenti, titolare di una società ad Hong Kong.
Udienza 17: in attesa di Crudele continua la sfilata dei testi
E Mokbel protesta contro il calendario troppo fitto
«Siamo esseri umani. Questo calendario di udienze è troppo fitto, per me è diventato insostenibile. Così non ce la faccio». Con questa dichiarazione di Gennaro Mokbel si è chiusa ieri la diciassettesima udienza del processo per l’”Iva telefonica”.
Mokbel, detenuto nel carcere di Civitavecchia, si è lamentato per il calendario troppo fitto. «Con dieci udienze al mese, spesso consecutive – ha affermato nella sua dichiarazione spontanea – non c’è neanche il tempo per lavarsi e mangiare perché le docce del carcere chiudono presto e in carcere si mangia alle 11 e alle 17». Il Presidente della Prima Sezione del Tribunale, Giuseppe Mezzofiore, ha preso atto delle lamentele di Mokbel, disponendone la messa a verbale.
L’udienza di ieri, intanto ha registrato come previsto le testimonianze del gioielliere Massimo Massoli, che ha parlato di alcune transazioni su diamanti e pietre preziose ad Anversa e su alcuni spedizioni in Oriente e di Nathalie Dumesnil, cui si deve l’invio di alcuni bonifici per conto dell’organizzazione, da Hong Kong. Si è invece avvalso della facoltà di non rispondere Fabrizio Caccetta, amico di Augusto Murri.
Il processo proseguirà lunedì 28 con una delle testimonianze più attese, quella dell’ex funzionario di Fastweb Giuseppe Crudele. È stata invece rinviata l’udienza di martedì 29 marzo (che sarà recuperata il 14 di aprile). Si terranno invece regolarmente le udienze già fissate per il 30 e 31 marzo.
Nel caso sia già esaurita la testimonianza di Crudele, saranno così ascoltati i seguenti testi:
- Barbara Murri, la sorella di Augusto Murri, già interrogato nei giorni scorsi;
- l’avvocato Federico Palazzari, esperto di questioni legali e societarie ad Hong Kong;
- Marco Iannilli, “consulente” nell’affare Digint;
- Maurizio Laurenti, titolare di una società ad Hong Kong.
Il processo riparte con un “tris” di interrogatori
Prevista l’audizione di Nathalie Dumesnil, Fabrizio Caccetta e Massimo Massoli
Concluso l’interrogatorio di Marco Toseroni, il processo sull’“Iva telefonica” riparte oggi con l’audizione di tre testi considerati, almeno sulla carta, “minori”. Davanti ai giudici della Prima Sezione penale del Tribunale di Roma compariranno: Fabrizio Caccetta, Nathalie Dumesnil e Massimo Massoli. Quest’ultimo è un orefice della capitale, con un negozio in Campo de’ Fiori, emerso nelle prime fasi dell’inchiesta quale uno dei possibili canali di riciclaggio per conto dell’organizzazione. In particolare, per alcuni viaggi ad Hong Kong.
Sempre ad Hong Kong si è recata, almeno in un paio di occasioni, Nathalie Dumesnil che nella piazza finanziaria asiatica ha effettuato diversi bonifici per conto di Marco Toseroni che ha tenuto a precisare che la stessa Dumesnil era del tutto inconsapevole, a suo dire, della natura delittuosa delle operazioni.
Infine, il programma prevede l’esame di Fabrizio Caccetta, amico di Augusto Murri.
In sostanza l’udienza numero 17 sembra avere un carattere interlocutorio nell’attesa degli appuntamenti della prossima udienza che si aprirà con l’interrogatorio dell’ex funzionario di Fastweb Giuseppe Crudele.
L’avv. Merluzzi: Nessun “fiume di denaro” ai manager tlc
Il difensore dei due ex dirigenti di TIS, Massimo Comito e Stefano Mazzitelli, commenta così le dichiarazioni rilasciate da Marco Toseroni nel corso del “controesame” del 16 marzo, secondo cui “mai” Carlo Focarelli gli disse di aver versato soldi ai vertici delle aziende
L’udienza è la numero sedici, del 16 marzo scorso, nell’aula del Tribunale di Roma: a rivolgere la domanda è l’avvocato Fabrizio Merluzzi, difensore dei due manager di Telecom Italia Sparkle, Massimo Comito e Stefano Mazzitelli. A rispondere è il teste Marco Toseroni, imputato in procedimento connesso, reo confesso di essere stato il “riciclatore” di tutto l’affaire.
Avv. Fabrizio Merluzzi: «Focarelli le ha mai detto di aver versato denaro ai dirigenti delle varie società telefoniche?».
Marco Toseroni: «No. Assolutamente no. Questo no».
Avv. Fabrizio Merluzzi: «Con la confidenza che avevate, se lo avesse fatto, glielo avrebbe detto?».
Marco Toseroni: «Non glielo so dire».
(…)
Marco Toseroni: «No. Non me ne parlò mai, questo glielo posso dire per certo».
(Fonte: registrazione udienza del 16 marzo 2011)
È certamente questo il passaggio più delicato e significativo del “controesame” di Marco Toseroni, in relazione all’intero impianto accusatorio dei PM sui rapporti tra i vertici delle aziende tlc e i protagonisti dei presunti illeciti fiscali. Commenta al blog l’avvocato Merluzzi: «Se i top manager della telefonia, accusati di frode fiscale ed associazione a delinquere, fossero stati davvero concorrenti e consapevoli – come sostengono i PM – sarebbe dovuto scorrere un fiume di denaro fra loro e gli artefici della truffa. Invece non vi è nulla, nè traccia, nè testimonianza, che un solo euro dei 360 milioni della frode siano finiti nelle loro tasche». «Ancora una volta – aggiunge Merluzzi – si conferma che i magistrati si sono mossi sulla sola ipotesi del “non potevano non sapere”. Una ipotesi sempre più debole».
Rassegna Stampa (5): Il caso Scaglia diventa un “caso”
Oscar Giannino: «… persone specchiate come Silvio Scaglia (concorrente della Telecom come fondatore della Fastweb), finiscono per un anno intero in custodia cautelare… »
Nel suo editoriale L’Affondo (Panorama del 18 marzo), dedicato all’avviso di garanzia che ha raggiunto nei giorni scorsi il neodirettore generale di Telecom Italia, Luca Luciani, il giornalista Giannino ricorda come nel nostro paese: «… non c’è azienda che non debba temere un avviso di garanzia con la legge 231». E di come, in tal senso, la vicenda del fondatore di Fastweb sia divenuta paradigmatica.
Udienza 16: da Dubai all’Uganda, Toseroni spiega il tour del denaro
Alla prossima udienza sarà ascoltata la teste Dumesnil
Dubai, Singapore, Uganda. Nel corso della sedicesima udienza è proseguito il racconto di Marco Toseroni, una delle menti finanziarie dell’operazione di riciclaggio dei capitali. L’udienza è stata dedicata a ricostruire la sorte dei capitali, tra i 15 e i 16 milioni, prima parcheggiati da Toseroni nelle banche di Hong Kong, poi finita a Singapore, sotto la supervisione di uno stimato professionista asiatico, l’avvocato Chandra.
Una parte di questi capitali, per l’importo di 1,5 milioni, è servita a finanziare investimenti immobiliari a Dubai, che non hanno dato frutto. Un’altra è rientrata in Europa, per finanziare l’acquisto di una villa a Cap d’Antibes. Non è mancata un’incursione esotica: 500mila euro destinati in Uganda, per dare il via ad investimenti minerari: un obiettivo interessante ma che avrebbe richiesto, ha commentato Toseroni, ben altri capitali.
La parte più consistente dell’operazione, però, riguardava i capitali parcheggiati nella Runa, la cassaforte costituita dopo l’accredito dei soldi ad Hong Kong. A seguito di contrasti tra i soci, ha commentato Toseroni, si decise di interrompere l’attività della stessa Runa. I capitali rimasti (salvo il mezzo milione di competenza di Toseroni e del socio, l’avvocato Nicola Di Girolamo) hanno perciò rifatto il percorso inverso, dall’Asia all’Italia, via Seychelles.
Il controesame di Toseroni da parte delle difese e, probabilmente, del pubblico ministero si chiuderà nella prossima udienza, fissata per il 25 marzo. In quella data davanti alla prima sezione del Tribunale penale di Roma sfileranno anche altri testi minori, a partire dalla signora Nathalie Dumesnil, che materialmente eseguì i bonifici destinati alla Runa di Hong Kong su mandato di Toseroni.