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“Processo Carosello”. Oggi il via al Tribunale di Roma
Il rientro spontaneo di Scaglia, la “carcerazione punitiva”, la ricostruzione puntuale del suo patrimonio: tutto questo oggi sui giornali, in vista della prima udienza. Compreso il “libro bianco” preparato dal blog, da oggi facilmente scaricabile
“Silvio Scaglia non sapeva nulla della truffa carosello venuta alla luce nel caso Fastweb – Telecom Sparkle, non ha mai mostrato l’intenzione di sottrarsi alla giustizia, i suoi conti correnti e il suo patrimonio plurimilionario non sono dovuti ad attività illecite”. Comincia così l’articolo che il quotidiano MF dedica oggi al fondatore di Fastweb, proprio nel giorno di inizio del processo presso la Prima sezione penale del tribunale di Roma. L’articolo ricorda anche come i capisaldi della “linea difensiva” di Scaglia siano adesso accompagnati da un “pamphlet-comics illustrato dalle vignette di Vincino” (scaricabile da chiunque, ndr.). Aggiunge il quotidiano “nel libricino si ricorda che Fastweb è stata vittima di una truffa e non mente dell’operazione” e che sempre Scaglia “ha dimostrato l’origine lecita del suo patrimonio”.
Anche il Corriere della Sera nel segnalare l’avvio quest’oggi del dibattimento sottolinea come “nel volumetto, una trentina di pagine edite dal blog www.silvioscaglia.it… si ripercorrono i 270 giorni di custodia cautelare dell’ex patron di Fastweb”.
Tocca poi a Il Sole 24 Ore osservare, a proposito di Silvio Scaglia, che “dal 23 febbraio è agli arresti, dopo che spontaneamente si consegnò alla giustizia tornando con un volo privato dal Sudamerica”. L’articolo del quotidiano, a firma di Simone Filippetti, ricostruisce le varie tappe dell’inchiesta giudiziaria, soffermandosi sui vari personaggi inquisiti. Ma c’è di più: il giornale di Confindustria pubblica per l’occasione un’ampia intervista a Frank Dangeard, oggi nel board del colosso degli antivirus Symantec (ma all’epoca dei fatti numero due di France Telecom e Orange) il quale dichiara, fra le altre cose, a proposito delle accuse rivolte a Scaglia: “Ho appreso dai giornali e sono rimasto stupefatto perché, per quello che ho potuto conoscere di persona Scaglia mi è parso una persona schietta sul piano personale e un manager serio e affidabile sul piano professionale. Quella dipinta sui giornali non è la persona che ho conosciuto per diversi anni”.
Infine è la penna di Sergio Luciano a firmare un articolo del quotidiano Italia Oggi, laddove si legge che dall’intera vicenda “è emerso un uso punitivo della custodia cautelare che non si rivedeva dai tempi di Tangentopoli”. Non senza avere prima ricordato come: “Questo processo ha anche fatto esplodere le contraddizioni della legge 231, quella contestata all’Assonime che permette alle Procure interventi pesantissimi nella vita delle società, con la discrezionalità di sanzionare, anche in via cautelare, asseriti deficit organizzativi dietro i comportamenti individuali di eventuali dirigenti o anche solo dipendenti infedeli”.
Un libro bianco sul “caso Scaglia”
Scarica da ora l’ebook che il blog silvioscaglia.it ha deciso di dedicare al fondatore di Fastweb
Un libro bianco, ma più esattamente un ebook: in tutto una trentina di pagine edite dal blog silvioscaglia.it che tutti i nostri lettori possono da questo momento scaricare.
È dedicato al “caso Scaglia”: un manager che come pochi in Italia ha saputo fare impresa e innovare, ma che da oltre 270 giorni si trova agli arresti e da quest’oggi processato sulla base del principio del “non poteva non sapere”.
Un processo che “ha il sapore di una punizione preventiva per reati mai commessi”.
Visita ora la pagina dedicata all’ebook. Come sempre ti invitiamo a dire la tua lasciando un commento.
Il Riformista: Scaglia vittima di uno schema ideologico
“Vi ricordate di Silvio Scaglia?”. Non è una domanda retorica quella che Alberto Mingardi rivolge dalle colonne de Il Riformista alla vigilia del processo del fondatore di Fastweb che si aprirà martedì prossimo. Perché in questo periodo è calata una sorta di congiura del silenzio nei confronti dell’imprenditore, forse perché, suggerisce Mingardi, “dall’inizio delle indagini ad oggi non sono emersi nuovi elementi. Altrimenti lo sapremmo
Come avevamo appreso con dovizia di particolari delle ricostruzioni degli inquirenti circa il meccanismo delle frodi carosello. E del teorema, semplice, degli inquirenti: Scaglia non poteva non sapere”. “L’opinione degli inquirenti è che la truffa fosse nota anche ai piani più alti. Idea che si fonda su un cristallino dato di fatto: l’obiettivo di Scaglia, che era l’azionista di riferimento, era di massimizzare il profitto. Quindi qualsiasi cosa che fosse nell’interesse economico dell’azienda era anche il suo. Pertanto, visto che il carosello portava quattrini, non poteva non esserne informato”. In realtà l’interesse economico è tutto da dimostrare: Fastweb non ha riscosso il credito Iva; Scaglia non ha venduto azioni nel periodo contestato; il compratore, Swisscom, era perfettamente a conoscenza delle contestazioni fiscali nei confronti della società.
Ma, a parte questa non secondaria considerazione, Mingardi rileva che: 1) “nove mesi di custodia cautelare, quanto ne sono stati inflitti finora a Scaglia, appaiono incomprensibili anche a chi avesse una totale fiducia nella giustizia italiana”; 2) “le aziende sono bestie assai più complicate” di quanto non supponga il teorema degli inquirenti. “Nello stesso tempo fare l’esame del sangue ad ogni singola controparte pare al di là della vocazione di qualsiasi ditta”. Perciò, a proposito della supposta complicità di Fastweb con l’organizzazione criminale, va la pena di notare che “quando vado a comprare un paio di scarpe da ginnastica il venditore non mi chiede se mi servono per una rapina in banca”.
Insomma, sintetizza Mingardi, “non è proprio ovvio che Silvio Scaglia sia l’Erik Priebke dei colletti bianchi”. “Ma sta lo stesso agli arresti da nove mesi”. Con un danno comunque rilevante perché “il clamore mediatico delle indagini spesso fa a pugni con il silenzio ovattato delle assoluzioni”. L’unico antidoto, in questi casi, consiste nell’informare sulla reale (in)consistenza delle accuse dissipando.
A colloquio con Sophie Nicolas Rossetti
A colloquio con Sophie Nicolas Rossetti, moglie di Mario Rossetti, l’ex direttore finanziario Fastweb ai “domiciliari” dal 7 giugno: “Guardo al 23 novembre – dice – con la speranza che il momento della chiarezza si stia avvicinando e finalmente verranno accertate, dove ci sono, le responsabilità”
Signora Rossetti, come vive il fatto che il prossimo 23 novembre inizierà il processo?
L’inizio del dibattimento la prossima settimana segna finalmente la fine di un periodo di incertezza assoluta. Sono passati nove mesi dall’arresto di mio marito, e ancora non è stato possibile difendersi dalle accuse. La sfortuna di Mario non è stata soltanto quella di essere coinvolto in una vicenda assurda perché come direttore finanziario di Fastweb “non poteva non sapere”, ma anche quella di ritrovarsi coinvolto in un procedimento di dimensioni eccezionali, sia per il numero di persone tirate in ballo che per la mole di documentazione.
Con quali effetti?
Almeno due: il primo è che non è stato possibile un approfondimento delle singole posizioni perché sino ad oggi si è valutata l’impostazione dell’inchiesta nel suo complesso; il secondo effetto è la dilatazione di tutti i tempi del procedimento. E ancora oggi non sappiamo quando finirà la sua privazione di libertà, nonostante i casi previsti dal codice penale per la carcerazione preventiva siano molto specifici e limitati.
Nella sua vita quotidiana e in quella dei suoi figli cosa è cambiato?
Posso dire che se gli arresti domiciliari sono sicuramente meglio della carcerazione, restano sempre arresti dove la privazione della libertà incide sulla vita di tutta la famiglia: nessuno può venirci a trovare, persino i miei figli di 10, 9 e 3 anni non possono vedere i loro amici a casa, mio marito da sei mesi non può neanche uscire per una passeggiata e può comunicare solo via lettera; oltre alla quotidianità della famiglia, sto gestendo anche tutti gli aspetti legati all’inchiesta e, non ultimo, quello dei sequestri che abbiamo subito. Questo perché, come misura preventiva, tutti i nostri beni sono stati sequestrati e sottoposti a custodia giudiziaria. La nostra vita è stata stravolta da un giorno all’altro, venendo meno ogni tipo di certezza.
Crede ancora nella giustizia?
Certo che mi aspetto giustizia, ma tutto questo mi ha portato a riflettere su come sia cambiata da febbraio ad oggi la mia percezione dello Stato, delle istituzioni che ho sempre pensato difendessero una famiglia come la mia e che invece hanno preso il controllo della nostra vita. Oltretutto io sono francese e il rapporto dei cittadini con la giustizia nel mio paese è sicuramente più sereno.
In Italia, invece?
Mi chiedo chi mai restituirà tutti questi mesi di vita alla mia famiglia e a mio marito in particolare, dove la vera violenza è stata isolarlo da tutto il mondo di relazioni, con l’eccezione del nucleo familiare stretto. Si figuri che anche per parlare o vedere i propri genitori è stata necessaria un’autorizzazione specifica. Spesso abbiamo parlato con Mario di come i tempi della giustizia siano diversi da quelli di una giornata della gente comune; tutto si dilata, sembra che nessuno pensi a cosa significhi anche un giorno di più vissuto in uno stato di privazione della libertà.
Ora però si andrà in aula…
Il fatto che dai magistrati inquirenti sia stato chiesto e ottenuto il giudizio immediato, che dovrebbe essere un procedimento che garantisce agli imputati tempi brevi del procedimento in casi di responsabilità evidente, in realtà non ha comportato un’accelerazione dei tempi perché sono passati oltre 3 mesi dal 10 agosto senza che il processo sia ancora iniziato. Nei fatti, il venir meno dell’udienza preliminare ha determinato solo venir meno un grado di garanzia per gli imputati. Ecco perché guardo al 23 novembre con la speranza che il momento della chiarezza si stia avvicinando e finalmente verranno accertate, dove ci sono, le responsabilità dei singoli. Ma è solo la mia speranza. A volte temo che prima che si possa definitivamente scrivere la parola fine tutto a questo passerà ancora molto tempo, forse anni.
Milano Finanza: “Scaglia nella ‘trappola’ della 231
E su Il Giornale Sophie Nicolas Rossetti racconta: “La nostra vita stravolta”
Martedì 23 novembre, davanti alla Prima sezione penale del Tribunale di Roma, si aprirà il processo per la frode fiscale ordita da un’organizzazione criminale in cui è coinvolto anche l’ingegner Silvio Scaglia. Il fondatore di Fastweb, vittima, al pari della società da lui fondata, di una truffa ben congegnata siede tra gli imputati perché, a detta degli inquirenti, “non poteva non sapere”. “Le accuse nei suoi confronti – si legge su Milano Finanza – si basano infatti su questo presupposto: la frode fiscale ordita dall’organizzazione criminale attraverso Fastweb non poteva verificarsi senza che il capo di un’organizzazione con 3 mila dipendenti ne fosse informato”. Al contrario, Scaglia, nell’unico interrogatorio che gli è stato concesso, su sua richiesta, in 268 giorni di custodia cautelare (prima, dal 26 febbraio al 17 maggio, nel carcere romano di Rebibbia poi agli arresti domiciliari in val d’Aosta), ha prodotto un’ampia documentazione sulla governance interna: il cda si occupava solo delle strategie e non delle singole operazioni commerciali. L’audit effettuato, e i verbali del comitato di controllo interno lo confermano, aveva dato il nullaosta all’operazione. Esistono poi i pareri dei consulenti, a partire da quello chiesto al professor Guido Rossi. Ma allora, si chiede Milano Finanza, su cosa si fonda la decisione dei giudici “di far scattare le manette ai polsi di Scaglia? Detta in breve su una discutibile interpretazione della famigerata legge 231”. Non è il PM, sulla base del testo attuale, a dover provare la colpevolezza dell’imputato ma quest’ultimo a dover testimoniare della sua innocenza. “Con la revisione della 231 – conclude l’articolo – si sarebbe invece rafforzato l’onere a carico dei PM nel dimostrare le eventuali violazioni di Fastweb e dei suoi dirigenti”.
Intanto, però, Scaglia affronta il processo romano, per giunta con l’onere di doversi difendere in giudizio senza poter disporre della propria libertà personale. Circostanza condivisa dall’allora direttore finanziario di Fastweb Mario Rossetti. Come ha dichiarato la moglie Sophie nell’intervista in pubblicazione domani sul nostro blog, anticipata ieri dall’agenzia ApCom e oggi da Il Giornale. “Sono passati nove mesi dall’arresto di mio marito – dice tra l’altro – ma ancora non è stato possibile difendersi dalle accuse. La nostra vita è stata completamente stravolta”.
Si chiama legge “svuota carceri” ma non sarà così
Il ddl licenziato dal Senato sulla concessione dei “domiciliari” verso coloro cui manca un anno di pena ridurrà i detenuti solo del 2.9%. E intanto i “presunti innocenti” continueranno ad essere trattati da “presunti colpevoli”
Si chiama ddl “svuota carceri” ma non sarà così. Basta fare bene i conti: se attualmente la popolazione dei detenuti in Italia raggiunge le 68.500 unità (un record nella storia della Repubblica), ora col provvedimento che il Senato ha approvato in via definitiva, e che consentirà entro il 31 dicembre 2013 la detenzione domiciliare per chi deve scontare condanne pari o inferiori a un anno, si stima che usciranno circa 2.000 persone. Calcolatrice alla mano, si tratta del 2.91% delle persone dietro le sbarre.
Perché dunque chiamarlo “svuota carceri” quando i penitenziari nei fatti rimarranno zeppi? Non sarà certo abbassando la soglia a 66.500 detenuti che si eviterà che convivano in 2-3 metri quadrati a testa, fra letti a castello e “buglioli” a vista, odori compresi. Non a caso l’Italia è già stata condannata più volte dalla Corte di Giustizia europea proprio sul tema degli “spazi vitali” inadeguati e insufficienti delle nostre prigioni.
In pratica laddove si poteva incidere, ad esempio, sulle 10-15mila persone in attesa di processo, oppure riconsiderare l’utilità delle “pene alternative” (che in altri paesi hanno grande successo nel ridurre le “recidive”), o infine affrontare il tema della custodia cautelare divenuto strumento di “confessione” o di “presunta colpevolezza”, pur nei casi in cui ne mancano i presupposti (eclatante il caso di Silvio Scaglia), si è scelto il mini-provvedimento tampone, che non risolve l’emergenza carceraria e tantomeno l’”emergenza giustizia”.
Come è noto, il provvedimento ha avuto un iter travagliato, soprattutto dopo le modifiche all’impianto originario proposto dal ministro della giustizia Alfano. Cosa è cambiato? Semplice, non vi sarà alcun automatismo a lasciare le carceri, ma lo farà solo chi verrà autorizzato dal magistrato di sorveglianza. E come sono messi i giudici di sorveglianza? Intasati di lavoro. Basti dire che le concessioni dei benefici di legge ai detenuti sono scese in modo impressionante, di circa l’80%, negli ultimi anni.
Carsten Schloter: “No, in Fastweb non ho riscontrato alcuna irregolarità durante la mia presidenza”
Carsten Schloter: “No, in Fastweb non ho riscontrato alcuna irregolarità durante la mia presidenza”. Al contrario, “I problemi sono nati da due dipendenti che apparentemente hanno accettato delle mazzette e che sono stati licenziati all’inizio delle indagini”
Parla così Carsten Schloter, numero uno di Swisscom presidente di Fastweb, nel corso della lunga intervista al Berner Zeitung (solo parzialmente riportata dall’agenzia Ansa il 5 novembre) a pochi giorni dalla chiusura dell’Opa sulla società milanese di tlc. E alla vigilia della ripresa, martedì 23 novembre, del processo al tribunale di Roma sulla “Frode Carosello” che vede coinvolto anche Silvio Scaglia, il fondatore di Fastweb.
Schloter risponde a questa domanda del giornalista: “Le autorità italiane stanno effettuando accertamenti sul fondatore di Fastweb Silvio Scaglia e sull’ex ad Stefano Parisi. Lei ha riscontrato qualche irregolarità durante la sua presidenza?“. “No – è la risposta – non mi sono mai trovato di fronte ad alcuna irregolarità“.
L’intervistatore, Stefan Schnyder, insiste: “Ma cosa ne pensano di questa vicenda i dipendenti?“. “I dipendenti sono fermamente convinti che il fondatore di Fastweb Silvio Scaglia e l’ex amministratore delegato Stefano Parisi siano estranei ai fatti. I problemi sono nati da due dipendenti che apparentemente hanno accettato delle mazzette e che sono stati licenziati all’inizio delle indagini nel febbraio scorso“.
In qualità di presidente di una società di telecomunicazioni, incalza il giornalista, non può certo prendere sottogamba una situazione del genere. “Infatti in Svizzera siamo molto severi al riguardo – ribatte Schloter –. La procedura giudiziaria contro Fastweb è iniziata nel 2007, e abbiamo interrotto le attività con questi fornitori“.
Ma quanto ha pesato questa vicenda sulla Swisscom? “I 70 milioni di euro accantonati per affrontare i rischi finanziari relativi a tale procedimento sono una somma elevata, che va però rapportata all’utile annuo operativo, quantificabile in mezzo miliardo di euro, prodotto da Fastweb. Ogni grande azienda mette in conto determinati rischi. L’importante è che in Italia Fastweb non abbia avuto alcun danno di immagine. Al contrario, da febbraio abbiamo riscontrato una crescita del volume di affari con le grandi aziende“.
Insomma, alla vigilia della ripresa del procedimento, Fastweb ribadisce di non aver trovato alcuna irregolarità eventualmente addebitabile a Silvio Scaglia. Al contrario, così come sostiene lo stesso Scaglia, ci sono elementi per sostenere che l’azienda (al pari del suo fondatore) sia stata vittima di un raggiro.
Caso Fastweb: “Nessun danno d’immagine o irregolarità”
Presa di posizione dell’Ad di Swisscom, Carsten Schloter, sulla vicenda giudiziaria che vede coinvolta la società fondata da Silvio Scaglia
“La vicenda giudiziaria che ha coinvolto Fastweb non ha provocato danni di immagine”. Ma non solo: “Non abbiamo riscontrato nessuna irregolarità nella gestione interna”. Due affermazioni di non poco conto, visto che a rilasciarle è Carsten Schloter, presidente del cda dell’azienda e ad di Swisscom, in un’intervista pubblicata dal quotidiano svizzero Berner Zeitung. A conferma dunque, ove ve ne fosse ancora bisogno, del fatto che la società fondata da Silvio Scaglia è da sempre una realtà imprenditoriale solida e senza ombre al suo interno.
Schloter, che nei mesi scorsi è stato anche CEO ad interim della filiale italiana fino alla scorsa settimana, afferma infatti che durante la sua permanenza transitoria ai vertici di Fastweb “non ha riscontrato alcuna irregolarità”. Salvo, aggiunge il manager, che il problema giudiziario è legato al fatto che “apparentemente due dipendenti hanno accettato bustarelle. Ma sono stati licenziati al momento dell’avvio delle indagini”.
Secondo Schloter i 70 milioni di euro accantonati per affrontare i rischi finanziari del procedimento vanno messi in relazione “al mezzo miliardo di euro di utile operativo” generato dalla stessa Fastweb. E anche dopo “l’estensione del procedimento – conclude il manager – la crescita degli affari con i grandi clienti è proseguita”.
Pericolo di fuga? No, di rientro
In arrivo un “libro bianco” online sul “Processo Carosello” che vede imputato anche Silvio Scaglia. Un caso di “malagiustizia”, certo non l’unico del Belpaese, che dura ormai dal 26 febbraio scorso
Pericolo di fuga? No, di rientro. Anzi, di rientro immediato e reiterato. Chi meglio di Vincino poteva descrivere con un tratto geniale di matita l’assurdità della “custodia cautelare” di Silvio Scaglia? Un caso di “malagiustizia”, certo non l’unico del Belpaese, che ormai dura dal 26 febbraio scorso (oltre 262 giorni segna il cronometro), ma che non intendiamo far finire nel dimenticatoio.
Una vicenda dai risvolti a dir poco kafkiani, che il blog www.silvioscaglia.it ha deciso di ricostruire nelle sue parti essenziali con un piccolo “libro bianco” che verrà diffuso online (sì, saremo innovativi anche in questo), in vista del 23 novembre quando presso le aule della Prima sezione penale del Tribunale di Roma si aprirà il “Processo Carosello” che vede coinvolti anche alcuni manager di Telecom Sparkle e Fastweb.
Un processo che vede imputato anche l’ingegner Scaglia ma solo (e soltanto) sulla base del principio del “non poteva non sapere”, quando invece da ogni atto e da ogni carta processuale emerge ben altra verità: che lo stesso Silvio Scaglia e la società che ha contribuito a fondare sono state “vittime di una truffa ben organizzata”.
Vi aspettiamo tutti online. A presto.
Conto alla rovescia per il “Processo Carosello” a TIS – Fastweb
Il 23 novembre il via presso la Prima sezione del tribunale capitolino: il Presidente del collegio Giuseppe Mezzofiore orientato ad un fitto calendario di udienze
Il conto alla rovescia è iniziato: meno dieci. Tanti sono i giorni che ancora mancano all’inizio del “Processo Carosello” che vede imputati anche alcuni dirigenti di primo piano del periodo 2003-2007 delle società Telecom Sparkle e Fastweb, compreso il fondatore di quest’ultima, Silvio Scaglia, accusato sulla base del principio del “non poteva non sapere”.
Il dibattimento prenderà il via il prossimo 23 novembre e, come già riferito, a presiedere la Prima sezione penale del Tribunale di Roma sarà il giudice Giuseppe Mezzofiore affiancato dai due giudici a latere, Alessandra Cuppone ed Eleonora Santolini.
Nel corso della prima udienza potrebbe essere annunciato in via ufficiale il “calendario” con cui il Presidente del collegio dei giudici intende procedere, ovvero si ipotizza fino a tre udienze alla settimana, compreso eventualmente il giorno di sabato.
Il processo inizierà intorno alle 9-9.30 del mattino con l’appello degli imputati.